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Eccellenza

Tra aspirazione personale e sana managerialità
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“Qualità di chi o di ciò che è eccellente: ed’ingegnoraggiungere l’enell’arte (cioè il grado più alto, la perfezione)”. Così definisce primariamente il vocabolario Treccani l’aggettivo che in ambito manageriale caratterizza diffusamente l’aspetto che DEVE contraddistinguere qualunque elemento dell’organizzazione e del lavoro. Un risultato, una competenza, un ruolo, e così via.

L’eccellenza è una giusta aspirazione: tendere al massimo come obiettivo personale o ricevere il massimo dagli altri è una aspettativa legittima; chi non vorrebbe essere in un contesto di qualità massima per la massima qualità della propria vita!

In realtà, l’eccellenza non sempre può essere descritta in senso oggettivo assoluto: una squadra sportiva che vince sempre ma non fa divertire può essere definita eccellente? Una istituzione che offre servizi di qualità ai propri clienti, in cui il clima organizzativo del personale è asfittico può essere definita eccellente? Solo un paio di esempi che spiegano come il concetto di eccellenza se non accompagnato e formalmente comunicato dalla precisa definizione dell’ambito di riferimento e del parametro di sua valutazione sia un sé un concetto relativo. La soggettività di interpretazione, anzitutto delle variabili descrittive e quindi del metodo di misurazione, dipende dalla visione che ne ha il soggetto che descrive e misura. Quando a valutare lo stesso oggetto di eccellenza sono soggetti con viste differenti, la necessità di un accordo su ambito, elementi descrittivi, indicatori di valutazione diventa critica e fondamentale.

In questo quadro la ricerca esasperata della eccellenza che contraddistingue le organizzazioni moderne e, soprattutto, le attese nel linguaggio espresso dai manager solleva molte perplessità su quanto accade in aziende ed istituzioni.

Molto spesso, infatti, la ricerca della eccellenza legittima dei risultati non è, responsabilità dei manager, sostenuta dalla creazione delle condizioni perché tale eccellenza possa essere davvero raggiunta dai collaboratori e, paradossalmente, dagli stessi manager. Rientrano nelle condizioni: la definizione e la comunicazione puntuale dell’ambito in cui si ricerca l’eccellenza; la esplicitazione delle logiche di valutazione; la messa a punto dei sistemi motivazionali che spingano alla ricerca della eccellenza e non della semplice sufficienza; la messa a punto delle leve – risorse, deleghe, strumenti – per poter esercitare decisioni ed attività di eccellenza.

Saper fare il mestiere del manager significa anche creare un contesto di fiducia in cui i collaboratori ritrovino tali condizioni. E già questo è una condizione di eccellenza!