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Il concordato preventivo biennale e le casse di previdenza

concordato preventivo biennale
Ph. Luca Martini / concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo biennale e le casse di previdenza

 

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introdurrà disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale.

«Si stabilisce, in generale, che al concordato preventivo biennale (CPB) possono accedere i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, residenti nel territorio dello Stato. Per l’applicazione del CPB, l’Agenzia delle entrate formulerà una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa, o dall’esercizio di arti e professioni, rilevante ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta rilevante ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il decreto disciplina anche le procedure informatiche a supporto del concordato preventivo e stabilisce che il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi. Nel dettaglio, potranno accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti interessati dall’applicazione degli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) che, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, sono in possesso di determinati requisiti (quali l’aver ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno a 8 sulla base dei dati dichiarati; non avere debiti tributari ovvero, aver estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro). Si individuano per tali contribuenti le ipotesi che non consentono l’accesso al concordato (come la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei 3 periodi d’imposta precedenti; la condanna per uno dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, falso in bilancio riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, commessi negli ultimi 3 periodi d’imposta antecedenti). Nei periodi d’imposta oggetto di concordato, i contribuenti sono comunque tenuti agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi e alla comunicazione dei dati mediante la presentazione dei modelli per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale. Decorso il biennio oggetto di concordato, permanendo i requisiti, l’Agenzia delle entrate formula una nuova proposta di concordato biennale relativa al biennio successivo, a cui il contribuente può aderire. L’adesione non produce effetti ai fini dell’IVA, la cui applicazione avviene secondo le regole ordinarie. Potranno aderire al CPB anche gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfettario. Anche per tali contribuenti, si prevede che l’accettazione della proposta dell’Agenzia delle entrate per la definizione biennale del reddito costituisca l’obbligo di dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi dei periodi d’imposta interessati, nei quali contribuenti saranno inoltre tenuti agli obblighi previsti per i soggetti che aderiscono al regime forfettario. Inoltre, si disciplinano le modalità di individuazione del reddito ai fini del concordato e si disciplina l’ipotesi di rinnovo, cessazione e decadenza dal concordato (come per il concordato per gli ISA). Per i periodi d’imposta oggetto del concordato, gli accertamenti non potranno essere effettuati salvo che in esito all’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria ricorrano le cause di decadenza dal concordato; l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono concordato preventivo biennale o ne decadono; i soggetti che adottato il regime concordatario potranno godere di termini maggiori per effettuare i versamenti relativi all’acconto e al saldo in scadenza al 30 giugno».(Fonte sito del Governo)

La questione è già emersa in un recente passato quando le Casse previdenziali, in particolare quelle dei dottori commercialisti, ragionieri, Inarcassa e geometri escludevano la possibilità di pagare i contributi sul reddito pattuito con il Fisco mediante l'istituto del concordato preventivo, anziché su quello effettivamente conseguito. Il professionista era dunque libero di scegliere la strada delle agevolazioni tributarie ma doveva versare per intero i contributi alla propria Cassa. L'Adepp, l'associazione che riunisce gli enti previdenziali privati dei professionisti, si schierava politicamente a fianco di quelle Casse che avevano deciso di disapplicare l'articolo 33 del Dl 269/2003.

Nel 2022 è poi intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29639 dando ragione alle Casse dei professionisti.

La Suprema Corte, infatti , ha chiarito che, ai fini della determinazione della base reddituale per il computo del contributo soggettivo dovuto da un professionista nei confronti di una delle casse di previdenza di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994, non è utilizzabile il reddito determinato in sede di concordato preventivo biennale di cui al D.L. n. 269 del 2003 art. 33, (conv. con L. n. 326 del 2003), potendo concernere quest'ultimo soltanto l'obbligazione tributaria ma non anche il rapporto obbligatorio contributivo tra il professionista e la propria Cassa di riferimento (così, con riguardo ai contributi dovuti dagli ingegneri e architetti all'INARCASSA, Cass. n. 3916 del 2019); che, a sostegno dell'anzidetto principio di diritto, si è osservato che, in conseguenza dell'avvenuta privatizzazione delle casse professionali e dell'imposizione a loro carico dell'equilibrio economico-finanziario quale principio fondamentale di gestione, la determinazione di un reddito imponibile concordata ab externo con l'amministrazione fiscale costituirebbe sicura violazione dell'autonomia delle casse e della normativa speciale previdenziale che demanda ad esse la potestà di sanzionare omissioni contributive e/o di condonarle mediante misure premiali (così ancora Cass. n. 3916 del 2019, cit., in motivazione).

L’applicazione di questa misura, se non comporterà l’esclusione delle Casse dei professionisti, darà la stura ad un nuovo contenzioso perché avrà effetti disastrosi sulla sostenibilità delle Casse di previdenza dato che la maggior parte degli iscritti sarà portato a concordare redditi inferiori a quelli realmente percepiti il che si tradurrà in un minor introito per le Casse di previdenza dei professionisti il tutto nella massima legalità.