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Ancora sull’ omessa dichiarazione dei redditi: citazione diretta e la nuova udienza predibattimentale

omessa dichiarazione dei redditi
omessa dichiarazione dei redditi

Ancora sull’ omessa dichiarazione dei redditi: citazione diretta e la nuova udienza predibattimentale

A seguito dell’entrata in vigore della legge 27 settembre 2021, n. 134 - recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari"- il reato di omessa dichiarazione dei redditi o dell’IVA, di cui all’art. 5 del Dlgs. N. 74/2000 non sarà più sottoposto al filtro dell’udienza preliminare, bensì ora rientrerà nel catalogo degli illeciti penali per i quali il p.m. effettua la citazione diretta a giudizio. 

Prima dell’intervento riformatore, l’art. 550 c.p.p. regolava l’esercizio dell’azione penale del Pm con la citazione diretta a giudizio solo per talune fattispecie di reato, ossia le contravvenzioni e i delitti puniti nel massimo con la reclusione non superiore a quattro anni; per gli altri delitti era necessario lo svolgimento dell’udienza preliminare.

Costituivano eccezione soltanto taluni reati espressamente inclusi tra quelli per cui era prevista la citazione diretta. Per quanto concerneva i reati tributari, la citazione diretta riguardava i soli illeciti di omesso versamento delle ritenute e dell’IVA, la indebita compensazione di crediti non spettanti e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nella forma non aggravata.

A seguito della l. 134/2021, anche l’omessa dichiarazione dei redditi o dell’IVA rientra oggi tra le fattispecie di reato per le quali è necessaria la citazione diretta a giudizio da parte del Pm, con conseguente eliminazione della fase dell’udienza preliminare.

La delega è stata attuata con il Dlgs n. 150/2022. L’entrata in vigore delle sue previsioni, superato l’ordinario periodo di vocatio legis, era fissata per il 1° novembre 2022.

Com’è noto, la riforma introdotta consta di 99 articoli che intervengono, con portata innovatrice calibrata sulle singole discipline, sul sistema penale sostanziale, su quello processuale e sul corredo delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. Un titolo autonomo del decreto (il titolo IV) è dedicato alla disciplina organica della giustizia riparativa e, infine, gli ultimi titoli sono dedicati, rispettivamente, agli interventi realizzati sul tessuto della legislazione speciale (titolo V) e alla disciplina transitoria, finale e di adeguamento (titolo VI). II.

L’intenzione che ha mosso questo significativo intervento di sistema è stata, per un versante principale, quella del raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R.

A questa finalità, connessa all’ottenimento e mantenimento delle risorse collegate al piano nazionale di ripresa e resilienza, si è aggiunta, tuttavia, anche la volontà di segnare un ulteriore passo verso il conseguimento di un più elevato livello di garanzie di “giusto processo” iscritte nella Carta costituzionale e nelle convenzioni sovranazionali, da realizzare in sintonia con l’avvio di un piano di rafforzata informatizzazione infrastrutturale e di digitalizzazione degli atti.

In assoluta sintonia si pone il pilastro delle garanzie, rafforzate attraverso una scansione più definita dei tempi della determinazione all’esercizio dell’azione penale, un accrescimento delle occasioni di controllo giurisdizionale sul procedere dell’autorità inquirente nella fase delle indagini ed in quella più propriamente processuale ed un ragionevole aggiornamento  delle forme e modalità di intervento negli snodi della  fase procedimentale, che rendano effettiva la possibilità di partecipare al processo e difendersi provando.

Più in dettaglio e per quanto concerne la fattispecie penale dell’omessa dichiarazione dei redditi e dell’IVA, viene esteso il catalogo dei reati per i quali l’esercizio dell’azione penale può realizzarsi nelle forme del decreto di citazione diretta a giudizio, includendovi molteplici fattispecie criminose il cui trattamento sanzionatorio si colloca in una forbice edittale tra i quattro ed i sei anni di reclusione. Si segnalano, tra questi, l’evasione aggravata da violenza o minaccia (art. 385 comma 2 prima parte c.p.), le contraffazioni di pubblici sigilli (artt. 467 e 468 c.p.), l’indebito utilizzo, la falsificazione, la detenzione o la cessione di carte credito (art. 493-ter c.p.) e, appunto, l’omessa dichiarazione dei redditi di cui al già citato art. 5 D.Lgs 74/2000.

Accanto a questo intervento, la seconda e ben più significativa novità risiede nell’introduzione di un’udienza predibattimentale, completamente diversa dall’udienza preliminare, la cui trattazione è affidata ad un giudice monocratico differente da quello cui è assegnato il giudizio dibattimentale.

Nell’ambito della neo introdotta udienza –sulla scorta dell’esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero- verrà valutata, oltre alla ricorrenza delle situazioni che impongono una immediata pronuncia di proscioglimento, l’idoneità prognostica del compendio d’accusa ad addivenire ad una pronuncia di condanna. Laddove, anche attraverso il contributo argomentativo del contraddittorio, questa previsione non appaia ragionevolmente sostenuta, il giudice dell’udienza predibattimentale dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere.

Siffatta udienza, che sembrerebbe evocare per similitudine l’udienza preliminare e contraddire apparentemente la scelta acceleratoria perseguita attraverso l’ampliamento dei casi in cui è ammessa la citazione diretta a giudizio, in realtà è stata ideata con lo spirito di liberare la fase di cognizione istruttoria da tutte le cause di rallentamento e di stasi che ostacolano spesso la rapida definizione dell’accertamento dibattimentale.

È, quindi, un’udienza destinata a fare ordine, selezione e filtro su ciò che richiede effettivamente una verifica dibattimentale mediante il ricorso alla cross examination nella formazione della prova. Resta, pertanto, ferma e preliminare ad assicurare la funzionalità della nuova disciplina la cura che il pubblico ministero saprà comunque assicurare nell’operare la sua selezione tra le scelte di azione e quelle di archiviazione.

Il decreto di citazione, conseguentemente, conterrà sia la vocatio per l’udienza di comparizione predibattimentale, primo step della fase processuale in senso stretto, sia gli avvisi previsti dall’art. 552 c.p.p. (nuova versione) in ragione dei nuovi termini per la costituzione di parte civile (art. 79 c.p.p.) e per la definizione con rito alternativo. Dopo la notificazione del decreto di citazione, il pubblico ministero formerà il fascicolo per lo svolgimento dell’udienza predibattimentale che sarà costituito dal fascicolo del dibattimento unitamente al fascicolo del pubblico ministero.

Ciò posto sinteticamente in merito alla riforma, preme osservare per quanto riguarda la materia dei reati tributari, che prima della novella legislativa, l’art. 550 c.p.p. prevedeva l’esercizio dell’azione penale da parte del Pm. solo per le contravvenzioni e per i delitti puniti nel massimo con la reclusione non superiore a quattro anni; per gli altri delitti, obbligatorio era il passaggio dall’udienza preliminare. L’unica eccezione ammessa, come prima illustrato, riguardava taluni reati espressamente inclusi tra le ipotesi di citazione diretta, tra cui l’omesso versamento delle ritenute e dell’IVA, indebita compensazione di crediti non spettanti e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nella forma non aggravata, per importi non superiori a 200.000 euro.

A seguito della novella legislativa, l’alveo dei reati tributari per i quali l’azione penale è esercitata con citazione diretta è stato ampliato, includendo ora anche altri delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla multa, che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento.

La ratio dell’estensione del catalogo dei reati a citazione diretta è quello della riduzione dello spatium operandi dell’udienza preliminare, con conseguenze snellimento e deflazione del dibattimento, che riguarda tuttavia, non tutti i reati puniti con pena non superiore nel massimo a sei anni, ma solo quelle fattispecie che possiedono due peculiarità ben precise: una caratteristica formale, cioè la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni; e una caratteristica sostanziale, ossia la non complessità dell’accertamento che giustifica l’omissione della udienza preliminare  e la sottoposizione alla nuovissima e più veloce udienza predibattimentale.

Per quanto riguarda tale ultimo aspetto, che interessa più da vicino i reati a citazione diretta e quindi anche l’omessa dichiarazione, l’udienza predibattimentale si svolge innanzi a un giudice differente dal GUP e da quello che svolgerà l’eventuale dibattimento.   In tale udienza si compie l’accertamento: sulla regolare costituzione delle parti, procedendosi altresì alla sua regolarizzazione,  finalizzato all’eventuale dichiarazione di assenza dell’imputato;  sull’ammissibilità della costituzione della parte civile, con l’adozione del conseguenziale provvedimento; sulla possibilità di definizione anticipata per remissione della querela;  sull’esattezza della definizione giuridica, sull’esaustività descrittiva dell’imputazione, promuovendosene anche il necessario adeguamento o provvedendosi, in mancanza, alla restituzione degli atti al pubblico;  sul rispetto dei criteri di attribuzione della cognizione al giudice monocratico.

Inoltre, questa è l’udienza destinata a tutta una serie di adempimenti che possono essere così sintetizzati: la definizione di tutte le questioni preliminari previste dall’art. 491 c.p.p.; la definizione anticipata del giudizio nelle forme alternative del giudizio abbreviato, di applicazione della pena a norma dell'articolo 444, di sospensione del processo con messa alla prova, od a seguito di oblazione.   L’udienza predibattimentale fissa, inoltre, il limite decadenziale per la costituzione di parte civile (art. 79 comma 2 c.p.p.).

Laddove non si addivenga alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere ed in assenza di definizioni alternative, il giudice disporrà la prosecuzione del giudizio dinanzi ad un diverso giudice e la restituzione del fascicolo del pubblico ministero

È previsto, altresì, il rispetto di due scansioni temporali dilatorie per l’inizio della fase propriamente dedicata all’istruttoria dibattimentale: • tra la data della notifica all’imputato, al suo difensore ed alla persona offesa del decreto di citazione a giudizio e la data dell’udienza predibattimentale deve intercorrere, a pena di nullità, un termine non inferiore a 60 giorni (liberi). Esso può essere ridotto a 45 giorni nei casi di urgenza, le cui ragioni devono però essere espressamente motivate; • tra la data dell’udienza predibattimentale in cui si dispone la trasmissione del fascicolo al giudice della trattazione istruttoria e quella fissata per l’inizio del dibattimento deve intercorrere un termine non inferiore a 20 giorni (liberi).

In merito  alle ricadute temporali della nuova disciplina, cioè dell’effetto che l’entrata in vigore della disciplina di riforma in commento produrrà sui procedimenti pendenti a quella data, si osserva che una prima evenienza riguarda i procedimenti penali relativi a fattispecie di reato che sono state inserite nel catalogo previsto dall’art. 550 c.p.p. e per le quali sia stata già esercitata l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o per le quali sia stata già fissata l’udienza preliminare. L’avvenuto esercizio dell’azione penale costituisce lo “spartiacque” della fase procedimentale e, quindi, può essere inteso come punto di riferimento per operare la selezione degli affari soggetti alla previgente od alla nuova disciplina processuale. Conseguentemente, tutti i procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore delle disposizioni in commento, l’azione penale è stata esercitata nelle forme di cui all’art. 416 c.p.p. (perché per le fattispecie penali considerate, fino a quella data, era quella la regola di azione prevista dal codice di rito), potranno continuare ad essere trattati mediante il passaggio per l’udienza preliminare.

In tal caso, dovrà però osservarsi per l’eventuale emissione della sentenza di non luogo a procedere la nuova regola di giudizio fissata a seguito della modifica operata sull’art. 425 c.p.p.

Ad analoga conclusione può pervenirsi per quanto concerne i decreti di citazione a giudizio che risultino già emessi secondo la previgente disciplina procedurale alla data di entrata in vigore delle disposizioni in commento. Anche in tal caso, l’osservanza del principio tempus regit actum determina l’applicazione della norma processuale vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale allorquando il pubblico ministero, sulla base delle norme di rito all'epoca in vigore, aveva correttamente emesso decreto di citazione a giudizio.

Così ricostruita sinteticamente la nuova disciplina processuale dei reati inclusi tra le ipotesi di citazione diretta a giudizio, e quindi anche dell’omessa dichiarazione dei redditi e dell’IVA, un dubbio sorge spontaneo: il reato di cui all’art. 5 D.Lgs 74/2000 è davvero una fattispecie che non comporta “complessità di accertamento”, tali che richiederebbero lo svolgimento dell’udienza preliminare?

Ebbene, la casistica sembra far propendere per la risposta negativa, dal momento che la corretta determinazione dell’imposta evasa e quindi della soglia di punibilità (ormai pacificamente considerata non più come condizione obiettiva di punibilità ma alla stregua di elemento costitutivo del reato, che pertanto deve rientrare nel fuoco del dolo) molto spesso si presenta tutt’altro che agevole.

Al riguardo, infatti, la S.C. ha più volte stabilito che  circa l’accertamento dell’imposta evasa,  il giudice deve effettuare una verifica che, pur non potendo prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per quantificare l'imponibile, risente delle limitazioni derivanti dalla diversa finalità dell'accertamento penale, con la conseguenza che occorre tenere conto dei costi non contabilizzati solo in presenza, quanto meno, di allegazioni fattuali, da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza.

I giudici di legittimità hanno più volte ribadito che ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74 del 2000, non può farsi ricorso alle presunzioni tributarie, in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa procedendo d’ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto.

In materia di reati fiscali, infatti, vale il principio giusta il quale spetta esclusivamente al giudice penale il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta e non versata in base a una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria.

In particolare, in sede penale occorre sempre privilegiare il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale.

La giurisprudenza ha conclusivamente affermato che nell’accertamento degli elementi costitutivi dei reati tributari, il giudice può fare legittimamente ricorso ai verbali di constatazione redatti dagli organi accertatori ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, nonché ricorrere all’accertamento induttivo dell’imponibile quando le scritture contabili imposte dalla legge siano state irregolarmente tenute, a condizione, però, che proceda ad autonoma verifica di tali dati indiziari unitamente ad elementi di riscontro, eventualmente acquisiti anche ‘aliunde’, che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa, privilegiando il dato fattuale reale rispetto a quello di natura meramente formale che caratterizza l’ordinamento fiscale.

Alla stregua di quanto stabilito dai giudici di legittimità, dunque, difficile appare la conciliazione tra la celerità del procedimento di citazione diretta e la conseguente neo introdotta udienza predibattimentale ex art. 554 bis e il rigoroso accertamento imposto al giudice del merito circa l’esatta determinazione della imposta evasa, al fine di accertare il superamento della soglia di punibilità, necessario affinchè la fattispecie di omessa dichiarazione possa ritenersi integrata.

È vero che la constatazione dell’omissione può essere agevole da accertare, ma appare spesso complessa la determinazione dell’imposta evasa e quindi della soglia di punibilità, soprattutto per il riconoscimento dei costi e dell’IVA, problematica spesso al vaglio dei giudici di legittimità.

 Il problema resta e solo la casistica potrà dimostrare che la celerità del nuovo procedimento non interferisce con il rigoroso accertamento imposto al giudice in caso di reato di omessa dichiarazione dei redditi.

Tuttavia, la bontà dell’intervento riformatore si rinviene appunto nella esigenza di deflazionare il carico contenzioso e garantire la velocità e speditezza dei procedimenti penali.  La nuovissima udienza predibattimentale assolve precipuamente a tale funzione, dimodoché, nella ratio legis, dovrebbero avere un seguito soltanto quei procedimenti che, considerati allo stato degli atti, lascino presagire l’emissione di una futura sentenza di condanna.