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Smartphone: il cellulare ci ascolta e il Garante Privacy avvia un’indagine

Sotto inchiesta le app “rubadati” e il mercato dei dati
Telefono
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Smartphone: il cellulare ci ascolta e il Garante Privacy avvia un’indagine

Tutto è partito da un’inchiesta condotta da Marco Camisani Calzolari, inviato di Striscia la Notizia, e mandata in onda in due puntate della trasmissione televisiva, nella quale è emerso che attraverso gli smartphone qualcuno ascolterebbe le nostre conversazioni e se ne servirebbe per finalità di profilazione e pubblicitarie.

Durante il servizio è intervenuto anche Guido Scorza del Garante privacy, il quale ha affermato che attraverso i microfoni degli smartphone è tecnicamente possibile recepire le informazioni degli utenti.

All’indomani, la notizia dell’indagine avviata dal Garante privacy


Smartphone: come ci ascolta il nostro cellulare?

Emersa la notizia che lo smartphone potrebbe ascoltarci – per la verità riportata a più riprese nel corso degli anni e allo stesso modo puntualmente smentita – gli esperti hanno individuato e analizzato le modalità attraverso le quali ciò potrebbe avvenire.

Il sistema di ascolto pare essere duplice. Da un lato, le app come Google assistant, Siri, Alexa e Cortana mantengono sempre attivo l'accesso al microfono dello smartphone, in attesa di intercettare il nostro comando vocale.

Al tempo stesso, molte app che scarichiamo richiedono il consenso di utilizzare il microfono, consenso che molto spesso diamo, senza essere pienamente consapevoli di quelle che potrebbe essere le implicazioni e le conseguenze.

Ebbene, in questo modo il nostro smartphone ha accesso a tutte le nostre informazioni, preferenze e gusti: è così che un argomento di conversazione si tramuterebbe in una pubblicità online.

 

Smartphone e app “rubadati”: la smentita del colosso Facebook

Come già anticipato, più volte negli anni si è paventata l’idea che lo smartphone potrebbe ascoltarci. E ciò perché a tutti è capitato almeno una volta di parlare di una meta di vacanza, di un capo d’abbigliamento preferito, di un corso di yoga da voler frequentare e di ritrovarsi poi sul proprio smartphone la pubblicità di un volo per quella precisa destinazione vacanziere, di quel preciso paio di scarpe e di varie proposte di yoga online.

Ugualmente puntuali le smentite: la più autorevole arriva dalla ricerca condotta nei laboratori di Wandera, azienda britannica specializzata in sicurezza informatica, la più attesa direttamente da Facebook.

Nell podcast americano “Reply All” intitolato “Is Facebook spying on you?” e datato novembre 2017, infatti, il presentatore PJ Vogt raccolse le testimonianze degli ascoltatori e rilanciò la teoria dell’ascolto da parte dei nostri smartphone sul colosso Facebook.

La risposta ufficiale arrivò tramite Twitter proprio dal Vice Presidente della divisione pubblicitaria dell’azienda californiana, Rob Goldman, il quale affermò: “Sono responsabile della divisione pubblicitaria di Facebook. Non usiamo e non abbiamo mai usato il microfono degli utenti per la pubblicità. Semplicemente non è vero”.
 

Smartphone: l’indagine del Garante privacy

È recentissima la notizia dell’istruttoria avviata dal Garante Privacy, in uno con il Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza, per individuare quelle app che, attraverso l’uso improprio del microfono, captano dati personali e se ne servono ai fini pubblicitari e per verificare che le stesse app abbiano reso agli utenti un’informativa chiara e trasparente. 

L’indagine si pone nel solco della disciplina tracciata dall’UE con il Regolamento (UE) 2016/679 (di emanazione del GDPR) e con la Direttiva (UE) 2016/680: con questo pacchetto di misure per la protezione dei dati, l’UE ha non solo armonizzato la disciplina in materia di protezione dei dati personali, ma ha altresì inteso rafforzare i diritti fondamentali dei singoli nell’era digitale.

Spetta ora al Garante privacy verificare che la disciplina comunitaria sia stata pienamente rispettata e i dati dei cittadini protetti.