Pier Paolo Pasolini: l’Italia paese senza memoria

46 anni senza Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922 –2 novembre 1975)


Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini

46 anni senza Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975), dice Wikipedia, è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano.

Ma Pasolini è stato molto di più, e in questo triste anniversario che segna 46 lunghi anni dalla sua fine, vogliamo ricordarlo a tutti i nostri lettori.

Pasolini è stato la cartina di tornasole delle coscienze, il filtro delle libertà, lo sfasciacarrozze della morale comune, dei benpensanti e del popolo bue, il contrappasso di quella borghesia che non ha più trovato il suo specchio, sentendosi orfana culturalmente e moralmente.

Quante volte, oggi, leggendo o guardando qualcosa pensiamo: chissà cosa ne penserebbe Pier Paolo Pasolini? Chissà cosa scriverebbe, cosa avrebbe di nuovo da dirci, da sottolineare, da precisare.

Ecco, tutto questo si può fare soltanto con i grandi, i grandissimi, quelli che lasciano una sedia vuota che non viene più occupata, come quei calciatori inarrivabili dei quali si ritira la maglia perché non più indossabile da nessuno

Pier Paolo Pasolini è stato tutto questo, e molto di più.

Per Filodiritto ricordiamo l’osservazione di Pier Paolo Pasolini sull’Italia paese senza memoria:

Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare come è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese è speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale”.

 

Pier Paolo Pasolini da “Scritti corsari”, Garzanti, Milano, 2001

 

Pier Paolo Pasolini

I “Brutti Versi” su poliziotti, ragazzi e violenza.


E’ triste. La polemica contro

il Pci andava fatta nella prima metà

del decennio passato. Siete in ritardo, figli.

Non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati …
 

Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi quelli delle televisioni)

vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio goliardico) il culo.

Io no, cari.

Avete facce di figli di papà.

Buona razza non mente.

Avete lo stesso occhio cattivo.

Siete pavidi, incerti, disperati (benissimo!) ma sapete anche come essere

prepotenti, ricattatori e sicuri:

prerogative piccolo-borghesi, amici.
 

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte

con i poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti!

Perché i poliziotti sono figli di poveri.

Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.

Quanto a me, conosco assai bene

il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,

le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,

a causa della miseria, che non dà autorità.

La madre incallita come un facchino, o tenera

per qualche malattia, come un uccelino;

i tanti fratelli, la casupola

tra gli orti con la salvia rossa (in terreni altrui, lottizati); i bassi

sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi

caseggiati popolari, ecc. ecc.

E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,

con quella stoffa ruvida che puzza di rancio fureria e popolo.

Peggio di tutto, naturalmente,

è lo stato psicologico cui sono ridotti

(per una quarantina di mille lire al mese):

senza più sorriso,

senza più amicizia col mondo,

separati,

esclusi (in una esclusione che non ha uguali);

umiliati dalla perdita della qualità di uomini

per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).

Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.

Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.

 

Ma prendetevela con la Magistratura, e vedrete!

I ragazzi poliziotti

che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale)

di figli di papà, avete bastonato,

appartengono all’altra classe sociale.

A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento

di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi,

mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto)

erano i poveri. Bella vittoria, dunque,

la vostra! In questi casi,

ai poliziotti si danno i fiori amici …

 

da “Nuovi Argomenti”, aprile-giugno 1968, poi in Empirismo eretico, Garzanti, Milano 1977.


Tante volte mi sono seduto nel posto per anni occupato da Pier Paolo Pasolini, all’Osteria da Mario, in via San Felice, dove amava rifugiarsi insieme ad Alberto Moravia ed Eugenio Riccomini, quelle notti passate davanti a una bottiglia di vino rosso, a parlare di tutto per ore ed ore.

Mi sedevo sempre sulla sedia che lui occupava, sperando che qualcosa di Pasolini fosse stata assorbita dal legno e potesse passare per induzione a me, in qualche modo,

Ecco, mi piace pensare che sia andata proprio così, almeno un po’.

Rileggiamolo e ricordiamolo, buttando via, bruciando, distruggendo quella maglia con scritto sulla schiena Pier Paolo Pasolini, perché ritirarla, in fondo, è troppo poco.