Impianti fotovoltaici: rendita catastale con stima diretta e necessità di effettivo sopralluogo
Il Legislatore e la stessa Agenzia delle Entrate hanno provveduto a stabilire i criteri in base ai quali calcolare la rendita catastale e i relativi procedimenti per l’accatastamento degli impianti fotovoltaici. Gli impianti di tipo industriale di grandi dimensioni, che hanno autonomia funzionale, vanno accatastati come unità immobiliari e in particolare come opifici, in categoria D1.
La rendita per questi immobili è calcolata applicando il saggio di fruttuosità del 2% al valore dell’immobile.
È fondamentale, quindi, che il valore venga correttamente determinato perché esso inciderà sulla rendita catastale che, a sua volta, costituisce la base imponibile per tutti i tributi gravanti sull’immobile e in special modo sull’IMU.
Il Decreto n. 701 del 19/04/1994 del Ministero delle Finanze, che riporta il regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, così recita: “...Il dichiarante propone anche l’attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l’attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. Nelle stesse dichiarazioni sono riportati, per ciascuna unità immobiliare, i dati di superficie, espressi in metri quadrati, in conformità alle istruzioni dettate con il provvedimento di cui al comma 1.
Tale rendita rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva.”
L’atto di attribuzione di rendita e l’avviso di classamento hanno natura valutativa e vanno adeguatamente motivati, secondo quanto sancito da Cassazione n. 22886 del 25/10/2006,
Fino all’entrata in vigore del Decreto Ministeriale n. 701/1994 nella dichiarazione di nuova costruzione non era prevista la rendita proposta e, pertanto, l’annullamento dell’atto avrebbe comportato il mancato censimento dell’immobile, con l’attuale sistema, l’annullamento dell’atto non farebbe altro che mantenere in vita la rendita proposta dal contribuente, che risulterebbe, così, definitiva. Per questi motivi l’orientamento giurisprudenziale successivo al Decreto Ministeriale n. 701/1994 si è indirizzato, in caso di carenza di motivazione, verso l’annullamento dell’avviso di variazione della categoria e della classe e la validazione del classamento o dell’attribuzione di rendita originariamente proposti dal contribuente.
La stessa Corte di Cassazione si è espressa su questo aspetto con la recentissima Sentenza n. 27008 del 02/12/2013 con la quale la Suprema Corte afferma che “nel caso di specie, relativo alla attribuzione di una rendita catastale per <<stima diretta>> l’ammontare della rendita stessa discende dal valore attribuito al bene. La mera indicazione di una diversa valutazione rispetto a quella proposta dal contribuente costituisce quindi il dispositivo dell’atto e non la motivazione, che deve invece enunciare i criteri e gli elementi che determinano la mancata accettazione delle indicazioni del contribuente”.
Inoltre, l’articolo 10 della Legge n. 1249 del 1939, come modificato con Decreto Legislativo n. 514 del 1948, recita testualmente: “La rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all’articolo 28 della Legge n. 1231 del 1936, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con una stima diretta per ogni singola unità”.
Anche il Decreto del Presidente della Repubblica 1142/1949 all’articolo 30 stabilisce che la determinazione della rendita catastale di immobili a destinazione speciale o particolare si accerta, con stima diretta, per ogni singola unità.
Su questo aspetto si è espressa la CTP di Bari con Sentenza n. 184/2011 la quale, ha accolto il ricorso di una società proprietaria di un immobile del quale l’Agenzia del territorio aveva variato il classamento, senza dar prova dell’applicazione del metodo della stima diretta prevista per gli immobili rientranti tra le categorie speciali. Ebbene, la CTP di Bari ha affermato che “la stima diretta conseguente all’effettivo sopralluogo dell’immobile, avrebbe consentito di appurarne le caratteristiche e qualità, oltre che ad osservare le disposizioni di legge e di prassi amministrativa, per una determinazione della valutazione finale quale risultato dell’esame dell’intero compendio produttivo nella sua interezza. La mancata adozione, pertanto, del metodo della stima diretta nonché la mancanza del predetto sopralluogo invalidano ab origine ed in modo insanabile l’attività stessa di classificazione posta in essere dall’Agenzia del Territorio”.
È necessario precisare che per “stima diretta” si intende la stima effettuata in maniera puntuale sugli immobili a destinazione speciale o particolare, per i quali non è possibile fare riferimento al sistema delle tariffe.
La stessa Corte di Cassazione con la Sentenza n. 19215 del 2012 ha stabilito che, in conformità al Decreto del Presidente della Repubblica 1142/1949, se la valutazione per il riclassamento per gli immobili di categoria D è stata fatta attraverso la comparazione con immobili simili, ma senza stima diretta, l’atto impositivo è annullabile poiché è sempre necessario il sopralluogo, tranne che per il caso in cui sia prodotto una perizia di parte. La Suprema Corte ha affermato testualmente “Invero il canone determinativo del classamento e della conseguente attribuzione della rendita catastale per gli immobili di categoria D deve basarsi, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949, n. 1142, e del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 art. 34, sulla stima diretta, che tenga conto delle caratteristiche del bene, potendo all’uopo essere utilizzate le risultanze emergenti dalla perizia prodotta dalla parte interessata senza necessità di sopralluogo”.
Ebbene l’Amministrazione Finanziaria a volte non rispetta quanto previsto dalla normativa sopra elencata, spesso senza introdurre in motivazione l’iter logico e giuridico posto a base della modifica dei dati di rendita e ricorrendo a modalità di verifica senza sopralluogo, operando, dunque, in maniera assolutamente illegittima.
Il Legislatore e la stessa Agenzia delle Entrate hanno provveduto a stabilire i criteri in base ai quali calcolare la rendita catastale e i relativi procedimenti per l’accatastamento degli impianti fotovoltaici. Gli impianti di tipo industriale di grandi dimensioni, che hanno autonomia funzionale, vanno accatastati come unità immobiliari e in particolare come opifici, in categoria D1.
La rendita per questi immobili è calcolata applicando il saggio di fruttuosità del 2% al valore dell’immobile.
È fondamentale, quindi, che il valore venga correttamente determinato perché esso inciderà sulla rendita catastale che, a sua volta, costituisce la base imponibile per tutti i tributi gravanti sull’immobile e in special modo sull’IMU.
Il Decreto n. 701 del 19/04/1994 del Ministero delle Finanze, che riporta il regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, così recita: “...Il dichiarante propone anche l’attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l’attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. Nelle stesse dichiarazioni sono riportati, per ciascuna unità immobiliare, i dati di superficie, espressi in metri quadrati, in conformità alle istruzioni dettate con il provvedimento di cui al comma 1.
Tale rendita rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva.”
L’atto di attribuzione di rendita e l’avviso di classamento hanno natura valutativa e vanno adeguatamente motivati, secondo quanto sancito da Cassazione n. 22886 del 25/10/2006,
Fino all’entrata in vigore del Decreto Ministeriale n. 701/1994 nella dichiarazione di nuova costruzione non era prevista la rendita proposta e, pertanto, l’annullamento dell’atto avrebbe comportato il mancato censimento dell’immobile, con l’attuale sistema, l’annullamento dell’atto non farebbe altro che mantenere in vita la rendita proposta dal contribuente, che risulterebbe, così, definitiva. Per questi motivi l’orientamento giurisprudenziale successivo al Decreto Ministeriale n. 701/1994 si è indirizzato, in caso di carenza di motivazione, verso l’annullamento dell’avviso di variazione della categoria e della classe e la validazione del classamento o dell’attribuzione di rendita originariamente proposti dal contribuente.
La stessa Corte di Cassazione si è espressa su questo aspetto con la recentissima Sentenza n. 27008 del 02/12/2013 con la quale la Suprema Corte afferma che “nel caso di specie, relativo alla attribuzione di una rendita catastale per <<stima diretta>> l’ammontare della rendita stessa discende dal valore attribuito al bene. La mera indicazione di una diversa valutazione rispetto a quella proposta dal contribuente costituisce quindi il dispositivo dell’atto e non la motivazione, che deve invece enunciare i criteri e gli elementi che determinano la mancata accettazione delle indicazioni del contribuente”.
Inoltre, l’articolo 10 della Legge n. 1249 del 1939, come modificato con Decreto Legislativo n. 514 del 1948, recita testualmente: “La rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all’articolo 28 della Legge n. 1231 del 1936, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con una stima diretta per ogni singola unità”.
Anche il Decreto del Presidente della Repubblica 1142/1949 all’articolo 30 stabilisce che la determinazione della rendita catastale di immobili a destinazione speciale o particolare si accerta, con stima diretta, per ogni singola unità.
Su questo aspetto si è espressa la CTP di Bari con Sentenza n. 184/2011 la quale, ha accolto il ricorso di una società proprietaria di un immobile del quale l’Agenzia del territorio aveva variato il classamento, senza dar prova dell’applicazione del metodo della stima diretta prevista per gli immobili rientranti tra le categorie speciali. Ebbene, la CTP di Bari ha affermato che “la stima diretta conseguente all’effettivo sopralluogo dell’immobile, avrebbe consentito di appurarne le caratteristiche e qualità, oltre che ad osservare le disposizioni di legge e di prassi amministrativa, per una determinazione della valutazione finale quale risultato dell’esame dell’intero compendio produttivo nella sua interezza. La mancata adozione, pertanto, del metodo della stima diretta nonché la mancanza del predetto sopralluogo invalidano ab origine ed in modo insanabile l’attività stessa di classificazione posta in essere dall’Agenzia del Territorio”.
È necessario precisare che per “stima diretta” si intende la stima effettuata in maniera puntuale sugli immobili a destinazione speciale o particolare, per i quali non è possibile fare riferimento al sistema delle tariffe.
La stessa Corte di Cassazione con la Sentenza n. 19215 del 2012 ha stabilito che, in conformità al Decreto del Presidente della Repubblica 1142/1949, se la valutazione per il riclassamento per gli immobili di categoria D è stata fatta attraverso la comparazione con immobili simili, ma senza stima diretta, l’atto impositivo è annullabile poiché è sempre necessario il sopralluogo, tranne che per il caso in cui sia prodotto una perizia di parte. La Suprema Corte ha affermato testualmente “Invero il canone determinativo del classamento e della conseguente attribuzione della rendita catastale per gli immobili di categoria D deve basarsi, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949, n. 1142, e del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 art. 34, sulla stima diretta, che tenga conto delle caratteristiche del bene, potendo all’uopo essere utilizzate le risultanze emergenti dalla perizia prodotta dalla parte interessata senza necessità di sopralluogo”.
Ebbene l’Amministrazione Finanziaria a volte non rispetta quanto previsto dalla normativa sopra elencata, spesso senza introdurre in motivazione l’iter logico e giuridico posto a base della modifica dei dati di rendita e ricorrendo a modalità di verifica senza sopralluogo, operando, dunque, in maniera assolutamente illegittima.