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Le “impronte” della Repubblica italiana: l’evasione rocambolesca di Saragat e di Pertini

Pertini e Saragat
Pertini e Saragat

Settantasette anni fa, il 24 gennaio 1944, fu messa in atto una rocambolesca evasione che cambiò la storia d’Italia e segnò il destino della Repubblica Italiana ancora non nata.

I protagonisti di questa storia sono Alessandro Bertini [Sandro Pertini], Giuseppe Saragat, Luigi Andreoni, Torquato Lunedei, Ulisse Ducci, Luigi Allori e Carlo Bracco, tutti prigionieri politici, in quel momento a disposizione delle forze di occupazioni nazi-fasciste della Capitale. Erano detenuti nel reclusorio romano di Regina Coeli. La detenzione di Saragat e Pertini cominciò il 18 ottobre 1943 quando i due antifascisti membri del Partito socialista e futuri presidenti della repubblica, vennero rinchiusi nel carcere romano. A Pertini venne assegnata la matricola n. 11652, a Saragat la matricola n. 11653. Entrambi erano a disposizione della Questura di Roma per motivi politici.

Impressionante è osservare, sulla stessa carta del registro che riporta i dati anagrafici e gli estremi della carcerazione, una di seguito all’altra, le impronte digitali – per l’esattezza palmari – di due futuri presidenti della repubblica (Fig. 1).

Fig. 1

Fig. 1 Registro matricolare del reparto italiano carcere Regina Coeli, reg. n. 216 (1943) conservato presso Archivio di Stato di Roma. Le prime due impronte del registro sono di Sandro Pertini e di Giuseppe Saragat.

 

Il 15 novembre Pertini e Saragat furono tradotti nel reparto del carcere romano che i nazisti avevano in gestione da settembre 1943. A prendere in consegna Pertini fu il maresciallo maggiore Wesemann del Servizio di Sicurezza (reparto IV A) di stanza a via Tasso (Fig. 2).

Fig. 2

Fig. 2 Scheda matricolare prodotta nel reparto tedesco di Regina Coeli intestata a Bertini Sandro Alessandro [Sandro Pertini]. È conservata presso la Fondazione di studi storici Filippo Turati - Centro studi e documentazione “Sandro Pertini”.

 

All’atto del passaggio nella cella 388 del reparto nazista, come da prassi, vennero sequestrati i seguenti oggetti: cintura, cinghia, cravatta, borsellino, un orologio da polso, un paio di gemelli, una penna stilografica e un portafogli con 21799.20 lire. I due prigionieri politici furono, da quel momento in poi, a disposizione dell’autorità tedesca. Nello stesso giorno e anche a pochi giorni di distanza furono catturati gli altri antifascisti protagonisti della fuga; la ragione dell’arresto era quasi per tutti “appartenenza a bande comuniste”.

La vicenda della rocambolesca fuga da Regina Coeli è storia nota, è stata più volte raccontata, solo recentemente, però, è stato possibile collazionare le fonti conservate in diversi luoghi e riscostruire in maniera puntuale la storia carceraria fornendo date, ore, nomi e circostanze anche legate agli interrogatori.

Le informazioni sono emerse incrociando fonti tedesche e fonti italiane: schede matricolari, rubriche di detenuti, registri carcerari dei reparti tedesco e italiano del carcere romano, ordini di traduzione, etc..

Il progetto che ha portato alla luce tutti questi aspetti è PRIGIONIERI A ROMA 1943-1944, promosso dal Museo storico della Liberazione e coordinato da Alessia A. Glielmi, con il supporto dell’Archivio della Presidenza della Repubblica che vede impegnati i ricercatori Anastasiya Aushatova, Chiara Barnaba, Chiara Orlandi, Luca Saletti e Doriana Serafini. Esso prevede l’individuazione, il trattamento e l’acquisizione delle fonti che contengono informazioni, dati e documenti relativi ai prigionieri e alle prigioniere reclusi a Roma dalle forze di occupazione nazi-fasciste nelle carceri di Regina Coeli (reparti italiani e tedeschi), via Tasso, nella Pensione Oltremare e Iaccarino e altri luoghi di detenzione meno noti nel periodo 8 settembre 1943 – 4 giugno 1944.

Dall’analisi emerge che la documentazione di Pertini risulta più completa, quella di Saragat, purtroppo, rispetto alla prima più lacunosa (Fig. 3). Degno di nota è il fatto che la documentazione carceraria in lingua tedesca, conservata al Museo storico della Liberazione, riconducibile a Sandro Pertini è in realtà intestata ad Alessandro Bertini e quindi risulta inserita nelle rubriche carcerarie sotto la lettera B, non P.

Fig. 3

Fig. 3 Rubrica matricolare dei detenuti del reparto tedesco di Regina Coeli conservata presso il Museo storico della Liberazione. Nel foglio si trova la registrazione dell’ingresso in carcere di Bertini Sandro Alessandro [Sandro Pertini].

 

Il 16 novembre sappiamo che Pertini fu prelevato dal Maresciallo Maggiore Seidel della polizia di sicurezza nazista (reparto IVA) e condotto nel famigerato carcere di via Tasso. Dopo estenuanti interrogatori, il 18 novembre, fu tradotto di nuovo a Regina Coeli. Di Saragat, a causa delle citate lacune documentarie, non sono emersi interrogatori o rilevati spostamenti da Regina Coeli.

La detenzione nel reparto tedesco per entrambi durò quasi due mesi. Terminò l’11 gennaio 1944 alle ore 10.45. L’avvocato Sandro Pertini e il dottore in scienze economiche Saragat in quella data furono trasferiti di nuovo nel reparto italiano sulla base di un’ordinanza del Tribunale militare n. 202/43 datata 28 dicembre 1943. Ad entrambi venne riassegnata una matricola, per Pertini n. 14750, per Saragat, n. 14747 ed una motivazione comune “associazione propaganda” per asseverare la traduzione da un reparto all’altro e soprattutto giustificare il persistere della detenzione.

Il 22 gennaio gli Alleati sbarcarono a Nettunia (Anzio - Nettuno), il tempo stringeva, e dal carcere si intensificarono le partenze dei detenuti per il Nord; il rischio era che i nazisti in fuga potessero passare per le armi i prigionieri politici condannati a morte. Il vertice del Partito socialista, che pianificava da tempo l’evasione dei capi dell’esecutivo, decise di accelerare. L’obiettivo non era solo la liberazione dei vertici, ma del massimo numero possibile di prigionieri per evitare rappresaglie su chi sarebbe rimasto in carcere. Nessuno doveva rimanere indietro!

In clandestinità si mossero per organizzare il piano diverse personalità del mondo antifascista destinate a diventare, anch’esse, cardini della futura Repubblica: Giuliano Vassalli, che diverrà nel 1999 Presidente della Corte Costituzionale e Massimo Severo Giannini, ministro della Repubblica nel 1979, insieme con Giuseppe Gracceva, Filippo Lupis, Vito Maiorca orchestrarono la fuga con la complicità di Alfredo Monaco, medico del carcere, sua moglie Marcella Ficca e l’agente di custodia Ugo Gala, addetto all’ufficio matricola di Regina Coeli.

Vassalli, che di lì a qualche mese sarebbe stato catturato dai nazisti e rinchiuso a via Tasso, e Giannini disponevano della carta intestata e di timbri sottratti al tribunale militare di Roma dove, prima di darsi alla macchia prestavano servizio. Furono preparati così sette ordini di scarcerazione intestati a Alessandro Pertini, Giuseppe Saragat, Luigi Andreoni, Torquato Lunedei, Ulisse Ducci, Luigi Allori e Carlo Bracco.

I documenti falsi, ma perfetti nella forma che vennero confezionati per favorire la fuga riportavano la data 24 gennaio. Come motivo della scarcerazione riportato sul modulo - lo studiatissimo modello 28 - era stato scelto, in quanto aveva alta probabilità di risultare convincente, il seguente: “perché concessa la libertà provvisoria”.

Sul registro carcerario conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, infatti, si legge, «il tribunale militare di Roma concede la libertà provvisoria». Alle 18.30 di quel giorno pur mancando pochi minuti al coprifuoco, i tedeschi erano pronti a scarcerare i detenuti, ma il direttore del carcere fece resistenza.

L’avvocato Lupis, insieme con Marcella Monaco e Peppino Sapiengo, per sbloccare rapidamente la situazione e non mettere a repentaglio l’esito dell’operazione, corsero in una vicina caserma di polizia, a Trastevere, per stabilire un filo diretto con Regina Coeli. Lupis telefonò all’ufficio matricola del carcere e fingendosi funzionario della questura sollecitò l’immediato rilascio dei prigionieri. Tutti i detenuti furono rilasciati.

L’ultima beffa al regime si consumò in serata. Per la cena Saragat e Pertini incredibilmente si trattennero a casa del dottor Monaco e di sua moglie che era ubicata in via della Lungara, ossia dentro Regina Coeli. Là trascorsero la prima notte dopo la liberazione. Gli altri prigionieri liberati si diedero invece subito alla macchia.

A trentaquattro anni di distanza Saragat e Pertini, accompagnati dal giornalista Gianni Bisiach, tornarono a Regina Coeli, per ricordare i giorni drammatici dell’arresto e della permanenza in cella e raccontare in prima persona le dinamiche della fuga. Bisiach dedicò un documentario a quell’evento che fu girato nel carcere di Regina Coeli intervistando i testimoni diretti. Altri protagonisti della vicenda ricorderanno in diverse interviste questo episodio.

 

Tutte le fasi della carcerazione sono state ricostruite puntualmente grazie alla collazione della documentazione conservata presso:

Museo storico della Liberazione,

Archivio di Stato di Roma e

Fondazione di studi storici “Filippo Turati”.

Si ringrazia per la collaborazione e la cortese disponibilità: Marina Giannetto (Archivio della Presidenza della Repubblica), Umberto Voltolina, Antonio Parisella (Museo storico della Liberazione), Maurizio Degl’Innocenti e Stefano Caretti (Fondazione di studi storici “Filippo Turati” - Centro studi e documentazione Sandro Pertini), Vincenzo De Meo (Archivio di Stato di Roma), Marielisa Rossi.