La pensione contributiva per i nuovi avvocati iscritti dal 01.01.2025 e i problemi di adeguatezza della prestazione
La pensione contributiva per i nuovi avvocati iscritti dal 01.01.2025 e i problemi di adeguatezza della prestazione
Per gli iscritti, per la prima volta a Cassa Forense dal 01.01.2025, la pensione di vecchiaia sarà liquidata esclusivamente secondo il sistema contributivo.
Il diritto alla pensione di vecchiaia si conseguirà al compimento del 70esimo anno di età con almeno 5 anni di iscrizione ed integrare contribuzione.
Il diritto alla pensione di vecchiaia potrà essere altresì conseguito, al compimento dei 65 anni di età, con almeno 35 anni di iscrizione e integrale contribuzione, a condizione che l’importo della pensione risulti non inferiore alla pensione integrata al minimo pari ad € 10.250,00, preso come base l’anno 2029.
L’importo della pensione di vecchiaia è determinato interamente secondo il sistema contributivo moltiplicando il montante individuale complessivo per il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’iscritto al momento del pensionamento, secondo la tabella A allegata alla legge 335/1995.
Sulla pensione di vecchiaia, che si consegue al compimento del 70esimo anno di età, spetta l’integrazione al trattamento minimo qualora l’iscritto sia in possesso di almeno 35 anni di iscrizione e integrare contribuzione alla decorrenza.
Com’è noto il sistema di calcolo contributivo favorisce gli avvocati ricchi mentre deprime gli avvocati poveri.
Si pone allora il problema dell’adeguatezza della pensione di vecchiaia così corrisposta.
Il Consiglio Nazionale dei Giovani (CNG), che è un’istituzione ministeriale, istituito con Legge n.145/2018, è l’organo consultivo cui è demandata la rappresentanza dei giovani nella interlocuzione con le Istituzioni per ogni confronto sulle politiche che riguardano il mondo giovanile. Il CNG è membro del Forum Europeo della Gioventù (European Youth Forum in sigla YFJ) che rappresenta gli interessi dei giovani europei presso le istituzioni internazionali.
Nel corso del 2023 ha pubblicato un Report di 65 pagine, che inviterei i giovani avvocati a leggere, per analizzare la situazione contributiva e il futuro pensionistico dei giovani.
Lo studio evidenzia come ai professionisti per i quali è previsto, come nel caso di specie, il sistema “contributivo puro” sia riservato uno strutturale svantaggio a loro danno rispetto a coloro che hanno potuto godere del sistema retributivo o misto, rilevando, come il sistema contributivo puro non contempli alcuno strumento integrativo al trattamento pensionistico, mancanza che si traduce in condizioni di vita a rischio di povertà per una quota rilevante dei futuri pensionati.
Per tale ragione il Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, condotto dal prof. Alberto Brambilla, che è stato anche consulente per la riforma di Cassa Forense, ritiene che sarebbe opportuno, anche per motivi di equità intergenerazionale, prevedere uno strumento integrativo in favore dei “contributivi puri”; allo stesso modo, nella prospettiva di una maggiore omogeneità nei trattamenti pensionistici delle diverse generazioni, il citato Centro studi propone di eliminare i vincoli di accesso alla pensione anticipata in forza dei quali l’assegno pensionistico deve essere superiore di almeno 2,8 volte l’assegno sociale o di una 1,5 volte in caso di pensione di vecchiaia.
Proprio per questa ragione, è stata avanzata la proposta di istituire una pensione di garanzia, che preveda un intervento, ogni qual volta il trattamento pensionistico maturato con i soli contributi versati dovesse rilevarsi inadeguata ad una condizione di vita dignitosa.
Tale strumento, inoltre, dovrebbe essere collegato ed eventualmente graduato rispetto al numero di anni di lavoro svolti e di contributi versati.
Lo studio del prof. Mike Raitano, direttore del Dipartimento di economia e diritto dell’Università Sapienza di Roma, pubblicato nel 2017, ha suggerito che, “all’interno del sistema di calcolo contributivo, la cui struttura favorisce effettivamente la tenuta del bilancio previdenziale, sarebbe opportuno prevedere un importo garantito non di eguale misura per tutti, bensì correlato agli anni di contribuzione e all’età di ritiro in modo tale he l’importo dell’assegno integrativo cresca o diminuisca in funzione di carriere più o meno lunghe” (Fonte: Rapporto CNG, pag. 17).
Nulla di tutto ciò è dato rinvenire nella pensione di vecchiaia contributiva che andrà in vigore, per i nuovi iscritti, dal 01.01.2025.
Solo la possibilità dell’integrazione al trattamento minimo, non inferiore a € 10.250,00, ma solo per chi a 70 anni abbia almeno 35 anni di iscrizione e integrare contribuzione alla decorrenza, con esclusione quindi di tutti gli altri che ne avrebbero, maggiormente, bisogno e già questo diverso trattamento in peius non mi pare conforme ai parametri costituzionali.
Se l’opzione al sistema di calcolo contributivo della pensione ha, almeno in parte, risolto i problemi di sostenibilità di Cassa forense rimane purtroppo aperto e non risolto il problema dell’adeguatezza della pensione di vecchiaia per tutti coloro, e saranno tanti, che dichiareranno redditi bassi e che se ne renderanno conto, per essere sprovvisti di cultura previdenziale, solo al momento del pensionamento.
“Quando una pensione può essere definita adeguata?
Si tratta ovviamente di un concetto del tutto soggettivo, perché implica un’analisi delle necessità di consumo e risparmio del singolo individuo e deve tener conto di eventuali altri redditi disponibili dopo il pensionamento, nonché di valutazioni che non toccano solo il periodo che si sta vivendo, ma anche le aspettative di lungo periodo, considerando anche che per molti professionisti la pensione non è l’unica entrata dopo l’accesso alle prestazioni. Fondamentale per la valutazione dell’adeguatezza delle prestazioni è il sistema di calcolo delle pensioni. Così come per i lavoratori iscritti all’Ago, anche le Casse di previdenza avevano in passato sistemi di calcolo maggiormente ispirate a modelli reddituali come il retributivo, che offrivano pensioni più generose. In seguito, la necessità di riportare un equilibrio di lungo periodo, ha portato molte casse di previdenza dapprima a rivedere i parametri al fine di ridurre la copertura, per poi optare per un sistema contributivo, introdotto pro-rata. Le Casse istituite a norma del d.lgs. 103/96, inoltre, sono nate fin dall’inizio con l’obbligo di utilizzare il metodo contributivo. Tale sistema rende più semplice mantenere un equilibrio per l’ente previdenziale, ma è fortemente influenzato dalla stabilità della carriera lavorativa e dal livello contributivo. Redditi altalenanti con possibili buchi contributivi potrebbero ridurre di molto la copertura previdenziale. Si consideri inoltre che i livelli contributivi base dei liberi professionisti vanno dal 10 al 22%. Immaginando un contributo soggettivo del 10% annuo per quarant’anni, è improbabile che si possano raggiungere rendite pensionistiche superiori al 22-27% dell’ultimo reddito. Laddove la pensione fosse l’unica entrata del lavoratore, ciò comporterebbe un abbassamento drastico del tenore di vita”. (Fonte: Luca Di Gialleonardo, blog MEFOP 06.05.2019).
Consiglio la lettura, tra i tanti, di “Il principio di adeguatezza delle prestazioni previdenziali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale” di G. Ludovico, 2021, Università degli studi di Milano dove si approfondiscono i diversi significati che ha assunto nella giurisprudenza della Corte Costituzionale il principio dell’adeguatezza delle prestazioni previdenziali alle esigenze di vita del lavoratore sancito dall’art. 38, comma 2, Cost.
Per la giurisprudenza costituzionale, da ultimo sentenza 112 /2024, la garanzia dell’art. 38 Cost. è connessa all’art. 36 Cost., e dunque alla proporzionalità, alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, «ma non in modo indefettibile e strettamente proporzionale» (sentenze n. 263 e n. 234 del 2020 e n. 173 del 2016). Il sistema della previdenza obbligatoria, infatti, è ispirato a un criterio solidaristico (sentenza n. 167 del 2020), in forza del quale tra pensioni e retribuzioni e tra pensioni e ammontare della contribuzione versata non è delineato un rapporto di perfetta corrispondenza, bensì una tendenziale correlazione, in grado di salvaguardare l’idoneità del trattamento previdenziale al soddisfacimento delle esigenze di vita (sentenza n. 104 del 2018).
Segnalo da ultimo che il Consiglio di indirizzo generale di INPGI, giornalisti, nella riunione del 05.11.2024 ha approvato il nuovo Regolamento delle prestazioni previdenziali e nel corso della riunione del Consiglio di indirizzo è emersa la volontà di creare un fondo di accantonamento finalizzato alla perequazione solidale delle pensioni più basse, cui possano confluire in prima istanza i fondi derivanti dalla parametrazione degli assegni più cospicui. Questo fondo rappresenta un chiaro segnale di solidarietà e di equità che la Cassa dei giornalisti vuole mandare alla categoria.
Perché non crearlo anche per l’avvocatura italiana più in difficoltà?
Per questo ho già scritto che si tratta di una riforma da rifare a breve!