Gli accertamenti relativi al periodo d’imposta 2016 sono scaduti il 31.12.2022

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Gli accertamenti relativi al periodo d’imposta 2016 sono scaduti il 31.12.2022
 

L’applicazione del periodo di sospensione di 85 giorni dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale, inizialmente prevista dall’articolo 67 del D.L. 18/2020 (c.d. decreto Cura Italia), può ritenersi ormai superata in quanto detto periodo è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) e ss.mm.ii che, a parere degli Scriventi, attiene esclusivamente agli accertamenti che scadevano nel 2020.

L’analisi di tale quaestio iuris rileva sia in tema di decadenza degli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2016 (che se notificati dopo il 31.12.2022 risultano tardivi), che in tema di adesione alla misura agevolata del cd. “ravvedimento speciale delle violazioni tributarie”, introdotta dalla Legge di Bilancio 2023.

 

Considerazioni introduttive

A partire dalla dichiarazione dello stato emergenziale da Coronavirus risalente alla fine di gennaio 2020, si è assistito ad un’incessante produzione normativa emergenziale.

In ambito fiscale, tra gli interventi normativi adottati per fronteggiare l’emergenza pandemica, certamente merita un approfondimento il tema relativo alla ridefinizione del perimetro dei termini per l’accertamento fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria.

A tale scopo, occorre chiarire che, in un primo momento, il Decreto Legge n. 18/2020 (c.d. Decreto “Cura Italia”), convertito in legge, con modifiche, dalla L. n. 27/2020, tra le numerose previsioni atte a fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19, ha disposto anche specifiche misure che impattano sulla sospensione dei termini relativi all'attività degli uffici degli enti impositori.

Più specificamente, in tema di disposizioni inerenti l'attività degli uffici dell’amministrazione finanziaria, l’articolo 67 del suddetto DL n. 18/2020, ha disposto per l’Agenzia delle Entrate e per altri enti impositori la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione, interpello, adempimento collaborativo, procedure di collaborazione e cooperazione rafforzata, accordi preventivi, patent box, accessi ad Anagrafe Tributaria e altri accessi.

Inoltre, con il comma 4 dell’art. 67 cit., è stata prevista la proroga di 85 giorni anche per i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori, ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs 159/15.

Tanto premesso, occorre chiarire che la predetta sospensione di 85 giorni dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale, inizialmente prevista dall’articolo 67 del D.L. 18/2020 (c.d. decreto Cura Italia), è stata superata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020, convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17.07.2020, n. 77  (c.d. decreto Rilancio), e ss.mm.ii - come da ultimo sostituito dall'art. 22 bis, comma 1, D.L. 31.12.2020, n. 183, così come inserito dall'allegato alla legge di conversione, L. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021 – con il quale è stato disposto che gli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020:  «sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.».

Ne consegue che, a parere degli Scriventi, l’art. 67 cit. può ritenersi ormai superato in quanto detto periodo è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) e ss.mm.ii che, a parere degli Scriventi, attiene esclusivamente agli accertamenti che scadevano nel 2020.

Del resto, in questo momento storico, l’analisi di tale quaestio iuris oltre che rilevare in tema di decadenza degli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2016 (che se notificati dopo il 31.12.2022 risultano tardivi), risulta di rilevante importanza alla luce delle varie misure agevolative introdotte dalla L. 197/2022, tra tutte, ad esempio, il cd. “ravvedimento delle violazioni tributarie” operoso speciale”, previsto dalla L. 197/2022 commi 174-178, di cui meglio si dirà nel prosieguo.
 

Riferimenti normativi

Tanto premesso, al fine di fare chiarezza sull’effettivo e attuale ambito di applicazione della sospensione dei termini di decadenza e prescrizione relativi al potere di accertamento degli uffici, occorre preliminarmente inquadrare la normativa emergenziale di riferimento.

Come anticipato, il primo intervento normativo relativo alla sospensione de qua è stato introdotto dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia), convertito in legge, con modifiche, dalla L. 24.04.2020, n. 27, che all’art. 67, rubricato “Sospensione dei termini relativi all'attività degli uffici degli enti impositori”, ha specificamente disposto l’applicazione del periodo di sospensione (8 marzo – 31 maggio 2020, ovvero 85 giorni) dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale.

Parimenti, con l’articolo 67, comma 4, è stata disciplinata la proroga di 85 giorni dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori.

In sostanza, l’articolo 67, comma 4, del Decreto “Cura Italia”, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori ha previsto l’applicazione, anche in deroga alle disposizioni dello Statuto del Contribuente (in tal senso si rileva come sempre più frequentemente si operino illegittime deroghe allo Statuto, ragion per cui sarebbe auspicabile una sua definitiva costituzionalizzazione finalizzata a evitare queste continue disapplicazioni) dell’articolo12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.

Ebbene, l’art. 12 del D.Lgs 159/2015, intervenendo sulla disciplina delle sospensioni disposte in occasione di eventi eccezionali, prevede che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti, siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, tutti i termini relativi agli adempimenti anche processuali, in favore dei contribuenti, nonché i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso, in favore dei diversi enti coinvolti. Il suddetto art. 12 stabilisce che, in dette ipotesi, i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici dell’Agenzia delle Entrate che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

Tuttavia, nel tempo, sono state avanzate perplessità circa l’ambito di applicazione della sospensione de qua, ovvero se la sospensione dei termini prevista dall’articolo 67 (e dall’art.12 del D.Lgs 159/2015) dovesse intendersi riferita a tutti gli atti in relazione ai quali era prevista una decadenza dell’azione degli uffici entro il 31 dicembre dell’anno della sospensione o anche agli anni successivi.

Su questo punto, si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 11/E del 6 maggio 2020. A tal proposito, con un’interpretazione eccessivamente estensiva e foriera di effetti paralizzanti l’Agenzia delle Entrate ha fornito una criticabile e quanto mai faziosa interpretazione in merito alla sospensione dei termini di accertamento da parte dell’ufficio. In particolare, al quesito 5.9 della predetta Circolare (pag. 36) è stato chiesto se l’applicazione della sospensione di cui all’art. 67 del decreto 18/2020, come modificato dalla legge di conversione, operasse solo con riferimento ai termini delle attività che spiravano all’interno dell’intervallo 8 marzo - 31 maggio 2020 ovvero se fosse estesa a tutti i termini che scadevano nell’anno 2020.

Ebbene, sul punto, l’Amministrazione Finanziaria, ha affermato che in via generale l’articolo 67, comma 1, del Decreto prevede la sospensione dei termini delle attività (quindi non la sospensione delle attività) degli enti impositori dall’8 marzo al 31 maggio 2020. Pertanto, tale sospensione, già determina, lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione, anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020.

In altri termini, l’Amministrazione, ha esteso la proroga di 85 giorni e, quindi, previsto l’estensione del termine di prescrizione e decadenza non solo per l’anno d’imposta i cui termini scadevano nel 2020 (anno d’imposta 2015 ovvero anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione), ma anche per i periodi d’imposta <<i cui termini non scadono entro il 2020>> (anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020), così comportando un prezzo molto alto da pagare per il contribuente il quale sarebbe soggetto ad un allungamento dei termini di accertamento che non si limita al solo anno 2020, ma si estende dall’anno d’imposta 2015 fino all’anno d’imposta 2020.

Ebbene, l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate deve ritenersi del tutto irrazionale e fortemente penalizzante per il contribuente; infatti, applicando detta tesi, la proroga del potere di accertamento potrà estendersi anche agli anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, i cui termini di decadenza non scadono, ma ricadono (“di passaggio”) nell’anno 2020, senza che ve ne sia esigenza che è, invece, propria dell’anno 2020 in quanto interessato dall’emergenza epidemiologica in atto.

Tuttavia, nel solco di tale incertezza normativa, è stato emanato l’art. 157, co. 1,  del D.L. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”,  convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17.07.2020, n. 77) , che ha modificato la portata applicativa dei termini di sospensione per l’accertamento fiscale stabiliti dall’art.67 cit, prevedendo che gli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (senza tenere conto del periodo di sospensione stabilito dall’articolo 67, comma 1, del D.L. 18/2020) «sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.».

Ne consegue che, a parere degli Scriventi, l’art. 67 cit. può ritenersi ormai superato, in quanto detto periodo è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) e ss.mm.ii che, a parere degli Scriventi, attiene esclusivamente agli accertamenti che scadevano nel 2020.

Nessun dubbio sussiste, infatti, circa l’ambito di applicazione dell’art. 157 cit, che sembra riferirsi esclusivamente a quegli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (e pertanto il riferimento è all’anno d’imposta 2015, nonché all’anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione).
 

Ravvedimento speciale delle violazioni tributarie

Alla luce di quanto chiarito, occorre precisare che la quaestio iuris in esame, in questo momento storico, rileva soprattutto per gli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2016 rispetto ai quali può anche essere utile valutare un’eventuale adesione alla neo introdotta misura agevolativa del cd. “ravvedimento speciale delle violazioni tributarie”, prevista dai commi da 174 a 178 dell’articolo 1 della Legge 197/2022 (legge di Bilancio 2023).

Specificamente, trattasi di un ravvedimento speciale per le violazioni (diverse da quelle definibili ai sensi dell’art. 1, commi da 153 a 159 e da 166 a 173 della Legge 197/2022) relative ai tributi amministrativi dall’agenzia delle Entrate.

Tale misura deflattiva:

  • riguarda le dichiarazioni validamente presentate riferite al periodo d'imposta 2021 e a quelli precedenti (si ricorda che le dichiarazioni si intendono “validamente presentate” entro i 90 giorni dal termine di legge e che il ravvedimento operoso “ordinario” consente la possibilità di regolarizzare le sole dichiarazioni presentate (per la prima volta) entro gli stessi 90 giorni);
  • e consente la regolarizzazione di tali violazioni mediante il pagamento dell’imposta, degli interessi (da intendersi quelli legali) e di 1/18 del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge (a prescindere dal momento in cui è stata commessa la violazione).

Il versamento delle somme dovute può essere effettuato in otto rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata fissata al 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima, da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi nella misura del 2 % annuo. 

Inoltre, il ravvedimento si perfeziona con il versamento di quanto dovuto, ovvero della prima rata, entro il 31 marzo 2023. La norma prevede che il perfezionamento si realizza anche con la rimozione delle irregolarità o delle omissioni.

Di contro, il mancato pagamento, in tutto o in parte, di una delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, nonché della sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta, e degli interessi nella misura prevista all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023. In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della rateazione.

Inoltre, la regolarizzazione non può essere esperita dai contribuenti per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato.

Ad ogni modo, restano validi i ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della legge di Bilancio 2023 e non si dà luogo a rimborso.

La ratio della previsione della legge di Bilancio 2023 sembra, dunque, essere quella di consentire la regolarizzazione, con sanzioni estremamente ridotte, di gran parte delle violazioni rientranti nel ravvedimento operoso ordinario.

Ne sono escluse:

  • le violazioni riferite alle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (di cui agli art. 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972, sanabili ai sensi dei commi 153 e seguenti della stessa legge di Bilancio 2023);
  • nonché le violazioni di carattere formale (riguardanti imposte sui redditi, Iva e Irap) commesse fino al 31 ottobre 2022, stante la specifica sanatoria prevista dai commi da 166 a 173 della legge 197/2022.

Tuttavia, occorre rilevare che, il ravvedimento speciale è consentito purché alla data di versamento di quanto dovuto o della prima rata (entro il 31 marzo 2023) le violazioni non risultino già contestate con atti di accertamento o di recupero, di liquidazione, compresi gli atti di irrogazione delle penalità e quelli di contestazione, nonché attraverso gli avvisi bonari (o direttamente la cartella di pagamento) relativi alle somme dovute ai sensi degli articoli 36-ter del Dpr 600/1973.
 

Osservazioni conclusive

Alla luce delle suesposte considerazioni, a parere degli Scriventi, il tema in esame rileva soprattutto per gli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2016 in fase di notifica o già notificati dopo il 31.12.2022.

Trattasi, difatti, di una questione che impatta fortemente sulle eventuali scelte difensive di tutti i contribuenti che abbiano ricevuto o che stiano per ricevere eventuali avvisi di accertamento riferiti al periodo d’imposta 2016.

E tanto in considerazione del fatto che:

  1. se da un lato, l’art. 67 cit. può ritenersi ormai superato in quanto detto periodo è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020 che, a parere degli Scriventi, attiene esclusivamente agli accertamenti che scadevano nel 2020. Nessun dubbio sussiste, infatti, circa l’ambito di applicazione dell’art. 157 cit, che sembra riferirsi esclusivamente a quegli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (e pertanto il riferimento è all’anno d’imposta 2015, nonché all’anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione).

Ne consegue che, a parere degli Scriventi, in ipotesi di avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2016, notificati dopo il 31.12.2022, può risultare conveniente una loro eventuale impugnazione dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria, stante la tardività della notifica e la relativa decadenza dal potere accertativo da parte dell’AF;

  1. dall’altro, in caso di avvisi di accertamento 2016, merita un’attenta valutazione anche un’eventuale adesione alla misura agevolata del cd. “ravvedimento speciale delle violazioni tributarie prevista dalla L. 197/2022, art. 1, commi 174-178.

In conclusione, posto che a parere degli Scriventi, l’unica norma applicabile in merito alla proroga dei termini di decadenza risulta essere l’art. 157 cit., che si riferisce esclusivamente a quegli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (e pertanto il riferimento è all’anno d’imposta 2015, nonché all’anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione) e che, pertanto, gli avvisi di accertamento 2016 notificati dopo il 31.12.2022 sono da intendersi tardivi, è evidente che tanto rileva anche nella individuazione del perimetro di applicazione della misura deflattiva del cd. “ravvedimento speciale delle violazioni tributarie” prevista dalla Legge di Bilancio 2023.

Chiaro è che, un intervento chiarificatore da parte del Legislatore sarebbe certamente auspicabile, così da definire in maniera inequivocabile se gli avvisi di accertamento 2016 notificati dopo il 31.12.2022, siano o meno da intendersi tardivi e, conseguentemente, anche ostativi al ravvedimento speciale di cui all’art. 1, commi 174-178 della L. 197/2022.