La Corte di Giustizia precisa la portata dell’obbligo di recupero di aiuti incompatibili erogati a imprese ora non più attive
Con una recente sentenza la Corte di Giustizia è ritornata sulla questione della portata dell’obbligo degli stati membri di recupero degli aiuti di stato incompatibili. In questa occasione i giudici comunitari hanno precisato in maniera alquanto dettagliata le incombenze alle quali gli stati devono conformarsi, in caso di difficoltà di eseguire il recupero dell’aiuto incompatibile, al fine di dimostrare l’impossibilità assoluta del recupero e quindi sottrarsi ad ogni responsabilità per inadempimento degli obbligo di recupero degli aiuti. (Corte di Giustizia CE, causa C-214/07, Commissione v Francia).
Con decisione presa nel 2003 la Commissione aveva dichiarato l’incompatibilità con il mercato comune di un regime di aiuto alle imprese in difficoltà previsto dalla legge finanziaria francese del 1988, costituito da una serie di esenzioni dal regime fiscale ordinario. Per inciso, il regime di aiuti in questione risultava essere anche illegale per non essere stato notificato in via preventiva alla Commissione.
La Commissione, poi rilevato l’inerzia dell’autorità francesi, non essendosi attivate al recupero degli aiuti incompatibili come richiesto ai sensi dell’art. 88 (2) CE, conveniva lo stato francese davanti alla Corte di Giustizia per inadempimento dell’obbligo di recupero di aiuti incompatibili.
La Corte di Giustizia, investita della causa, ha in primo luogo richiamato i principi generali in materia di obbligo di recupero di aiuti incompatibili e di impossibilità assoluta nel dare esecuzione a tale obbligo.
Secondo il consolidato orientamento dei giudici comunitari, affinché uno stato membro possa eccepire con successo l’impossibilità del recupero, devono sussistere due condizioni. Da un lato devono esservi circostanze eccezionali in ragione delle quali lo stato si trova nell’ impossibilità assoluta di procedere al recupero dell’aiuto. Dall’altro lato è anche necessaria la sia pure infruttuosa attivazione dello stato membro. L’articolo 10 CE impone agli stati membri il dovere di leale collaborazione con le istituzioni comunitarie e tale principio comporta che in caso difficoltà nel recupero degli aiuti incompatibili, lo stato deve darne pronta comunicazione alla Commissione e tentare in buona fede il recupero dell’aiuto.
Di fronte all’obbligo di recuperare gli aiuti incompatibili erogati ad un gran numero di beneficiari, lo stato francese si era difeso per l’appunto rilevando la difficoltà di rintracciare a distanza di qualche tempo tutti i beneficiari. In linea con l’interpretazione restrittiva del concetto di “impossibilità assoluta del recupero” i giudici comunitari non hanno ritenuto rilevanti le difficoltà addotte dal governo francese; per contro, hanno meglio specificato alla luce della giurisprudenza pregressa le misure che gli stati devono adottare in relazione a varie situazioni di difficoltà per adempiere all’obbligo del recupero, a seconda che il beneficiario dell’aiuto esercitasse o meno un’attività economica.
- Recupero degli aiuti presso beneficiari che svolgono ancora un’attività economica:
Le difficoltà delle autorità francesi per il recupero degli aiuti riguardano in modo particolare l’identificazione dei beneficiari, la scelta e procedure di recupero. Tutti i motivi citati costituiscono difficoltà interne che dipendono dalla condotta delle autorità nazionali. Correttamente, secondo quando imposto dal diritto comunitario, le autorità francesi hanno messo la Commissione a conoscenza di tali problemi, proposto soluzioni idonee a superare tali difficoltà e richiesto istruzioni. Tuttavia, l’attività posta in essere dalle autorità francesi volta al recupero degli aiuti è stata viziata da una serie di rilevanti ritardi consecutivi (ad esempio la mancata e ripetuta attivazione per il recupero degli aiuti nei confronti dei beneficiari inseriti in appositi elenchi preparati dalle autorità stesse). Il che vale ad escludere l’impossibilità assoluta del recupero degli aiuti.
- Recupero degli aiuti da beneficiari che hanno cessato l’attività:
Relativamente a questo caso, i giudici comunitari hanno distinto alcune situazioni:
A) Il beneficiario è soggetto a procedura concorsuale:
1. si deve procedere, se possibile, all’ immissione nella massa passiva di un credito corrispondente all’aiuto oggetto dell’obbligo di recupero;
2. se l’immissione non è più possibile, le autorità nazionale devono avviare, se esistente e praticabile, una procedura per l’eliminazione della preclusione all’immissione.
B) Il beneficiario ha ceduto tutti i beni:
Si deve considerare il prezzo della cessione per stabilire se è inferiore o meno al prezzo di mercato. Se il bene è stato ceduto ad prezzo non inferiore rispetto a quello di mercato è possibile ritenere che il correspettivo pagato dall’aquirente comprende anche l’elemento dell’aiuto e quindi questi non sarà tenuto ad alcun obbligo di rimborso. Al fine di meglio valutare le condizioni finanziarie delle cessione è possibile prendere in considerazione la forma giuridica usata per la cessione e eventualmente una perizia realizzata in occasione della stessa. In caso di cessione dei beni a trattativa privata, il recupero nei confronti del cessionario non può dipendere dall’espressa menzione degli aiuti nell’atto di trasferimento. Il recupero può essere effettuato quando il cessionario avesse dovuto conoscere gli aiuti e il procedimento di controllo sugli aiuti iniziato dalla Commissione.
In conclusione, la presente sentenza della Corte di Giustizia non si allontana dalla prevalente giurisprudenza comunitaria, che come visto propende per un’interpretazione assai restrittiva del concetto di impossibilità assoluta del recupero [la posizione delle corti comunitarie sul punto è illustrata nella Comunicazione della Commissione, ’Verso l’esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati Membri di recuperare gli aiuti di Stato illegale e incompatibili’ (2007/C 272/05)].
Di interesse nella sentenza è la puntualizzazione delle incombenze spettanti agli stati per dimostrare, o meglio tentare di dimostrare, l’impossibilità di procedere al recupero, in modo particolare nei confronti dei beneficiari che non svolgono più alcuna attività economica. A tal fine, non sono certo sufficienti affermazioni generali e astratte sulle difficoltà del recupero dell’aiuto. E’ invece necessario il riferimento a casi particolari, i soli idonei a dimostrare l’esistenza della situazione di impossibilità, che devono essere analizzati alla luce di tutte le iniziative concretamente intraprese dagli stati. In caso contrario, verrebbe meno l’obbligo di recuperare gli aiuti incompatibili erogati a imprese ora non più attive.
Con una recente sentenza la Corte di Giustizia è ritornata sulla questione della portata dell’obbligo degli stati membri di recupero degli aiuti di stato incompatibili. In questa occasione i giudici comunitari hanno precisato in maniera alquanto dettagliata le incombenze alle quali gli stati devono conformarsi, in caso di difficoltà di eseguire il recupero dell’aiuto incompatibile, al fine di dimostrare l’impossibilità assoluta del recupero e quindi sottrarsi ad ogni responsabilità per inadempimento degli obbligo di recupero degli aiuti. (Corte di Giustizia CE, causa C-214/07, Commissione v Francia).
Con decisione presa nel 2003 la Commissione aveva dichiarato l’incompatibilità con il mercato comune di un regime di aiuto alle imprese in difficoltà previsto dalla legge finanziaria francese del 1988, costituito da una serie di esenzioni dal regime fiscale ordinario. Per inciso, il regime di aiuti in questione risultava essere anche illegale per non essere stato notificato in via preventiva alla Commissione.
La Commissione, poi rilevato l’inerzia dell’autorità francesi, non essendosi attivate al recupero degli aiuti incompatibili come richiesto ai sensi dell’art. 88 (2) CE, conveniva lo stato francese davanti alla Corte di Giustizia per inadempimento dell’obbligo di recupero di aiuti incompatibili.
La Corte di Giustizia, investita della causa, ha in primo luogo richiamato i principi generali in materia di obbligo di recupero di aiuti incompatibili e di impossibilità assoluta nel dare esecuzione a tale obbligo.
Secondo il consolidato orientamento dei giudici comunitari, affinché uno stato membro possa eccepire con successo l’impossibilità del recupero, devono sussistere due condizioni. Da un lato devono esservi circostanze eccezionali in ragione delle quali lo stato si trova nell’ impossibilità assoluta di procedere al recupero dell’aiuto. Dall’altro lato è anche necessaria la sia pure infruttuosa attivazione dello stato membro. L’articolo 10 CE impone agli stati membri il dovere di leale collaborazione con le istituzioni comunitarie e tale principio comporta che in caso difficoltà nel recupero degli aiuti incompatibili, lo stato deve darne pronta comunicazione alla Commissione e tentare in buona fede il recupero dell’aiuto.
Di fronte all’obbligo di recuperare gli aiuti incompatibili erogati ad un gran numero di beneficiari, lo stato francese si era difeso per l’appunto rilevando la difficoltà di rintracciare a distanza di qualche tempo tutti i beneficiari. In linea con l’interpretazione restrittiva del concetto di “impossibilità assoluta del recupero” i giudici comunitari non hanno ritenuto rilevanti le difficoltà addotte dal governo francese; per contro, hanno meglio specificato alla luce della giurisprudenza pregressa le misure che gli stati devono adottare in relazione a varie situazioni di difficoltà per adempiere all’obbligo del recupero, a seconda che il beneficiario dell’aiuto esercitasse o meno un’attività economica.
- Recupero degli aiuti presso beneficiari che svolgono ancora un’attività economica:
Le difficoltà delle autorità francesi per il recupero degli aiuti riguardano in modo particolare l’identificazione dei beneficiari, la scelta e procedure di recupero. Tutti i motivi citati costituiscono difficoltà interne che dipendono dalla condotta delle autorità nazionali. Correttamente, secondo quando imposto dal diritto comunitario, le autorità francesi hanno messo la Commissione a conoscenza di tali problemi, proposto soluzioni idonee a superare tali difficoltà e richiesto istruzioni. Tuttavia, l’attività posta in essere dalle autorità francesi volta al recupero degli aiuti è stata viziata da una serie di rilevanti ritardi consecutivi (ad esempio la mancata e ripetuta attivazione per il recupero degli aiuti nei confronti dei beneficiari inseriti in appositi elenchi preparati dalle autorità stesse). Il che vale ad escludere l’impossibilità assoluta del recupero degli aiuti.
- Recupero degli aiuti da beneficiari che hanno cessato l’attività:
Relativamente a questo caso, i giudici comunitari hanno distinto alcune situazioni:
A) Il beneficiario è soggetto a procedura concorsuale:
1. si deve procedere, se possibile, all’ immissione nella massa passiva di un credito corrispondente all’aiuto oggetto dell’obbligo di recupero;
2. se l’immissione non è più possibile, le autorità nazionale devono avviare, se esistente e praticabile, una procedura per l’eliminazione della preclusione all’immissione.
B) Il beneficiario ha ceduto tutti i beni:
Si deve considerare il prezzo della cessione per stabilire se è inferiore o meno al prezzo di mercato. Se il bene è stato ceduto ad prezzo non inferiore rispetto a quello di mercato è possibile ritenere che il correspettivo pagato dall’aquirente comprende anche l’elemento dell’aiuto e quindi questi non sarà tenuto ad alcun obbligo di rimborso. Al fine di meglio valutare le condizioni finanziarie delle cessione è possibile prendere in considerazione la forma giuridica usata per la cessione e eventualmente una perizia realizzata in occasione della stessa. In caso di cessione dei beni a trattativa privata, il recupero nei confronti del cessionario non può dipendere dall’espressa menzione degli aiuti nell’atto di trasferimento. Il recupero può essere effettuato quando il cessionario avesse dovuto conoscere gli aiuti e il procedimento di controllo sugli aiuti iniziato dalla Commissione.
In conclusione, la presente sentenza della Corte di Giustizia non si allontana dalla prevalente giurisprudenza comunitaria, che come visto propende per un’interpretazione assai restrittiva del concetto di impossibilità assoluta del recupero [la posizione delle corti comunitarie sul punto è illustrata nella Comunicazione della Commissione, ’Verso l’esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati Membri di recuperare gli aiuti di Stato illegale e incompatibili’ (2007/C 272/05)].
Di interesse nella sentenza è la puntualizzazione delle incombenze spettanti agli stati per dimostrare, o meglio tentare di dimostrare, l’impossibilità di procedere al recupero, in modo particolare nei confronti dei beneficiari che non svolgono più alcuna attività economica. A tal fine, non sono certo sufficienti affermazioni generali e astratte sulle difficoltà del recupero dell’aiuto. E’ invece necessario il riferimento a casi particolari, i soli idonei a dimostrare l’esistenza della situazione di impossibilità, che devono essere analizzati alla luce di tutte le iniziative concretamente intraprese dagli stati. In caso contrario, verrebbe meno l’obbligo di recuperare gli aiuti incompatibili erogati a imprese ora non più attive.