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La sostenibilità  di cassa forense con la lente dei crediti verso gli iscritti

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La sostenibilità  di cassa forense con la lente dei crediti verso gli iscritti
 

Il 22 maggio 2014 (10 anni fa) il Delegato di Bologna Giovanni Cerri scriveva su CFnews le seguenti considerazioni:

«I crediti di Cassa Forense verso i propri iscritti.

Orbene analizziamo dapprima le ragioni del fenomeno e poi ipotizziamo soluzioni.

Intanto si deve tener separato il fenomeno che riguarda i crediti verso i concessionari da quello verso gli iscritti. Il primo è una patologia sistemica, come un fallimento in cui incappa un imprenditore; magari ci si potrebbe interrogare se vi sia stata una qualche culpa in eligendo quando non in vigilando. Giova però dar conto che CF, almeno nell'ultimo periodo, ha deciso di "mostrare i muscoli" revocando senza indugio le concessioni/i contratti e agendo in monitorio nei confronti delle suddette società. Sfatiamo subito un luogo comune, il fenomeno è geograficamente trasversale e con ciò chiudiamo a facili dietrologie, con buona pace di qualche solone d'oltrepò. I crediti verso gli iscritti per contributi e sanzioni sono, invece, un fenomeno da analizzare, comprendere e affrontare. Qualcuno ha affermato che le sofferenze contributive dell’iscritto ricadrebbero su di lui e su lui solo. Anche se dirò cose scontate non si può concordare con questa affermazione se è vero, come è vero, che il sistema di Cassa Forense è a ripartizione discendendone che con il montante dei contributi incassati CF provvede ad erogare le prestazioni ed a perseguire i fini statutari, tacendo poi del generale principio solidaristico della previdenza forense. Ammesso anche trattarsi di operazione a costo zero (i colti oggi parlano di invarianza di cassa), quando non un futuribile vantaggio, non è lungimirante per l'ente e meno ancora per il ceto forense. Vediamo perché a prescindere dal principio di buona amministrazione, che è possibile mutuare dall'art. 97 della carta costituzionale, giovando comunque ribadire - per rafforzare la nostra autonomia - che CF non è un ente pubblico, ancorché persegua fini pubblicistici. Qui viene in evidenza il problema dei flussi informativi tra CF e i COF. Non è possibile, non è giustificabile, meno ancora tollerabile, un ritardo nelle comunicazioni e non è concepibile che delle irregolarità dichiarative (mod. 5) e contributive (mancato pagamento dei contributi, minimi o in autoliquidazione che sia) i consigli dell'ordine non vengano portati a conoscenza, almeno con una certa fisiologica tempestività. Sulla scorta dello stesso principio e forti del canone deontologico di cui all’art. 16 possono e debbono essere trasmessi ai COF i dati relativi alle posizioni dei singoli professionisti. Con l’invio del modello 5 in telematico Cassa Forense è in grado, in tempo reale, di accertare la violazione degli inadempimenti dichiarativi e trasmettere, decorso almeno un trimestre, ai COF territoriali gli elenchi affinché provvedano all’apertura delle posizioni disciplinari ai sensi dell’art. 17, 5° L.N. 576/1980 che, come noto comporta la sospensione dall’esercizio professionale sino all’adempimento dell’obbligo. I ritardi nella trasmissione degli elenchi, speriamo ancora retaggio delle verifiche “manuali” delle dichiarazioni, sono forieri di possibili reiterazioni nelle condotte e comunque, a mio giudizio, sono fonte di disparità di trattamento tra gli iscritti. Giovi dar conto che, in genere, l’omissione dichiarativa si accompagna al mancato pagamento dei contributi minimi e delle eccedenze. Non intervenire poi tempestivamente per il recupero dei crediti verso l’iscritto, oltre a fargli ritenere sussistente una qualche sua impunità, con speculare acclarata impotenza di Cassa Forense, comporta che costui eserciti la professione in regime di concorrenza sleale potendo, magari, riservare ai suoi assistiti tariffe davvero concorrenziali e quindi porre in essere un surrettizio accaparramento di clientela. Ipotizzo poi (pur facendo scongiuri per lui) un danno ai suoi superstiti che nemmeno potrebbero godere appieno delle prestazioni, impediti dal debito contributivo accumulato. Distinguiamo, soprattutto in questi momenti di grave recessione economica che non ha certo risparmiato i professionisti, i doveri di solidarietà, da quelli di fedeltà. Il senso di appartenenza, da un lato, e quello solidaristico, dall'altro, dovrebbero comportare che CF intervenga con sollecitudine non solo ricorrendo all'informazione ma anche all'ascolto ed alla dissuasione nel coltivare la fedeltà nel rapporto assicurativo. È cosa auspicabile aiutare chi versi in stato di bisogno, ancorché non tipicamente rientrante nel solco degli ausili previsti dal regolamento dell'assistenza, con sostegni mirati di incentivo al reddito, meglio ancora se di sollievo nei pagamenti dei contributi; magari in chiave futura da scontare in sede di erogazione delle prestazioni, quasi fosse, ci si passi la similitudine, un acconto sul TFR. Certo è che vorrei tentare azioni concrete, perché questo ci chiedono i colleghi: gestione oculata delle risorse e rispetto per i virtuosi senza che su loro gravino gli inadempimenti dei morosi».

Il 9 maggio 2023 (9 anni dopo) Nicola di Molfetta su Legalcommunity scriveva:

«Sempre meno avvocati.

Saranno pure “troppi”, come vuole quella dotta vulgata promossa finanche da Flaubert nel suo Dizionario dei luoghi comuni, ma gli avvocati italiani cominciano a essere anche “meno”. A confermarlo è l’ultima edizione del Rapporto sull’avvocatura curato dal Censis in collaborazione con la Cassa Forense. L’edizione 2023 dello studio, infatti, ha messo in luce un ulteriore calo dello 0,7% del numero degli iscritti agli albi, dopo che l’edizione precedente aveva puntato i riflettori su una riduzione dell’1,3%. Detto in cifre, il numero degli avvocati che nel 2021 era già sceso a 241.830 (rispetto ai 245.030 del 2020), nel 2022 si è ridotto ulteriormente attestandosi a 240.019. Ma ciò che preoccupa di più (e che fa pensare a una tendenza e non solo a un dato contingente) è il fatto che la popolazione forense nazionale starebbe anche invecchiando. Nel 2021 l’età media di un avvocato in Italia era di 42,3 anni, mentre nel 2022, questa è salita a 47,7. Non a caso, il saldo tra iscrizioni e cancellazioni alla Cassa nel 2022 è risultato negativo: a fronte di 8.257 nuove iscrizioni, l’analisi ha messo in risalto 8.698 cancellazioni. In pratica si sono persi per strada 441 avvocati. E a questo si aggiunga un altro rilievo: gli avvocati under 40, in Italia, sono appena il 21,7% degli attivi (se si contassero anche i pensionati, il rapporto calerebbe al 20,4%). Poco più di uno su cinque. Dove, fatti 100 i 49.063 avvocati attivi con meno di 40 anni, gli under 30 sono solo il 12,9%, mentre quelli che hanno tra i 35 e i 39 anni risultano il 50,6%. La questione reddituale conta, ma non spiega tutto. Tanto più che i redditi della categoria, dopo anni di contrazione, nel 2021 hanno registrato un incremento, seppur lieve. Mediamente, nel primo anno post-pandemico, un legale in Italia ha guadagnato 42.386 euro, vale a dire circa il 12% in più di quanto ha portato a casa nell’anno nero del Covid. Effetto rimbalzo? Probabile. Il 2021 è stato un anno di extra-lavoro per tutti. Ma comunque parliamo di un risultato medio ancora ampiamente lontano dalle “vette” toccate nel 2002 e nel 2007, quando un avvocato riusciva a portare a casa circa 60mila euro (in termini rivalutati). Le cose, come i dati sull’andamento degli iscritti lasciano intuire, vanno peggio per donne e giovani. Le prime, infatti, hanno un reddito medio di circa 26.530 euro annui. I secondi invece, se hanno tra i 30 e i 34 anni e sono uomini possono contare su un reddito medio dichiarato di 18.685 euro. Ma è un mercato che sta cambiando. Anche se il punto non è approfondito in modo particolare, lo scenario descritto dal rapporto Censis ci parla di un comparto destinato a essere sempre più costituito da strutture organizzate in cui lavorano più avvocati insieme, suddivisi tra «titolari» e «collaboratori» (con buona pace della norma professionale che ancora non contempla la figura dell’avvocato collaboratore di studio). Infatti, si legge nel Rapporto sull’avvocatura 2023, dall’ultima rilevazione emerge che «a crescere in dimensione sono gli studi/società legali dov’è già presente il numero più elevato tra titolari, collaboratori, praticanti e personale di segreteria: il 20,4% degli studi legali più grandi (con 5 persone e oltre) ha continuato ad aumentare il numero delle persone occupate nell’ultimo anno». Per cui, aggiungiamo noi, è possibile immaginare che con il passare degli anni il numero di avvocato collaboratori sia destinato a crescere ben più rispetto a quello degli avvocati titolari di studio con tutto quello che tale sviluppo determinerà in termini di disciplina della figura dell’avvocato dipendente. Ma l’organizzazione, ovvero l’esercizio della professione in forma associata o comunque collettiva, è solo uno degli elementi che sono indicati come possibile fattore di spinta per il comparto. L’altro fattore, stavolta indicato dagli intervistati dal Censis, è rappresentato da…»(Fonte: Legalcommunity).

Nel 1921 Piero Calamandrei dava alle stampe “troppi avvocati”, un pamphlet che denunciava i danni che la crescita fuori controllo della popolazione forense stava producendo per la professione. All’epoca gli avvocati erano circa 25mila, oggi siamo 240mila!

Nel 1921 la popolazione italiana era di 38 milioni di cittadini, nel 2023 di 66 milioni.

L’avvocatura è stata progressivamente “proletarizzata”, usata come ammortizzatore sociale e avviata, come scriveva il sociologo Gian Paolo Prandstraller ancora nel 2012, verso l’estinzione.

Ma andiamo avanti nella nostra analisi.

Alla pag. 5 del Bilancio preventivo 2023 di Cassa Forense è dato leggere:

«Si ricorda, innanzitutto, che il Consiglio di Amministrazione nella seconda metà del 2021, ha approvato un progetto straordinario biennale, avviato il 1° ottobre 2021, finalizzato ad accelerare l’attività di recupero crediti nei confronti degli iscritti. Questo progetto si pone l’obiettivo di portare a regime le procedure sanzionatorie contributive procedendo alla verifica degli adempimenti connessi agli anni 2015-2018 (Modd. 5/2016-2019). La procedura in questione ha interessato circa 97.000 avvocati per importi complessivi stimabili in oltre 500 milioni di euro. Lo sforzo di riportare a regime la situazione degli accertamenti contributivi, nonostante i vincoli legati all’attuale legislazione e normativa regolamentare, compiuto dal Consiglio di Amministrazione, presenta aspetti estremamente positivi sotto il profilo costi/benefici, e già nel bilancio consuntivo 2022 si potranno verificare i primi effetti positivi dell’operazione, la cui conclusione è prevista per l’ottobre 2023.

Si sottolinea, infine, che una sezione specifica del progetto è dedicata ai c.d., “grandi evasori” (sopra i 50.000 euro) con previsione di recupero mediante decreto ingiuntivo. A ciò deve aggiungersi la prosecuzione dell’attività di verifica, contraddittorio ed accertamento conseguente ai controlli incrociati con l’Anagrafe Tributaria e la messa a regime delle segnalazioni agli Ordini, ai fini disciplinari, dei nominativi degli Avvocati che non adempiono all’obbligo di invio dell’autodichiarazione reddituale (Mod.5), nonostante la specifica diffida notificata loro dalla Cassa. Quanto all’andamento dei costi si segnala che, a fronte di un aumento di spesa pensionistica per il 2023 stimato nel 7,50%, che comprende soprattutto gli adeguamenti ISTAT legati alla ripresa dell’inflazione ma anche all’effetto dei nuovi pensionamenti, si evidenzia il lieve decremento della spesa prevista per l’Assistenza (da circa 68,6 milioni di euro dell’assestato 2022 a circa 67,5 milioni di euro del previsionale 2023) quale effetto diretto del gettito 2021 per contributo integrativo, nel rispetto di quanto espressamente previsto dall’art. 22 del Regolamento dell’Assistenza» (Fonte: Bilancio preventivo 2023).

Un breve excursus storico è in grado di ben illustrare la situazione:

Al 31.12.2003 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano         € 93.431.162

Al 31.12.2004 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano      € 106.892.347

Al 31.12.2008 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano      € 383.032.171

Al 31.12.2009 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano      € 404.789.914

Al 31.12.2010 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano      € 978.890.923

Al 31.12.2020 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano   € 1.369.491.677

Al 31.12.2021 i crediti di Cassa Forense verso gli iscritti erano   € 1.683.741.702

Ora sarebbe interessante conoscere l’ammontare dei crediti di Cassa Forense verso gli iscritti al 31.12.2023 e i dati del Bilancio preventivo 2024 e, soprattutto, l’indicazione di quanti siano i crediti inesigibili, cosi da evitare di imbellettare i bilanci con numeri “farlocchi”.

All’aumento, con progressione geometrica, degli iscritti, anche se in flessione, corrisponde un altrettanto aumento dei crediti di Cassa Forense verso gli iscritti, il che certifica, da un lato l’impoverimento della categoria e, dall’altro l’enorme divaricazione reddituale tra i pochi ricchi (circa l’8 % del totale) e i molti poveri.

Come ho già scritto in precedenti note, la riforma ai box di Cassa Forense non sarà in grado ritrovare la sintesi tra questi dati macro, urge, invece, una profonda riforma di sistema, diversamente sarà denegata previdenza e assistenza per molte coorti di iscritti.

Voglio sperare che almeno i Vigilanti acquisiscano di ciò consapevolezza, prima che sia troppo tardi.

I dati del bilancio tecnico, in tema di saldo previdenziale e salgo gestionale, non lasciano dubbi sulla insostenibilità di lungo periodo.

Il fax oggi è obsoleto, abbiamo il fascicolo telematico e software basati sulla IA in grado di analizzare grandi volumi di dati legali; gli avvocati devono mantenersi competitivi nel panorama legale e, quindi, anche la previdenza deve migliorare il suo feedback.

Sarebbe sicuramente interessante utilizzare la ChatGPT per toccare con mano le sue potenzialità anche sul versante della previdenza.

“La IA applicata alla previdenza sociale ha potenzialità enormi”. (Migliorini INPS).

«L’intelligenza artificiale cambierà il mondo, ma il mondo non è solo tecnologia. Questa semplice affermazione recupera la “dignità” degli antichi ed ineliminabili fondamenti del mercato del lavoro, dell’economia più in generale. Geopolitica, andamenti migratori, calo demografico, transizione ecologica, crescita più o meno drogata della produzione: questa è la cornice in cui si innesta l’intelligenza artificiale e le sorprese potrebbero esse molte.

Tutti i maggiori studi, soprattutto di derivazione americana, convergono nel sostenere che l’invecchiamento della popolazione nei Paesi avanzati deprimerà ulteriormente la quantità di lavoratori disponibili spingendo verso l’alto i salari, aumentando la produttività con l’uso delle nuove tecnologie, favorendo i lavoratori a bassa formazione come quelli dei servizi. Sarà un mondo migliore?

Difficile fare previsioni, certamente sarà un mondo molto più veloce, svolgeremo più attività in meno tempo, la qualità della domanda sarà molto più articolata e la competizione sull’offerta estremamente aggressiva. Le professioni subiranno enormi cambiamenti, ma avranno a disposizione una quantità gigantesca di dati utili a prendere decisioni e a dare risposte, vincerà chi saprà fare sintesi. E la sintesi comporta logica, ampiezza culturale, lettura del contesto e sensibilità psico-attitudinale. Certo la formazione tecnica conterà, ma si dovrà acquisire tempo per tempo, inseguendo un’innovazione continua e velocissima». (Fonte: Andrea Camporese, 11.02.2024 in Blog MEFOP).

Questo non è il futuro ma l’oggi.

I Delegati di CF lo avranno compreso?

Tutte le riunioni collegiali si possono fare a distanza, con risparmio di tempo e denaro (contributi obbligatori), pubblicando tutti i verbali, e riducendo il numero dei Delegati ad uno per Distretto di Corte di Appello, con qualche aumento per le realtà più numerose, richiedendo stringenti requisiti di professionalità e competenza in previdenza e finanza.

Lo specialista in diritto della navigazione non serve alla causa.