Irrilevanza dell’obbligo dichiarativo per il riconoscimento del foreign tax credit da convenzione

Foreign tax credit, tassazione concorrente, omessa dichiarazione dei redditi, supremazia convenzionale
Irrilevanza dell’obbligo dichiarativo per il riconoscimento del foreign tax credit da convenzione
di Paolo Parisi
Abstract
Un tema molto dibattuto in materia di foreign tax credit è la possibilità di beneficiare da parte del contribuente della detrazione di cui all’articolo 165 del TUIR nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi: in questa Rubrica abbiamo già scritto in merito (si veda “Foreign tax credit e omessa presentazione della dichiarazione dei redditi” del 21 ottobre 2022). L’origine del dibattito trova le proprie radici nel disallineamento tra la normativa domestica e quella pattizia in cui la prima subordina il riconoscimento del foreign tax credit all’obbligo dichiarativo mentre la seconda ammette il diritto di detrazione delle imposte pagate all’estero senza particolari restrizioni.
Normativa domestica
Il contribuente non può fruire del foreign tax credit qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa (o debba essere considerata tale) o il reddito estero non sia stato dichiarato poiché il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero.
La norma interna nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero: il contribuente non può fruire del credito qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa (o debba essere considerata tale) o il reddito estero non sia stato dichiarato. Nella sostanza, il comma 8 preclude la detrazione delle imposte pagate all’estero nel caso di dichiarazioni presentate con un ritardo superiore a novanta giorni, dal momento che queste ultime sono da ritenersi omesse, benché costituiscano titolo per la riscossione degli imponibili in esse indicati e, per quanto riguarda, invece, le ipotesi di omessa indicazione nella dichiarazione presentata in Italia dei redditi prodotti all’estero, tale fattispecie si verifica nel caso in cui nella predetta dichiarazione non risulti indicato un reddito estero derivante dalla medesima fonte produttiva e appartenente alla medesima categoria reddituale (in tal senso si veda circolare n. 9//E/2015) salva la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione da presentare, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta al quale si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti per l’accertamento. In questo caso, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e conseguentemente al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.
Normativa convenzionale
La doppia imposizione internazionale si verifica tra Stato della fonte e Stato della residenza, laddove il primo applica il principio di territorialità e il secondo adotta il worldwide taxation principle (principio della tassazione mondiale). Nei casi di doppia imposizione i rimedi che vengono comunemente adottati dagli Stati consistono nel metodo dell’esenzione e in quello del credito d’imposta, entrambi previsti come alternativi nel Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, all’articolo 23, lettere A e B, che concede agli Stati la libera scelta del metodo con cui sanare la doppia imposizione. L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito d’imposta (c.d. “foreign tax credit”) sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti, già disciplinato dall’articolo 11, comma 4 del TUIR.
L’importo del credito d’imposta riconosciuto dallo Stato della residenza può essere determinato:
- senza limitazioni, in misura pari alle imposte pagate nello Stato della fonte, ancorché eccedenti l’ammontare delle imposte dovute nello Stato della residenza in relazione ai redditi esteri («full credit»)
- entro il limite delle imposte dovute nello Stato della residenza in relazione ai redditi esteri («ordinary credit»).
In base al meccanismo dell’ordinary credit, l’ammontare del credito d’imposta è pertanto determinato in base alla formula:
FTC = min [ TS ; TR x IS / (IR + IS) ]
Dove:
FTC = credito d’imposta
TS = imposte pagate nello Stato della fonte
TR = imposte pagate nello Stato della residenza
IS = reddito prodotto nello Stato della fonte
IR = reddito prodotto nello Stato della residenza
Esempio
• Reddito complessivo: 100.000, di cui 80.000 prodotto nello Stato della residenza (Stato R) e 20.000 nello Stato della fonte (Stato F)
• Aliquota d’imposta Stato R: 35%
- Imposta complessiva Stato R: 35.000
- Imposta Stato R su reddito estero: 7.000
• Aliquota d’imposta Stato F:
- caso A: 20% => Imposta Stato F: 4.000
- caso B: 40% => Imposta Stato F: 8.000
Full credit
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Caso A |
Caso B |
Imposta lorda Stato R |
35.000 |
35.000 |
- Credito d’imposta Stato R
|
(4.000) |
(8000) |
Imposta netta Stato R |
31.000 |
27.000 |
+ Imposta Stato F |
4.000 |
8000 |
Totale Imposte |
35.000 |
35.000 |
Con il metodo del “full credit” l’imposizione complessiva è pari a quella dello Stato di residenza, a prescindere dall’aliquota d’imposta applicata nello Stato della fonte.
Ordinary credit
|
Caso A |
Caso B |
Imposta lorda Stato R |
35.000 |
35.000 |
- Credito d’imposta Stato R*
|
(4.000) |
(7000) |
Imposta netta Stato R |
31.000 |
28.000 |
+ Imposta Stato F |
4.000 |
8000 |
Totale Imposte |
35.000 |
36.000 |
Con il metodo dell’”ordinary credit” l’imposizione complessiva sul reddito estero è la più elevata tra quella determinata in base all’aliquota domestica e quella determinata in base all’aliquota estera
La limitazione propria del meccanismo dell’ «ordinary credit», a sua volta, può essere determinata dallo Stato di residenza:
- complessivamente con riferimento all’intero importo del reddito prodotto e delle imposte pagate negli Stati esteri («overall limitation»)
- separatemente con riferimento all’importo del reddito prodotto e delle imposte pagate in ciascuno Stato estero («per-Country limitation»)
- separatamente con riferimento all’importo di diverse categorie di reddito (es. reddito d’impresa, interessi, royalties, etc.) prodotto e relative imposte pagate negli Stati esteri («per-item limitation»).
Il Commentario all'art. 23A del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, al punto 14, illustra i due metodi possibili di applicazione dell'esenzione:
"The principle of exemption may be applied by two main methods:
- the income which may be taxed in State E or S is not taken into account at all by State R for the purposes of its tax; State R is not entitled to take the income so exempted into consideration when determining the tax to be imposed on the rest of the income; this method is called full exemption;
- the income which may be taxed in State E or S is not taxed by State R, but State R retains the right to take that income into consideration when determining the tax to be imposed on the rest of the income; this method is called exemption with progression".
Il Commentario all'art. 23B del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, al punto 16, illustra i due metodi possibili di applicazione del credito d'imposta:
"The principle of credit may be applied by two main methods:
- State R allows the deduction of the total amount of tax paid in the other State on income which may be taxed in that State, this method is called full credit;
- the deduction given by State R for the tax paid in the other State is restricted to that part of its own tax which is appropriate to the income which may be taxed in the other State; this method is called ordinary credit".
Prendendo come riferimento l'art. 23 della Convenzione firmata dall’Italia con la Repubblica di San Marino viene concesso, quale deduzione dalle imposte sul reddito dei soggetti residenti, un importo pari alle imposte pagate nello Stato della fonte, o della stabile organizzazione, sul reddito posseduto. La deduzione non potrà comunque eccedere la quota di imposte sul reddito, calcolate prima di effettuare la deduzione, attribuibile al reddito assoggettato ad imposizione in Italia. La deduzione massima, ai sensi del paragrafo 63 del Commentario OCSE al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, è normalmente conteggiata come imposta sul reddito netto, vale a dire sul reddito conseguito nello Stato della fonte, o della stabile organizzazione, meno le deduzioni connesse con tale reddito.
Più in dettaglio, l'art. 23 della Convenzione Italia-San Marino prevede, al paragrafo 3, che: "(s)e un residente di San Marino possiede elementi di reddito che sono imponibili in Italia, San Marino, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell'articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente.
In tal caso, San Marino deve detrarre dalle imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata in Italia ma l'ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta sammarinese attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo".
La suindicata norma, pertanto, non prevede la piena detraibilità dell'imposta pagata in Italia dall'imposta sammarinese, bensì la limitazione della predetta detrazione solo alla parte di imposte applicate a quel reddito secondo la propria normativa fiscale e, quindi, l'applicazione del meccanismo del cd. "ordinary credit".
Il paragrafo 3 dell'art. 23 in esame prosegue disponendo che "(t)uttavia, nessuna detrazione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato a San Marino ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione sammarinese".
L’articolo 23B del Modello OCSE dispone, infatti, che, se un soggetto residente consegue un reddito imponibile in un Paese estero, l’imposta dovuta su tale reddito nel Paese estero è detraibile come credito nel Paese di residenza: lo stesso articolo prevede che detta deduzione non deve superare quella parte dell’imposta sul reddito come calcolata prima della detrazione, che è imputabile al reddito o al capitale imponibili in detto Stato.
Gli unici requisiti per poter beneficiare del suddetto credito sono:
- la definitività delle imposte estere; e
- il limite quantitativo (la deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana proporzionalmente attribuibile ai predetti elementi di reddito).
Definitività delle imposte estere
Il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero spetta a condizione che le imposte siano state pagate all'estero a titolo definitivo su tali redditi.
Al riguardo, si ricorda che se ad un reddito definitivamente accertato corrisponde un'imposta definitiva, può verificarsi anche il caso che per un reddito ancora suscettibile di rettifica in aumento (e quindi non definitivo) sia stata pagata un'imposta in via definitiva (salvo l'obbligo del pagamento di ulteriori somme di imposta a seguito di rettifica in aumento del reddito). Può accadere, in sostanza, che, a fronte di un reddito non definitivo sia stata già corrisposta una imposta in via definitiva e, quindi non ripetibile, ancorché, in un secondo momento, a seguito di rideterminazione del reddito stesso, il contribuente debba corrispondere un supplemento di imposta in aggiunta a quella già pagata.
Sono da considerare definitive le imposte pagate all'estero se sono divenute "non ripetibili",
cioè che non sono suscettibili di modificazione a favore del contribuente. Non possono pertanto essere riconosciute le imposte:
- pagate in acconto o in via provvisoria;
- per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale; se sono suscettibili di rimborso, le imposte pagate all'estero si possono detrarre, al netto del rimborso, solo se questo è già stato richiesto ed ottenuto prima di effettuare la dichiarazione in Italia e si possa considerare certo nel suo ammontare.
Si possono considerare non ripetibili, quindi detraibili dall'imposta, anche le imposte pagate all'estero nell'anno in corso, qualora siano già state dichiarate all'estero e definitivamente pagate entro il 31 dicembre dell'anno della presentazione della dichiarazione dei redditi estera e soddisfino i predetti requisiti di immodificabilità.
Ad esempio, qualora il saldo delle imposte sul reddito estero conseguito nel 2023 sia stato pagato nel 2024, ma entro la data del 31 dicembre 2024, il prelievo subito all'estero può scomputarsi dall'imposta del 2023 derivante dalla dichiarazione presentata nell'anno 2024.
Per le imposte estere pagate all'estero in via provvisoria o a titolo d'acconto, il credito d'imposta sarà riconosciuto nell'anno d'imposta in cui il relativo pagamento acquisisce carattere di definitività. Il pagamento in via definitiva delle imposte può avvenire in periodi d'imposta successivi anche a seguito di rettifiche o di accertamenti da parte dello Stato estero.
Orientamenti della giurisprudenza di legittimità
Secondo l’articolo 23B del Modello OCSE, pertanto, il riconoscimento del foreign tax credit, diversamente da quanto previsto dall’articolo 165, comma 8 del TUIR non deve essere assoggettato ad alcun adempimento di tipo formale da parte del contribuente. In altre parole, ai sensi delle disposizioni convenzionali, il contribuente può usufruire nel proprio Stato di residenza del credito per imposte pagate all’estero, indipendentemente dal fatto che abbia o meno presentato la propria dichiarazione dei redditi: tuttavia, nonostante dalla norma convenzionale del Modello OCSE non traspare alcun obbligo dichiarativo ai fini del riconoscimento del foreign tax credit, in più casi le Agenzie delle Entrate territoriali, basandosi su un’interpretazione letterale dell’articolo 165, comma 8 del TUIR, condizionano il diritto al credito per le imposte pagate all’estero all’adempimento dichiarativo da parte del contribuente.
Come già anticipato, negli ultimi anni il dibattito si è fatto più vivace per un orientamento giurisprudenziale tutt’altro che uniforme che vede le sentenze della Corte di Cassazione n. 23190/2023 e n. 35085/2023 porsi in linea di sostanziale continuità con la circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2015, § 3.4 evidenziando l’impossibilità di ottenere la detrazione nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione, in dichiarazione, dei redditi per i quali si intende ottenere il credito medesimo.
L’orientamento opposto della giurisprudenza di legittimità, che riconosce il foreign tax credit anche in assenza di adempimenti dichiarativi, affiora dalle Ordinanze n. 9725/2021 e n. 28801/2024 e dalle sentenze n. 20291/2018 e n. 24160/2024.
Il dibattito giurisprudenziale nasce dal fatto che la normativa italiana subordina il riconoscimento del credito all’adempimento di un obbligo dichiarativo mentre quella pattizia ammette il diritto di detrazione delle imposte pagate all’estero senza particolari restrizioni.
Tuttavia l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità degli ultimi mesi ci permette di ribadire, che, in presenza di una convenzione internazionale in cui lo Stato italiano si sia obbligato a riconoscere la detrazione delle imposte pagate all’estero, tale diritto del contribuente non può essere assoggettato ad ulteriori requisiti di diritto interno, ivi incluso quello di presentare la dichiarazione: infatti, tale interpretazione è confermata dalla sentenza della Suprema Corte n. 24160/2024, l’imposta versata all’estero può sempre essere portata in detrazione, indipendentemente da qualsiasi precedente onere dichiarativo, mentre l’art. 165 comma 8 rimane applicabile nei casi in cui il reddito provenga da uno Stato con il quale l’Italia non ha siglato alcuna Convenzione contro le doppie imposizioni.
Viene statuito il principio secondo il quale in presenza di un obbligo internazionale incondizionato dello Stato italiano di evitare la doppia imposizione al contribuente residente il cui reddito sia assoggettato ad imposizione sia nello Stato in cui sia prodotto e percepito, sia in Italia, l’art. 165, comma 8 del TUIR non può applicarsi: oltre ad ammettere la presenza nel nostro ordinamento di un immanente principio di divieto di doppia imposizione, riconosce il principio di prevalenza delle norme convenzionali rispetto a quelle nazionali.
In caso di contrasto tra normativa nazionale e convenzionale, deve sempre prevalere quest’ultima: è pacificamente riconosciuto, infatti, che, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, le norme convenzionali sono gerarchicamente sovraordinate rispetto alle disposizioni domestiche e un’interpretazione che nega il diritto al credito per le imposte pagate all’estero, in assenza di presentazione della dichiarazione dei redditi, viola quanto previsto dall’articolo 169 del TUIR.
Analogamente con l’ordinanza n. 28801, emessa l’8 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio di diritto in forza del quale, in presenza di un obbligo convenzionale incondizionato, il diritto alla detrazione per le imposte assolte all’estero deve riconoscersi al contribuente fiscalmente residente, a prescindere dalla presentazione di una valida dichiarazione dei redditi in Italia.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sancendo la legittimità del diritto della contribuente alla fruizione del credito d’imposta per le imposte già assolte all’estero. La decisione richiama un recente
A fondamento della decisione, i giudici di legittimità richiamando un recente orientamento nomofilattico (Corte di Cassazione, sez. V, n. 24205/2024, n. 24189/2024, n. 24160/2024) stabiloisce che “l'obbligo incondizionato, previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, di detrarre, entro determinati limiti, dall'imposta da versare al fisco italiano l'imposta già versata nello Stato estero, si applica anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella stessa, in quanto la norma interna (art. 165, comma 8, Tuir) non può legittimamente limitare l'efficacia precettiva delle norme internazionali pattizie o porsi in contrasto con esse, come sancito dall’art. 117, co. 1, della Costituzione”.
In questi termini, a parere della Corte, verrebbero altresì a deporre l'art. 75 del D.P.R. n. 600/1973 e l'art. 169 del TUIR, i quali attribuiscono alle norme interne carattere di cedevolezza rispetto alle norme internazionali pattizie più fav