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Una guida d’eccellenza per una professione sempre più complessa

Colori
Ph. Erika Pucci / Colori

È in uscita, per i tipi delle Edizioni Scientifiche Italiane nell’ambito di una collana manualistica diretta da Francesco Fimmanò, il Manuale teorico-pratico dell’amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati.

Hanno collaborato alla sua stesura numerosi autori appartenenti a plurime categorie professionali: accademici, avvocati, aziendalisti, esperti contabili, esponenti di agenzie investigative statali, magistrati.

A dispetto della dichiarata appartenenza al genere della manualistica, il volume è quantomai corposo (quasi 900 pagine).

Le ragioni di questo straordinario impegno si apprezzano già solo a scorrere l’indice e l’idea che esso trasmette di una ricchezza contenutistica estesa fino ai più minuti dettagli della materia esplorata.

L’opera è divisa in quattro grandi partizioni: la prima ha ad oggetto i sequestri e ne prende in esame la configurazione normativa e il fitto (talvolta caotico) reticolato di strumenti approntati dal legislatore, la seconda è focalizzata sugli adempimenti che gravano sull’amministratore giudiziario a partire dall’esecuzione del provvedimento di sequestro, la terza completa il medesimo tema in modo più specializzato e lo declina tra l’altro in relazione alle differenti tipologie di beni acquisiti alla procedura, la quarta offre un inquadramento complessivo del ruolo dell’amministratore, delle responsabilità che gli competono, degli strumenti di reazione ai suoi atti gestionali e della remunerazione del suo impegno professionale.

La lettura complessiva del manuale permette di apprezzare le sue più evidenti caratteristiche identitarie.

La prima, di sfondo, è il tentativo di elevare a sistema l’ambito dei provvedimenti cautelari reali attraverso l’identificazione di regole e obblighi gestionali validi per tutti gli istituti messi in campo negli ultimi decenni da un legislatore propenso più all’accumulo di norme e strumenti piuttosto che alla coerenza e all’efficacia degli interventi riformatori.

Uno sforzo – quello degli autori – davvero improbo se solo si considera, ad esempio, la difficoltà di ricondurre a sistema gli strumenti propri del procedimento penale e quelli dell’ambito preventivo.

Basta qui ricordare che il 19 dicembre 2020 è divenuto applicabile in tutti gli Stati dell’Unione europea il Regolamento UE 2018/1805 adottato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio e relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca.

Di lì a poco, precisamente il 12 gennaio 2021, la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato – Dipartimento della Pubblica sicurezza ha diramato una circolare in cui ha affermato che “l’espressione «procedimento in materia penale», utilizzata dal legislatore europeo, è idonea a ricomprendere anche i provvedimenti di sequestro e confisca emessi nell’ambito dei procedimenti di prevenzione disciplinati dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D. lgs. n. 159/2011), presupponendo essi una valutazione di pericolosità sociale, fondata sulla sussistenza di indizi della commissione di reati, e un accertamento della provenienza illecita dei beni” ed ha conseguentemente esortato i Questori ad attivare le procedure di riconoscimento reciproco anche per i provvedimenti di sequestro e confisca adottati ai sensi della normativa preventiva antimafia.

La perentorietà dell’assunto appare tuttavia ingiustificata se si pone attenzione al “considerando” n. 13 del Regolamento in cui si precisa che la definizione di un autonomo concetto euro-unitario di “procedimento in materia penale” è avvenuta “ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”. La formulazione di questo inciso dà vita ad una sorta di clausola di salvezza in forza della quale il significato da attribuire alla nozione di procedimento accolta nel Regolamento 2018-1805, per quanto estesa possa essere, non può sovvertire gli indirizzi interpretativi affermati dalla Corte EDU, unica legittima interprete della Convenzione europea dei diritti umani.

Ciò posto, serve ricordare che, senza alcuna soluzione di continuità, la Corte EDU, da ultimo con la nota sentenza De Tomaso c. Italia del 2017, ha costantemente escluso che le misure di prevenzione appartengano al concetto di “materia penale” come elaborato dalla stessa Corte a partire dalla celebre sentenza Engel c. Paesi Bassi del 1976, cui si deve la prima formulazione dei criteri, di seguito appunto denominati criteri Engel, solo in presenza dei quali un istituto acquisisce le caratteristiche per godere dello statuto garantistico riservato agli istituti formalmente penali.

Le misure di prevenzione patrimoniale restano dunque confinate, a dispetto dell’entusiasmo della circolare, nell’area della civil forfeiture di matrice anglosassone.

Solo un esempio, tra i tanti possibili, delle difficoltà che l’eterogeneità dell’arsenale normativo pone ai pratici e agli studiosi.

La seconda ed utilissima caratteristica del manuale è la sua spiccata propensione alla prospettiva gestionale. È davvero esemplare l’attenzione riservata al senso generale dell’attività dell’amministratore giudiziario, alla miriade di adempimenti che questi deve assolvere, alle modalità concrete che devono essere assicurate, alle best practices consolidate, perfino alla modulistica di riferimento. Così come è preziosa l’abbondante casistica citata, l’esposizione delle possibili opzioni gestorie, la soluzione offerta dalla giurisprudenza. È senza dubbio questa la parte dell’opera che meglio incarna la sua natura manualistica e che consente di soddisfare con grande accuratezza le esigenze conoscitive ed esperienziali dei lettori.

È peraltro rimarchevole, e lo si segnala come punto di forza dell’opera, la capillare attenzione destinata ai problemi specifici dell’amministrazione di beni costituiti in azienda. Chiunque abbia conoscenza della materia sa bene che, soprattutto nell’immediatezza del sequestro ma anche di seguito, le sfide gestorie più complicate sono poste appunto dalle aziende: in un numero elevato di casi, l’amministratore deve fronteggiare problemi di liquidità, di accesso al credito, di possibile perdita di fiducia di fornitori e clienti, di evidenze contabili inattendibili e così via. Ognuno di questi problemi mette a dura prova la difesa della continuità aziendale e la salvaguardia dei livelli occupazionali e rende conseguentemente difficoltosa anche la previsione da comunicare agli organi della procedura sulle prospettive aziendali future. Il manuale si diffonde con competenza su questo ambito ed è un asset prezioso.

La terza e ultima caratteristica che merita di essere segnalata è la costruzione complessiva di un linguaggio delle comunicazioni che l’amministratore indirizza al giudice delegato ed agli altri suoi interlocutori fisiologici. La chiarezza è essenziale e diventa quindi indispensabile servirsi di moduli comunicativi immediatamente comprensibili e tarati sulle esigenze conoscitive proprie di ognuno dei destinatari. Il manuale offre a questo proposito una ricca rassegna di atti tipo e contenuti che aiutano l’amministratore ad esternare nel modo più efficace il lavoro compiuto e da compiere ed il senso che li giustifica.

In  conclusione, il manuale qui recensito si staglia come un’opera di spicco e si candida autorevolmente a diventare un punto di riferimento prezioso per i tanti professionisti già affidatari di incarichi giudiziari di amministrazione di beni e per i loro colleghi che guardano con interesse a questo ambito e desiderano acquisire le competenze necessarie per farne parte.