Una medaglia mai realizzata?
Una medaglia mai realizzata?
“Ricondizionamento” è un termine tecnico, usato in diversi ambiti. Nel nostro caso, a differenza di quanto si potrebbe pensare, il tecnico non è un termoidraulico né un riparatore di tablet. Nel gergo archivistico “ricondizionare” significa intervenire sulle modalità di conservazione dei pezzi, dando loro una sistemazione più idonea rispetto a quella precedente, al fine di migliorarne la conservazione. Questo è ciò che attende il medagliere dell'Archivio di Stato di Modena. Nei prossimi giorni, infatti, gli esemplari saranno sistemati in maniera più opportuna rispetto a quella attuale, pratica ma priva di garanzia da un punto di vista conservativo.
Il medagliere si compone di settantacinque pezzi ed è un insieme assolutamente eterogeneo, raggruppando elementi geograficamente e cronologicamente molto distanti fra loro. Accanto a un nucleo estense e cittadino, la cui presenza può sembrare scontata, troviamo infatti medaglie pontificie, napoleoniche, del Regno di Sardegna, assieme ad altre generiche e religiose. L’ambito temporale è altrettanto vario, spaziando da pezzi rinascimentali ad altri del Novecento. Le medaglie estensi e modenesi sono in totale trentuno, in maggioranza originali, anche se non mancano alcuni riconi di pezzi antichi.
Nei numeri scorsi abbiamo già presentato un paio di esemplari di questa raccolta, ricostruendo le vicende storiche loro sottese. Ci si riferisce alla medaglia realizzata in occasione della cessazione dell'epidemia di colera del 1836 e a quella commemorativa della fine dell'assedio di Vienna e della vittoria delle armi austriache del 1683. Oggi proseguiamo, tuffandoci nel Seicento estense.
Il ducato di Francesco II
Nato a Modena il 2 gennaio 1660, rimase orfano del padre, il duca Alfonso IV, ad appena due anni. Lo Stato fu affidato alla reggenza della madre, Laura Martinozzi, nipote del cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, che aveva 23 anni. Dopo alcuni mesi di governo dai risultati non proprio brillanti, ella si rivolse al fratello del defunto suocero, il cardinale Rinaldo d’Este. Uomo dalle grandi capacità politiche, il prelato risollevò lo Stato dalla crisi finanziaria, ripristinò l’ordine pubblico e realizzò importanti opere. La conseguenza di tale buona amministrazione, fu il consenso popolare che si venne a creare attorno alla reggente, definita da Muratori “donna virile”, in grado di lasciare una “dolce memoria”.
Un importante successo diplomatico, malgrado la situazione politica britannica non facesse presagire molto di buono, fu il matrimonio della sua primogenita Maria Beatrice con l’erede al trono inglese Giacomo Stuart. Al ritorno dalla Gran Bretagna, dove si erano celebrate le nozze, Laura venne esautorata dal figlio, che, quattordicenne, assunse i pieni poteri. Pesantemente influenzato dal cugino Cesare Ignazio, al quale delegò buona parte degli impegni di governo, intraprese un graduale sganciamento del Ducato dall’alleanza con la Francia, mirando ad entrare nell’orbita austriaca, pur mantenendo una rigorosa neutralità nei conflitti. I suoi anni vennero anche ricordati per gli intrattenimenti pubblici (dal carnevale alle corse di cavalli) che coinvolgevano l'intera cittadinanza. Francesco II morì di gotta a soli 34 anni, il 6 settembre 1694.
Un artista squattrinato si rivolge al duca
Amante della musica, Francesco II si guadagnò la fama di protettore delle arti. Commissionò un lavoro a Ferdinand de Saint-Urbain (Nancy, 1654 o 1658 - ivi, 10 gennaio 1738), orefice e medaglista attivo anche alla corte pontificia. Il 17 marzo 1688. l'artista lorenese, in quel momento in gravi difficoltà economiche, scrisse da Bologna al duca per proporgli una medaglia. L’occasione era la prossima nascita del nipote, figlio della sorella regina d’Inghilterra (Giacomo Francesco Stuart, il futuro Old Pretender, venuto al mondo il 10 giugno 1688). Nella lettera, il Saint-Urbain descriveva dettagliatamente il suo progetto: ad un recto con il ritratto del duca, sarebbe stato accoppiato un verso allegorico, simboleggiante il ritorno dell’Inghilterra al cattolicesimo grazie all’unione degli Stuart con gli Este. Allegava una prova (probabilmente fusa) in argento, scusandosi in quanto «la mia povertà non mi somministra materia più preziosa e perciò più degna». A quanto pare (mancando la minuta della risposta occorre lavorare sugli indizi), la proposta rimase priva di riscontro. Quasi un anno dopo, infatti, l'incisore tornò a scrivere al duca. Era il 4 aprile 1689. Iniziava scusandosi per il sollecito («Ardisco di nuovamente prostrarmi a' piedi di Vostra Altezza Serenissima») e proseguiva chiedendo, molto tra le righe, un responso per il «ritratto di Vostra Altezza presentatole da un mio giovine speditole di Bologna». Questa missiva dovette avere risposta, perché il successivo 24 agosto il Saint-Urbain ne firmava una nuova per il duca: dopo aver ricordato il soggetto della precedente medaglia d'argento, «di nuovo ardisce d'impiegarsi coll'inviarle l'annesso formato pure in argento, non estendendosi più la mia povera fortuna».
Non sappiamo come finì la vicenda, ma appare chiaro che la medaglia di soggetto britannico non ebbe successo: il fatto stesso che l'autore debba ripercorrere l'iter della vicenda può far pensare che a corte si fossero dimenticati di quella proposta. Probabilmente il fallimento dipese dalla piega che presero le vicende britanniche, che avrebbero visto nel giro di pochi mesi l’avvio della Gloriosa rivoluzione e la fine del regno dello Stuart, con il conseguente tramonto di ogni velleità di restaurazione del cattolicesimo in Inghilterra, oltre che del regno di Mary of Modena. Si può anche ipotizzare che il soggetto non fosse particolarmente gradito a Francesco II, a causa del suo matrimonio improle con la cugina Margherita Maria Farnese.
Anche il Saint-Urbain dovette aver inteso l'antifona. Nella supplica del 4 aprile 1689 chiedeva al duca di essere: «soddisfato sì del tempo, che costì ho avuto l'onore di ubbidirla, sì del ritratto di Vostra Altezza presentatole da un mio Giovine speditole di Bologna», senza accennare a una possibile realizzazione di altri esemplari della medaglia. Alla sua ultima corrispondenza - come abbiamo già riportato - era poi allegato un nuovo lavoro, di tutt'altro genere. Sebbene non sia descritto, possiamo farcene un'idea da un inciso della lettera di accompagnamento: «(...) ma colla virtù accennata nella medaglia, clementissimamente mi conceda (...)».
Dai documenti citati e da successive testimonianze, la medaglia con l'allegoria britannica appare conosciuta in un solo esemplare, evidentemente la prova inviata al duca, confluito in seguito in una raccolta privata, dispersa già nell’Ottocento. Questo pezzo non è più riapparso, né sul mercato, né in collezioni pubbliche o private.
La medaglia dell’Archivio di Stato di Modena, qui riprodotta, ha un diametro di 80 mm, è unifacie ed è realizzata in bronzo argentato. È stata identificata come il recto del pezzo britannico, ma tale individuazione è ben lontana dall'essere definitiva. Si potrebbe infatti trattare di un lavoro realizzato in occasione del soggiorno modenese del Sait-Urbain, o di una prova per il recto della seconda medaglia citata. Le descrizioni coeve delle medaglie, infatti, parlano genericamente di un ritratto del sovrano, e, riguardo a questo pezzo, l'unica certezza è la sua paternità, in quanto firmato con la sigla F·DE·S·V nel taglio del braccio.