Time management per avvocati
Qual è la risorsa che scarseggia maggiormente nelle giornate del professionista legale? Senza esitazioni tutti, o quasi, risponderemo il tempo.
Il tempo sappiamo che non è una entità su cui si può lavorare direttamente, ma indirettamente, attraverso organizzazione e scelte oculate. Detto ciò, l’obiettivo di tutti, se ci pensate bene, non è l’avere più tempo a disposizione, quanto avere a fine giornata completato tutto ciò che abbiamo da fare. Una questione di risultati, quindi, più che di tempo.
Va subito sottolineato come la mancanza del tempo a fine giornata, per concludere quanto ci siamo proposti, non dipende da grandi errori, ma da micro dispersioni che si accumulano durante la giornata e alla fine rappresentano proprio quanto ci manca.
La maggior parte delle persone si perde in attività di poco conto, in abitudini dannose, in polemiche snervanti e in disorganizzazione. È su questo che va principalmente focalizzata la nostra attenzione, non sul contenitore (tempo), ma sulle modalità di gestione e sugli obiettivi che ci si pone (cosa) e sulle strategie che seguiamo per gestire tutto al meglio (come).
Partiamo dalla mentalità
Fino a quando considereremo la giornata come un contenitore da riempire, da stipare fino all’ultimo minuto, di soddisfazione ne avremo poca. È nel momento in cui modificheremo la logica organizzativa del nostro lavoro che vedremo i risultati del cambiamento.
La mentalità dell’avvocato, come di ogni altro professionista, deve diventare una mentalità manageriale fatta di programmazione e pianificazione, invece che di verifica ex post di come è stato impiegato il tempo.
Negli studi di maggiori dimensioni dove è in uso lo strumento del timesheet la mentalità resta di verifica e di “controllo di gestione”, più che di pianificazione e previsione. Altro elemento che deve entrare nell’organizzazione delle attività è il concetto di priorità, dove i criteri definitori devono essere urgenza e importanza.
Maggior consapevolezza
Siete consapevoli di come utilizzate oggi il tempo? Avete consapevolezza delle vostre abitudini, quelle buone e quelle no?
Siete coscienti delle scelte che compite e di quali sono i criteri che ve le fanno compiere?
La consapevolezza è la premessa per poter intervenire e apportare migliorie.
Accanto alla consapevolezza delle abitudini è utile, però, avere consapevolezza anche degli obiettivi: perché abbiamo fatto quella scelta? Ovviamente qui non ci interessa il perchè causalistico, bensì quello finalistico.
Il tempo come alleato
Il tempo non è un nemico, come molti pensano. Il tempo che passa, di per sè non è un problema. Il tempo può essere un ottimo alleato, se ci poniamo nei suoi confronti nel modo giusto. Niente più braccio di ferro, niente più rincorse continue per attività stipate in ogni dove.
E se il nostro tempo in Studio è gestito da qualcun altro, clienti o capi, è perché abbiamo un giorno deciso che così doveva essere. Noi siamo la causa remota e noi siamo la soluzione presente.
Oggi possiamo decidere di riprendere la cloche di questo aereo, la barra di comando del nostro tempo e delle nostre giornate.
Il peggior servizio che possiamo fare alla nostra vita è caricarla di tutta questa fatica senza sapere neppure perché, in senso finalistico (a pro di che). Questo momento di chiarificazione e consapevolezza è un passaggio obbligato.
Come procedere?
Prima di tutto fermiamoci un attimo e prendiamo tempo, appunto. Prendere del tempo di qualità per pensare è un lusso che pochi si concedono. Una buona regola per procedere consapevolmente è porsi domande, invece che dare subito risposte e soluzioni.
Meglio ancora se tali domande riusciamo a metterle per iscritto: domande sui nostri obiettivi, desideri, esigenze, risorse. Mettere per iscritto permette di ragionare meglio, perché permette di “vedere” i nostri pensieri.
Scrivere poi aiuta a riflettere, rallenta il pensiero, rende più difficile nascondersi dietro alibi e scuse. Scrivere permette, infine, di rileggere più volte e in momenti e stati d’animo diversi.
Prendete quindi l’abitudine di programmare per iscritto, di pianificare e più in generale di tenere un diario di bordo dove annotare le esperienze della giornata, le vostre sensazioni ed emozioni e i ragionamenti che vi sono dietro.
La possibilità di tornare su quanto abbiamo scritto è importante per poter comprendere come abbiamo utilizzato il tempo a disposizione.
Anche le continue interruzioni e gli imprevisti potrebbero essere annotati, magari per un arco di tempo definito (per esempio, una settimana), per poter così verificare quanto siamo in balìa degli eventi e quanto dipende da noi. Se volete una buona guida alla gestione del tempo, la mia ultima opera Gestire il tempo nell’attività professionale, 2020, ed. Alpha Test potrebbe fare proprio al vostro caso.
Abitudini
Le abitudini sono quegli schemi comportamentali e di pensiero che ripetiamo costantemente nel tempo e di cui non ci accorgiamo praticamente più.
Si consolidano e diventano parte del nostro essere e del nostro vivere.
Da un lato sono utili perché “economizzano” le energie e ci danno sicurezza e stabilità; dall’altro, invece, a volte sono inutili, altre volte decisamente dannose.
Ciascuno di noi ha ben presente le difficoltà che incontra ad introdurre cambiamenti duraturi nel proprio modo di fare e di pensare.
Se da un lato, dunque, le abitudini velocizzano il nostro agire, perché in numerose circostanze della giornata inseriamo il “pilota automatico” e agiamo di conseguenza, dall’altro è come se corressimo su binari preimpostati, in una ripetitività e rigidità di comportamento difficile da scalfire, soprattutto se da ciò abbiamo ricavato in passato vantaggi che ne hanno confermato l’utilità.
Esistono poi abitudini funzionali, che cioè sono nostre alleate verso la conquista delle mete prefissate e abitudini disfunzionali, che non fanno altro che complicarci la vita e rendere più faticoso il nostro operare. È possibile che un comportamento abitudinario, che un tempo era utile per il contesto di vita che avevamo, OGGI sia inutile o dannoso.
Sarebbe opportuno, pertanto, fare periodicamente una verifica sui nostri comportamenti, un “settaggio” di noi stessi, per essere sempre allineati alle nostre reali esigenze del presente e valutare se come stiamo agendo è strategico (per il nostro benessere) oppure no.
Alibi e resistenza al cambiamento
Le scuse e gli alibi sono la miglior strategia che abbiamo per giustificare le vecchie abitudini e non fare nulla per cambiare la situazione.
La resistenza al cambiamento è quel processo che si attiva di fronte ad un cambiamento che rischia di minacciare un equilibrio (sano o malsano) che si è venuto a creare.
La resistenza individuale avviene a tre livelli: cognitivo (i nostri ragionamenti), emotivo (le nostre emozioni, la paura in primis), comportamentale (le nostre abitudini di comportamento).
Negli anni tendiamo a crearci una zona di comfort all’interno della quale siamo a nostro agio. Lì dentro, in quel perimetro c’è il conosciuto e quindi siamo da ciò rassicurati.
Passano poi gli anni e le cose cambiano. Spesso quella zona di comfort che un tempo andava bene comincia ad essere stretta.
Cominciamo a provare difficoltà e insofferenza, ma finché possiamo resistiamo.
Questo è quanto accade anche con la gestione del tempo e delle nostre giornate, tendiamo a ripeterle anche se siamo in affanno e questo finché i conti in qualche modo tornano, salvo ricevere dal nostro organismo e dalla nostra psiche messaggi di malessere che ci avvertono che qualcosa non va e che dobbiamo far qualcosa per modificare lo status quo.
In conclusione, la gestione del tempo è prima di tutto un fatto di mentalità e di volontà e poi una questione di tecniche e principi utili per migliorare la relazione con le attività, i clienti e i colleghi.