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La compensazione nel diritto tributario: riutillizzabilità del credito d’imposta

nota di commento alla sentenza della Cassazione SSUU n. n. 34452 dell’11.12.2023
credito d'imposta
credito d'imposta

La compensazione nel diritto tributario: riutillizzabilità del credito d’imposta
 

prima utilizzato per la compensazione indebitamente) nel caso in cui l’Amministrazione Finanziaria abbia annullato in autotutela il debito del contribuente

Abstract: nel caso in cui il contribuente, al quale sia stato notificato un avviso di accertamento, abbia opposto in compensazione un credito che però in quel momento non era opponibile, e tuttavia l’Amministrazione Finanziaria abbia successivamente annullato in autotutela l’avviso stesso, si deve ritenere che tale illegittimità renda privo di effetti il fatto che la compensazione sia stata opposta “indebitamente”, ossia quando ancora non era giunto il momento per eccepirla. Essa è stata opposta dal contribuente a fronte di un credito dell’AF che poi, a seguito dell’annullamento in autotutela, è stato riconosciuto illegittimo, e pertanto giuridicamente inesistente.

L’art. 1243 comma 1 c.c. stabilisce che “la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza”. Pertanto, se uno dei debiti (in tal caso quello del contribuente) non esiste (vedi annullamento in autotutela), non si può dire che la compensazione abbia operato, perché sostenere questo vorrebbe dire attribuire alla stessa l’efficacia di estinguere un’obbligazione che giuridicamente non esiste.

In the event that the taxpayer, to whom a notice of assessment has been served, has set off a credit which however was not enforceable at that time, and yet the Financial Administration has subsequently canceled a notice of assessment in self-defense, it must be consider that this illegitimacy renders the fact that the compensation was unduly opposed “ineffective", i.e. when the time to object to it had not yet come. It was opposed by the taxpayer against a credit from the FA which then, following cancellation in self-defense, was recognized as illegitimate and therefore legally non-existent.

The art. 1243 paragraph 1 of the Civil Code. establishes that "the compensation extinguishes the two debts from the day of their coexistence". Therefore, if one of the debts (in this case that of the taxpayer) does not exist (see cancellation in self-defence), it cannot be said that the compensation has taken place, because maintaining this would mean attributing to it the effectiveness of extinguishing an obligation which legally it does not exist

L’art. 1241 comma 1 c.c. prevede che la compensazione si verifica solo tra due debiti che siano “ugualmente esigibili”. Se il debito del contribuente è stato riconosciuto come illegittimo (annullamento in autotutela), e quindi come non esigibile, mentre invece quello che l’AF ha verso il contribuente è giuridicamente valido ma non è ancora esigibile, quest’ultimo potrà essere riutilizzato in seguito per compensare un nuovo credito dell’AF il quale sia effettivamente valido ed esigibile.

The art. 1241 paragraph 1 of the Civil Code. provides that compensation occurs only between two debts that are "equally due". If the taxpayer's debt has been recognized as illegitimate (cancellation in self-defense), and therefore as not collectible, while the debt that the FA owes to the taxpayer is legally valid but is not yet collectible, the latter can be reused later to offset a new credit from the FA which is actually valid and collectible.

Per effetto di quanto previsto dall’art. 10 della Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente), l’aver il contribuente eccepito la compensazione a seguito di un “errore” dell’AF (ossia emissione di avvisi di accertamento poi annullati), se non può comportare a carico del medesimo né l’irrogazione di sanzioni né il pagamento di interessi, non potrà neanche sancire a suo danno il divieto di riutilizzare tale compensazione in futuro, ossia a fronte di crediti dell’AF che siano effettivamente riconosciuti come sussistenti ed esigibili.

As a result of the provisions of the art. 10 of Law 212/2000 (Taxpayer's Statute), the taxpayer having objected to compensation following an "error" by the FA (i.e. issuing notices of assessment which were then cancelled), if it cannot result in the same being liable nor the imposition of sanctions or the payment of interest, will not even be able to sanction to its detriment the prohibition on reusing this compensation in the future, i.e. against credits from the AF which are actually recognized as existing and collectible.

 

La Corte di Cassazione, SS.UU., con la sentenza n. 34452 dell’11.12.2023, affrontano la problematica relativa all’eventuale riutilizzabilità di un credito che prima il contribuente aveva opposto in compensazione indebitamente, e cioè quando non ne aveva diritto, nel caso in cui l’Amministrazione Finanziaria (di seguito “AF”) abbia annullato in autotutela il debito tributario.

Nella fattispecie oggetto della sentenza in commento, l’AF aveva accertato che alcuni crediti, dopo esser stati indebitamente compensati nel 2010 (e, in parte, nel 2014), erano stati nuovamente riutilizzati, in compensazione, tra il 2014 e il 2017. Essa, di conseguenza, aveva emesso un atto di recupero dei crediti di imposta, asserendo che questi fossero stati   compensati indebitamente”.

La Commissione Tributaria Regionale (di seguito “CTR”), adìta dal contribuente, rilevava che quest’ultimo aveva effettivamente utilizzato totalmente il credito maturato per l’anno 2007 e per l’anno 2008 entro l’anno 2010, nonostante la fruizione fosse stata autorizzata a decorrere dal 2014, e pertanto affermava che, al momento della seconda fruizione avvenuta negli anni dal 2014 in poi, non sussisteva alcun credito d’imposta per quel periodo.

La Commissione, a seguito di ciò, qualificava il credito opposto in compensazione dal contribuente come “inesistente”, con conseguente applicazione della più grave sanzione prevista dall’art. 13 comma 5 del D.lgs. 471/1997 (ossia una somma dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi), anziché di quella, più tenue, prevista dal comma 4 della stessa norma (ossia una somma pari al 30% del credito utilizzato) e che si applica nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo (laddove si tratta, per l’appunto, di credito “esistente” ma “non spettante”).

Secondo la CTR, “il contribuente non può, dapprima, compensare un credito di imposta non ancora fruibile, e poi, quando l’Ufficio gli contesta la seconda fruizione, eccepire che doveva essere contestata la prima

Sul punto, si osserva quanto segue.

Il creditore, quando gli viene opposto in compensazione dal debitore un controcredito che però al momento non è ancora esigibile, dovrebbe avere tutto l’interesse a segnalare tale inesigibilità e quindi a richiedere comunque al debitore l’adempimento della prestazione, dal momento che, appunto, il controcredito potrà essere fatto valere dal debitore solo in un secondo tempo, ossia quando il creditore gli richiederà l’adempimento di una prestazione successiva. Il creditore, se non segnala questa inesigibilità, automaticamente ingenera nel debitore il ragionevole convincimento della piena legittimità della compensazione opposta, e pertanto dell’avvenuta estinzione dell’obbligazione.

In questo caso, l’AF, una volta accertato che il controcredito opposto in compensazione non era ancora esigibile, lo avrebbe dovuto segnalare al contribuente, ed avrebbe dovuto pertanto esigere da quest’ultimo il pagamento, salvo poi consentire al medesimo di riproporre l’eccezione di compensazione, questa volta esigibile, al momento in cui essa gli avesse richiesto un nuovo pagamento.

L’AF, se non ha segnalato al contribuente l’inopponibilità della compensazione e quindi, a seguito di ciò, ha considerato valida quest’ultima, ha commesso una violazione di legge con danno erariale, in quanto ha qualificato come “estinta per compensazione” un’obbligazione che invece avrebbe dovuto considerarsi pienamente esigibile, in quanto il controcredito opposto in compensazione non era ancora esigibile.

La stessa AF, adesso, dopo aver accettato la compensazione quando in realtà non avrebbe potuto farlo (violazione di legge), vuole impedire al contribuente di riutilizzare in compensazione il medesimo credito, che questa volta sarebbe pienamente esigibile, per opporsi ad una nuova pretesa tributaria. Essa, con tale impedimento, intende “porre rimedio” alla violazione di legge in precedenza commessa, ossia al fatto di aver accettato la compensazione opposta dal contribuente anche quando questi non ne aveva il diritto. L’AF in sostanza dice al contribuente: ciò che ti ho concesso quando era illegittimo (il controcredito non era ancora esigibile), te lo vieto adesso che sarebbe legittimo (il controcredito è diventato esigibile), e quindi essa in questo modo incamera adesso dal contribuente delle somme che prima, erroneamente e cioè illegittimamente, non aveva incamerato.

Ebbene, secondo la CTR, tale “modus operandi” dell’AF è pienamente legittimo.

Il problema, tuttavia, è che gli avvisi di accertamento in relazione ai quali l’AF aveva, illegittimamente, accettato la compensazione, sono stati dalla medesima successivamente annullati in via di autotutela.

A tale riguardo, la stessa CTR afferma quanto segue:

- “l’annullamento dell’atto di recupero dei crediti indebitamente compensati, eseguito in autotutela dall’Ufficio, non fa resuscitare il credito indebitamente compensato”;

- “il credito, quando sia già stato utilizzato per la compensazione, deve considerarsi inesistente, e ciò anche nel caso in cui sia stato utilizzato indebitamente

Sono proprio tali affermazioni a meritare un adeguato approfondimento.

L’AF aveva accettato (illegittimamente) la compensazione opposta dal contribuente a fronte di una pretesa tributaria che però poi, con l’annullamento in autotutela, è stata poi riconosciuta come illegittima, e perciò giuridicamente inesistente.

Essa, pertanto, in un primo momento aveva violato la legge accettando in compensazione un controcredito che non era ancora esigibile e quindi aveva commesso un danno erariale, e poi però, in un secondo tempo, ha annullato la pretesa tributaria alla quale il controcredito era stato opposto, riconoscendo quindi in tal modo di non aver violato alcuna legge, in quanto nulla in realtà era dovuto dal contribuente.

Di conseguenza, dal momento che la pretesa tributaria di base, e cioè il presupposto della compensazione, era illegittima, tale illegittimità rende privo di effetti il fatto che la compensazione sia stata opposta “indebitamente”, ossia quando ancora non era giunto il momento per eccepirla. Essa è stata opposta dal contribuente a fronte di un credito dell’AF che poi, a seguito dell’annullamento in autotutela, è stato riconosciuto illegittimo, e pertanto giuridicamente inesistente.

L’art. 1243 comma 1 c.c. stabilisce che “la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza”. Pertanto, se uno dei debiti (in tal caso quello del contribuente) non esiste (vedi annullamento in autotutela), non si può dire che la compensazione abbia operato, perché sostenere questo vorrebbe dire attribuire alla stessa l’efficacia di estinguere un’obbligazione che giuridicamente non esiste.

L’eccezione di compensazione presuppone la giuridica validità dell’obbligazione da compensare, perché è solo tale esistenza che fa sorgere nel debitore (Tizio) l’interesse a sollevarla, ossia a far valere a sua volta un credito nei confronti del creditore (Caio). Se così non fosse, ossia se si ritenesse – come ha fatto la CTR – che la compensazione, anche nel caso in cui sia stata opposta “inutilmente” e cioè senza un correlativo debito effettivamente esistente, non possa più essere utilizzata in futuro per contrastare un debito invece esistente, ciò equivarrebbe a dire che la compensazione può essere utilizzata anche per estinguere un’obbligazione che non c’è, il che significherebbe snaturarne completamente la funzione, la quale è quella di “annullare” la pretesa del creditore in modo da liberarsi dallo status di “debitore”.

Da segnalare, poi, che, a norma dell’art. 1242 c.c., il Giudice non può rilevare di ufficio la compensazione: perché questo? Appunto perché deve essere il debitore (Tizio) a sollevare la relativa eccezione, ossia a manifestare “interesse” in tal senso, non potendo egli pretendere che sia il Giudice ad “interpretare” tale interesse. E non potrà certo sostenersi che egli abbia interesse ad opporre la compensazione quando il debito del quale gli si chiede il pagamento non esiste.

Il debitore oppone la compensazione solo se vi ha “interesse”, ossia se l’obbligazione che egli è chiamato ad adempiere è giuridicamente fondata.

Inoltre, l’art. 1241 comma 1 c.c. prevede che la compensazione si verifica solo tra due debiti che siano “ugualmente esigibili”. Se il debito del contribuente è stato riconosciuto come illegittimo (annullamento in autotutela), e quindi come non esigibile, mentre invece quello che l’AF ha verso il contribuente è giuridicamente valido ma non è ancora esigibile, quest’ultimo potrà essere riutilizzato in seguito per compensare un nuovo credito dell’AF il quale sia effettivamente valido ed esigibile.

Un altro aspetto è il seguente.

Il contribuente, se avesse saputo che il debito tributario in realtà non sussisteva (vedi annullamento degli avvisi di accertamento), non avrebbe opposto la compensazione e si sarebbe riservato di sfruttare tale strumento di difesa in un momento futuro in cui gli venisse richiesto di adempiere ad un’obbligazione effettivamente sussistente. 

E’ vero che egli ha fatto valere la compensazione quando ancora non era il momento per poterlo fare, ma questo suo “errore” è stato causato dall’errore dell’AF, la quale gli ha notificato un avviso illegittimo.

L’errore commesso dal contribuente nell’individuazione del tempo durante il quale utilizzare l’istituto della compensazione, è stato determinato dall’errore commesso dall’AF nel ritenere sussistente un debito in realtà insussistente.

Ebbene, l’art. 10 della Legge 212/2000 (Statuto del contribuente) stabilisce, al comma 2, che “non sono irrogate sanzioni ne' richiesti interessi moratori al contribuente … qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa”.

Il principio generale è quello per cui, se l’AF ha commesso un errore, le conseguenze di questo non possono ricadere sul contribuente, e pertanto, se l’AF ha notificato un avviso di accertamento basato su un debito che poi essa stessa ha riconosciuto essere insussistente, tale “errore” non può comportare a carico del contribuente – il quale, del tutto in buona fede, aveva opposto in compensazione (sia pur indebitamente, secondo la CTR) il proprio controcredito – il divieto assoluto di utilizzare tale controcredito anche in futuro, ossia per resistere ad una successiva pretesa della stessa AF, stavolta avente ad oggetto un debito riconosciuto come esistente.

L’aver il contribuente eccepito la compensazione a seguito di un “errore” dell’AF (ossia emissione di avvisi di accertamento poi annullati), se non può comportare a carico del medesimo né l’irrogazione di sanzioni né il pagamento di interessi, non potrà neanche sancire a suo danno il divieto di riutilizzare tale compensazione in futuro, ossia a fronte di crediti dell’AF che siano effettivamente riconosciuti come sussistenti ed esigibili.

Alla luce di quanto sopra esposto, il controcredito opposto dal contribuente non dovrebbe essere qualificato come “inesistente””, in quanto l’AF, annullando gli avvisi di accertamento, ha riconosciuto come illegittima, e perciò inesistente, la pretesa tributaria alla quale il controcredito era stato opposto, e perciò ha fatto sì che la compensazione sia stata opposta dal contribuente inutilmente, ossia in mancanza del presupposto base. Del resto, lo stesso art. 13 comma 5 D.lgs. 471/1997 parla di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme “dovute”: se l’avviso di accertamento è stato annullato, ciò comporta che la somma non sia più “dovuta”, e che quindi ad essere inesistente sia la pretesa tributaria e non già il controcredito del contribuente.

Per la stessa ragione, il medesimo controcredito non dovrebbe considerarsi neanche come “non spettante”, in quanto è vero che esso era stato opposto quando non era ancora esigibile e cioè quando “non spettava” al contribuente, ma, come al contribuente in quel momento “non spettava” il controcredito, così, nello stesso lasso di tempo, all’AF “non spettava” il credito, essendo questo stato oggetto di successivo annullamento. Però, mentre il credito dell’AF non spettava in quanto era “illegittimo”, il controcredito del contribuente non spettava in quanto era “non ancora esigibile”. Tra un credito inesistente ed un credito inesigibile vi è una differenza non da poco: il primo è giuridicamente insussistente, mentre il secondo è esistente ma il suo soddisfacimento non può avvenire prima di un certo termine. Quindi, quando si dice che il contribuente ha opposto la compensazione “indebitamente”, in realtà si commette un errore in quanto “indebita” è solo una prestazione che la legge qualifica come “non dovuta”, ossia “non prevista”, e non anche una prestazione la quale invece è oggettivamente “dovuta” ma il cui adempimento è differito nel tempo: “non dovuta”, semmai, era la pretesa dell’AF, e non il controcredito del contribuente.

L’annullamento della pretesa di base ha fatto sì che il controcredito sia stato opposto in compensazione inutilmente, e quindi adesso che l’AF vanta un nuovo credito, il contribuente, se è ancora nei termini, dovrebbe poter riutilizzare in compensazione il medesimo controcredito.