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È davvero la fine dei processi mediatici?

Recepimento direttiva Ue sulla presunzione di innocenza
La città muta - Movimenti (III)
Ph. Anuar Arebi / La città muta - Movimenti (III)

[L'articolo anticipa l'intervista organizzata da Filodiritto Live il 23 novembre 2021, alle ore 12.30, in diretta sui nostri canali social Facebook e YouTube e LInkedin]

 

Nel momento in cui scriviamo il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale ma ne conosciamo il contenuto. Quali sono dunque le novità principali?

L'articolo 2 prevede il divieto, per le “autorità pubbliche”, di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini. Secondo l'articolo 3 invece il Procuratore della Repubblica può comunicare con i media solo tramite comunicati stampa. Nei casi di «particolare rilevanza pubblica dei fatti» ci sarà la possibilità di indire da parte del Procuratore, o un magistrato delegato, conferenze stampa ma la decisione di convocarle, come richiesto dal parere delle Commissioni parlamentari (relatore al Senato il leghista Andrea Ostellari e alla Camera il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa), «deve essere assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano».

Lo stesso principio vale per la comunicazione delle forze di polizia giudiziaria: «il procuratore della Repubblica può autorizzare gli ufficiali di polizia a fornire, tramite propri comunicati ufficiali oppure proprie conferenze stampa, informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato»; «l’autorizzazione è rilasciata con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano».

Lo stesso articolo prevede anche di non «assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza». Quindi non dovremmo più trovarci a leggere Mani pulite, Angeli e demoni, Mondo di mezzo, Bocca di Rosa, Terminator 3, solo per citarne alcuni. L’articolo 4 prevede invece che nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato (ad esempio quelli cautelari, secondo l'interpretazione di alcuni giuristi), la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza definitiva.

Un ulteriore aspetto molto importante, fortemente sponsorizzato dall'onorevole Costa, è che «sia specificato all’articolo 314 del codice di procedura penale che la condotta dell'indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subìta».

Dunque con cinque anni di ritardo rispetto all'emanazione europea, finalmente il nostro Paese riscrive il rapporto tra organi requirenti e giornalisti; certo ora bisognerà vigilare sull'applicazione della norma. Basti pensare che già l'attuale norma, per esempio, prevede che ogni informazione inerente all’attività della Procura debba essere impersonale e che è vietato per i magistrati della Procura rilasciare dichiarazioni sull'attività giudiziaria dell'ufficio. Ma questa previsione è stata sempre aggirata, anche grazie alle mancate segnalazioni del Procuratore al Consiglio giudiziario. E poi c'è un altro problema, emerso in questi giorni con la pubblicazione sul Fatto Quotidiano di atti contenuti nel fascicolo dell'inchiesta della Procura di Firenze sulla Fondazione Open. Ci siamo posti inizialmente due domande: il giornale diretto da Marco Travaglio poteva pubblicare i dettagli sugli estratti conto dell'ex premier Matteo Renzi? Se fosse stata già in vigore la nuova norma sulla presunzione di innocenza si sarebbe configurato un profilo sanzionabile? I cronisti del Fatto hanno specificato che «Gli incassi dell’ex premier non sono oggetto di indagine: non è per questo che Renzi è finito sotto inchiesta».

Inoltre, conoscendo le obiezioni che sarebbero arrivate, hanno precisato: «L'estratto del conto corrente dell'ex premier non è un documento che Il Fatto ha trafugato chissà dove. Bensì è oggetto di una informativa della Guardia di Finanza depositata dalla Procura della Repubblica di Firenze nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open e che vede Renzi indagato per altri fatti per concorso in finanziamento illecito. Qualche settimana fa, la Procura ha chiuso l'indagine, di conseguenza sono stati depositati tutti gli atti, che a questo punto non sono più riservati e possono essere utilizzati nell'ambito della cronaca giudiziaria».

È vero che, secondo l'interpretazione prevalente dell'articolo 114 del ccp, «È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto». Si tratta di atti che sono stati messi a disposizione delle parti all'esito della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. È dunque possibile la pubblicazione del contenuto ma non dell'atto in sè. Ma chi ha dato al giornale gli atti? Ai fini disciplinari la domanda è irrilevante, perché si tratta di atti di libera circolazione. Certo è che non li ha passati la difesa di Renzi alla stampa. Rimangono gli uffici di Procura e di polizia giudiziaria. Pur tuttavia, alcuni ritengono, come l'avvocato Cataldo Intrieri in un articolo su Linkiesta, che il 114 sia «uno degli articoli più ambigui e peggio scritti del codice e che senza una sua adeguata modifica la direttiva sulla presunzione di innocenza servirà a ben poco». Il motivo è chiaro: la direttiva interviene prevalentemente sulla fase delle indagini e mira a scongiurare la lesione del diritto alla presunzione di innocenza limitando le comunicazioni della Procura e imponendo un tipo di linguaggio non colpevolista. Ma nel caso Renzi siamo in una fase successiva, quando le indagini sono concluse e ci sono altre norme a disciplinarla. Allora la questione è un'altra, come ha spiegato al Dubbio il professore Giorgio Spangher, emerito di diritto processuale penale all'Università La Sapienza di Roma: «il problema non riguarda tanto la pubblicabilità o meno, ma la pertinenza delle acquisizioni al fascicolo.  Mentre per le intercettazioni si è riusciti a far inserire nell'archivio riservato quelle irrilevanti ai fini delle indagini, il legislatore ancora non si è posto il tema dell'irrilevanza rispetto all'attività di acquisizione di materiale da perquisizione e sequestro, soprattutto in materia bancaria. Questo episodio dunque deve indurre il legislatore a ripensare la norma». In tal senso potrebbe essere utile la proposta di legge dell'onorevole di Italia Viva Catello Vitiello che cerca proprio di mettere un freno a queste situazioni perché quello che si propone è che la normativa del segreto di ufficio si estenda anche all'arco temporale in cui gli atti di indagine sono conosciuti dalle parti, cioè fino a quando non inizia il processo vero e proprio. Oppure il legislatore dovrà rivedere la norma per impedire ai pubblici ministeri, nel contraddittorio delle parti, di inserire nel fascicolo di indagine elementi irrilevanti. Altrimenti ci troveremo sempre a indagati sbattuti in prima pagina, con la reputazione lesa.