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Giustizia: la matematica è un’opinione

La giustizia, 1559, Pieter Bruegel il Vecchio
La giustizia, 1559, Pieter Bruegel il Vecchio

Socrate chiedeva agli uomini di conoscere se stessi. Vivesse oggi – ne siamo convinti – farebbe la stessa domanda con maggiore vigore alle Istituzioni che governano la vita degli uomini. Perché i numeri, se esatti, sono prima conoscenza e poi democrazia. Sempre che non li si maltratti perché, come ha ricordato Gregg Easterbrook, «Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa». Ma questa è un’altra storia e magari se ne parlerà un giorno.

Quello che invece va sottolineato subito è che il vertice politico e i vertici giudiziari dell’Amministrazione della giustizia raccontano ognuno una storia diversa.

Partiamo dalla Ministra Cartabia che, sollecitata da una interrogazione dell’on. Costa, ha fornito recentemente i suoi dati (vedi link: 4/10593 : CAMERA - ITER ATTO).

L'interrogante rivolge tre precise domande alla Ministra:

“...quali siano i dati sulla modalità di definizione dei procedimenti suddivisi per tipologia di reati, in particolare per quello che riguarda i reati contro la Pubblica Amministrazione;

quale sia la percentuale di sentenze di appello in riforma delle sentenze di I grado; quale sia il tasso di accoglimento e rigetto delle richieste dei Pubblici Ministeri ai Gip suddivise per diverse tipologie (richieste di intercettazione, proroga indagini e applicazione misure cautelari);

quale sia il numero di avvisi di garanzia notificati ogni anno e quanti di questi si traducano in un rinvio a giudizio o in una citazione diretta a giudizio...”.

Questa la risposta della Professoressa Cartabia all’ultimo quesito: “Al riguardo occorre innanzitutto sottolineare che la direzione generale di statistica del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha fatto presente di non disporre dei dati relativi al tasso di accoglimento e di rigetto delle richieste interlocutorie avanzate dai pubblici ministeri ai Gip e al numero degli avvisi di garanzia notificati ogni anno”.

Sulle altre domande così risponde:

“Per quanto concerne i dati statistici relativi ai procedimenti definiti dalle sezioni dibattimento riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione e le sentenze di appello di conferma o riforma delle sentenze di I grado si rimanda integralmente alla lettura dei prospetti contenuti nella nota redatta in data 15 ottobre 2021 dalla direzione generale di statistica del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero, apparendo in ogni caso utile sottolineare che le corti di appello riformavano le sentenze di primo grado nella misura del 36,3 per cento dell'anno 2018, del 34,4 per cento nell'anno 2019 e del 33,4 per cento nell'anno 2020;

le Corti di assise di appello riformavano le sentenze di primo grado nella misura del 59,5 per cento nell'anno 2018, del 60,0 per cento nell'anno 2019 e del 61,5 per cento nell'anno 2020;

le sezioni per i minorenni delle Corti di appello riformavano le sentenze di primo grado nella misura del 39,1 per cento nell'anno 2018, del 38,3 per cento nell'anno 2019 e del 35,0 per cento nell'anno 2020.

Inoltre, per quanto concerne l'esito dei procedimenti penali relativi ai reati contro la pubblica amministrazione, le sentenze di condanna emesse in primo grado nell'anno 2018 erano ricomprese tra il 63,5 per cento con riferimento al reato di istigazione alla corruzione e il 5,9 con riferimento al reato di corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio mentre le sentenze di assoluzione erano ricomprese tra il 47,9 per cento con riferimento al reato di abuso di ufficio e il 7,7 per cento con riferimento al reato di corruzione in atti giudiziari”.

Sempre di numeri hanno parlato il Presidente Curzio e il Procuratore Generale Salvi nell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Nella sua relazione sull’amministrazione della giustizia nel 2021 (consultabile a questo link), il presidente della Corte regolatrice ha evidenziato alcune criticità del processo a citazione diretta, manifestate dalle elevate percentuali di assoluzioni, superiori al 50% delle pronunce di primo grado (pag. 54  e ss.).

In virtù di tali dati statistici, il primo presidente ha ritenuto “concludersi per la necessità di un rinnovato impegno dell’ufficio del pubblico ministero nello svolgimento di indagini complete e di un serio ed effettivo filtro giurisdizionale per evitare un inutile dispendio di energie e di costi, oltre che, in primis, la pena derivante dal semplice fatto di essere sottoposti a processo”.

Nella relazione del procuratore generale Salvi (consultabile a questo link) troviamo numeri e considerazioni assai diversi.

Infatti, per il vertice requirente l’assunto che in primo grado le assoluzioni siano in percentuali molto elevate non corrisponde alla realtà dei numeri: “tale assunzione non trova riscontro nell’analisi statistica approfondita, in quanto - depurate da prescrizione, remissione di querela, oblazione, messa alla prova ed altro, tutte ipotesi che non escludono affatto la responsabilità e in alcuni casi la presuppongono - i processi che si definiscono con le assoluzioni reali negli ultimi tre anni sono poco oltre il 21% delle sentenze”.

In sintesi:

  • la ministra Cartabia, che pure dispone di una direzione generale di statistica (la quale, come si legge nel sito web istituzionale del ministero della Giustizia, è “strumento di trasparenza per i cittadini, in grado di fornire informazioni aggiornate sui dati e i flussi fondamentali della domanda di giustizia nel Paese e sulla capacità di risposta del sistema”), ignora i numeri “relativi al tasso di accoglimento e di rigetto delle richieste interlocutorie avanzate dai pubblici ministeri ai Gip e al numero degli avvisi di garanzia notificati ogni anno” e sì che qualche utilità l’avrebbero per concorrere a comprendere su quali fondamenta si regge in generale l’avvio dei procedimenti penali; la stessa ministra attesta comunque, limitatamente all’ambito dei reati contro la p.a. oggetto dell’interrogazione, esiti assolutori in percentuali più che significative;
  • il presidente della Corte di cassazione, sia pure riferendosi ai soli processi a citazione diretta, ne constata l’esito assolutorio in misura superiore al 50% già in primo grado e ne desume un uso non molto avveduto dell’esercizio dell’azione penale e la necessità di disporre di un filtro adeguato;
  • il procuratore generale presso la Corte di Cassazione osserva per contro che, sgombrato il campo dai vari esiti estintivi che non escludono la responsabilità degli accusati, le assoluzioni non vanno oltre la più che sopportabile percentuale del 21%.

Si potrebbe obiettare che ognuna di queste risposte è stata data secondo una differente prospettiva e per un fine specifico.

Certo, si potrebbe ma già questo, soprattutto per dati che pretendono di essere unitari e omogenei come quelli forniti a consuntivo nell’inaugurazione dell’anno giudiziario, sembra inappropriato perché lo scopo dei numeri è dissipare le incertezze, non crearne di nuove.

E se poi non si sa nulla di ambiti importanti (come le cosiddette richieste interlocutorie e gli avvisi di garanzia), non si sta forse edificando su fondamenta incerte qualsiasi valutazione sui risultati delle indagini preliminari?

Sono solo alcuni esempi tra i tanti possibili ai quali molti altri potrebbero essere aggiunti a cominciare dall’incredibile incompletezza, che si ripete da molti anni, dei dati che compongono la relazione annuale sull’uso del potere cautelare.

Un’incompletezza che – si badi bene – deriva dall’inerzia di alcune Corti d’appello che, incredibilmente, non forniscono i dati richiesti al ministero della Giustizia.

I numeri sono trasparenza ma non li abbiamo tutti e l’interpretazione di quelli che abbiamo risente in negativo di metodologie soggettive.

Non proprio l’ideale.