L’avviso di pagamento dell’Amministrazione non costituisce atto autonomamente impugnabile
1. Le massime
Per le violazioni soggette alla disciplina generale della Legge 689 del 1981, il verbale di accertamento, costituendo atto di natura meramente procedimentale ed ex se incapace di ledere situazioni giuridiche soggettive, non è direttamente impugnabile nella sede giurisdizionale.
L’impugnabilità di un atto amministrativo opposto ai sensi dell’art. 23 della Legge 689 del 1981 non integra una eccezione in senso stretto, bensì è questione rilevabile d’ufficio, in quanto tale liberamente riproponibile quale motivo di appello dall’Amministrazione che in primo grado sia rimasta contumace, senza che a ciò osti alcuna barriera preclusiva.
Sotto un profilo funzionale, va riconosciuta la profonda diversità dell’avviso di accertamento rispetto al provvedimento irrogativo della sanzione: se il primo è diretto a stimolare, attraverso il pagamento in misura ridotta da parte del trasgressore che intenda valersi di una simile facoltà, una definizione anticipata del procedimento sanzionatorio, il secondo, invece, viene emesso a seguito dell’istruttoria e calibrato, in relazione ad an e quantum della sanzione, con riferimento alle deduzioni di controparte.
2. Il caso
L.M. proponeva opposizione avverso la sanzione amministrativa irrogatagli dalla Provincia di Caltanissetta nel luglio 2006 per mancata registrazione nel registro di carico di traversine costituenti rifiuto. Nella contumacia dell’Amministrazione, il Tribunale territoriale accoglieva l’opposizione.
La Provincia proponeva appello facendo rilevare l’inammissibilità dell’opposizione originaria atteso che l’atto impugnato non era una ordinanza ingiunzione, bensì un avviso di pagamento diretto a contestare la violazione amministrativa. L’impugnazione veniva accolta ed avverso la sentenza del giudice di appello L. M. proponeva ricorso per cassazione.
3. La decisione
La Suprema Corte chiarisce come l’impugnabilità dell’atto amministrativo opposto ai sensi della L. n. 689/1981, art. 23, costituisce questione rilevabile d’ufficio e non eccezione a cura di parte, soggetta alle preclusioni previste dal codice di rito civile, attenendo, infatti all’ammissibilità stessa dell’opposizione. In quanto tale, l’inammissibilità è pacificamente censurabile, senza che a ciò osti alcuna barriera preclusiva, anche in sede di giudizio di appello dall’Amministrazione rimasta contumace in primo grado.
Il verbale di accertamento delle violazioni per le quali sia prevista la irrogazione di una sanzione amministrativa non è di per sé lesivo di alcuna situazione giuridica soggettiva della persona cui sia attribuita la violazione. Esso, di contro, costituisce un atto di natura procedimentale, seguito dall’attività istruttoria, la quale ultima metterà capo all’emanazione del provvedimento sanzionatorio solo ove l’autorità competente ritenga sussistere l’infrazione contestata. Del solo provvedimento irrogativo della sanzione, in ragione di quanto precede, il legislatore riconosce espressamente l’impugnabilità.
Sola eccezione, invero, al principio predetto è riscontrabile in tema di legislazione speciale, per le contravvenzioni al codice della strada, ove al verbale di accertamento dell’infrazione è riconosciuta l’attitudine a divenire titolo esecutivo ed a costituire, in luogo dell’ordinanza ingiunzione, momento terminale del procedimento sanzionatorio.
In proposito, la decisione richiama il recente intervento delle Sezioni Unite, le quali con pronuncia n. 12944 del 2009, nel solco di analoga pronuncia resa anch’essa a sezioni unite nel 2007, avevano sancito l’autonoma impugnabilità dell’atto amministrativo di sollecito di pagamento quando, nonostante il carattere atipico derivante dalla diversa denominazione attribuitagli dall’Amministrazione, abbia identità di contenuto e di funzione rispetto al provvedimento tipizzato impugnabile.
Da ultimo, la Suprema Corte concentra la propria attenzione sulla distinzione che, sotto un profilo prettamente funzionale, corre tra il verbale di accertamento ed il provvedimento propriamente sanzionatorio. Benché, infatti, il verbale di accertamento possa consentire, per scelta rimessa all’asserito trasgressore che intenda valersi della correlativa facoltà legislativamente riconosciutagli, la conclusione anticipata del procedimento sanzionatorio mediante il pagamento in misura ridotta, esso non presenta i caratteri di atto sanzionatorio motivato, emesso a seguito di istruttoria e calibrato, per quanto concerne an e quantum della sanzione, con riferimento alle eventuali deduzioni di controparte.
La corretta interpretazione della L. n. 689/1981 consente, perciò, di qualificare impugnabile soltanto l’atto definitivo del procedimento amministrativo, non anche l’atto endoprocedimentale che lo precede e che è privo del predetto carattere di definitività.
1. Le massime
Per le violazioni soggette alla disciplina generale della Legge 689 del 1981, il verbale di accertamento, costituendo atto di natura meramente procedimentale ed ex se incapace di ledere situazioni giuridiche soggettive, non è direttamente impugnabile nella sede giurisdizionale.
L’impugnabilità di un atto amministrativo opposto ai sensi dell’art. 23 della Legge 689 del 1981 non integra una eccezione in senso stretto, bensì è questione rilevabile d’ufficio, in quanto tale liberamente riproponibile quale motivo di appello dall’Amministrazione che in primo grado sia rimasta contumace, senza che a ciò osti alcuna barriera preclusiva.
Sotto un profilo funzionale, va riconosciuta la profonda diversità dell’avviso di accertamento rispetto al provvedimento irrogativo della sanzione: se il primo è diretto a stimolare, attraverso il pagamento in misura ridotta da parte del trasgressore che intenda valersi di una simile facoltà, una definizione anticipata del procedimento sanzionatorio, il secondo, invece, viene emesso a seguito dell’istruttoria e calibrato, in relazione ad an e quantum della sanzione, con riferimento alle deduzioni di controparte.
2. Il caso
L.M. proponeva opposizione avverso la sanzione amministrativa irrogatagli dalla Provincia di Caltanissetta nel luglio 2006 per mancata registrazione nel registro di carico di traversine costituenti rifiuto. Nella contumacia dell’Amministrazione, il Tribunale territoriale accoglieva l’opposizione.
La Provincia proponeva appello facendo rilevare l’inammissibilità dell’opposizione originaria atteso che l’atto impugnato non era una ordinanza ingiunzione, bensì un avviso di pagamento diretto a contestare la violazione amministrativa. L’impugnazione veniva accolta ed avverso la sentenza del giudice di appello L. M. proponeva ricorso per cassazione.
3. La decisione
La Suprema Corte chiarisce come l’impugnabilità dell’atto amministrativo opposto ai sensi della L. n. 689/1981, art. 23, costituisce questione rilevabile d’ufficio e non eccezione a cura di parte, soggetta alle preclusioni previste dal codice di rito civile, attenendo, infatti all’ammissibilità stessa dell’opposizione. In quanto tale, l’inammissibilità è pacificamente censurabile, senza che a ciò osti alcuna barriera preclusiva, anche in sede di giudizio di appello dall’Amministrazione rimasta contumace in primo grado.
Il verbale di accertamento delle violazioni per le quali sia prevista la irrogazione di una sanzione amministrativa non è di per sé lesivo di alcuna situazione giuridica soggettiva della persona cui sia attribuita la violazione. Esso, di contro, costituisce un atto di natura procedimentale, seguito dall’attività istruttoria, la quale ultima metterà capo all’emanazione del provvedimento sanzionatorio solo ove l’autorità competente ritenga sussistere l’infrazione contestata. Del solo provvedimento irrogativo della sanzione, in ragione di quanto precede, il legislatore riconosce espressamente l’impugnabilità.
Sola eccezione, invero, al principio predetto è riscontrabile in tema di legislazione speciale, per le contravvenzioni al codice della strada, ove al verbale di accertamento dell’infrazione è riconosciuta l’attitudine a divenire titolo esecutivo ed a costituire, in luogo dell’ordinanza ingiunzione, momento terminale del procedimento sanzionatorio.
In proposito, la decisione richiama il recente intervento delle Sezioni Unite, le quali con pronuncia n. 12944 del 2009, nel solco di analoga pronuncia resa anch’essa a sezioni unite nel 2007, avevano sancito l’autonoma impugnabilità dell’atto amministrativo di sollecito di pagamento quando, nonostante il carattere atipico derivante dalla diversa denominazione attribuitagli dall’Amministrazione, abbia identità di contenuto e di funzione rispetto al provvedimento tipizzato impugnabile.
Da ultimo, la Suprema Corte concentra la propria attenzione sulla distinzione che, sotto un profilo prettamente funzionale, corre tra il verbale di accertamento ed il provvedimento propriamente sanzionatorio. Benché, infatti, il verbale di accertamento possa consentire, per scelta rimessa all’asserito trasgressore che intenda valersi della correlativa facoltà legislativamente riconosciutagli, la conclusione anticipata del procedimento sanzionatorio mediante il pagamento in misura ridotta, esso non presenta i caratteri di atto sanzionatorio motivato, emesso a seguito di istruttoria e calibrato, per quanto concerne an e quantum della sanzione, con riferimento alle eventuali deduzioni di controparte.
La corretta interpretazione della L. n. 689/1981 consente, perciò, di qualificare impugnabile soltanto l’atto definitivo del procedimento amministrativo, non anche l’atto endoprocedimentale che lo precede e che è privo del predetto carattere di definitività.