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Autostrade: tra Atlantia e lo Stato chi ha fatto l’affare?

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Autostrade e concessioni: tra Atlantia e lo Stato chi ha fatto l’affare?

Ponte Morandi: Autostrade, Atlantia, Aspi, Cassa Depositi e Prestiti e la transazione miliardaria.

Il crollo del Ponte Morandi e la “scoperta” che lunghi tratti della rete autostradale italiana presentano condizioni di scarsa sicurezza per la mancata manutenzione è una “storia” tipicamente italiana, che si concluderà in questi giorni.

L'assemblea dei soci di Atlantia, che aveva rifiutato l'opzione del riassetto societario, ha accolto a grandissima maggioranza l'opzione di cedere direttamente l'intera partecipazione in Aspi, pari all'88,06 per cento, al consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti più altri investitori, i fondi Blackstone e Macquire, per la somma di 9,1 miliardi che diventeranno 9,5 miliardi quando la vendita sarà completata, di cui 2,4 miliardi di euro finiranno ai Benetton. A ciò dovrà seguire solo la formalizzazione del consiglio di amministrazione convocato per il 10 giugno.

Ripercorriamo brevemente la storia della vicenda Autostrade.

La rete delle autostrade a pedaggio, in concessione al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, è stata finora gestita da 22 società con 25 rapporti concessori e si sviluppa per 5.886,6 chilometri. La rete delle autostrade non a pedaggio è gestita da Anas spa e si estende per 953,8 chilometri. A seguito del processo di privatizzazione avviatosi negli anni '90, la maggioranza delle società concessionarie è attualmente partecipata da operatori privati, riconducibili a gruppi societari; la gran parte delle concessioni vigenti scadrà dopo l'anno 2030, a causa della lunga durata degli affidamenti esistenti e dell'ampio ricorso a rinnovi e proroghe in favore agli attuali concessionari.

Autostrade per l'Italia SpA (Aspi) da sola finora ha gestito circa 3.000 chilometri di rete (2.857,5 chilometri). Il rapporto concessorio in esame origina dalla concessione di costruzione ed esercizio della rete autostradale affidata alla Società autostrade concessioni e costruzioni spa sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso, risalendo la prima convenzione al 18 settembre 1968. All'epoca, pubblica era la natura del soggetto concedente, l'Anas, e sostanzialmente anche quella del soggetto concessionario, tenuto conto che la società Autostrade apparteneva al gruppo pubblico Iri.

L'originario impianto giuridico è mutato nel 1993, nell'ambito delle privatizzazioni avutesi in molteplici settori. Nel 1996 prese avvio il procedimento che avrebbe portato alla completa privatizzazione della società Autostrade. Nel mese di agosto del 1997 fu stipulata una nuova convenzione, sostitutiva di quella del 1968, con scadenza al 2038, determinata prorogando la scadenza già fissata al 2018 dalla legge n. 531 del 1982.

L'assetto proprietario della società si perfezionò nel 2002; successivamente, l'articolo 2, commi 82, 83, 85, 86 e 89, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 1030, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta legge finanziaria per il 2007), ha introdotto una nuova disciplina dei rapporti concessori, con prescrizioni contrattuali applicate con modalità distinte per ogni società. In particolare, l'articolo 2, comma 82, citato ha previsto la ridefinizione del rapporto concessorio attraverso la stipula tra Anas e Aspi e le singole concessionarie di una “convenzione unica”. La Convenzione unica tra Anas e Aspi stipulata il 12 ottobre 2007 non superò il vaglio del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (Nars), in quanto difforme rispetto ai principi e criteri generali di regolazione economica.

Il parere negativo del Nars fu superato in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, che approvò ex lege tutti gli schemi di convenzione sottoscritti a quella data tra Anas e le concessionarie, pur, come indicato nella relazione approvata dalla Corte dei conti, con deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, sulle concessioni autostradali, “in assenza della conoscenza del loro numero e degli elementi utili a valutare i rischi e le condizioni gravanti sulla parte pubblica per la loro convalida”.

A seguito del tragico evento verificatosi il 14 agosto 2018 con il cedimento di una sezione del viadotto Polcevera sull'Autostrada A10 in concessione alla società Autostrade per l'Italia spa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha istituito, con decreto n. 386 del 2018, una Commissione ispettiva finalizzata all'individuazione delle cause. Contestualmente, la direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del medesimo Ministero, con nota del 16 agosto 2018, ha formalmente avviato nei confronti della concessionaria la contestazione di gravissimo inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia “in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi”. La contestazione è stata inizialmente riscontrata dalla Concessionaria con nota del 31 agosto 2018, e poi del 5 ottobre 2018, nelle quali venivano respinte le imputazioni e si eccepiva la mancata osservanza delle procedure di contestazione previste convenzionalmente.

Alle note del Ministero del 16 agosto 2018, 20 dicembre 2018 e 5 aprile 2019, Aspi ha dato riscontro, oltre che con le prime risposte del 31 agosto e del 5 ottobre citate, mediante il documento e gli allegati depositati il 3 maggio 2019; il 14 settembre 2018, la Commissione ispettiva ministeriale ha ultimato le proprie attività, depositando la relazione tecnica integralmente pubblicata sul sito del Ministero. Il crollo del ponte del 14 agosto 2018, ha mostrato chiaramente l'inadempimento della società concessionaria, tenuto conto che, a prescindere dalle ulteriori conseguenze generatesi, è venuto meno l'obbligo di custodia del bene assegnato in concessione, l'obbligo di restituzione e quello di manutenzione. La relazione tecnica riferisce, tra l'altro, che dal 2005 al 2018 sono stati spesi soltanto 440.000 euro per la manutenzione strutturale del ponte, mentre nella fase precedente alla privatizzazione erano stati spesi 1.300.000 euro all'anno.

Anche in sede di audizione presso l'8a Commissione permanente del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali, il Presidente dell'Anac professor Francesco Merloni, ha rilevato che, con riferimento al crollo del ponte «Morandi», la concessionaria Aspi ha effettuato solo il 27,11 per cento degli investimenti programmati nella tratta autostradale nella quale ricadeva il ponte, aggiungendo, in generale, come la società non abbia mostrato «puntualità e frequenza nel controllo dell'infrastruttura e nei relativi interventi manutentivi, né un atteggiamento collaborativo nei confronti di chi richiedeva informazioni, dati e trasparenza.

L'Autorità ha dovuto agire con decisione per riuscire ad ottenere l'accesso agli “Atti convenzionali”; a tale ultimo riguardo, è opportuno ricordare come per un ventennio le convenzioni autostradali non sono state rese pubbliche a discapito dell'interesse generale alla conoscenza; ciò è accaduto nonostante la rilevanza economica della materia che avrebbe richiesto l'opportunità di un controllo diffuso. Solo negli ultimi anni si è provveduto alla loro integrale pubblicazione; quanto accaduto con il crollo del ponte «Morandi» ha avuto riflessi sull'intera rete autostradale affidata in concessione, innanzitutto facendo venire meno la fiducia da parte del concedente, tenuto conto che lo Stato, in qualità di concedente, rappresenta l'interesse generale di tutti nell'accordo con il concessionario privato, in particolare degli utenti della rete autostradale ad avere un efficiente gestione della rete autostradale.

Nell'ambito di tale quadro di riferimento in termini di gravità dell'inadempimento appariva pienamente plausibile l'opzione della risoluzione della convenzione e l'estinzione anticipata del rapporto concessorio con Aspi.

In ragione degli elementi di complessità della questione anche sotto il profilo giuridico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha successivamente istituito, con decreto n. 119 del 29 marzo 2019, un Gruppo di lavoro interistituzionale che, a conclusione delle proprie attività, ha predisposto un parere reso al Ministro medesimo nel mese di giugno 2019; alla luce delle argomentazioni giuridiche espresse nel parere, pubblicato sul portale del Ministero, è stato avviato un approfondimento sull'ipotesi di soluzione alternativa espressamente contemplata, volto a prevenire eventuali contenziosi.

Nel corso del Consiglio dei ministri n. 54 del 14 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia spa, nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Nel corso della riunione, sono state trasmesse da parte di Aspi due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di Aspi e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia.

In questi giorni l'assemblea dei soci di Atlantia, che aveva rifiutato l'opzione del riassetto societario, ha accolto a grandissima maggioranza l'opzione di cedere direttamente l'intera partecipazione in Aspi, pari all'88,06 per cento, al consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti più altri investitori, i fondi Blackstone e Macquire, per la somma di 9,1 miliardi che diventeranno 9,5 miliardi quando la vendita sarà completata, di cui 2,4 miliardi di euro finiranno ai Benetton. A ciò dovrà seguire solo la formalizzazione del consiglio di amministrazione convocato per il 10 giugno.

Alla fine della giostra tra pareri, trattative e convenienze, il risultato è che si lede in duplice misura il principio della giustizia e del bene comune per i singoli cittadini:

Evitando di intervenire in termini di contenzioso con enti privati operanti in regime di concessioni su proprietà pubbliche, per loro lauto guadagno, considerati inadempienti nella gestione e nella manutenzione di alcune strutture, cosa che ha portato anche al crollo del Ponte Morandi e alla morte di 43 persone.

Finanziando in maniera importante gli stessi responsabili delle mancanze, ricevendo un bene pubblico deteriorato e da tempo non soggetto alla giusta manutenzione, sui cui lo Stato dovrà investire risorse dei contribuenti per ripianare le inadempienze, facendo entrare nel consorzio a sua volta gruppi privati e stranieri, con il rischio di una prossima cessione a privati dello stesso bene pubblico, una volta sanati i debiti.

Trascorrono gli anni ma la musica non cambia: “Alla manutenzione l’Italia preferisce l’inaugurazione” scriveva Leo Longanesi.