Verifiche fiscali italiane e violazione dell’art. 8 della Cedu:  la Corte di Strasburgo, il legislatore nazionale e la Cassazione

(Corte EDU, Prima Sez., causa Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italia, sentenza del 06 febbraio 2025; Disegno di Legge n. 1376/2025;  Corte di Cassazione, ord. interlocutoria n. 11910/2025)
CEDU
CEDU

Verifiche fiscali italiane e violazione dell’art. 8 della Cedu:  la Corte di Strasburgo, il legislatore nazionale e la Cassazione

(Corte EDU, Prima Sez., causa Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italiasentenza del 06 febbraio 2025; Disegno di Legge n. 1376/2025;  Corte di Cassazione, ord. interlocutoria n. 11910/2025)

 

PREMESSA

La Prima Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito Corte EDU), con la sentenza resa il 06 febbraio 2025, all’esito del giudizio Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italia, ha affrontato un argomento alquanto delicato in ambito nazionale, inerente il tema delle verifiche fiscali condotte presso il domicilio delle persone giuridiche o presso i locali adibiti all’attività professionale.

La Corte EDU ha rilevato che la normativa italiana in tema di accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso il domicilio delle persone giuridiche o presso i locali adibiti all’attività professionale viola l’art. 8 CEDU, che tutela la vita privata e il domicilio, nel quale sono inclusi i locali aziendali e professionali quando questi costituiscono la sede dell’attività d’impresa.

La critica riguarda:

  • l’eccessiva discrezionalità concessa all’Amministrazione finanziaria;
  • l’assenza di controlli giurisdizionali preventivi;
  • la carenza di motivazione nelle autorizzazioni di accesso;
  • e la possibilità di raccolta indiscriminata di informazioni.

Tali lacune compromettono il livello minimo di protezione cui i contribuenti hanno diritto ai sensi della Convenzione, determinando così l’inadeguatezza della disciplina italiana rispetto agli obblighi sanciti dall’art. 8 CEDU.

In ambito nazionale, i principi affermati dalla Corte di Strasburgo con la suddetta sentenza sono stati recepiti:

  • dal Legislatore italiano nel disegno di legge presentato al Senato con atto n. 1376 dell’11/02/2025, recante “Disposizioni in materia di rafforzamento del rispetto del domicilio e del diritto di difesa del contribuente nell’ambito di accessi, ispezioni e verifiche di natura fiscale”: il disegno di legge presentato al Senato modifica l’art. 52 del D.P.R. 633/72, l’art. 33 del D.P.R. 600/73 e l’art. 35 della Legge 4/1929. Di particolare rilievo è l’introduzione dell’art. 52-bis nel D.P.R. 633/72, che consente al contribuente di chiedere al Presidente della C.G.T. di secondo grado l’annullamento dell’autorizzazione giudiziaria per accessi domiciliari e acquisizioni documentali, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni e dei documenti acquisiti;
  • dalla Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, la quale, chiamata a pronunciarsi su un ricorso avente ad oggetto le medesime contestazioni in materia di accesso, ispezioni e verifiche fiscali, con l’ordinanza interlocutoria n. 11910 del 06/05/2025, ha rilevato che - successivamente all’udienza di discussione - è intervenuta la decisione della Corte di Strasburgo sulla questione della violazione dell’art. 8 CEDU da parte della normativa italiana in materia di verifiche fiscali ed ha ritenuto opportuno assegnare al Pubblico Ministero ed alle parti il termine di 60 giorni per il deposito di osservazioni scritte sulla rilevanza della citata decisione nel caso di specie.

 

IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE

Al fine di comprendere appieno la questione, giova brevemente rammentare che l’attività istruttoria rappresenta il principale strumento utilizzato dall’Amministrazione finanziaria per verificare il corretto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti.

Si tratta, in altri termini, di un’attività di natura amministrativa e connotata da poteri autoritativi, finalizzata all’acquisizione di elementi rilevanti per la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente sottoposto a controllo.

Tale procedura si svolge direttamente presso i locali del contribuente e si articola in quattro fasi:

Il quadro normativo di riferimento è da rinvenire:

Le disposizioni di cui ai D.P.R. n. 633/72 e n. 600/73 devono essere lette in combinato disposto con l’art. 12 della Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”.

 

LA SENTENZA DELLA CORTE EDU

In tema di accessi, ispezioni e verifiche fiscali, la Corte EDU, con la sentenza resa il 06 febbraio 2025, all’esito del giudizio “Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italia,”, ha rilevato il contrasto tra la normativa italiana e l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito CEDU), che tutela il diritto al rispetto della vita privata e del domicilio, nel quale sono inclusi i locali aziendali e professionali quando questi costituiscono la sede dell’attività d’impresa.

Secondo la Corte, infatti, le disposizioni italiane (art. 35 L. n. 4/1929, che disciplina i poteri della Guardia di Finanza, e gli artt. 51 e 52 D.P.R. 633/1972, nonché gli artt. 32 e 33 D.P.R. 600/1973, che regolano gli accessi, le ispezioni e le verifiche dell’Agenzia delle Entrate) riconoscono all’Amministrazione finanziaria un margine di discrezionalità troppo ampio, senza prevedere adeguate tutele procedurali e giurisdizionali a favore dei contribuenti, né ex ante (prima dell’accesso) né ex post (dopo che l’ispezione è stata eseguita e, in generale, al termine dell'attività di verifica).

In particolare, la Corte di Strasburgo ha criticato la natura tendenzialmente automatica del procedimento di rilascio delle autorizzazioni di accesso, le quali sono concesse senza un’effettiva valutazione della loro opportunità e adeguatezza e di un adeguato corredo motivazionale (a differenza di quanto avviene per l’accesso al domicilio delle persone fisiche).

La Corte ha, altresì, evidenziato l’assenza di strumenti immediati ed efficaci attraverso cui i contribuenti possano opporsi all’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria, sottolineando che, sebbene gli accertamenti fiscali conseguenti alle verifiche possano essere impugnati, tale tutela si rivela insufficiente poiché interviene solo ex post e non consente di prevenire eventuali abusi, mancando un controllo preventivo da parte di un’autorità giurisdizionale.

Inoltre, la Corte EDU ha evidenziato che – contrariamente a quanto accade in ambito nazionale – gli accessi non possono tradursi in una raccolta indiscriminata di informazioni, ma devono essere limitati a quanto strettamente necessario per l’accertamento in corso. In caso contrario, si determinerebbe una compressione ingiustificata delle garanzie riconosciute ai contribuenti, in violazione del principio di proporzionalità, che impone un adeguato bilanciamento tra l’accertamento fiscale e la tutela dei diritti fondamentali.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte EDU ha concluso che il quadro normativo nazionale non fornisce ai contribuenti quel “livello minimo di protezione” cui hanno diritto ai sensi della Convenzione, determinando così l’inadeguatezza della disciplina italiana rispetto agli obblighi sanciti dall’art. 8 della CEDU.

IL CASO

La vicenda in esame trae origine da diversi ricorsi riguardanti l’accesso e l’ispezione dei locali commerciali, delle sedi legali o dei locali adibiti all’esercizio dell’attività professionale dei ricorrenti (tutti persone giuridiche, ad eccezione di uno).

Le autorizzazioni a compiere le suddette verifiche fiscali sono state rilasciate dal capo dell’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza al fine di accertare il corretto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 52, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 33, comma 1, D.P.R. n. 600/1973.

Durante la verifica fiscale, ai ricorrenti e ai loro rappresentanti è stato richiesto di esibire documenti contabili, libri sociali, fatture e altri documenti obbligatori relativi alla contabilità, nonché ulteriori documenti ritenuti rilevanti per l’accertamento tributario relativamente agli anni oggetto di verifica.

I ricorrenti sono stati informati delle normative in vigore, tra cui il segreto professionale degli ufficiali e l’obbligo di conservazione e produzione dei documenti, con l’avvertimento che il rifiuto di produrre i documenti richiesti avrebbe comportato la preclusione probatoria e l’irrogazione di sanzioni.

I ricorrenti hanno ottemperato alle richieste delle autorità nazionali, consentendo l’ispezione e la copia dei documenti, che, in alcuni casi, sono stati sequestrati o sigillati per ulteriori esami da parte delle autorità fiscali e di polizia.

Ebbene, all’esito delle verifiche, i ricorrenti hanno denunciato l’eccessiva ampiezza del potere discrezionale attribuito dalla normativa interna alle autorità nazionali, nonché l’insufficienza delle garanzie procedurali contro il rischio di abusi o decisioni arbitrarie, stante l’assenza di un controllo giurisdizionale - sia preventivo che successivo - sulle misure adottate.

 A tal fine, essi hanno invocato l’art. 8 CEDU, da solo ed in combinato disposto con l’art. 13 della medesima Convenzione, nonché l’art. 6, paragrafo 1, CEDU.

Nello specifico, secondo i ricorrenti, considerata la mancanza di rimedi giurisdizionali effettivi nell’ordinamento interno, vi è stata una violazione dell’art. 8 CEDU, in quanto le autorizzazioni ad effettuare l’accesso presso i loro domicili non sono state rilasciate da un’autorità giudiziaria né contenevano una motivazione adeguata in relazione agli elementi indiziari di evasione e agli specifici documenti da ricercare.

Essi hanno, altresì, lamentato la violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, in quanto, nell’ordinamento nazionale, non è possibile impugnare le autorizzazioni di accesso al fine di contestare eventuali irregolarità poste in essere nel corso delle verifiche fiscali o ottenere la cessazione delle stesse.

Sul punto, si precisa fin da ora che la Corte EDU ha esaminato le doglianze dei ricorrenti esclusivamente nella prospettiva dell’art. 8 CEDU, ritenendo che non fosse <<necessario esaminare la ricevibilità e il merito>> della violazione dell’art. 6 della medesima Convenzione.

 

LA MOTIVAZIONE

Il percorso argomentativo seguito dalla Corte EDU si fonda su un granitico orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, secondo cui il concetto di “domicilio”, ai sensi dell’art. 8 CEDU, si estende oltre la sfera dell’abitazione privata, ricomprendendo anche i locali aziendali e professionali in cui si svolge un’attività economica.

Inoltre, il ragionamento che ha condotto la Corte ad esprimersi a favore dei ricorrenti muove  dalla constatazione che gli accessi ai locali commerciali e le verifiche ivi effettuate, pur comportando un’invasione meno grave rispetto alle operazioni di perquisizione e sequestro effettuate ai sensi del diritto penale, costituiscono un’ingerenza nel diritto al “domicilio” ed alla “corrispondenza” dei contribuenti. Tale ingerenza deve necessariamente essere prevista dalla legge e rispettare limiti chiari e stringenti, in modo da prevenire qualsiasi forma di arbitrarietà da parte delle autorità.

Nella motivazione della sentenza in commento, la Corte EDU ha evidenziato che alcuni aspetti della disciplina nazionale relativa alle verifiche fiscali necessitano di un ripensamento strutturale.

I punti critici su cui si è soffermata la Corte sono i seguenti:

  1. Margine di discrezionalità eccessivamente ampio delle autorità nazionali (paragrafi 106-120): sul punto, la Corte ha valutato se la disciplina nazionale preveda delle adeguate tutele procedurali e giurisdizionali prima e durante la fase di verifica.

Nello specifico la Corte ha verificato:

  • da un lato, se il quadro giuridico interno indichi in modo chiaro e prevedibile le circostanze e le condizioni nelle quali le autorità nazionali sono autorizzate ad applicare le misure in contestazione;
  • dall’altro, se il quadro giuridico interno delimiti l’oggetto e la portata di dette misure.

In relazione al primo aspetto, dopo aver richiamato la normativa italiana in materia di verifiche fiscali (art. 35 L. n. 4/1929, che disciplina i poteri della Guardia di Finanza, e gli artt. 51 e 52 D.P.R. 633/1972, nonché gli artt. 32 e 33 D.P.R. 600/1973, che regolano gli accessi, le ispezioni e le verifiche dell’Agenzia delle Entrate), la Corte di Strasburgo ha rilevato che tali disposizioni consentono alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate di effettuare gli accessi presso il domicilio delle persone giuridiche o presso i locali adibiti all’attività professionale a condizioni meno rigorose rispetto a quelle previste per gli accessi presso le “abitazioni” in senso stretto.

In particolare, così si legge nella sentenza in commento:

<< 109. A giudizio della Corte, le condizioni indicate nelle disposizioni legislative sopra citate (si veda il paragrafo 107 supra), di per sé, sono insufficienti per definire la portata del margine discrezionale riconosciuto alle autorità nazionali. In effetti, basandosi sul testo di tali disposizioni, la Corte di Cassazione ha chiarito che il quadro giuridico interno non richiedeva alcuna giustificazione specifica per autorizzare le misure in questione in riferimento a locali adibiti all’esercizio di attività commerciali e industriali, e che, pertanto, l'autorizzazione pertinente non doveva essere motivata (si veda il paragrafo 60 supra). Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, quando le misure sono state eseguite da ufficiali della Guardia di Finanza, non era richiesta alcuna autorizzazione scritta (si veda il paragrafo 61 supra). >>.

Pertanto, secondo la Corte EDU, un sistema di controllo fondato su criteri non sufficientemente precisi e la mancanza di informazioni pubblicamente accessibili e trasparenti circa i locali commerciali effettivamente sottoposti alle verifiche fiscali impediscono una verifica effettiva sull’operato delle autorità nazionali, le quali finiscono per avere un potere discrezionale illimitato.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte ha ritenuto che:

<<(…) la base giuridica delle misure in contestazione non fosse idonea a delimitare in misura sufficiente il margine discrezionale conferito alle autorità nazionali e, di conseguenza, non soddisfi l’esigenza di «qualità di legge» di cui all'articolo 8 della Convenzione.>>.

In relazione al secondo punto trattato, la Corte ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 52, comma 3, D.P.R. n. 633/72 (espressamente richiamato dall’art. 33 D.P.R. 600/73), le verifiche possono estendersi a tutti i libri, registri, documenti e dichiarazioni scritte, compresi quelli che non devono essere conservati, che si trovano nei locali di riferimento o sono altrimenti accessibili per mezzo di dispositivi digitali ivi installati.

Ebbene, partendo dal presupposto che anche tali poteri devono “essere delimitati in modo da evitare un margine di discrezionalità illimitato”, la Corte EDU ha rilevato che la disciplina italiana:

Sulla scorta di tali presupposti, la Corte EDU ha così evidenziato:

<< In tale contesto, la Corte non è convinta che il quadro giuridico interno abbia fornito garanzie adeguate ed effettive allo scopo di prevenire che l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza esercitassero un potere discrezionale illimitato, in quanto, in relazione all'accesso e alle ispezioni, il loro potere di valutare l'adeguatezza, il numero, la durata e la portata di tali operazioni e delle informazioni richieste ai contribuenti, e successivamente copiate o sequestrate, non era regolamentato. In questo contesto, la Corte ritiene che le condizioni previste dalla legge risultino troppo vaghe per delimitare in modo sufficiente un siffatto potere discrezionale>>;

 

  1. Garanzie procedurali inidonee a proteggere i contribuenti dagli abusi e dall’arbitrarietà (paragrafi 121-136): la Corte di Strasburgo ha, altresì, valutato se la normativa nazionale preveda adeguate tutele procedurali e giurisdizionali ex post. A tal fine, la Corte ha valutato l’idoneità dei seguenti strumenti:
  • reclamo dinanzi al giudice tributario: la Corte ha, preliminarmente, dato atto della giurisprudenza citata dal Governo italiano, secondo la quale il contribuente ha la possibilità di contestare l’autorizzazione alla verifica fiscale dinanzi le Corti di Giustizia Tributaria impugnando il conseguente avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992.

Tuttavia, sul punto, la Corte ha rilevato che:

  • in primo luogo, la giurisprudenza citata dal Governo non era pertinente al caso di specie, in quanto riguardava un controllo effettuato presso il domicilio privato del contribuente. Dunque, la Corte EDU ha sottolineato che il Governo italiano non ha fornito alcun esempio giurisprudenziale relativo ad un reclamo dinanzi al giudice tributario di un’autorizzazione in relazione ai locali commerciali o ai locali adibiti all’esercizio dell’attività professionale;
  • in secondo luogo, anche a voler supporre che i giudici tributari abbiano il potere di annullare un avviso di accertamento in caso di illegittimità dell’autorizzazione delle misure in contestazione, la possibilità di contestare l’autorizzazione dipende dal fatto che la verifica abbia portato o meno  all’emissione di un avviso di accertamento contestato dal contribuente e che tale avviso fosse basato su prove raccolte durante la verifica. Pertanto la Corte constata che l’esistenza di un siffatto ricorso è meramente potenziale e incerta”;
  • in terzo luogo, un avviso di accertamento può essere emesso dopo diversi anni dalla dichiarazione dei redditi. Al contrario, la Corte ha evidenziato che il rimedio a tutela del contribuente deve essere sufficientemente tempestivo e, pertanto, il ricorso deve essere disponibile entro un termine ragionevole.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte EDU ha così concluso <<Quanto precede è sufficiente per concludere che un reclamo dinanzi al giudice tributario non equivarrebbe a un ricorso giurisdizionale ex post effettivo. Pertanto, la Corte non ritiene necessario esaminare se il contesto giuridico interno preveda un ricorso adeguato e sufficiente qualora venga riscontrata una irregolarità.>>;

 

  • ricorso dinanzi al giudice civile: la Corte, dato preliminarmente atto della giurisprudenza citata dal Governo italiano, ha evidenziato come tali riferimenti non erano pertinenti al caso di specie, in quanto riguardavano i casi in cui l’autorizzazione era stata rilasciata in riferimento alle dimore private.

Peraltro, pur a voler ritenere possibile il ricorso dinanzi al giudice civile, secondo la Corte, non si comprenderebbe come i giudici ordinari possano esercitare un controllo significativo su tali misure;

 

  • reclamo dinanzi al Garante del Contribuente: la Corte EDU ha evidenziato che tale autorità non emette decisioni vincolanti, ma semplici raccomandazioni all’amministrazione finanziaria. Conseguentemente, secondo la Corte <<(…) un reclamo dinanzi al Garante del Contribuente non costituirebbe un ricorso effettivo ai fini delle garanzie contro l'arbitrarietà previste dall'articolo 8 della Convenzione in tali casi (…).>>.

 

​​​​​​​LA DECISIONE

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte di Strasburgo ha concluso (paragrafi 137-141) che il quadro giuridico interno ha:

<<attribuito alle autorità nazionali un potere discrezionale illimitato per quanto riguarda sia le condizioni di attuazione delle misure in contestazione, che l'ambito di applicazione delle stesse.>>.

 

Più nello specifico, come si legge nella sentenza:

<<(…) il quadro giuridico interno non ha fornito garanzie procedurali sufficienti, in quanto le misure in contestazione, nonostante l’esistenza di alcuni ricorsi giurisdizionali avverso le stesse, non erano soggette a un controllo sufficiente. Pertanto, il quadro giuridico interno non ha fornito ai ricorrenti il livello minimo di protezione cui avevano diritto ai sensi della Convenzione. La Corte ritiene che, in tali circostanze, non si possa affermare che l'ingerenza in questione era «conforme alla legge», come richiesto dall'articolo 8 § 2 della Convenzione.>>.

 

Di conseguenza, la Corte EDU ha rilevato il contrasto tra la normativa italiana e l’art. 8 CEDU, ritenendo superfluo esaminare la ricevibilità e il merito del ricorso ai sensi dell’art. 6 della medesima Convenzione.

 

​​​​​​​LE MISURE INDIVIDUATE DALLA CORTE EDU CHE LO STATO ITALIANO DOVREBBE UTILIZZARE PER ADEMPIERE AGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL’ART 46 CEDU

Dopo aver constatato la violazione dell’art. 8 CEDU, la Corte di Strasburgo ha richiamato l’art. 46 CEDU, che sancisce l’obbligo giuridico per lo Stato convenuto di adottare misure generali adeguate allo scopo di porre fine alla violazione ed eliminarne le conseguenze.

A tal fine, la Corte ha indicato le misure che potrebbero essere adottate dallo Stato italiano al fine di porre rimedio alla suddetta violazione.

Preliminarmente, è stato evidenziato che gran parte delle misure necessarie sono già previste dalla normativa interna (in particolare dagli artt. 12 e 13 della Statuto dei diritti del contribuente), ma che i principi generali individuati da tale normativa devono essere attuati mediante norme specifiche.

La Corte ha, poi, indicato le misure necessarie che lo Stato italiano deve prevedere nell’ordinamento interno:

  • in primo luogo, la normativa interna deve definire in modo chiaro e preciso le circostanze e i requisiti che legittimano le autorità nazionali a svolgere le verifiche fiscali presso il domicilio delle persone giuridiche o presso i locali adibiti all’attività professionale.

Più nello specifico, la normativa interna:

  • deve imporre << alle autorità nazionali l’obbligo di fornire una motivazione, e dunque di giustificare la misura in questione sulla base di tali criteri>>;
  • deve stabilire <<garanzie per evitare l’accesso indiscriminato, o almeno la conservazione e l’utilizzo di documenti e oggetti non connessi con l’obiettivo della misura in questione>>;
  • deve prevedere il diritto del contribuente, al più tardi al momento di avvio della verifica fiscale, <<di essere informato dei motivi che la giustificano e della portata della stessa, del suo diritto ad essere assistito da un professionista, e delle conseguenze del suo eventuale rifiuto di autorizzare la verifica>>;
  • in secondo luogo, la normativa interna deve prevedere un controllo giurisdizionale effettivo. A tal fine, secondo la Corte EDU, non è necessario subordinare l’ammissibilità dei ricorsi all’emissione di un avviso di accertamento né attendere il termine della procedura di accertamento fiscale per la proposizione di tale ricorso.

 

IL DISEGNO DI LEGGE PRESENTATO AL SENATO ATTO N. 1376 DELL’11/02/2025

Come anticipato in premessa, sul tema, è intervenuto il Legislatore italiano con la presentazione al Senato di un disegno di legge (atto n. 1376) dell’11/02/2025, recante “Disposizioni in materia di rafforzamento del rispetto del domicilio e del diritto di difesa del contribuente nell’ambito di accessi, ispezioni e verifiche di natura fiscale”.

Il disegno di legge si propone di introdurre (cfr. pag. 3 del disegno di legge):

  • una supervisione indipendente e giudiziaria che permetta ex ante di avere una tempestiva protezione contro possibili ingerenze arbitrarie, attraverso un effettivo controllo preliminare di legittimità o che consenta una limitazione della discrezionalità delle autorità fiscali nell’effettuare le perquisizioni per ragioni di indagine fiscale;
  • uno specifico obbligo motivazionale in ordine ai requisiti per legittimare l’intervento lesivo del domicilio latamente inteso del contribuente, in modo da consentire un’adeguata identificazione delle condizioni in cui le autorità fiscali possono incidere sul diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza;
  • un sistema di controllo giudiziario ex post per il contribuente, che costituisca una tutela diretta dei suoi diritti al rispetto del domicilio e del diritto di difesa in ordine alla legittimità e fondatezza della misura nonché ai requisiti di necessarietà e connessa proporzionalità allo scopo perseguito di cui all’art. 8, paragrafo 2, CEDU.

Nello specifico:

  1. l’art. 1 del disegno di legge interviene sul D.P.R. n. 633/72:
  • da un lato, aggiungendo nei primi tre commi dell’art. 52 D.P.R. n. 633/72 il riferimento all’obbligo di motivazione dell’autorizzazione ad effettuare l’accesso;
  • dall’altro, introducendo il nuovo art. 52-bis nel D.P.R. n. 633/72, rubricato “Tutela giurisdizionale in materia di accessi domiciliari e acquisizioni documentali”, che consente al contribuente di chiedere al Presidente della C.G.T. di secondo grado l’annullamento dell’autorizzazione giudiziaria per accessi domiciliari e acquisizioni documentali, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni e dei documenti acquisiti;
  1. l’art. 2 del disegno di legge apporta modifiche all’art. 33 D.P.R. n. 600/73, prevendendo il riferimento, oltre che all’art. 52 D.P.R. n. 633/72, anche al nuovo art. 52-bis del medesimo decreto;
  2. l’art. 3 del disegno di legge apporta modifiche all’art. 35 Legge n. 4/1929, introducendo il comma 1-bis che prevede che, in sede di verifiche fiscali condotte dalla Guardia di Finanza, durante l’accesso in locali adibiti in tutto o in parte ad abitazione per lo svolgimento di perquisizioni personali o apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili nonché per la richiesta di esame di documenti o di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale, si applicano gli articoli 33, primo comma, DPR n. 600/73  e gli articoli 52 e 52-bis del DPR n. 633/1972.

 

L’ORDINANZA INTERLOCUTORIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 11910 DEL 06/05/2025

A conferma della rilevanza della recente sentenza della Corte EDU resa il 06 febbraio 2025, all’esito del giudizio Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italia – che, si ribadisce, ha rilevato il contrasto tra la normativa italiana in tema di accessi, ispezioni e verifiche fiscali e l’art. 8 CEDU – si segnala l’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione, Sez. Tributaria n. 11910 del 06/05/2025.

Con la citata ordinanza, i giudici di legittimità, nel richiamare i principi affermati dalla Corte EDU nella citata sentenza, hanno assegnato al Pubblico Ministero ed alle parti il termine di 60 giorni per il deposito di osservazioni scritte sulla rilevanza della citata decisione nel caso di specie.

    1. IL CASO

Il caso su cui interviene la citata ordinanza di legittimità origina da una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza presso la sede di una società, che si è conclusa con la redazione di un pvc.

L’Agenzia delle Entrate, sulla scorta delle risultanze del pvc, ha notificato alla società contribuente l’avviso di accertamento relativo a IRAP, IRES ed IVA, per l’anno d’imposta 2011.

Per quanto qui di interesse, la società, risultata soccombente in entrambi i giudizi di merito, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità dell’avviso di accertamento perchè basato su documentazione raccolta ed esaminata illegittimamente per assoluta mancanza di potere, in violazione degli artt. 7-ter e 7-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente.

La società ha rilevato che la verifica fiscale presso la propria sede è stata compiuta sulla base dell’autorizzazione rilasciata dal Comandante del nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Foggia e, dunque, in mancanza assoluta di potere, con conseguente nullità dell’atto (rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio) ex art. 7-ter dello Statuto dei diritti del contribuente. Nello specifico, contesta la ricorrente che le norme interne relative agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali - non prevedendo che l’autorizzazione all’accesso presso il domicilio delle persone giuridiche debba essere rilasciata dall’autorità giudiziaria - si pongono, di fatto, in contrasto con l’art. 14 Costituzione (come integrato dall’art. 8 CEDU) e con gli artt. 7 e 47 della CDFUE.

Da tanto, secondo la società ricorrente, deriva l’obbligo per la Corte di Cassazione:

 

    1.  IL RINVIO DELLA DECISIONE

La Corte di Cassazione ha preso atto che, successivamente all’udienza di discussione, è intervenuta la sentenza della Corte EDU in merito alla violazione dell’art. 8 CEDU da parte della normativa italiana in tema di accessi, ispezioni e verifiche fiscali condotte presso il domicilio delle persone giuridiche o presso i locali adibiti all’attività professionale.

Pertanto, i giudici di legittimità hanno ritenuto opportuno disporre un rinvio per instaurare il contraddittorio fra le parti, assegnando al Pubblico Ministero ed alle parti il termine di 60 giorni per il deposito di osservazioni scritte sulla rilevanza della citata decisione nel caso al vaglio della Corte.

 

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Tirando le fila del discorso e volendo schematizzare quanto sin qui argomentato, la recente sentenza della Prima Sezione della Corte EDU, resa il 06 febbraio 2025 all’esito del giudizio Italgomme Pneumatici s.r.l. e altri c. Italia, produce effetti significativi nell’ambito nazionale con riferimento alle garanzie e alle tutele riconosciute ai contribuenti in materia di accessi, ispezioni e verifiche fiscali, introducendo elementi di rilievo che incidono profondamente sull’attuale quadro normativo.

Più nello specifico, la Corte EDU - i cui principi sono stati ripresi dalla citata ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 11910/2025 - ha evidenziato che:

Alla luce dei suesposti principi, la Corte di Strasburgo ha concluso che l’ordinamento italiano presenta alcune criticità in termini di adeguate garanzie contro possibili abusi. In particolare:

È ben evidente che la citata sentenza della Corte EDU potrebbe condurre ad una rilevante trasformazione del sistema nazionale degli accessi, ispezioni e verifiche fiscali, in quanto stimola un ripensamento dell’attuale assetto normativo al fine di garantire un più adeguato bilanciamento tra i poteri dell’Amministrazione finanziaria e la tutela dei diritti fondamentali del contribuente.

A questo proposito – con una tempestività senz’altro apprezzabile, ma con specifico riferimento agli accessi domiciliari e acquisizioni documentali – il Legislatore nazionale è subito intervenuto presentando al Senato il disegno di legge n. 1376 dell’11/02/2025, volto ad introdurre un sistema di garanzie per proteggere i diritti del contribuente durante le indagini fiscali, che includa: