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La (ir)rilevanza di precedenti esperienze analoghe nell’aggiudicazione di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

L’esistenza di elementi di differenziazione sostanziale (quale nel caso di specie l’esecuzione in precedenza di servizi di manutenzione su veicoli ferroviari e non su veicoli tramviari, oggetto specifico del contratto in gara) fra le prestazioni oggetto di gara e quelle che l’operatore economico concorrente dichiara di aver svolto in precedenza elide la possibilità di ricorrere alla nozione di analogia prevista dalla lex specialis ai fini dell’ammissione al confronto comparativo, in quanto la diversità dell’oggetto delle prestazioni richieste impedisce di ravvisare la sussistenza di quel patrimonio di esperienza operativa idoneo ad evidenziare l’attitudine qualificata al corretto ed efficiente espletamento delle attività oggetto specifico della commessa.

Sommario: 1. Premesse. 2. Il caso ed il decisum giudiziale. 3. L’analisi critica. 4. La premialità delle precedenti esperienze.

1. Premesse.

La sentenza in commento si fa particolarmente apprezzare per l’originalità del principio di diritto affermato e riprodotto in epigrafe – non risultano infatti precedenti sul tema – in particolare per aver affrontato il problema della compatibilità fra la capacità tecnico-professionale minima richiesta dalla stazione appaltante per l’ammissione alla gara e quella a tal fine dichiarata dalla concorrente, secondo la previsione della lex specialis di gara. Tale approdo ermeneutico, che incidentalmente fornisce utili coordinate anche sulla nozione di analogia rilevante nelle gare d’appalto (siano esse di servizi, forniture, o di lavori), offre lo spunto – una volta esaurito il vaglio della sentenza sul piano logico-giuridico al fine di verificarne la tenuta – per estendere la trattazione anche all’ulteriore aspetto per cui in generale le precedenti esperienze del concorrente vengono in rilievo nelle procedure per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture (nonché, nei limiti che preciseremo, di lavori), ovvero allorquando assurgono ad elementi di valutazione del merito qualitativo delle offerte, tematica di notevole rilevanza operativa.

Obiettivo primario del presente lavoro è soprattutto quello di sensibilizzare gli operatori del settore (in primis le stazioni appaltanti nell’elaborare le regole di gara, ma anche gli operatori economici a presidio del proprio legittimo interesse a partecipare ad una procedura immune da vizi) a riflettere su quale sia il corretto, ovvero legittimo, utilizzo dell’istituto delle precedenti esperienze nell’appalto oggetto della gara bandita o a cui si partecipa o si vuole/vorrebbe partecipare.

2. Il caso ed il decisum giudiziale.

La controversia trae origine dall’esclusione comminata da una stazione appaltante nei confronti di una concorrente ad una gara indetta per affidare il servizio di manutenzione ordinaria, correttiva e straordinaria di veicoli tram. Ciò in quanto sulla base della documentazione presentata era stata ritenuta carente di uno dei requisiti soggettivi richiesti per l’ammissione. La diatriba, sia tra le Parti del processo che tra i due Collegi giudicanti, si è concentrata sul corretto significato da attribuirsi alla prescrizione di cui al punto 1.3 del disciplinare di gara, che ammetteva alla procedura esclusivamente gli “operatori economici in possesso, a pena di esclusione” del requisito consistente nell’aver “eseguito negli ultimi tre anni – o avere in corso di esecuzione – almeno un contratto con prestazioni analoghe per la manutenzione tram di importo non inferiore a …”. Nel precisare che l’analogia deve ritenersi circoscritta alle prestazioni oggetto del contratto (i.e. nella specie servizio di manutenzione) e non all’oggetto delle prestazioni medesime (i.e. nella specie tram), il Collegio d’appello ha ribaltato la decisione di prime cure avallando una interpretazione maggiormente rigorosa e restrittiva della lex specialis di gara, escludendo la possibilità di inserire nel perimetro di operatività dell’art. 1.3. citato, alla luce sia del criterio interpretativo letterale che di quello teleologico, la manutenzione di veicoli diversi dai tram, per caratteristiche strutturali e funzionali, oltre che di regolamentazione normativa, come quelli ferroviari.

Si è ritenuto, nello specifico, che dal dato testuale della normativa di gara emergesse chiaramente la volontà della stazione appaltante di circoscrivere la platea dei concorrenti alle imprese che in precedenza avessero effettuato servizi di manutenzione esclusivamente di tram e pertanto non si è dato ingresso né alla tesi che si trattava di attività comunque omogenee (i.e.: entrambe di manutenzione di veicoli che viaggiavano su strada ferrata), su cui il T.A.R. aveva fondato la decisione di accoglimento del ricorso principale, riammettendo quindi l’esclusa alla gara, né quella che l’attività di manutenzione di veicoli ferroviari essendo più complessa di quella su veicoli tranviari doveva ritenersi assorbente e quindi idonea a garantire l’esperienza minima richiesta, secondo il principio di continenza come sostenuto dalla difesa della società esclusa e poi riammessa dalla sentenza di primo grado.

In estrema sintesi, quindi, l’iter logico-giuridico seguito dal Collegio può essere così puntualmente riassunto:

  1. la gara ha per oggetto specifico la manutenzione di veicoli tram;
  2. veicoli tram e veicoli ferroviari sono diversi sotto il profilo strutturale  e funzionale (oltre che normativo);
  3. l’esperienza maturata dalla concorrente nella manutenzione di veicoli ferroviari è pertanto inidonea (i.e. irrilevante) a consentirle di raggiungere il livello minimo di affidabilità individuato dalla stazione appaltante per poter essere ammessi alla successiva fase di comparazione quali-quantitativa delle offerte.

3. L’analisi critica.

In via preliminare, ci permettiamo di evidenziare come la clausola 1.3. del disciplinare certamente non brilli per chiarezza. La sua formulazione lascia obiettivamente spazio a dubbi interpretativi.

Infatti, posto che l’oggetto della gara è l’affidamento del servizio di manutenzione di veicoli tram e che per principio generale è consentito alla stazione appaltante circoscrivere la platea dei concorrenti richiedendo una pregressa e dimostrata esperienza nel “settore oggetto della gara” (art. 41, comma 1, lett. c, D.Lgs. n.163/2006 s.m.i, d’ora in poi per brevità “Codice”) con la presentazione dell’ “elenco dei principali servizi o forniture prestati negli ultimi tre anni …” (art. 42, comma 1, lett.a del Codice), che nel singolo caso concreto le stazioni appaltanti colorano nel modo che ritengono più giusto a seconda dell’obiettivo e della rilevanza della commessa, una richiesta testualmente formulata come sopra (per comodità la riproduciamo nuovamente nella parte che interessa: esecuzione di “almeno un contratto con prestazioni analoghe per la manutenzione tram”) ben può essere interpretata come riferita a servizi di manutenzione analoghi a quelli sui tram, come in linea di principio generale possono essere quelli di veicoli che viaggiano sul medesimo mezzo, ovvero le rotaie.

Senza voler entrare però nel merito tecnico della diversità fra tram e veicoli ferroviari sotto il profilo funzionale e strutturale (di cui al punto b. di cui sopra nel ragionamento operato dal Collegio), che costituisce poi il punto nodale e di autentico discrimen rispetto alla sentenza appellata – soprattutto perché ai fini che ci siamo prefissi e che hanno valenza obiettiva ha un rilievo del tutto marginale, ma anche per esigenze di contenimento dei limiti del presente contribuito (sul tema torneremo eventualmente in futuro) – ci limitiamo a dare per buono quanto concluso dai Giudici d’appello ed osserviamo – in quanto questo sì di rilevanza oggettiva al di là della singola gara – che l’ambiguità della clausola, quindi su quale fosse la reale volontà della stazione appaltante, è incontrovertibile. Oltre a quanto appena evidenziato sulla bipolare interpretazione che un terzo estraneo al processo come lo Scrivente può darne con la massima obiettività, la prova “regina” in tal senso è costituita dalla già evidenziata difforme lettura che ne hanno dato proprio i Giudici investiti della sua interpretazione. Basta ragionare a contrario per concludere senza possibilità di smentita che se la clausola fosse stata sufficientemente chiara i più elevati e raffinati interpreti del diritto nel nostro ordinamento giuridico (quali sono i Giudici, tout court senza distinzioni di Uffici e ruoli) ne avrebbero dato una lettura uniforme. Difformità interpretativa è sinonimo di incertezza (in claris non fit interpretatio) e se è plausibile – e frequente com’è noto – che due Giudici interpretino in maniera diversa una norma di legge con riferimento al medesimo caso concreto, perché essa per natura è generale ed astratta, non è altrettanto giustificabile che ciò avvenga con riferimento ad una disposizione di derivazione pattizia, ovvero pensata ad hoc per regolamentare quella determinata fattispecie. Ma così non è stato nel caso di specie (“sic et simpliciter”)!

Balza agli occhi che tra le due interpretazioni una è maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis (quella avallata dal T.A.R. in primo grado), rispetto all’altra (avallata dal Consiglio di Stato) che invece ne attenua la portata privilegiando l’obiettivo chiarito dalla stazione appaltante, ma solo in sede di aggiudicazione, di ritenere il servizio affidabile alle sole imprese in possesso di almeno una specifica esperienza di manutenzione di tram, con esclusione di altre esperienze manutentive, prima facie obiettivamente similari.

Insindacabile la tenuta della sentenza in commento sul piano logico, la sua correttezza e solidità merita invece di essere più approfonditamente valutata sul piano strettamente giuridico, che più ci interessa avendo un valore oggettivo e quindi generale. In particolare, sotto un duplice profilo:

  1. i. la congruità della scelta della stazione appaltante di circoscrivere la platea dei concorrenti alle imprese munite di una determinata esperienza minima, nei sensi di cui sopra;
  2. ii. la correttezza della scelta, della stazione appaltante prima, e dei Giudici di appello poi, di sacrificare il favor partecipationis in presenza di una clausola ambigua del disciplinare di gara.

Per risolvere la questione sub i. la scelta della stazione appaltante andrebbe verificata alla luce dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza. L’inserimento di sbarramenti all'ingresso in contrasto con tali principi, ovvero in altri termini l’imposizione di criteri soggettivi di partecipazione discriminanti, illogici o sproporzionati rispetto all'oggetto della gara (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n.3939 del 05/07/2012), verrebbe, infatti, a realizzare un indebito restringimento della platea dei concorrenti, giacché il principio di concorrenza, declinato di apertura del contratto pubblico al mercato, può subire affievolimenti solo nelle ipotesi tassative previste dal Codice, diversamente da altri principi fondamentali, quali ad esempio quelli di parità di trattamento ed economicità che a determinate condizioni possono essere valutati come recessivi rispetto all'interesse pubblico al cui soddisfacimento è preordinata la procedura di gara, ad esempio perché essa è destinata a soddisfare diritti di natura primaria, ovvero presidiati dalla Carta costituzionale, qual è ad esempio quello alla salute (si pensi al soddisfacimento delle necessità dei degenti in strutture ospedaliere).

Solo se superasse il vaglio sotto entrambi i suddetti canoni la scelta operata dalla stazione appaltante potrebbe ritenersi congrua e quindi legittima. La soluzione – com’è intuibile – involge sempre il merito tecnico della decisione della stazione appaltante e quindi per le ragioni di cui sopra riteniamo opportuno procedere avallando sic et simpliciter l’assunto del Collegio d’appello e ritenere quindi la scelta operata dalla stazione appaltante rispettosa dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza e per l’effetto immune da vizi sul punto.

Maggiori considerazioni ci sono invece consentite con riferimento alla seconda questione sub. ii. Infatti, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che in presenza di una clausola ambigua la stessa debba essere interpretata nel senso più favorevole al concorrente. In altri termini, nel dubbio, va privilegiata la tesi che consente la partecipazione alla gara piuttosto che quella che la impedisce (in tal senso, recentemente, ex multis: Consiglio di Stato, sentenza n.4999 del 20/09/2012; Consiglio di Stato, sentenza n.5692 del 08/11/2012, entrambe massimate in www.studioblg.it, Sezione Appalti Pubblici Rassegna).

Nel caso di specie, l’incertezza sull’interpretazione dell’art. 1.3. del disciplinare è come dicevamo indiscutibile. Tuttavia, il Giudice non ha sollevato alcuna “perplessità” in merito, intuibilmente, deduciamo dai passi in fatto e diritto della sentenza, perché nessuna eccezione sul punto è stata sollevata nel corso del processo (visto il ben noto principio della domanda, che regge il processo amministrativo, oltre che quello civile, che gli impediva nella specie di pronunciarsi ex officio).

Sul punto osserviamo:

-che è acclarato il principio che le clausole che impediscono la partecipazione alla gara vadano impugnate tempestivamente, dalla loro conoscenza o conoscibilità (ovvero entro 30 giorni dalla pubblicazione del bando – e del disciplinare – secondo il termine dimidiato di cui all’art.120, comma 5, C.P.A.). Ciò in quanto devono ritenersi immediatamente lesive dell’interesse pretensivo dell’impresa che aspira a concorrere all’aggiudicazione di quel determinato appalto pubblico (in tal senso, in primis, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n.4 del 07/04/2011, conforme alla precedente pronuncia n.1-2003; nonché ex multis: Consiglio di Stato, sentenza n.3128 del 28/05/2012, Consiglio di Stato, sentenza n.2339 del 20/04/2012, tutte in www.giustizia-amministrativa.it);

-che recentemente il Consiglio di Stato ha stabilito, con pronuncia che non risulta successivamente smentita, che la clausola ambigua è lesiva solo allorquando cessa l’incertezza perché la stazione appaltante ne ha delineato l’esatta portata precettiva, attraverso chiarimenti forniti dal R.U.P. – che hanno valore di interpretazione autentica (in tal senso Consiglio di Stato, sentenza n.341 del 21/01/2013)  – o attraverso un provvedimento espresso (ad esempio quello di esclusione; in tal senso Consiglio di Stato, sentenza n.5389 del 19/10/2012).

In conclusione, pertanto, anche sotto il profilo strettamente giuridico, la sentenza non appare censurabile ed è, pertanto, meritevole di essere condivisa.

4. La premialità delle precedenti esperienze.

Vagliata con esito positivo la tenuta della sentenza sul piano logico-giuridico, passiamo all’esame delle due questioni per cui operativamente l’istituto della capacità tecnico-professionale del concorrente, ovvero l’esperienza pregressa nel settore oggetto di gara, viene in rilievo:

  1. i. la (eccessiva) genericità della prescrizione consuetudinariamente contenuta nei bandi e disciplinari di gara circa lo svolgimento di prestazioni analoghe a quelle oggetto di gara quale condicio sine qua non l’ammissione alla procedura comparativa;

e, soprattutto:

  1. la (il)legittimità del suo inserimento fra i parametri di premialità delle offerte.

Preliminarmente, riteniamo opportuno chiarire che la questione sub i., che riguarda la fase di pre-qualifica di cui già abbiamo detto sopra, viene in rilievo in linea di principio generale solo con riferimento ai servizi ed alle forniture, così come rilevano solo per questi le sopra esposte argomentazioni circa proporzionalità e ragionevolezza delle prescrizioni limitative della partecipazione alla gara, giacché l’ammissione alle gare lavori è fondata sulle attestazioni S.O.A. (il che restringe a tal punto il margine di discrezionalità della stazione appaltante sul punto da non dare adito operativamente a problemi), mentre per quanto riguarda la fase di valutazione delle offerte tecniche, le considerazioni che seguiranno devono intendersi valide per tutti gli appalti pubblici indipendentemente dall'oggetto.

Con riferimento alla prima questione, l’esperienza operativa ci insegna, infatti, che purtroppo raramente nei bandi e nei disciplinari di gara si trova una specificazione – per lo meno esemplificativa – dei servizi (e delle forniture) che la stazione appaltante ritiene analoghi a quelli specifici oggetto di gara, e quindi indispensabili per l’ammissione dell’offerta alla successiva fase comparativa delle offerte. Nella lex specialis di gara quasi sempre si trova solamente la generica richiesta di esecuzione di contratti analoghi a quelli oggetto di gara ancorata ad un periodo precedente temporalmente circoscritto (per lo più tre anni sulla scorta del dato testuale dell’art. 42,  comma 1 lett. a del Codice), senza alcuna coloritura delle attività che in concreto a mente dell’estensore delle regole di gara (i.e.: R.U.P./Ufficio gare della stazione appaltante) sono da ritenersi indubitabilmente analoghe. Ciò crea ambiguità ed incertezza interpretativa in quanto lascia aperta una zona grigia sulla congruità soggettiva del potenziale concorrente a partecipare alla procedura di affidamento e quindi sull’ammissibilità della sua offerta, con il rischio di aprire il varco all’instaurarsi di un contenzioso dinanzi all’Autorità giurisdizionale, con i ben noti conseguenti pregiudizi per l’interesse pubblico al cui soddisfacimento la procedura è finalizzata, derivanti dalla possibile sospensione, ritardata, o mancata esecuzione, del contratto. È auspicabile, invece, non solo per coerenza con le finalità deflattive del contenzioso perseguite dal Legislatore del Codice – e non solo – a più riprese negli ultimi anni (si pensi ad esempio all’inserimento dell’art. 46, comma 1-bis, che ha scolpito le cause, tassative, di esclusione dalle gare) che le stazioni appaltanti nell’elaborare le regole che disciplineranno la procedura di affidamento si curino di inserire una specifica definizione, corroborata magari da una indicazione esemplificativa, delle prestazioni ritenute analoghe a quelle in gara e quindi idonee a garantire l’ammissione alla procedura.

Con riferimento alla seconda questione, la giurisprudenza è consolidata nell’osteggiare l’inserimento di elementi di natura soggettiva fra gli elementi di valutazione delle offerte (da ultimo cfr.: Consiglio di Stato, sentenza n.5197 del 03/10/2012; Consiglio di Stato, sentenza n.3550 del 18/06/2012, entrambe massimate in www.studioblg.it – Sezione Appalti Pubblici Rassegna), ovvero, in altri termini la scelta di premiare un’offerta piuttosto che un’altra non perché garantisca ex ante una migliore esecuzione dell’appalto, che equivale in linea di principio generale ad un più intenso soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla procedura e quindi una migliore utilizzazione delle risorse pubbliche gestite dalla stazione appaltante, ma perché l’impresa che l’ha presentata ha in precedenza eseguito servizi o forniture (o lavori) dello stesso tipo, se non addirittura identiche, a quelle oggetto di gara. Tale approdo ermeneutico è sintetizzato nel principio dell’indebita commistione fra elementi soggettivi di partecipazione alla gara ed elementi oggettivi di valutazione delle offerte. La rigidità di tale principio è tuttavia suscettibile di subire un affievolimento – con conseguente possibilità per la stazione appaltante di inserire tra i parametri tecnici di valutazione delle offerte l’esecuzione in passato di forniture o servizi del tipo di quelli oggetto di gara o anche un fatturato specifico ad essere relativo, allorquando ricorrano cumulativamente i seguenti presupposti:

  1. il punteggio attribuito a tali esperienze abbia un peso minoritario rispetto agli altri predeterminati per valutare le offerte tecniche (ad esempio offerta tecnica=max 70 punti; per servizi analoghi svolti in precedenza=max 15 punti);
  2. tale elemento di valutazione, per sua natura soggettivo, abbia un impatto sostanziale sulla valutazione di migliore esecuzione del contratto, ovvero ad esempio in presenza in concreto di alcuni indici rivelatori della necessità di affidarsi ad operatori idonei a garantire un livello molto elevato di qualità del servizio perché la particolare natura degli interessi pubblici da soddisfare lo richiede. In particolare, in considerazione della natura o dimensioni della stazione appaltante o del bene o servizio da acquistare (ad esempio: l’aver già svolto lo stesso tipo di fornitura o di servizio in gara in favore di enti/società delle medesime dimensioni o natura di quella che ha bandito la gara) o della sua funzionalità a soddisfare interessi/diritti di rango costituzionale (es. come già evidenziato quello alla tutela della salute).

Solo a tali condizioni la scelta della stazione appaltante di premiare il professionista (per tale intendendosi anche l’impresa secondo un’accezione diffusa nel diritto antitrust) dotato di un bagaglio di esperienza nel settore oggetto di gara sarebbe rispettosa dei canoni di ragionevolezza e, soprattutto, proporzionalità, nonché del principio fondamentale di par condicio. In altri termini, ancora, non illogica e non discriminatoria e pertanto legittima. Diversamente, dovrebbe ritenersi che la stazione appaltante abbia dato indebito ingresso ad elementi tipici dell’intuitus personae (ovvero dell’affidamento di incarichi su base fiduciaria e quindi in spregio del principio di par condicio su cui si fonda l’intera normativa che regola l’aggiudicazione di contratti pubblici su base nazionale e, ovviamente derivando quest’ultima da quella, comunitaria) e gli atti della procedura potrebbero essere impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

L’esistenza di elementi di differenziazione sostanziale (quale nel caso di specie l’esecuzione in precedenza di servizi di manutenzione su veicoli ferroviari e non su veicoli tramviari, oggetto specifico del contratto in gara) fra le prestazioni oggetto di gara e quelle che l’operatore economico concorrente dichiara di aver svolto in precedenza elide la possibilità di ricorrere alla nozione di analogia prevista dalla lex specialis ai fini dell’ammissione al confronto comparativo, in quanto la diversità dell’oggetto delle prestazioni richieste impedisce di ravvisare la sussistenza di quel patrimonio di esperienza operativa idoneo ad evidenziare l’attitudine qualificata al corretto ed efficiente espletamento delle attività oggetto specifico della commessa.

Sommario: 1. Premesse. 2. Il caso ed il decisum giudiziale. 3. L’analisi critica. 4. La premialità delle precedenti esperienze.

1. Premesse.

La sentenza in commento si fa particolarmente apprezzare per l’originalità del principio di diritto affermato e riprodotto in epigrafe – non risultano infatti precedenti sul tema – in particolare per aver affrontato il problema della compatibilità fra la capacità tecnico-professionale minima richiesta dalla stazione appaltante per l’ammissione alla gara e quella a tal fine dichiarata dalla concorrente, secondo la previsione della lex specialis di gara. Tale approdo ermeneutico, che incidentalmente fornisce utili coordinate anche sulla nozione di analogia rilevante nelle gare d’appalto (siano esse di servizi, forniture, o di lavori), offre lo spunto – una volta esaurito il vaglio della sentenza sul piano logico-giuridico al fine di verificarne la tenuta – per estendere la trattazione anche all’ulteriore aspetto per cui in generale le precedenti esperienze del concorrente vengono in rilievo nelle procedure per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture (nonché, nei limiti che preciseremo, di lavori), ovvero allorquando assurgono ad elementi di valutazione del merito qualitativo delle offerte, tematica di notevole rilevanza operativa.

Obiettivo primario del presente lavoro è soprattutto quello di sensibilizzare gli operatori del settore (in primis le stazioni appaltanti nell’elaborare le regole di gara, ma anche gli operatori economici a presidio del proprio legittimo interesse a partecipare ad una procedura immune da vizi) a riflettere su quale sia il corretto, ovvero legittimo, utilizzo dell’istituto delle precedenti esperienze nell’appalto oggetto della gara bandita o a cui si partecipa o si vuole/vorrebbe partecipare.

2. Il caso ed il decisum giudiziale.

La controversia trae origine dall’esclusione comminata da una stazione appaltante nei confronti di una concorrente ad una gara indetta per affidare il servizio di manutenzione ordinaria, correttiva e straordinaria di veicoli tram. Ciò in quanto sulla base della documentazione presentata era stata ritenuta carente di uno dei requisiti soggettivi richiesti per l’ammissione. La diatriba, sia tra le Parti del processo che tra i due Collegi giudicanti, si è concentrata sul corretto significato da attribuirsi alla prescrizione di cui al punto 1.3 del disciplinare di gara, che ammetteva alla procedura esclusivamente gli “operatori economici in possesso, a pena di esclusione” del requisito consistente nell’aver “eseguito negli ultimi tre anni – o avere in corso di esecuzione – almeno un contratto con prestazioni analoghe per la manutenzione tram di importo non inferiore a …”. Nel precisare che l’analogia deve ritenersi circoscritta alle prestazioni oggetto del contratto (i.e. nella specie servizio di manutenzione) e non all’oggetto delle prestazioni medesime (i.e. nella specie tram), il Collegio d’appello ha ribaltato la decisione di prime cure avallando una interpretazione maggiormente rigorosa e restrittiva della lex specialis di gara, escludendo la possibilità di inserire nel perimetro di operatività dell’art. 1.3. citato, alla luce sia del criterio interpretativo letterale che di quello teleologico, la manutenzione di veicoli diversi dai tram, per caratteristiche strutturali e funzionali, oltre che di regolamentazione normativa, come quelli ferroviari.

Si è ritenuto, nello specifico, che dal dato testuale della normativa di gara emergesse chiaramente la volontà della stazione appaltante di circoscrivere la platea dei concorrenti alle imprese che in precedenza avessero effettuato servizi di manutenzione esclusivamente di tram e pertanto non si è dato ingresso né alla tesi che si trattava di attività comunque omogenee (i.e.: entrambe di manutenzione di veicoli che viaggiavano su strada ferrata), su cui il T.A.R. aveva fondato la decisione di accoglimento del ricorso principale, riammettendo quindi l’esclusa alla gara, né quella che l’attività di manutenzione di veicoli ferroviari essendo più complessa di quella su veicoli tranviari doveva ritenersi assorbente e quindi idonea a garantire l’esperienza minima richiesta, secondo il principio di continenza come sostenuto dalla difesa della società esclusa e poi riammessa dalla sentenza di primo grado.

In estrema sintesi, quindi, l’iter logico-giuridico seguito dal Collegio può essere così puntualmente riassunto:

  1. la gara ha per oggetto specifico la manutenzione di veicoli tram;
  2. veicoli tram e veicoli ferroviari sono diversi sotto il profilo strutturale  e funzionale (oltre che normativo);
  3. l’esperienza maturata dalla concorrente nella manutenzione di veicoli ferroviari è pertanto inidonea (i.e. irrilevante) a consentirle di raggiungere il livello minimo di affidabilità individuato dalla stazione appaltante per poter essere ammessi alla successiva fase di comparazione quali-quantitativa delle offerte.

3. L’analisi critica.

In via preliminare, ci permettiamo di evidenziare come la clausola 1.3. del disciplinare certamente non brilli per chiarezza. La sua formulazione lascia obiettivamente spazio a dubbi interpretativi.

Infatti, posto che l’oggetto della gara è l’affidamento del servizio di manutenzione di veicoli tram e che per principio generale è consentito alla stazione appaltante circoscrivere la platea dei concorrenti richiedendo una pregressa e dimostrata esperienza nel “settore oggetto della gara” (art. 41, comma 1, lett. c, D.Lgs. n.163/2006 s.m.i, d’ora in poi per brevità “Codice”) con la presentazione dell’ “elenco dei principali servizi o forniture prestati negli ultimi tre anni …” (art. 42, comma 1, lett.a del Codice), che nel singolo caso concreto le stazioni appaltanti colorano nel modo che ritengono più giusto a seconda dell’obiettivo e della rilevanza della commessa, una richiesta testualmente formulata come sopra (per comodità la riproduciamo nuovamente nella parte che interessa: esecuzione di “almeno un contratto con prestazioni analoghe per la manutenzione tram”) ben può essere interpretata come riferita a servizi di manutenzione analoghi a quelli sui tram, come in linea di principio generale possono essere quelli di veicoli che viaggiano sul medesimo mezzo, ovvero le rotaie.

Senza voler entrare però nel merito tecnico della diversità fra tram e veicoli ferroviari sotto il profilo funzionale e strutturale (di cui al punto b. di cui sopra nel ragionamento operato dal Collegio), che costituisce poi il punto nodale e di autentico discrimen rispetto alla sentenza appellata – soprattutto perché ai fini che ci siamo prefissi e che hanno valenza obiettiva ha un rilievo del tutto marginale, ma anche per esigenze di contenimento dei limiti del presente contribuito (sul tema torneremo eventualmente in futuro) – ci limitiamo a dare per buono quanto concluso dai Giudici d’appello ed osserviamo – in quanto questo sì di rilevanza oggettiva al di là della singola gara – che l’ambiguità della clausola, quindi su quale fosse la reale volontà della stazione appaltante, è incontrovertibile. Oltre a quanto appena evidenziato sulla bipolare interpretazione che un terzo estraneo al processo come lo Scrivente può darne con la massima obiettività, la prova “regina” in tal senso è costituita dalla già evidenziata difforme lettura che ne hanno dato proprio i Giudici investiti della sua interpretazione. Basta ragionare a contrario per concludere senza possibilità di smentita che se la clausola fosse stata sufficientemente chiara i più elevati e raffinati interpreti del diritto nel nostro ordinamento giuridico (quali sono i Giudici, tout court senza distinzioni di Uffici e ruoli) ne avrebbero dato una lettura uniforme. Difformità interpretativa è sinonimo di incertezza (in claris non fit interpretatio) e se è plausibile – e frequente com’è noto – che due Giudici interpretino in maniera diversa una norma di legge con riferimento al medesimo caso concreto, perché essa per natura è generale ed astratta, non è altrettanto giustificabile che ciò avvenga con riferimento ad una disposizione di derivazione pattizia, ovvero pensata ad hoc per regolamentare quella determinata fattispecie. Ma così non è stato nel caso di specie (“sic et simpliciter”)!

Balza agli occhi che tra le due interpretazioni una è maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis (quella avallata dal T.A.R. in primo grado), rispetto all’altra (avallata dal Consiglio di Stato) che invece ne attenua la portata privilegiando l’obiettivo chiarito dalla stazione appaltante, ma solo in sede di aggiudicazione, di ritenere il servizio affidabile alle sole imprese in possesso di almeno una specifica esperienza di manutenzione di tram, con esclusione di altre esperienze manutentive, prima facie obiettivamente similari.

Insindacabile la tenuta della sentenza in commento sul piano logico, la sua correttezza e solidità merita invece di essere più approfonditamente valutata sul piano strettamente giuridico, che più ci interessa avendo un valore oggettivo e quindi generale. In particolare, sotto un duplice profilo:

  1. i. la congruità della scelta della stazione appaltante di circoscrivere la platea dei concorrenti alle imprese munite di una determinata esperienza minima, nei sensi di cui sopra;
  2. ii. la correttezza della scelta, della stazione appaltante prima, e dei Giudici di appello poi, di sacrificare il favor partecipationis in presenza di una clausola ambigua del disciplinare di gara.

Per risolvere la questione sub i. la scelta della stazione appaltante andrebbe verificata alla luce dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza. L’inserimento di sbarramenti all'ingresso in contrasto con tali principi, ovvero in altri termini l’imposizione di criteri soggettivi di partecipazione discriminanti, illogici o sproporzionati rispetto all'oggetto della gara (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n.3939 del 05/07/2012), verrebbe, infatti, a realizzare un indebito restringimento della platea dei concorrenti, giacché il principio di concorrenza, declinato di apertura del contratto pubblico al mercato, può subire affievolimenti solo nelle ipotesi tassative previste dal Codice, diversamente da altri principi fondamentali, quali ad esempio quelli di parità di trattamento ed economicità che a determinate condizioni possono essere valutati come recessivi rispetto all'interesse pubblico al cui soddisfacimento è preordinata la procedura di gara, ad esempio perché essa è destinata a soddisfare diritti di natura primaria, ovvero presidiati dalla Carta costituzionale, qual è ad esempio quello alla salute (si pensi al soddisfacimento delle necessità dei degenti in strutture ospedaliere).

Solo se superasse il vaglio sotto entrambi i suddetti canoni la scelta operata dalla stazione appaltante potrebbe ritenersi congrua e quindi legittima. La soluzione – com’è intuibile – involge sempre il merito tecnico della decisione della stazione appaltante e quindi per le ragioni di cui sopra riteniamo opportuno procedere avallando sic et simpliciter l’assunto del Collegio d’appello e ritenere quindi la scelta operata dalla stazione appaltante rispettosa dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza e per l’effetto immune da vizi sul punto.

Maggiori considerazioni ci sono invece consentite con riferimento alla seconda questione sub. ii. Infatti, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che in presenza di una clausola ambigua la stessa debba essere interpretata nel senso più favorevole al concorrente. In altri termini, nel dubbio, va privilegiata la tesi che consente la partecipazione alla gara piuttosto che quella che la impedisce (in tal senso, recentemente, ex multis: Consiglio di Stato, sentenza n.4999 del 20/09/2012; Consiglio di Stato, sentenza n.5692 del 08/11/2012, entrambe massimate in www.studioblg.it, Sezione Appalti Pubblici Rassegna).

Nel caso di specie, l’incertezza sull’interpretazione dell’art. 1.3. del disciplinare è come dicevamo indiscutibile. Tuttavia, il Giudice non ha sollevato alcuna “perplessità” in merito, intuibilmente, deduciamo dai passi in fatto e diritto della sentenza, perché nessuna eccezione sul punto è stata sollevata nel corso del processo (visto il ben noto principio della domanda, che regge il processo amministrativo, oltre che quello civile, che gli impediva nella specie di pronunciarsi ex officio).

Sul punto osserviamo:

-che è acclarato il principio che le clausole che impediscono la partecipazione alla gara vadano impugnate tempestivamente, dalla loro conoscenza o conoscibilità (ovvero entro 30 giorni dalla pubblicazione del bando – e del disciplinare – secondo il termine dimidiato di cui all’art.120, comma 5, C.P.A.). Ciò in quanto devono ritenersi immediatamente lesive dell’interesse pretensivo dell’impresa che aspira a concorrere all’aggiudicazione di quel determinato appalto pubblico (in tal senso, in primis, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n.4 del 07/04/2011, conforme alla precedente pronuncia n.1-2003; nonché ex multis: Consiglio di Stato, sentenza n.3128 del 28/05/2012, Consiglio di Stato, sentenza n.2339 del 20/04/2012, tutte in www.giustizia-amministrativa.it);

-che recentemente il Consiglio di Stato ha stabilito, con pronuncia che non risulta successivamente smentita, che la clausola ambigua è lesiva solo allorquando cessa l’incertezza perché la stazione appaltante ne ha delineato l’esatta portata precettiva, attraverso chiarimenti forniti dal R.U.P. – che hanno valore di interpretazione autentica (in tal senso Consiglio di Stato, sentenza n.341 del 21/01/2013)  – o attraverso un provvedimento espresso (ad esempio quello di esclusione; in tal senso Consiglio di Stato, sentenza n.5389 del 19/10/2012).

In conclusione, pertanto, anche sotto il profilo strettamente giuridico, la sentenza non appare censurabile ed è, pertanto, meritevole di essere condivisa.

4. La premialità delle precedenti esperienze.

Vagliata con esito positivo la tenuta della sentenza sul piano logico-giuridico, passiamo all’esame delle due questioni per cui operativamente l’istituto della capacità tecnico-professionale del concorrente, ovvero l’esperienza pregressa nel settore oggetto di gara, viene in rilievo:

  1. i. la (eccessiva) genericità della prescrizione consuetudinariamente contenuta nei bandi e disciplinari di gara circa lo svolgimento di prestazioni analoghe a quelle oggetto di gara quale condicio sine qua non l’ammissione alla procedura comparativa;

e, soprattutto:

  1. la (il)legittimità del suo inserimento fra i parametri di premialità delle offerte.

Preliminarmente, riteniamo opportuno chiarire che la questione sub i., che riguarda la fase di pre-qualifica di cui già abbiamo detto sopra, viene in rilievo in linea di principio generale solo con riferimento ai servizi ed alle forniture, così come rilevano solo per questi le sopra esposte argomentazioni circa proporzionalità e ragionevolezza delle prescrizioni limitative della partecipazione alla gara, giacché l’ammissione alle gare lavori è fondata sulle attestazioni S.O.A. (il che restringe a tal punto il margine di discrezionalità della stazione appaltante sul punto da non dare adito operativamente a problemi), mentre per quanto riguarda la fase di valutazione delle offerte tecniche, le considerazioni che seguiranno devono intendersi valide per tutti gli appalti pubblici indipendentemente dall'oggetto.

Con riferimento alla prima questione, l’esperienza operativa ci insegna, infatti, che purtroppo raramente nei bandi e nei disciplinari di gara si trova una specificazione – per lo meno esemplificativa – dei servizi (e delle forniture) che la stazione appaltante ritiene analoghi a quelli specifici oggetto di gara, e quindi indispensabili per l’ammissione dell’offerta alla successiva fase comparativa delle offerte. Nella lex specialis di gara quasi sempre si trova solamente la generica richiesta di esecuzione di contratti analoghi a quelli oggetto di gara ancorata ad un periodo precedente temporalmente circoscritto (per lo più tre anni sulla scorta del dato testuale dell’art. 42,  comma 1 lett. a del Codice), senza alcuna coloritura delle attività che in concreto a mente dell’estensore delle regole di gara (i.e.: R.U.P./Ufficio gare della stazione appaltante) sono da ritenersi indubitabilmente analoghe. Ciò crea ambiguità ed incertezza interpretativa in quanto lascia aperta una zona grigia sulla congruità soggettiva del potenziale concorrente a partecipare alla procedura di affidamento e quindi sull’ammissibilità della sua offerta, con il rischio di aprire il varco all’instaurarsi di un contenzioso dinanzi all’Autorità giurisdizionale, con i ben noti conseguenti pregiudizi per l’interesse pubblico al cui soddisfacimento la procedura è finalizzata, derivanti dalla possibile sospensione, ritardata, o mancata esecuzione, del contratto. È auspicabile, invece, non solo per coerenza con le finalità deflattive del contenzioso perseguite dal Legislatore del Codice – e non solo – a più riprese negli ultimi anni (si pensi ad esempio all’inserimento dell’art. 46, comma 1-bis, che ha scolpito le cause, tassative, di esclusione dalle gare) che le stazioni appaltanti nell’elaborare le regole che disciplineranno la procedura di affidamento si curino di inserire una specifica definizione, corroborata magari da una indicazione esemplificativa, delle prestazioni ritenute analoghe a quelle in gara e quindi idonee a garantire l’ammissione alla procedura.

Con riferimento alla seconda questione, la giurisprudenza è consolidata nell’osteggiare l’inserimento di elementi di natura soggettiva fra gli elementi di valutazione delle offerte (da ultimo cfr.: Consiglio di Stato, sentenza n.5197 del 03/10/2012; Consiglio di Stato, sentenza n.3550 del 18/06/2012, entrambe massimate in www.studioblg.it – Sezione Appalti Pubblici Rassegna), ovvero, in altri termini la scelta di premiare un’offerta piuttosto che un’altra non perché garantisca ex ante una migliore esecuzione dell’appalto, che equivale in linea di principio generale ad un più intenso soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla procedura e quindi una migliore utilizzazione delle risorse pubbliche gestite dalla stazione appaltante, ma perché l’impresa che l’ha presentata ha in precedenza eseguito servizi o forniture (o lavori) dello stesso tipo, se non addirittura identiche, a quelle oggetto di gara. Tale approdo ermeneutico è sintetizzato nel principio dell’indebita commistione fra elementi soggettivi di partecipazione alla gara ed elementi oggettivi di valutazione delle offerte. La rigidità di tale principio è tuttavia suscettibile di subire un affievolimento – con conseguente possibilità per la stazione appaltante di inserire tra i parametri tecnici di valutazione delle offerte l’esecuzione in passato di forniture o servizi del tipo di quelli oggetto di gara o anche un fatturato specifico ad essere relativo, allorquando ricorrano cumulativamente i seguenti presupposti:

  1. il punteggio attribuito a tali esperienze abbia un peso minoritario rispetto agli altri predeterminati per valutare le offerte tecniche (ad esempio offerta tecnica=max 70 punti; per servizi analoghi svolti in precedenza=max 15 punti);
  2. tale elemento di valutazione, per sua natura soggettivo, abbia un impatto sostanziale sulla valutazione di migliore esecuzione del contratto, ovvero ad esempio in presenza in concreto di alcuni indici rivelatori della necessità di affidarsi ad operatori idonei a garantire un livello molto elevato di qualità del servizio perché la particolare natura degli interessi pubblici da soddisfare lo richiede. In particolare, in considerazione della natura o dimensioni della stazione appaltante o del bene o servizio da acquistare (ad esempio: l’aver già svolto lo stesso tipo di fornitura o di servizio in gara in favore di enti/società delle medesime dimensioni o natura di quella che ha bandito la gara) o della sua funzionalità a soddisfare interessi/diritti di rango costituzionale (es. come già evidenziato quello alla tutela della salute).

Solo a tali condizioni la scelta della stazione appaltante di premiare il professionista (per tale intendendosi anche l’impresa secondo un’accezione diffusa nel diritto antitrust) dotato di un bagaglio di esperienza nel settore oggetto di gara sarebbe rispettosa dei canoni di ragionevolezza e, soprattutto, proporzionalità, nonché del principio fondamentale di par condicio. In altri termini, ancora, non illogica e non discriminatoria e pertanto legittima. Diversamente, dovrebbe ritenersi che la stazione appaltante abbia dato indebito ingresso ad elementi tipici dell’intuitus personae (ovvero dell’affidamento di incarichi su base fiduciaria e quindi in spregio del principio di par condicio su cui si fonda l’intera normativa che regola l’aggiudicazione di contratti pubblici su base nazionale e, ovviamente derivando quest’ultima da quella, comunitaria) e gli atti della procedura potrebbero essere impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.