I pidocchi
I pidocchi
(Ieri, oggi, sempre?)
Il Trattato del marchese Pareto mette in guardia contro il vizio di “envisagér comme simples des faits extremement compliqués”; forse da quel monito ho preso l’abitudine di tener conto di tutti i sintomi, anche apparentemente minimi. Perciò, l’offensiva dei pidocchi su scala continentale e nazionale non mi fa ridere, e mi guardo bene dal tracciare frettolosi apologhi, come quello che dicesse che ogni regime ha gli avversari che si merita. Se a un certo momento una fastidiosa specie rompe le frontiere in cui era costretta e si dedica alla politica di espansione, vuol dire che si è immensamente irrobustita, o che i suoi nemici si sono indeboliti. La politica espansiva dei pidocchi non è cosa d’oggi. Ha le sue fasi, i suoi corsi e ricorsi. Ho un libro, “Rats, Lice and History” (Topi, pidocchi e la Storia) di Hans Zinsser, e lo tengo accanto alle vite dei grandi conquistatori. A qualcuno parrà irriverente attribuire a razze così spregevoli la stessa dimora che a Cesare o Napoleone. Infatti, il mio Zinsser osserva che l’Enciclopedia Britannica dedica ai vari ceppi della specie ‘pidocchio’ meno spazio che a una qualsiasi cittadina di provincia. Quella italiana non ha neppure la voce, e rimanda alla famiglia degli “Anopluri”, cui concede una colonna contro le venti su Cesare, le ventuno su Alessandro e le trentadue su Napoleone. Ma, dice il mio libro, gli umili pidocchi e le malattie che diffondono, come il tifo, la scabbia, la dissenteria e tante altre, hanno deciso più battaglie e ucciso più uomini di tutti i condottieri messi insieme.
A questo punto, il mio trattato saccheggia le opere di un tale Von Linstow, che fu medico in capo dell’armata prussiana, e tentò l’inventario dei danni provocati dai pidocchi come principali agenti diffusori di malattie infettive negli eserciti, fin da quando Serse entrò in Tessaglia con un esercito di ottocentomila uomini, che fu subito decimato da una fulminante dissenteria. L’elenco delle campagne decise dai parassiti continua con le guerre di Atene, l’assedio cartaginese a Siracusa, fino alle guerre civili ed esterne dei Romani, al salvataggio di Costantinopoli dagli Unni, alla fallita invasione abissina in Arabia, e alle Crociate, che furono un’orgia di epidemie. Sul mezzo milione di Cristiani ch’erano partiti per la seconda, solo un pugno tornò in Europa. L’armata di Federico II fu distrutta non dai Saraceni, ma dal tifo e dalla dissenteria. Due secoli dopo, l’imperatore Alberto raggiunse le mura di Bagdad, ma dovè lasciare l’assedio, vinto dai morbi infettivi. Così capitò a Carlo V nell’assedio di Metz, e all’armata di Massimiliano II, vinta dal tifo prima d’incontrare gli eserciti di Solimano in Ungheria. Ogni fase della guerra dei Trent’anni fu dominata dalle malattie recate dai pidocchi. Gustavo Adolfo e Wallenstein schierarono davanti a Norimberga due eserciti di ammalati di diarrea, che non ebbero neppure la forza di combattersi. I parassiti decisero la sconfitta di Carlo I in Inghilterra, degli Svedesi a Poltava nel 1704, la resa di Praga nel 1714 e l’abbandono della Boemia da parte di Federico il Grande. Nella resistenza della Francia rivoluzionaria, la dissenteria (specie “rossa”) poté contro l’armata prussiana più dei fatidici concetti di Liberté, Egalité e Fraternité. Il Cavalier de Kerckhove, “membre de la plupart des Académies savantes d’l’Europe”, e medico della Grande Armée attribuisce alle malattie infettive il fallimento della spedizione di Russia. Il mio trattato dedica quattro pagine fitte alla strage che tifo e dissenteria fecero nell’esercito francese, e l’elenco continua, passando per la guerra di Crimea, fino ai conflitti mondiali.
Ecco perché non rido quando apprendo che le orde dei Pediculi humani capitis e dei Pediculi humani corporis si sono messe in marcia. La prima “comprende individui più slanciati e scuri, con antenne piuttosto corte e con le divisioni dei segmenti addominali ben marcate. Si trovano sulla testa delle persone sudice e trascurate e attaccano le uova (lendini) ai capelli: la seconda include individui più tozzi, con antenne piuttosto lunghe…Dimorano tra le pieghe e le cuciture dei vestiti e si portano sulla pelle quando debbono nutrirsi. Depongono due o tre centinaia di uova, dalle quali sgusciano le larve”.
Sentono che è giunta la loro ora. E’ evidente che il declino dell’Occidente offre loro l’occasione di una riscossa dopo decenni di umiliazioni, e che l’Italia, come al solito, è il “ventre molle” del sistema. L’invasione delle pulci nella scuola di Fidenza è agevolata dallo sciopero dei pubblici dipendenti che si sono rifiutati ai lavori di disinfestazione. Il liceo Manzoni a Milano è attaccato contemporaneamente dai pidocchi e dai loro storici alleato in epidemie, i topi. Fantasmi riemergono minacciosi, come la peste, accanto alle infezioni virali e al solito tifo. Il medico scolastico predicava da anni invano contro la sporcizia di quel liceo, e gli rispondevano che la pulizia è un pregiudizio borghese. A differenza dagli antichi, noi possiamo spiegarci i molti fenomeni che a loro apparivano misteriosi “prodigi”. Ecco, dunque: l’offensiva dei topi e dei pidocchi è un glorioso capitolo della guerra democratica e rivoluzionaria. Hanno pure le loro ragioni di scendere in campo contro le fisime retrograde e reazionarie della pulizia. Tutto si spiega, al mondo.
Da : “Il Giornale”, venerdì 18 novembre 1977