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Termine "lungo" per l’impugnazione delle sentenze del G.A. alla luce della L. n. 69/2009

La Legge 69/09, all’art. 46, co. 17, ha apportato alcune modifiche al libro secondo del c.p.c. e, tra gli altri, all’art. 327 (rubricato: decadenza dall’impugnazione) il quale disciplina il c.d. termine “lungo” di impugnazione delle sentenze (o più propriamente, il termine di decadenza dall’impugnazione).

Secondo il nuovo disposto normativo “Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi decorsi sei mesi (e non più un anno) dalla pubblicazione della sentenza”, fatta salva, ove applicabile, l’ulteriore sospensione dei termini processuali nel periodo feriale disposta dalla Legge 7 ottobre 1969 n. 742 sia con riferimento alle giurisdizioni ordinarie che a quelle amministrative.

Ora, la disciplina dei termini di impugnazione delle sentenze amministrative si rinviene dal combinato disposto degli articoli:

- 28 dalla Legge n. 1034/71 (c.d. Legge TAR), il quale prevede: “Contro le sentenze dei tribunali amministrativi è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli articoli n. 395 e 396 del codice di procedura civile. Contro le sentenze medesime è ammesso, altresì, ricorso al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, da proporre nel termine di giorni sessanta dalla ricevuta notificazione, osservato il disposto dell’articolo 330 del codice di procedura civile”;

- 36 del R.G. n. 1054/1024 (rubricato: Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato) il quale prevede: “Fuori dei casi nei quali i termini siano fissati dalle leggi speciali, relative alla materia del ricorso, il termine per ricorrere al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è di giorni sessanta dalla data in cui la decisione amministrativa sia stata notificata nelle forme e nei modi stabiliti dal regolamento, o dalla data in cui risulti che l’interessato ne ha avuta piena cognizione”.

Come può agevolmente constatarsi le citate norme non prevedono espressamente il c.d. termine “lungo” di impugnazione delle sentenze amministrative, né operano – in via transitoria e finale – rinvii a norme del codice di procedura civile (la legge TAR ad esempio richiama solo l’art. 330 in materia di Luogo di notificazione delle sentenze).

Da qui derivano le seguenti considerazioni:

- nell’ampio quadro normativo disciplinante il processo amministrativo è assente una norma che consenta il rinvio dinamico alle norme del c.p.c. (e quindi, per quanto è qui d’interesse, all’art. 327 c.p.c.), diversamente da quanto ad esempio avviene per il rito innanzi alle Sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per il quale l’art. 26 r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 ha previsto che “…si osservano le norme e i termini della procedura civile in quanto siano applicabili…”.

- l’applicabilità anche alle sentenze amministrative non notificate del termine processual-civilistico di decadenza dall’impugnazione è inverata dal fermo orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, il quale ha più volte ribadito che in caso di mancata notifica della sentenza di definizione del giudizio di primo grado, il termine impugnatorio è di un anno (ridotto a sei mesi dalla Legge 69/09) dalla data del deposito, cui è da aggiungere il termine (oggi solo eventuale) di quarantasei giorni di cui all’art. 1, L. 7 ottobre 1969 n. 742 (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2538; C.d.S, sez. IV, n. 3886/07).

Nonostante il “soccorso” della giurisprudenza, l’esigenza di colmare tale evidente lacuna e/o distorsione normativa è stata avvertita dallo stesso legislatore nazionale il quale, con l’art. 44 della legge n. 69/09, ha delegato il Governo al riassetto della disciplina proprio del processo amministrativo, mediante:

- il riordino del sistema delle impugnazioni;

- l’individuazione delle disposizioni applicabili mediante rinvio a quelle del processo di primo grado;

- la disciplina e la concentrazione delle impugnazioni.

Nell’attesa dunque che il Governo, a tal fine espressamente delegato, completi l’iter già avviato dal legislatore nazionale con una sostanziale razionalizzazione del processo civile latu sensu, non può non ritenersi che anche il processo amministrativo sia stato, di fatto ed incidentalmente, già interessato dalla riforma del codice di procedura civile introdotta dalla L. n. 69/09.

Ciò è evidente ove si consideri che le sentenze amministrative rese in giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge 69/09 (e quindi dopo il 4 luglio 2009) e non notificate, non potranno essere appellate innanzi al Consiglio di Stato decorso il termine di sei mesi (e non più di un anno) dalla pubblicazione, oltre l’eventuale ulteriore termine previsto per la sospensione feriale qualora rientrante nel semestre “decadenziale”.

La Legge 69/09, all’art. 46, co. 17, ha apportato alcune modifiche al libro secondo del c.p.c. e, tra gli altri, all’art. 327 (rubricato: decadenza dall’impugnazione) il quale disciplina il c.d. termine “lungo” di impugnazione delle sentenze (o più propriamente, il termine di decadenza dall’impugnazione).

Secondo il nuovo disposto normativo “Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi decorsi sei mesi (e non più un anno) dalla pubblicazione della sentenza”, fatta salva, ove applicabile, l’ulteriore sospensione dei termini processuali nel periodo feriale disposta dalla Legge 7 ottobre 1969 n. 742 sia con riferimento alle giurisdizioni ordinarie che a quelle amministrative.

Ora, la disciplina dei termini di impugnazione delle sentenze amministrative si rinviene dal combinato disposto degli articoli:

- 28 dalla Legge n. 1034/71 (c.d. Legge TAR), il quale prevede: “Contro le sentenze dei tribunali amministrativi è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli articoli n. 395 e 396 del codice di procedura civile. Contro le sentenze medesime è ammesso, altresì, ricorso al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, da proporre nel termine di giorni sessanta dalla ricevuta notificazione, osservato il disposto dell’articolo 330 del codice di procedura civile”;

- 36 del R.G. n. 1054/1024 (rubricato: Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato) il quale prevede: “Fuori dei casi nei quali i termini siano fissati dalle leggi speciali, relative alla materia del ricorso, il termine per ricorrere al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è di giorni sessanta dalla data in cui la decisione amministrativa sia stata notificata nelle forme e nei modi stabiliti dal regolamento, o dalla data in cui risulti che l’interessato ne ha avuta piena cognizione”.

Come può agevolmente constatarsi le citate norme non prevedono espressamente il c.d. termine “lungo” di impugnazione delle sentenze amministrative, né operano – in via transitoria e finale – rinvii a norme del codice di procedura civile (la legge TAR ad esempio richiama solo l’art. 330 in materia di Luogo di notificazione delle sentenze).

Da qui derivano le seguenti considerazioni:

- nell’ampio quadro normativo disciplinante il processo amministrativo è assente una norma che consenta il rinvio dinamico alle norme del c.p.c. (e quindi, per quanto è qui d’interesse, all’art. 327 c.p.c.), diversamente da quanto ad esempio avviene per il rito innanzi alle Sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per il quale l’art. 26 r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 ha previsto che “…si osservano le norme e i termini della procedura civile in quanto siano applicabili…”.

- l’applicabilità anche alle sentenze amministrative non notificate del termine processual-civilistico di decadenza dall’impugnazione è inverata dal fermo orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, il quale ha più volte ribadito che in caso di mancata notifica della sentenza di definizione del giudizio di primo grado, il termine impugnatorio è di un anno (ridotto a sei mesi dalla Legge 69/09) dalla data del deposito, cui è da aggiungere il termine (oggi solo eventuale) di quarantasei giorni di cui all’art. 1, L. 7 ottobre 1969 n. 742 (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2538; C.d.S, sez. IV, n. 3886/07).

Nonostante il “soccorso” della giurisprudenza, l’esigenza di colmare tale evidente lacuna e/o distorsione normativa è stata avvertita dallo stesso legislatore nazionale il quale, con l’art. 44 della legge n. 69/09, ha delegato il Governo al riassetto della disciplina proprio del processo amministrativo, mediante:

- il riordino del sistema delle impugnazioni;

- l’individuazione delle disposizioni applicabili mediante rinvio a quelle del processo di primo grado;

- la disciplina e la concentrazione delle impugnazioni.

Nell’attesa dunque che il Governo, a tal fine espressamente delegato, completi l’iter già avviato dal legislatore nazionale con una sostanziale razionalizzazione del processo civile latu sensu, non può non ritenersi che anche il processo amministrativo sia stato, di fatto ed incidentalmente, già interessato dalla riforma del codice di procedura civile introdotta dalla L. n. 69/09.

Ciò è evidente ove si consideri che le sentenze amministrative rese in giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge 69/09 (e quindi dopo il 4 luglio 2009) e non notificate, non potranno essere appellate innanzi al Consiglio di Stato decorso il termine di sei mesi (e non più di un anno) dalla pubblicazione, oltre l’eventuale ulteriore termine previsto per la sospensione feriale qualora rientrante nel semestre “decadenziale”.