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Il reshoring delle società per contrastare la delocalizzazione

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Il reshoring delle società per contrastare la delocalizzazione

di Paolo Parisi

Abstract

Per favorire il reshoring a supporto diretto del sistema produttivo, di chi investe e chi produce in Italia viene previsto l’abbattimento del 50% delle imposte sui redditi e dell’IRAP per le imprese che decidono di tornare in Italia dall’estero con i propri impianti di produzione. Al contempo viene previsto per le imprese fruitrici di tale incentivo l’obbligo di restituzione di quanto ricevuto ove delocalizzassero nuovamente le attività.


Premessa

Il Decreto che attua la riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale (DLgs 27 dicembre 2023 n. 209) prevede una particolare agevolazione fiscale, finalizzata ad incentivare il trasferimento in Italia di “attività economiche”, che introduce nell’ordinamento domestico un incentivo fiscale diretto a favorire lo svolgimento in Italia di “attività economiche” precedentemente condotte in un Paese estero, diverso da uno Stato appartenente alla UE o allo Spazio economico europeo (SEE).

La misura in esame si pone in continuità con le misure adottate da altri Stati (primi fra tutti gli Stati Uniti) al fine di favorire il reshoring delle imprese: l’agevolazione in commento si applica, a tutte le “attività economiche” trasferite in Italia, indipendentemente dal settore.

Un passaggio della Relazione illustrativa chiarisce che tra “le attività economiche trasferite oggetto di agevolazione rientrano anche le attività d’impresa esercitate da società appartenenti al medesimo gruppo” e, quindi, è ragionevole pensare che l’agevolazione si applica a tutte le attività soggette alla disciplina in tema di reddito di impresa che vengono avviate in Italia da soggetti esteri già operanti, a partire dal 2024 e secondo tale impostazione vanno pure comprese le società di nuova costituzione da parte di gruppi multinazionali e le stabili organizzazioni di nuovo insediamento di soggetti non residenti.


Reshoring

Il reshoring va inteso come la rilocalizzazione, parziale o totale, delle attività produttive in un Paese diverso rispetto a quello d’origine: può venire rilocalizzata l’azienda in un Paese attiguo a quello d’origine (nearshoring), oppure in uno ancora più lontano (further-offshoring): le aziende fanno offshoring per questioni legate alla sostenibilità, o per via di tensioni geopolitiche che rendono difficile fare impresa in un Paese rispetto all’altro oppure per ridurre semplicemente i costi di servizio.

Il fenomeno del reshoring può portare diversi benefici al sistema economico nazionale: in primo luogo, la riallocazione in Italia di produzioni industriali potrebbe contribuire alla crescita del PIL (con maggiori risorse da investire, maggiori entrate tributarie o possibilità di ridurre le aliquote fiscali) e, in secondo luogo, è verosimile che le produzioni rientrate non siano destinate al solo mercato nazionale, ma possano essere vendute anche su mercati esteri facendo aumentare il valore delle nostre esportazioni, con conseguente ulteriore miglioramento della bilancia commerciale. Infine, il reshoring può avere un impatto positivo sull'occupazione e sull'attivazione (o riattivazione) di filiere produttive, oltre che sulla valorizzazione dei distretti produttivi ad alta specializzazione, amplificando in via indiretta i benefici sul territorio.

È un fenomeno gravoso per l’economia italiana e per l’erario: meno aziende sul territorio dello Stato, meno lavoratori occupati e, quindi, meno tasse versate allo Stato.

E proprio l’agevolazione in commento rappresenta una delle misure più rilevanti per la ripresa economica e prevede l'abbattimento del 50% delle imposte per le imprese che scelgono di rientrare in Italia dall'estero con i propri impianti di produzione. Si rammenta, tuttavia, che questo incentivo comporta anche l'obbligo per le imprese beneficiarie di restituire quanto ricevuto nel caso decidessero nuovamente di delocalizzare le attività.


Il contenuto dell’agevolazione

L’articolo 6 riduce al 50 per cento le imposte sui redditi e l’Irap gravanti sul reddito di impresa e su quello derivante dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese extraeuropeo, trasferite nel territorio dello Stato per sei periodi di imposta ovvero dieci se trattasi di grandi imprese. Sono escluse dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. L’agevolazione viene meno nel caso di ritrasferimento extraeuropeo dell’attività nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione.

L’esenzione del 50% colpisce le imposte sui redditi (IRPEF/IRES) relative al reddito derivante da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato: nella sostanza, i redditi derivanti da attività di impresa (o dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata) svolta in un Paese estero non appartenente alla UE o allo SEE e trasferite in Italia non concorrono a formare il reddito imponibile, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, per il 50% del relativo ammontare:

  • l’agevolazione si applica nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento in Italia e nei 5 periodi d’imposta successivi;
  • non sono considerate agevolabili le “attività economiche” esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il trasferimento in Italia.

La preclusione relativa all’esercizio di attività economiche nel territorio dello Stato nei 24 mesi precedenti è volta ad evitare trasferimenti all’estero di “attività economiche” strumentali al successivo “rimpatrio” delle stesse, al solo scopo di beneficiare del regime agevolativo.

Possono, quindi, beneficiare dello speciale regime del “reshoring” le “attività economiche” mai esercitate in Italia, come pure quelle già esercitate in Italia in epoca più remota rispetto al periodo di “sorveglianza” dei 24 mesi precedenti al trasferimento in Italia.

È richiesto che il contribuente mantenga separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.

In attesa delle istruzioni che verranno impartite dall’Amministrazione finanziaria sembrerebbe possibile l’applicazione “combinata” di quanto previsto all’art. 166-bis del TUIR, in tema di “maggiori valori fiscali in ingresso”, nelle ipotesi in cui il trasferimento di sede in Italia venga fatto da un soggetto residente in uno Stato che consente un effettivo scambio di informazioni (Paesi “White list”).


Decadenza e recapture

L’agevolazione viene meno nel caso di ritrasferimento estero dell’attività: in particolare, l’agevolazione viene meno se nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione il beneficiario trasferisce fuori dal territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività oggetto di precedente trasferimento e l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto.

Nel caso in cui il soggetto beneficiario sia una cd. “grande impresa” (Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE) il periodo di “recapture” è esteso a 10 anni successivi alla scadenza del regime: la citata Raccomandazione definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni; micro-impresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni.

Si deve concludere che il contribuente decade dall’agevolazione laddove provveda al trasferimento all’estero delle “attività economiche” nei cinque periodi d’imposta successivi al “reshoring” in Italia. In buona sostanza, le “attività economiche” trasferite vengono “vincolate” al territorio dello Stato per 10 anni (15 anni, nel caso delle “grandi imprese”), in aggiunta al periodo d’imposta in corso al momento del “reshoring” in Italia.

La decadenza dall’agevolazione è prevista anche nel caso di trasferimento “parziale” all’estero delle “attività economiche” oggetto del precedente trasferimento.

In caso di decadenza, l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero delle imposte non pagate, per effetto del regime agevolativo, con gli interessi (ma senza le sanzioni).

Le disposizioni in commento entrano in vigore a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (data di entrata in vigore del citato decreto legislativo): tuttavia, l’efficacia dell’agevolazione viene subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.