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Le «anime» collesi agli inizi del XVIII secolo

Stato delle Anime
Ph. Alfredo Incollingo / Stato delle Anime

Le «anime» collesi agli inizi del XVIII secolo

 

Il più antico Stato delle Anime di Colli a Volturno, in provincia di Isernia, era stato redatto dall’arciprete don Pietro CImorelli a partire dal mese di maggio del 1706, come si legge nel frontespizio: «Descrittione del Stato dell’Anime della Terra delli Colli Abbazzia di San Vincenzo in Volturno giurisdizione del Real Monistero di Monte Casino fatta da mè Don Pietro Cimorelli arciprete per l’anno 1706. Incominciato sotto il primo di maggio».

Il documento era stato poi inviato all’abate di Montecassino, sotto la cui giurisdizione rientravano le parrocchie dell’antica abazia di San Vincenzo a Volturno.

Lo Stato delle Anime collese del 1706 rispetta in parte le norme redazionali stabilite nel Rituale Romanum (1614) di papa Paolo V (1), come vedremo.

Ogni parrocchia, stando ai decreti del pontefice, era obbligata a censire i fedeli e le loro famiglie a cadenza regolare e prima della Pasqua per appurare l’adempimento al sacramento della Comunione e a quello della Confermazione. A sinistra di ogni singolo nome trascritto negli Stati delle Anime, infatti, si scrivevano gli acronimi «CR» (cresimati) e «C» (comunicati) per distinguere chi avesse ricevuto uno dei due sacramenti o entrambi. Accanto a queste lettere si segnava una croce nel caso in cui la persona censita fosse deceduta mentre era in corso la redazione dei censimenti (2).

 

Esempi:

 

«C. CR. Lonardo Visco figlio delli quondam Benedictto e Lorenza Siravo d’anni 47» (3)

«+ C. CR. Margherita Siravo vedova giusta la morte del quondam Antonio di Sandro figlia delli quondam Giovanni, e Gregorio Fantaozzo d’Anni 34» (4)

Don Pietro Cimorelli concludeva lo Stato delle Anime collese del 1706 scrivendo che «l’anime di communione ascendono al numero di quattrocentonovanta», «de cresimati a duecentoquarantaquattro» e «de cresimandi il numero di trentadue» (5).

Gli Stati delle Anime erano utilizzati anche per il calcolo delle decime da destinare alle chiese locali (6) e, per questo motivo, oltre ai nomi e ai cognomi, alle età e alle località di residenza, i sacerdoti registravano anche i mestieri esercitati dai loro parrocchiani (7).

Per cause ignote, don Pietro Cimorelli aveva iniziato a stilare il censimento ecclesiastico di Colli a Volturno del 1706 dopo la Pasqua (4 aprile), censendo 766 abitanti (398 donne e 367 uomini), compresi 8 sacerdoti, 8 chierici, 28 vedove e 10 vedovi.

Si riscontrano nel testo molte indicazioni sui luoghi d’origine di alcune famiglie o di singole persone residenti a Colli. I «di Leva» (o «Leva», nella variante attuale del cognome), per esempio, sono originari di Napoli e discendono da «Andrea di Leva napolitano» (8).

La maggior parte dei cognomi forestieri erano di donne che, per ragioni matrimoniali, si trasferirono a Colli dai paesi dell'odierna provincia di Isernia (Santa Maria Oliveto, attuale frazione del comune di Pozzilli, Rocchetta a Volturno, Scapoli, Pizzone, Montaquila e Longano), dal capoluogo pentro, da Vairano (CE) e da Pettorano sul Gizio (AQ) (9).

È possibile individuare nel censimento alcune espressioni particolari, ovvero «Domenica moglie di casa Raniero», «Maria moglie di casa Siravo» e «Cecilia moglie di casa Di Lisi» (10), utilizzate probabilmente per sottolineare la provenienza familiare di queste donne.

Non si specificano i mestieri né le contrade dove abitassero i collesi. Sono da segnalare, tuttavia, due eccezioni. «Francesca di Tore della città d’Isernia», infatti, era stata censita come «serva» della famiglia di Giulio Padula (11).

L’unico riferimento toponomastico che contestualizza un’abitazione nel tessuto urbano del paese riguarda la famiglia del defunto «Antonio di Marco», la prima ad essere censita, che viveva in «contrada della Piazza» (12), identificabile verosimilmente con lo slargo antistante la Chiesa Madre di Colli a Volturno intitolata a Santa Maria Assunta.

Si menziona nel censimento ecclesiastico anche un’abitazione di proprietà del luogo pio
laicale intitolato a san Leonardo di Noblac, patrono del paese, che era stata affittata a «Bernardino di Lisi» (13).

I collesi erano divisi tra coloro che abitavano nel borgo, l’attuale centro storico di Colli, e chi, invece, nel rione «detto fuori la Porta San Giovanni», un toponimo utilizzato verosimilmente per indicare tutti i quartieri esterni alla sezione più antica del paese (14).

Mediamente, ogni famiglia era composta da sei o sette componenti e comprendeva il capofamiglia, la moglie e i figli. Erano state censite molte «famiglie allargate», che riunivano più nuclei familiari per ragioni economiche e i cui membri avevano stretti legami di parentela.

 

Esempi:


«C. CR. Berardino Siravo figlio delli quondam Filippo e Camilla d’Angelone d’anni 40

C. CR. Margarita di Lisi moglie figlia di Pace e della quondam Oratia d’Angelone d’anni 37

CR. Vittoria figlia delli detti d’anni 12

CR. Anna Camilla figlia delli detti d’anni 10

CR. Liberata figlia delli detti d’anni 5

CR. Domenica figlia delli detti d’anni 2

Giovanna Antonia figlia delli detti di mesi 4» (15)

 

Famiglia censita nello Stato delle Anime di Colli del 1706

«C. CR. Giulio di Iorio figlio delli quondam Giacomo e Lucia di Lisi d’anni 44

C. CR. Santa d’Andreuccio moglie e figlia delli quondam Giuseppe e Lucretia Nardone d’anni 44

CR. Anna figlia d’anni 12

CR. Isabella figlia d’anni 6

CR. Antonia figlia d’anni 4

C. CR. Giuseppe figlio delli detti quondam Giacomo e Lucretia d’anni 38

C. CR. Margarita Liberatore moglie e figlio delli quondam Isabella Tagliente e Domenico d’anni 32

CR. Chiara figlia delli detti d’anni 2» (16)

 

«Famiglia allargata» censita nello Stato delle Anime di Colli del 1706

Nella maggior parte dei casi, insieme con i genitori anziani, abitavano i figli con le rispettive famiglie, garantendosi così maggiori possibilità di sopravvivenza.

Per quanto riguarda l’onomastica collese, infine, i cognomi più diffusi agli inizi del Settecento erano «di Sandro» o «di Santro», «Campellone», «Siravo», «di Lisi» e «Lombardo».

 

 

1 - Per la storia della chiesa di Bari. Le fonti archivistiche, a cura di S. PALESE, Bari, Edipuglia, 1985, p. 17.

2 - PAOLO V, Rituale Romanum, Castel San Michele, Typographia Vicariatus Apostolici Buscoducensis, 1849, p. 418.

3 - ARCHIVIO DELL'ABAZIA DI MONTECASSINO (da ora in avanti AAM), Colli, b. 2, Stato delle Anime, anno 1706, f. 8r.

4 - IVI, f. 4r.

5 - IVI, f. 29v.

6 - L. RUSSO, Gli Stati delle Anime nel Catasto onciario di Recale del 1753, in «Rivista di Terra di Lavoro», anno XV (2020), n. 2, p. 126.

7 - PAOLO V, Rituale Romanum, cit., p. 418.

8 - AAM, Colli, b. 2, Stato delle Anime, anno 1706, f. 20v.

9 - Si riportano i cognomi forestieri di Colli a Volturno agli inizi del Settecento e tra due parentesi tonde le località di provenienza: «di Tore», «Escudero» (Isernia), «d'Onia», «di Scio», «Pallante» (Longano), «Riccio» (Montaquila), «di Benedetto» (Pettorano sul Gizio), «Ascanti», «Bruno», «Fantanozzi» «Negro» (Rocchetta a Volturno), «Aglione», «Caramante» e «Migliorino» (Santa Maria Oliveto), «Palmisciano» (Scapoli). Di due donne, Domenica (Pizzone) e Imperia (Vairano), è stata registrata solo il luogo d'origine. IVI, ff. 2v, 8r, 9r-v, 12v, 15r-v, 16v, 17v, 18r-v, 20r-v, 24r, 25r, 27r-v, 28r.

10 - IVI, ff. 6r, 7r.

11 - IVI, ff. 9r-v.

12 - IVI, f. 1r.

13 - IVI, f. 7v. Per approfondire la storia del luogo pio collese si rimanda a: A. INCOLLINGO, Il luogo pio di San Leonardo a Colli a Volturno (XVI secolo-1937), in «Rivista di Terra di Lavoro», anno XVII (2022), n° 2, pp. 24-34.

14 - A chiusura della sezione relativa alle famiglie residenti nell'attuale centro storico di Colli a Volturno è riportata la seguente dicitura: «Questo dentro le mura di difesa circolari della Terra, ma ora deve essere fatto nel borgo volgarmente detto San Giovanni». AAM, Colli, b. 2, Stato delle Anime, anno 1706, ff. 22v, 23r.

15 - IVI, f. 10r.