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Autotutela sostitutiva e unicità dell’accertamento: l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite e le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 219/2023

il dono del giorno
Ph. Ermes Galli / il dono del giorno

Autotutela sostitutiva e unicità dell’accertamento: l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite e le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 219/2023

 

PREMESSA

Con l’ordinanza interlocutoria n. 33665 del 1° dicembre 2023, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al vaglio delle Sezioni Unite due annose questioni, strettamente correlate tra loro e sulle quali l’orientamento di legittimità non è univoco: l’una relativa ai limiti dell’esercizio del potere di autotutela e l’altra sul rapporto tra il potere di autotutela e il principio di unicità dell’accertamento.

Più nello specifico, le questioni sottoposte alla valutazione delle Sezioni Unite sono le seguenti:

  1. in primo luogo, se l’esercizio del potere di autotutela tributaria presuppone l’esistenza di soli vizi formali presenti nell’atto impositivo e non anche vizi di carattere sostanziale, con l’ulteriore e consequenziale questione se oggetto di tutela è l’interesse individuale del contribuente (con esclusione del potere dell’Amministrazione finanziaria di adottare provvedimenti di annullamento in malam partem) o l’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi (con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi ovvero del giudicato);
  2. in secondo luogo, se l’esercizio del potere di autotutela tributaria correlato alla sussistenza di vizi sostanziali (e non solo formali) configuri un’ulteriore deroga al principio dell’unicità dell’accertamento.

Nonostante si sia in attesa di un intervento nomofilattico delle Sezioni Unite, tuttavia, il D. Lgs. n. 219/2023 - recante “Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente” (in G.U. Serie Generale n. 2 del 03 gennaio 2024) - ha introdotto alcune modifiche in tema di autotutela a partire dal 18/01/2024.

In particolare, il citato D.Lgs. 219/2023:

  • ha introdotto gli artt. 10-quater e 10-quinquies nella L. 212/2000, relativi, rispettivamente, all’autotutela obbligatoria e facoltativa (art. 1, co. 1, lett. m), D.Lgs. 219/2023);
  • ha abrogato l’art. 2-quater D. L. n. 564/1994, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 656/1994 (art. 2, comma 4, lett. a), del D. Lgs. n. 219/2023);
  • ha abrogato il D.M. 37/1997 (art. 2, comma 4, lett. b), del D. Lgs. n. 219/2023).

Ebbene, come si dirà meglio nel prosieguo, alla luce delle modifiche legislative introdotte dal D.Lgs. 219/2023, l’intervento delle Sezioni Unite avrà rilevanza solo con riferimento al periodo fino al 17/01/2024.

 

LE QUESTIONI AFFRONTATE DALL’ORDINANZA DI RIMESSIONE N. 33665/2023

Il caso

La quaestio iuris in esame trae origine da un avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2003, in materia di IRFEF, IVA e contributi previdenziali, fondato su accertamenti bancari e, successivamente, annullato d’ufficio in autotutela.

Più nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate ha annullato il primo avviso di accertamento con atto comunicato al contribuente in data 14 febbraio 2011 e, successivamente – mediante l’esercizio del potere di autotutela in malam partem – ha notificato al contribuente un nuovo avviso di accertamento, sostitutivo del primo, con un maggior imponibile rispetto all’atto originario.

La predetta sostituzione, tuttavia, non è avvenuta per la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (condizione necessaria ai fini dell’accertamento integrativo ex art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/73), bensì per una diversa valutazione del materiale probatorio già a conoscenza dell’organo accertatore al momento di emissione del primo atto. Conseguentemente, il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento sostitutivo.

In primo grado la CTP di Imperia ha rigettato il ricorso proposto dal contribuente, confermando la legittimità dell’atto impugnato.

La suddetta sentenza, oggetto di impugnazione da parte del contribuente, è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale della Liguria sul presupposto che il motivo di appello con il quale era stata censurata l'illegittimità dell'accertamento integrativo era infondato “in quanto l’Ufficio aveva annullato in autotutela l’originario avviso di accertamento emendando l’errore che lo inficiava senza procedere ad integrare ex post l’avviso”.

Ebbene, avverso la sentenza di secondo grado il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 43, comma 4, D.P.R. n. 600/73 e 57, comma 4, D.P.R. n. 633/72, per mancanza dei “nuovi elementi” richiesti dalla norma per l’emissione dell’avviso di accertamento integrativo.

Al fine di comprendere appieno la rilevanza pratica delle questioni rimesse alla valutazione delle Sezioni Unite, si rende preliminarmente necessaria una disamina sia della disciplina dell’autotutela tributaria.

 

La normativa di riferimento in tema di autotutela tributaria individuata dal Collegio rimettente

Giova preliminarmente rammentare che, in linea generale, l’autotutela indica la potestà di ogni Pubblica Amministrazione di risolvere un conflitto attuale o potenziale di interessi e, in particolare, di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti su di essi.

Più nello specifico, l’autotutela si sostanzia nel potere di riesame dei provvedimenti amministravi da parte della stessa Amministrazione, cui può conseguire un esito demolitorio, (laddove si abbia come effetto la rimozione di un provvedimento invalido) ovvero un esito conservativo (laddove, invece, a seguito di una rinnovata valutazione, il provvedimento non presenti alcun vizio).

Prima ancora di procedere ad una disamina nel merito della questione sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità, la Corte di Cassazione ha operato una ricostruzione normativa dell’istituto dell’autotutela tributaria così rammentando:

  • l’istituto dell’autotutela è stato introdotto nel diritto tributario dal D.P.R. n. 287/1992, recante “Regolamento degli uffici e del personale del ministero delle finanze”. In particolare, l’art. 68 del citato D.R.R. n. 287/1992 (poi abrogato, a partire dal 25 aprile 2001, dall’art. 23 del D.P.R. n. 107/2001), rubricato “Tutela dei diritti dei contribuenti e trasparenza dell'azione amministrativa”, al comma 1, così disponeva:

“Salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell’Amministrazione finanziaria possono procedere all’annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato, comunicato al destinatario dell’atto”.

Tuttavia, l’art. 68 cit. conteneva diverse lacune. Ed invero, la citata disposizione nulla disponeva in merito all’organo competente ad esercitare il potere di autotutela, né alla modalità di esercizio del medesimo potere, né alla tipologia di vizi che potevano condurre all’annullamento del provvedimento viziato.

  • Ebbene, proprio al fine di ovviare a tali lacune, il Legislatore è intervenuto con il D. L. n. 564/1994, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale”, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 656/1994. In particolare, ai sensi dell’ art. 2-quater, rubricato “Autotutela”, comma 1:

“Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell'Amministrazione finanziaria competenti per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'amministrazione”.

  • In attuazione dell’art. 2-quater, comma 1, D. L. n. 564/1994, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 656/1994, è stato successivamente emanato il D.M. n. 37/1997, recante disposizioni di natura regolamentare relative all’esercizio dell’autotutela da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria, con il quale è stata meglio definita la lacunosa disciplina contenuta nei citati artt. 68 D.P.R. n. 287/1992 e 2-quater D. L. n. 564/1994.

Più nello specifico, ai sensi dell’art. 1 del citato D. M. n. 37/1997, rubricato “Organi competenti per l'esercizio del potere di annullamento e di revoca d'ufficio o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento”:

Il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento spetta all'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'ufficio ovvero in via sostitutiva, in caso di grave inerzia, alla Direzione regionale o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende”.

Ai sensi dell’art. 2 del citato D. M. n. 37/1997 le ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria poteva procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione, senza necessità di istanza di parte ed anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, erano:

“(…)

a) errore di persona;

b) evidente errore logico o di calcolo;

c) errore sul presupposto dell'imposta;

d) doppia imposizione;

e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;

f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;

g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;

h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione”.

 

Il contrasto giurisprudenziale relativo ai limiti dell’autotutela sostitutiva ed al rapporto tra questa e il principio di unicità dell’accertamento

Individuata la normativa di riferimento, i giudici di legittimità, nell’ordinanza di rimessione in commento (ordinanza interlocutoria n. 33665 del 1/12/2023), hanno dato atto dell’esistenza di due contrapposti orientamenti di legittimità attinenti ai limiti dell’esercizio del potere di autotutela nonché al rapporto tra autotutela sostitutiva e unicità dell’azione accertativa.

  1. Primo orientamento: secondo tale indirizzo, l’esercizio del potere di autotutela è correlato all’interesse pubblico e, dunque, è legittima la c.d. autotutela in malam partem. Conseguentemente, l’emissione del successivo avviso di accertamento non presuppone la sopravvenuta conoscenza di “nuovi elementi” (richiesti dall’art. 43 D.P.R. n. 600/73 come condizione necessaria per l’emissione dell’accertamento integrativo), ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio.

In particolare, secondo tale orientamento giurisprudenziale, l’autotutela sostitutiva, essendo funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico, può essere esercitata anche per rimuovere vizi sostanziali del provvedimento, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria può legittimamente esercitare il potere di autotutela in malam partem.

Ebbene, tale orientamento di legittimità giunge alla suddetta conclusione sulla base dei seguenti assunti:

  • il giudicato sull’atto oggetto di autotutela;
  • lo spirare del termine di decadenza, fissato dalle singole leggi d’imposta, per l’emissione del nuovo avviso di accertamento;
  • l’autotutela sostitutiva deve rispettare il divieto di doppia imposizione, con la conseguenza che il secondo atto deve necessariamente ed espressamente annullare il precedente;
  • l’autotutela sostitutiva è funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l'annullamento di un atto favorevole al contribuente (si veda ex multis: Cass. n. 4029/2015; Cass. n. 22827/2013; Cass. n. 3951/2002; Cass. n. 2531/2002). Pertanto, l’autotutela sostitutiva non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente.

Più nello specifico, l’orientamento di legittimità in commento (si veda ex multis: Cass. n. 21146/2018; Cass. n. 25705/2016; Cass. n. 6398/2014) così argomenta:

“Nel processo tributario, il sindacato sull'atto di diniego dell'Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l'esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si basa su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (Cass., 24 agosto 2018, n. 21146)”.

  • il potere di autotutela, essendo diretto a salvaguardare il soddisfacimento dell’interesse pubblico, può essere esercitato per rimuovere, oltre che i vizi formali presenti nell’atto impositivo, anche i vizi di carattere sostanziale, con conseguente legittimità dell’esercizio della c.d. autotutela in malam partem.

Ed invero, l’orientamento di legittimità in commento così precisa:

“In tema di accertamento tributario, l'esercizio del potere di autotutela non presuppone necessariamente che l'atto ritirato sia affetto da vizi di forma, avendo l'Amministrazione, in virtù ed in forza dell’imperatività che ne connota l'agire, il potere di sostituire un precedente atto impositivo illegittimo con innovazioni che possono investirne tutti gli elementi strutturali, costituiti dai destinatari, dall'oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento (Cass., 23 febbraio 2010, n. 4272)”.

Dalle suesposte considerazioni, ne derivano delle rilevanti conseguenze partiche anche con riguardo al rapporto tra l’annullamento in sede di autotutela sostitutiva e l’accertamento integrativo.

Ed invero, sul punto, l’orientamento giurisprudenziale in commento (si veda ex multis: Cass., 5 maggio 2023, n. 11849Cass., 21 settembre 2022, n. 27706Cass., 20 marzo 2019, n. 7751) sostiene che:

“l'articolo 43 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nella parte in cui consente modificazioni dell'avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell'ufficio, non opera con riguardo ad un avviso annullato in sede di autotutela, alla cui rinnovazione l'Amministrazione è legittimata in virtu' del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo che l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale giudicato formatosi sull'atto nullo”.

Da tanto ne discende che, secondo la tesi in commento, l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest’ultimo, ma costituisce esercizio dell’ordinario potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria. Di conseguenza, l’emissione del successivo avviso di accertamento non presuppone la sopravvenuta conoscenza di “nuovi elementi(richiesti dall’art. 43 D.P.R. n. 600/73 come condizione necessaria per l’emissione dell’accertamento integrativo), ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio (sul punto si veda ex multis: Cass., 27 febbraio 2015, n. 4029Cass., 18 febbraio 2016, n. 3248; Cass. n. 12 marzo 2021, n. 6981).

Il risultato, in sostanza, è quello di ammettere un’ulteriore deroga non codificata al principio di unicità dell’accertamento e, in quanto tale, esercitabile senza nessun limite se non quelli - già menzionati - della decadenza e del giudicato.

  1. Secondo orientamento: in senso diametralmente opposto, secondo un secondo indirizzo, l’esercizio del potere di autotutela è correlato all’interesse individuale del contribuente e, dunque, non è legittima l’autotutela in malam partem. Conseguentemente, l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non può basarsi su una diversa valutazione degli elementi già in possesso dell’Ufficio.

Dunque, secondo siffatto orientamento, non è possibile sostituire in autotutela un avviso con un altro che rechi una maggiore pretesa impositiva e che sia fondato su una diversa valutazione dei medesimi elementi già in possesso dell’Ufficio al momento dell’emissione del primo atto.

Più nello specifico, secondo tale orientamento giurisprudenziale – indubbiamente più garantista per il contribuente rispetto all’orientamento sopra esaminato - l’esercizio del potere di autotutela è funzionale all’interesse individuale del contribuente destinatario dell’atto illegittimo e, di conseguenza, può essere esercitata per rimuovere solo vizi formali del provvedimento, con la conseguente illegittimità del potere di autotutela in malam partem.

L’orientamento di legittimità in commento giunge alla suddetta conclusione sulla base dell’evidente discrimen tra l’autotutela sostitutiva e l’accertamento integrativo, i quali sono strutturalmente e funzionalmente diversi tra loro.

In particolare, secondo la tesi in commento (cfr. Cass. n. 4534/2002):

  • dal punto di vista strutturale:
  • l’avviso di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (ossia l’avviso di accertamento già adottato) che non solo è in sé legittimo, ma che continua ad esistere, in quanto non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento;
  • al contrario, provvedimento amministrativo di autotutela assume ad oggetto un precedente avviso di accertamento che è illegittimo e al quale esso si sostituisce, non quanto all'oggetto, ma quanto al contenuto, inteso come comprensivo sia del dispositivo dell'atto sia della sua motivazione;
  • dal punto di vista funzionale:
  • l’avviso di accertamento integrato in aumento e l'avviso di accertamento integrativo in aumento cooperano all'integrale determinazione progressiva dell'oggetto dell'imposta. In sostanza, l'accertamento integrativo, in presenza di “nuovi elementi” sopravvenuti, consente la modifica in aumento della pretesa impositiva;
  • mentre, il provvedimento amministrativo di autotutela sostituisce, in ordine al medesimo oggetto, il proprio contenuto - il dispositivo e/o la motivazione - a quello dell'avviso di accertamento precedente e, così facendo, pone se stesso in luogo di quello. In altri termini, l’autotutela sostitutiva riguarda le sole ipotesi in cui la pretesa tributaria originaria resti identica o viene diminuita (in quanto l’Amministrazione finanziaria non può emettere atti di annullamento in malam partem).

Peraltro - sostiene il filone giurisprudenziale in commento – proprio il limite posto dalla “sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi”, che non consente di utilizzare elementi probatori già noti all'Ufficio quando ha emesso l'avviso di accertamento, corrobora l'assunto che il potere di autotutela sostitutivo sia diretto a correggere solo vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale” (come, invece, sostenuto dal contrapposto orientamento sopra analizzato).

In altri termini, la legge consente di frazionare gli accertamenti solo in caso di “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, con la conseguenza che l'Ufficio non può sostituire in autotutela un precedente avviso di accertamento con un altro fondato su una diversa valutazione dei medesimi elementi (si veda ex multis: Cass., 3 giugno 2015, n. 11421 e, ivi richiamate, Cass., 20 giugno 2007, n. 14377 e Cass., 8 maggio 2006, n. 10526).

Quanto fin qui argomentato trova conferma nella sentenza della Corte di Cassazione n. 7293 del 16 marzo 2020, con la quale i giudici di legittimità, aderendo all’orientamento in commento, così hanno chiarito:

“(…) la sostituzione in autotutela dell'avviso di accertamento è istituto diverso dall'accertamento integrativo, in quanto soltanto quest'ultimo può fondarsi sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti di evasione, sicche' l'avviso che abbia sostituito quello annullato in autotutela, ove incrementativo della ripresa a tassazione, non può fondarsi sulla mera rivalutazione fattuale e giuridica degli stessi elementi posti a fondamento di quello annullato, ma, in forza di quanto previsto dall'articolo 43, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (vigente ratione temporis), su elementi in precedenza non conosciuti dall'Ufficio accertatore ed in questo senso essere adeguatamente motivato”.

Ed ancora, sul punto, merita di essere richiamata, altresì, la sentenza n. 27543/2018, con la quale la Corte di Cassazione ha così affermato:

“(…) l'integrazione o la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali ne' di una specifica motivazione, a differenza della modifica in aumento che, determinando una pretesa nuova, deve necessariamente formalizzarsi nell'adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l'indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall'articolo 43, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973”

In definitiva, secondo l’orientamento giurisprudenziale in commento, il limite posto dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, che esclude la possibilità di utilizzare elementi probatori già conosciuti dall’Amministrazione finanziaria al momento dell’emissione del primo avviso di accertamento, confina l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva alle sole ipotesi di correzione di vizi formali presenti nell’atto impositivo, escludendone, in tal modo, un utilizzo in malam partem.

In caso contrario, ad avviso di tale indirizzo giurisprudenziale, si porrebbe anche il problema della tutela dell'affidamento del contribuente, che non può essere pregiudicato dalla possibilità per l'Ufficio di annullare in autotutela un avviso di accertamento al fine di correggere errori di natura sostanziale e di emettere un secondo atto basato sul medesimo quadro istruttorio e sullo stesso presupposto di fatto del primo, perché così facendo si introdurrebbe un’ulteriore deroga, non prevista ex lege, al principio dell’unicità dell’accertamento.

Preso atto dei suesposti orientamenti di legittimità (cfr. lett. A. e B. del presente paragrafo n. 2), la Quinta Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 33665/2023 ha osservato quanto segue:

<< 10. Due sono, quindi, le questioni che meritano di essere affrontate e che, all'evidenza, sono strettamente correlate, sulle quali l'orientamento della Corte non è univoco:

-) la prima riguarda i limiti di esercizio del potere di autotutela disciplinato dall'articolo 2-quater del decreto L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, come attuato con il Decreto Ministeriale n. 11 febbraio 1997, n. 37, (…) in particolare, il quesito che rileva e' se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, in ragione del tenore letterale dell'articolo 1 del Decreto Ministeriale n. 37 del 1997, presupponga l'esistenza di soli vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale e se, di conseguenza, sia diretto alla tutela dell'interesse individuale del contribuente, con esclusione del potere dell'amministrazione finanziaria di adottare provvedimenti di annullamento in malam partem, o sia finalizzato alla tutela dell'interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi, ovvero del giudicato;

-) la seconda questione concerne il rapporto tra il potere di autotutela, il principio dell'unicita' dell'accertamento e l'accertamento integrativo e, specificamente, se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, giustificata dal principio di perennita' della potesta' amministrativa (…) costituisca un'ulteriore deroga (…) al principio dell'unicita' dell'accertamento e cio' tenuto conto degli articoli articoli 43, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che disciplinano l'istituto dell'accertamento integrativo, e della diversità strutturale e funzionale del potere di autotutela rispetto al potere di accertamento integrativo. >>.

Pertanto, il Collegio, tenuto conto della particolare importanza delle questioni di diritto sottoposte e ai fini della risoluzione del contrasto giurisprudenziale esistente sul punto, ha ritenuto opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., ai fini dell’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.


LE NOVITA’ LEGISLATIVE INTRODOTTE DAL D. LGS. N. 219/2023 IN VIGORE DAL 18/01/2024

Come anticipato in premessa, nell’ambito dell’articolato scenario normativo e giurisprudenziale sopra ricostruito, sono intervenute delle modifiche normative di grande rilevanza che hanno interessato la disciplina dell’autotutela.

Più nello specifico, il D. Lgs. n. 219/2023, recante “Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente” (in G.U. Serie Generale n. 2 del 03 gennaio 2024), in vigore dal 18 gennaio 202:

  • da un lato, ha introdotto nella Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) i seguenti articoli:
  • art. 10-quater, relativo all’autotutela obbligatoria;
  • art. 10-quinquies, relativo all’autotutela facoltativa.
  • dall’altro, ha abrogato:
  • l’art. 2-quater del D. L. n. 564/1994, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 656/1994;
  • il D.M 37/1997.

Prima di effettuare delle brevi considerazioni ed al fine di avere un quadro normativo completo sul punto, si rendono opportune le seguenti precisazioni.


Il nuovo art. 10-quater L. n. 212/2000: autotutela obbligatoria

Come sopra anticipato, il Legislatore ha introdotto nella Legge n. 212/2000(c.d. Statuto dei diritti del contribuente) l’art. 10-quater, rubricato “Esercizio del potere di autotutela obbligatoria”, in vigore dal 18 gennaio 2024.

Ebbene, occorre preliminarmente evidenziare che la novella legislativa riprende, in buona parte, le casistiche già previste dall’art. 2 del D. M. n. 37/1997 attuativo della previgente disciplina dell’autotutela contenuta nell’ art. 2-quater del D. L. n. 564/1994 – entrambi abrogati dall’art. 2, comma 4, lett. a) e b) del D. Lgs. n. 219/2023 – ed esplicita l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di esercitare il potere di autotutela in presenza dei presupposti ivi indicati.

Più nello specifico, il comma 1 del nuovo art. 10-quater della Legge n. 212/2000 così dispone:

L'amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all'annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all'imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell'atto o dell'imposizione:

  1. errore di persona;
  2. errore di calcolo;
  3. errore sull'individuazione del tributo;
  4. errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'amministrazione finanziaria;
  5. errore sul presupposto d'imposta;
  6. mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
  7. mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza”.

Ebbene, dalla lettura della disposizione in commento risulta ictu oculi che si tratta delle stesse ipotesi previste dal citato art. 2 del D. M. n. 37/1997, sebbene con alcune differenze:

  • non vi sono nel nuovo art. 10-quater in commento le ipotesi relative alla doppia imposizione ed alla sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;

  • nel nuovo art. 10-quater è prevista l’ipotesi relativa all’errore sull’individuazione del tributo, che non era prevista dall’art. 2 del D.M. n. 37/1997.

Tanto chiarito, occorre evidenziare che, ai sensi dell’art. 10-quater della Legge n. 212/2000, introdotto dal D. Lgs. n. 219/2023, la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione rappresenta una condizione necessaria e sufficiente a determinare l’obbligo di annullamento per l’Ufficio nelle ipotesi, da ritenersi tassative, elencate nel comma 1 della medesima disposizione, senza che vi sia la necessità di istanza di parte ed anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi.

Pertanto, in tali ipotesi, il potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria non ha più natura meramente discrezionale, bensì costituisce un vero e proprio obbligo in capo a quest’ultima. 

Invece, il comma 2 dell’art. 10-quater cit. - nel disporre che “L'obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all'amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell'atto viziato per mancata impugnazione” - individua i casi in cui l’Amministrazione finanziaria non ha l’obbligo di procedere all’annullamento d’ufficio ovvero alla rinuncia all’imposizione.

Dunque, dalla citata disposizione emerge che l’Amministrazione finanziaria, in deroga a quanto espressamente previsto al comma 1, non ha l’obbligo di esercitare il potere di autotutela qualora:

  • sia intervenuta una sentenza passata in giudicato ad essa favorevole;
  • ovvero qualora sia decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.

È evidente che, in siffatte ipotesi, in virtù del consolidamento della posizione tributaria, il Legislatore ritiene prevalente l’interesse pubblico alla conservazione del credito rispetto a quello di rispristino della legalità nel rapporto tributario.

Infine, il comma 3 del nuovo art. 10-quater della Legge n. 212/2000 così prevede:

Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall'amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell'autotutela, la responsabilità di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo”.

In conclusione, il nuovo istituto disciplinato dall’art. 10-quater della Legge n. 212/2000 può essere così schematizzato:

  • la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione (nelle ipotesi tassative previste al comma 1) è condizione necessaria e sufficiente a determinare l’obbligo in capo all’Amministrazione finanziaria di annullare gli atti di imposizione ovvero di rinunciare all’imposizione;
  • tuttavia, il suddetto obbligo non sussiste qualora:
  • sia intervenuta una sentenza passata in giudicato ad essa favorevole;
  • ovvero sia decorso un anno dalla definitività per mancata impugnazione;
  • in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità dell’Amministrazione finanziaria è limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo, la cui prova richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.

 

 Il nuovo art. 10-quinquies L. n. 212/2000: autotutela facoltativa

L’art. 10-quinquies della Legge n. 212/2000, introdotto dal D. Lgs. n. 219/2023 e in vigore dal 18 gennaio 2024, è relativo, invece, all’autotutela facoltativa, ossia alle ipotesi in cui l’esercizio di tale potere non costituisce un obbligo, come previsto dall’art. 10-quater della medesima Legge, bensì una mera facoltà dell’Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, l’art. 10-quinquies, comma 1, della Legge n. 212/2000, rubricato “Esercizio del potere di autotutela facoltativa”, dispone che:

Fuori dei casi di cui all'articolo 10-quater, l'amministrazione finanziaria può comunque procedere all'annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all'imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell'infondatezza dell'atto o dell'imposizione”.

Dunque, ai sensi dell’art. 10-quinquies cit., l’Amministrazione finanziaria, fuori dai casi di cui all’art. 10-quater (dove l’esercizio dell’autotutela è obbligatorio), ha la facoltà di intervenire sugli atti viziati anche in presenza di cause di illegittimità dell’atto o di infondatezza della pretesa diverse da quelle che danno origine all’autotutela obbligatoria.

Sul punto, è opportuno evidenziare che risultano ricomprese nelle ipotesi di autotutela facoltativa anche tutte le ipotesi indicate nell’art. 2 del D. M. n. 37/1997 non contemplate dall’art. 10-quater Legge n. 212/2000. Tra tali ipotesi vi rientra:

  • la doppia imposizione;
  • la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.

Anche la facoltà di annullamento prevista da tale disposizione, in conformità con quanto previsto per l’autotutela obbligatoria, si riferisce sia all’atto impositivo non ancora definitivo sia a quello divenuto ormai definitivo per mancanza di impugnazione.

Il comma 2 dell’art. 10-quinquies in commento estende all’ipotesi di autotutela facoltativa la previsione di cui al precedente art. 10-quater, comma 3, in tema di responsabilità amministrativa dei soggetti tenuti ad esercitare l’autotutela. Da tanto ne discende che, anche con riguardo alle valutazioni operate ai fini dell’autotutela facoltativa dall’Amministrazione finanziaria, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di quest’ultima è limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo; la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce delle suesposte argomentazioni, a parere dello scrivente si rendono opportune le seguenti considerazioni.

Occorre operare una distinzione temporale tra:

  • autotutela relativa al periodo fino al 17 gennaio 2024: si è in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiamate a dirimere le questioni interpretative tra interesse pubblico e interesse privato con conseguente declaratoria di legittimità o meno dell’autotutela in malam partem;
  • autotutela relativa al periodo dal 18 gennaio 2024: sul punto la pronuncia delle Sezioni Unite è ininfluente in quanto è intervenuta una modifica legislativa (D.Lgs. 219/2023) che ha inserito la nuova disciplina dell’ autotutela nello Statuto dei diritti del Contribuente, così ammettendo e riconoscendo che il potere di autotutela risponde solo ad un interesse privato del contribuente e che, conseguentemente, non è ammessa l’autotutela in malam partem.

In particolare, il fatto che D. Lgs. n. 219/2023 abbia introdotto i nuovi artt. 10-quater e 10-quinques (autotutela obbligatoria e facoltativa) nella Legge n. 212/2000  - la quale, com’è noto, è una Legge ordinaria contenente una serie di disposizioni a tutela dei cittadini-contribuenti nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria che dà attuazione ai principi fondamentali di legalità, equità e proporzionalità – è indicativo della circostanza che il potere di autotutela deve necessariamente ritenersi soltanto funzionale alla tutela dell’interesse del cittadino-contribuente, con la possibilità di intervenire sia per correggere violazioni sia formali che sostanziali

In altri termini, poiché tali disposizioni sono state inserite in una Legge posta a tutela dei contribuenti (ossia nello Statuto dei diritti del contribuente), ne discende il potere di autotutela risponde ad un interesse soltanto privato del contribuente e, di conseguenza, non è ammesso l’esercizio del potere di autotutela in malam partem.

Pertanto, con la nuova normativa (in vigore dal 18/01/2024), gli Uffici fiscali possono procedere soltanto con l’autotutela in bonam partem a favore del contribuente per correggere errori di natura formale e sostanziale.