Lo squalo. Natura e terrore nel film di Steven Spielberg
Lo squalo. Natura e terrore nel film di Steven Spielberg
Nuotare in mare, dopo aver visto Lo squalo (1975) di Steven Spielberg (1), non sarà più un'esperienza piacevole. Il più spietato predatore acquatico, infatti, che nel film si avvicina alle sue prede con un sottofondo ansiogeno qual è la celebre colonna sonora del compositore John Williams (2), potrebbe essere in agguato nelle profondità marine pronto a divorarci.
Per comodità chiameremo il grande squalo bianco spielberghiano con il nomignolo attribuitogli dal regista e dal suo staff: «Bruce» (3).
Lo squalo ci ricorda quanto imprevedibili e terribili siano le forze della natura, che riusciamo a controllare entro ristretti limiti con la scienza e la tecnica. Basta un solo squalo per seminare il terrore nell'idilliaca isola di Amity, nel New England (U.S.A.), dove è ambientata la trama del film di Spielberg, che possiamo ragionevolmente considerare una metafora della nostra società.
Su Lo squalo si sono accavallate decine di interpretazioni più o meno ideologiche (4). Il taglio critico più interessante vede nella caccia a «Bruce» il confronto/scontro tra l'uomo e la natura, soggettivata nell’indomito predatore marino (5).
Lo squalo è anche un collettore simbolico delle nostre paure primitive, le stesse che paralizzavano i progenitori più antichi nel momento in cui affrontavano un mondo naturale ancora sconosciuto. Il terrore nel film di Spielberg è accentuato dalla visione delle profondità marine, una realtà in parte ancora inesplorata in cui si aggira «Bruce».
Lo squalo spielberghiano, scrive Antonio Catolfi, è un «rischio oscuro che provoca paura collettiva e una successiva isteria. La sensazione è di orrore e di seduzione per questa forza della natura rappresentata dallo squalo ma è anche una primitiva angoscia per una possibile fine violenta nelle profondità marine, tutte percezioni che si sedimentano e danno luogo ad una vera fobia collettiva per lo squalo e per gli abissi marini. Un incubo che rimane insito negli spettatori del film come un marchio di appartenenza, come l’effetto indelebile di un rito d’iniziazione» (6).
I protagonisti del film (lo sceriffo Martin Brody, il cacciatore di squali Quint e l'oceanografo Matt Hooper) devono affrontare un pericolo mortale per la prosperità economica dell'isola di Amity e per l'integrità fisica dell'uomo. «Bruce» sembra avere una forza e una grandezza soprannaturali tali che nessuna arma umana è in grado di abbatterlo.
Scrive Andreina Campagna: «Il sentimento stimolato dallo squalo è la precarietà: un monito che spinge sul baratro di tutte le certezze acquisite, mettendo in dubbio le capacità di sopravvivenza dell’uomo senza le protesi tecnologiche e i surrogati scientifici che si è creato nel corso degli anni» (7). La scienza e la tecnica, si aggiunge, sembrano totalmente inutili per fermare la violenza famelica di «Bruce».
Gli abitanti di Amity, in particolare il sindaco Larry Vaughn, non vogliono accettare che la stagione estiva sia compromessa dallo squalo assassino. La logica del profitto sprona al guadagno mettendo a rischio l'incolumità dei natanti. Alla fine, anche l’avidità deve piegarsi all'animalità.
Eppure, non tutto è perduto per gli abitanti di Amity. Il film di Spielberg ci ricorda che l'uomo ha un'arma naturale in più rispetto all'animale, la razionalità, e nei momenti peggiori l'umanità manifesta una capacità di adattamento straordinaria. Con la scienza di Hooper e la forza di Quint e di Brody l’umanità riesce finalmente a prevalere su «Bruce».
1 - Lo squalo di Steven Spielberg è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Peter Benchley del 1974.
2 - E. AUDISSIMO, Due note di credibilità. John Williams e Lo squalo, in «Cinergie», 2015, n° 7, pp. 36-44.
3 - A. MINUZ, Jaws experience (1975-2015), in «Cinergie», 2015, n° 7, p. 6.
4 - L’autore del saggio si concentra nell’analizzare le interpretazioni marxiste per lo più del film di Steven Spielberg. A. MINUZ, “Bruce”, Marx e la cultura popolare. Un’analisi della ricezione di Jaws (1975-1980), in «Cinergie», 2015, n° 7, pp. 86-95.
5 - Secondo questa tesi interpretativa, Lo squalo è classificabile come un «disaster movie». A. CAMPAGNA, Lo squalo: animalità, politica e filosofia della natura, in «Cinergie», 2015, n° 7, pp. 65-73.
6 - A. CATOLFI, La fobia per lo squalo di Spielberg, entes», anno III (2016), n° 3, p. 176.
7 - A. CAMPAGNA, Lo squalo: animalità, politica e filosofia della natura, cit., p. 71.