Revival Borghese
Il primo numero del Borghese uscì a Milano il 15 marzo 1950; conteneva tra gli altri, articoli di Prezzolini, Longanesi, Junger, Ansaldo, Tedeschi, Montanelli, e Spadolini. La rivista era quindicinale. Divenne settimanale due anni più tardi e si arricchì dell’inserto fotografico.
Il direttore era Leo Longanesi, Maestro di giornalismo, inventore insuperabile per genialità ed abilità tecnica. Nel periodo fascista Longanesi era stato ideatore delle più belle pubblicazioni del periodo, tra tutte L’Italiano.
Il Borghese è stato etichettato frettolosamente come giornale di destra, in realtà era un giornale conservatore. Rivendicando sempre tale definizione, scriveva Mario Tedeschi (direttore dal 1957 al 1993) “Noi siamo e vogliamo essere solamente un giornale conservatore”.
I conservatori: chi sono? In Italia non c’è mai stato un partito che si sia dichiarato esplicitamente conservatore (come invece in Gran Bretagna o in Danimarca); c’è stato, però, e c’è tuttora (senza rendersene conto) un ampio settore di opinione pubblica di conservatori.
“Conservatore in un’Italia in cui non c’è nulla da conservare”, scriveva Longanesi: e l’obiettivo che il giornale di Longanesi e Tedeschi, in quarantatré anni di esistenza (1950-1993) ha perseguito, è dare voce ai conservatori.
I conservatori non intendono conservare privilegi o benefici o ricchezze, che spesso nemmeno hanno; e in Italia hanno, appunto, poco o nulla da conservare, tolto un bene: la libertà.
Essere conservatori vuol dire appunto conservare la libertà in vista di un domani migliore.
Libertà politica (e dunque il diritto di pensare ed esprimersi in maniera anticonformista), libertà economica (con la rivendicazione della possibilità d’impresa contro lo statalismo e la burocrazia), libertà del singolo e dell’individuo nei confronti di tutti quegli apparati che l’assistenzialismo, il socialismo, le assuefazioni alle pretese comodità sociali, hanno creato a spese proprio di quei conservatori (spesso nel gruppo dei contribuenti tassati) che sovente non ne beneficiano affatto.
I conservatori non sono reazionari (“Il manifesto dei conservatori” scritto da Giuseppe Prezzolini, edizioni Il Borghese è esplicativo); e quindi sanno molto bene che quel che proviene dalle esperienze precedenti non per ciò stesso è necessariamente valido, bello, giusto ed utile.
Però sanno pure che le novità sono in sé pericolose e vanno applicate con cautela.
Del resto, la storia recente d’Italia altro non è che il prodotto degli sfasci delle cosiddette riforme, che son servite solamente a peggiorare le cose (la riforma dell’articolo 117 della Costituzione ha creato una voragine nella spesa sanitaria e il rimbalzo delle competenze tra Stato e Regioni, la riforma schizzoide del mondo del lavoro, il richiamo alla mondializzazione, la riforma degli appalti pubblici, ecc. ecc.).
I conservatori avevano trovato nel Borghese l’unica voce costantemente a loro vicina, ed oggi ripubblichiamo alcune di quelle pagine più significative.