Uno straordinario volo di linea

Il mito di Ulisse
Ulisse
Ulisse

Uno straordinario volo di linea

 

C’è un personaggio che fa impazzire grandi e piccini: Ulisse.

Perché è un eroe che si gioca, abbandona costantemente la sua comfort zone per conoscere cose che ancora non sa, prende il sentiero meno battuto per cambiare sempre tutto, anche quando, finalmente a Itaca, potrebbe godersi il tramonto della vita amato dal dolce Telemaco e dalla fedele Penelope. L’ardore “a divenir del mondo esperto”, di cui ci parla Dante nel XXVI dell’Inferno, è per l’eroe uno stile di vita che nemmeno la vecchiaia riesce a stemperare. Raccoglie i suoi e li sprona a seguirlo in un’ultima avventura, un “folle volo” che valica il limite concesso agli uomini, oltre le colonne d’Ercole. Ma la sua presunzione lo porterà alla dannazione e la sua imbarcazione verrà risucchiata dai flutti.

Tre volte il fé girar con tutte l’acque

A la quarta levar la poppa in suso

E la prora ire in giù, com’altrui piacque

Infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso.

L’idea di un coraggio mosso dalla sete di conoscenza ci affascina ineluttabilmente, perché l’alto sentire dell’eroe ci corrisponde, ma al contempo l’epilogo ci palesa anche la follia di questo agire e ci mette in guardia da gesti eclatanti e vanitosi che, dopo una illusoria esplosione, ricadono su sé stessi come palloncini bucati.

Con  il prof. Nembrini potremmo dire: “Ulisse, hai ragione, bisogna arrivare là; ma stai sbagliando strada.  Perché non esistono scorciatoie, e non si tratta di girare il mondo: bisogna andare in profondità, nella profondità di se stessi e della realtà. La vera scoperta della vita non è vedere cose nuove, ma vedere nuove tutte le cose, non è cambiare le circostanze, ma cambiare ogni giorno il nostro sguardo su di esse”.

Possiamo allora fare nostro l’orizzonte dell’eroe, ma abbandonando il “folle” e tenendoci stretto il “volo”. Il volo, come dice il professore, non è fuori dal tempo, in una dimensione mitica, ma è un cambiamento dello sguardo che fa nuove tutte le cose, la cui palestra è il nostro semplice quotidiano. Agendo infatti, ogni mio atomo, ogni goccia di stella che possiedo si pronuncia in un dialogo vivo con tutto, proprio tutto, ciò che mi dà gioia e ciò che mi dà dolore, niente viene cancellato. E sono certa di questa possibilità, di questo volo, perché mia mamma vive ogni giorno in questo modo, allenandosi a volare. Va al lavoro con una gioia e una gratitudine invidiabili,  è grata di poterlo fare ancora, alla sua età. Prende lezioni di flauto traverso, perché è un desiderio che ha sempre avuto e ora può finalmente realizzare, dipinge. Continua a volare, dopo essersi presa cura di cinque figli, aver perso il compagno di una vita, non si arrende mai. Ama stare nella sua Itaca, non l’abbandona, anzi, se ne prende cura perché vuole abbracciare di più, accogliere ancora, senza farsi immobilizzare da inutili lamentele per gli acciacchi e le difficoltà piccole o grandi che bussano alla porta. Che straordinario questo ordinario! Che sia ammettere la nostra stanchezza e con un sorriso chiedere aiuto, che sia chiedere a quella ragazza di uscire guardandola negli occhi, che sia ascoltare per davvero i nostri figli, i nostri amici, i nostri fratelli. Scintille di Ulisse proprio qui attorno che aspettano solo di essere colte dall’attenzione del nostro sguardo.