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Le casse di previdenza e gli investimenti garantiti

casse di previdenza
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Le casse di previdenza e gli investimenti garantiti
 

Nel suo editoriale “Fare meglio con meno” il Presidente dell’Adepp, l’Associazione che raggruppa le Casse dei professionisti, ha detto due cose fondamentali:

«Il patrimonio delle Casse (il presidente si è riferito all’Enpam) con l’inflazione ogni anno perde potere di acquisto; fare investimenti che recuperino l’inflazione e diano in più un rendimento, non è agevole, specie per noi che per finalità istituzionale dobbiamo agire a prudente protezione del capitale. La diagnosi è forse impietosa, ma indispensabile per poter rilanciarsi con efficacia. L’obiettivo resta il massimo per tutti purché sostenibile dal sistema. Che diventa efficienza se fatto al minor costo possibile, cioè realizzando il “meglio con meno”».

Mi pare vi sia un allineamento con le richieste della Corte dei Conti per investimenti “garantiti”.

Ma allora dobbiamo chiederci se gli investimenti a capitale garantito siano una realtà o piuttosto una pura illusione.

Partiamo, in questa breve analisi, da un principio, direi universale, e cioè che negli investimenti non esistono guadagni senza rischi.

L’asset che io conosco con garanzia del capitale è rappresentato dalle polizze vita che hanno però un costo che deprezza il rendimento e presentano molti vincoli sul disinvestimento.

L’unico strumento garantito è il conto deposito fino a 100 mila euro che trova la sua garanzia nel fondo interbancario.

In tutti gli altri strumenti il ritorno del capitale investito non è garantito perché affronta un margine di rischio.

In ogni caso è bene leggere, con la massima attenzione, le garanzie contrattuali perché una garanzia assoluta non esiste.

L’investitore che maneggi provvista di natura previdenziale, e quindi diretta a garantire la corresponsione di pensioni di primo pilastro, deve quindi, per agire a prudente protezione del capitale, accettare un rischio ponderato che richiede conoscenza, consapevolezza, definizione della strategia, tattica e strategica, attraverso la scelta degli strumenti da utilizzare con individuazione della piattaforma e capacità, secondo il timing, di revisione e allineamento delle strategie.

Il tutto richiede massima competenza e professionalità nella materia per non diventare prigionieri degli algoritmi della finanza.

Almeno da questo punto di vista le Casse di previdenza dei professionisti, sin qui insofferenti a processi di unificazione, dovrebbero consorziarsi dando vita ad un’unica struttura per la gestione degli investimenti, per evidenti risparmi di scala e aumento della professionalità.

La questione non è di poco momento, perché come si è già illustrato in precedenti scritti, tra pochi anni le pensioni dei professionisti, più che dalla contribuzione versata dagli iscritti, dipenderanno dal rendimento del patrimonio. Il quale patrimonio, mancando l’intervento finale dello Stato, è l’unica garanzia per la sostenibilità di lungo periodo.

Se non vogliamo che le pensioni dei professionisti diventino “volatili”, sarebbe tempo e ora di marciare nella direzione indicata e le Autorità Vigilanti dovrebbero sollecitare , a loro volta, questa opzione.

Ricordo che con ordinanza del 30 agosto 2020 la Corte di Cassazione, Sezione prima, ha fissato il seguente principio di diritto:

In tema di intermediazione finanziaria, l’intermediario non è esonerato, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale e senza eccezioni dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 con le relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998, e successive modificazioni, permanendo in ogni caso l’obbligo primario dell’intermediario di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo.

Pur non potendo mai il danno derivante all’investitore dall’inadempimento degli obblighi informativi dell’intermediario considerarsi in re ipsa, tuttavia, in assenza dell’assolvimento dell’obbligo informativo dell’intermediario previsto dalla legge, sussiste una presunzione dell’esistenza del nesso di causalità, quanto all’avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, senza che la precedente o la contestuale condotta di investimento in altri titoli rischiosi esoneri dall’adempimento degli obblighi informativi in capo all’intermediario, nè integri la prova contraria su di lui gravante”.

Tale diritto al risarcimentovalido anche quando l’investitore si dimostra esperto negli investimenti, è al centro della recente Sentenza di Cassazione n. 35789 del 16 dicembre 2022 che, in linea con precedenti sentenze, ha riconosciuto le colpe della banca soccombente per non aver chiaramente, correttamente e completamente informato il risparmiatore su tutti i rischi dell’investimento contestato, il cosiddetto obbligo di informativa attiva.

Consiglio la lettura del seguente articolo.

E’ poi utile ricordare, mutatis mutandis, quanto statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte:

«Vale premettere che nei fondi pensione gestiti a capitalizzazione i rendimenti degli investimenti vengono, pro quota, accreditati sui conti individuali degli iscritti: ciò perché nei fondi gestiti a capitalizzazione ora definiti a contribuzione definita perché non sono definite le prestazioni che dovranno essere erogate - il valore dei contributi via via accreditati sui conti individuali è inevitabilmente eroso dalla svalutazione della moneta nel periodo compreso tra l'accredito e la liquidazione della pensione. Per ovviare alla situazione appena descritta, il rimedio apprestato dal legislatore è stato quello di prevedere che le somme accreditate sui conti individuali a titolo di contributi venissero investite, con tutte le cautele più opportune, nel mercato finanziario e, quindi, producessero rendimenti. Nei fondi gestiti a capitalizzazione, quindi, l'accredito degli investimenti sui conti individuali ha la funzione di compensare la svalutazione delle somme già accreditate al fine di garantire l'effettività delle prestazioni». (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 14 aprile 2022, n. 12209).

Come ha chiosato Alberto Brambilla di Itinerari previdenziali:Affrontare la transizione demografica e l’invecchiamento della popolazione richiede un approccio oculato, bilanciando la sostenibilità economica con il benessere della popolazione anziana e la responsabilità individuale”.