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Dividendi “madre-figlia” tra regime convenzionale e comunitario

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Dividendi “madre-figlia” tra regime convenzionale e comunitario

di Paolo Parisi

Abstract

La Direttiva Madre-Figlia prevede che gli utili distribuiti da una società figlia alla sua controllante residente in un altro Paese comunitario sono esenti da ritenuta nello Stato di origine: il tutto per contrastare il fenomeno della doppia imposizione giuridica. La stessa Direttiva attenua il fenomeno della doppia imposizione di tipo economico qualora i dividendi concorrano alla formazione della base imponibile della società madre, mediante la detrazione di una frazione di imposta assolta dalla società figlia nello Stato di origine.

Indice:

Regime comunitario di detassazione dei dividendi: la Direttiva Madre-Figlia
Regime contenuto nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni

Detassazione dei dividendi e spettanza del foreign tax credit
Conclusioni

 

Regime comunitario di detassazione dei dividendi: la Direttiva Madre-Figlia

La Direttiva Madre-Figlia 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011 stabilisce che gli Stati membri interessati siano tenuti ad applicare cumulativamente:

  • una esenzione dalla ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti (obbligo che grava sulla società figlia);
  • una esenzione di tali utili ovvero l’attribuzione di un credito di imposta indiretto in capo alla società madre in relazione ai medesimi (gravante sullo Stato della società madre).

La detassazione in uscita sui dividendi trova applicazione con riferimento ai dividendi corrisposti da una società figlia residente ad una società madre di un altro Stato membro qualora sussistano i seguenti requisiti applicativi:

  • la necessità di rivestire una delle forme previste nell’Allegato I, Parte A, della Direttiva;
  • non essere considerate fiscalmente residenti al di fuori dell’Unione europea ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni;
  • essere assoggettate, nello Stato membro di residenza, ad una delle imposte indicate nell’Allegato A, parte B, della Direttiva, senza beneficiare di regimi di opzione o esonero che non siano temporalmente o territorialmente limitati;
  • la detenzione da parte della società madre di una partecipazione diretta non inferiore al 10 per cento del capitale della società figlia ininterrottamente per almeno un anno.

Regime contenuto nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni

La norma pattizia che disciplina i dividendi transfrontalieri è contenuta nell’articolo 10 delle Convenzioni contro la doppia imposizione la quale prevede un regime di tassazione concorrente degli Stati contraenti con l’applicazione delle ritenute in uscita sui dividendi percepiti da soggetti non residenti e la tassazione dello Stato della residenza del percettore. La tassazione concorrente crea nella sostanza un fenomeno di doppia imposizione fiscale che viene risolto pattiziamente dal modello convenzionale OCSE e, precisamente, dagli articoli 23A e 23B che prevedono due meccanismi tra loro alternativi: l’esenzione o il credito di imposta (foreign tax credit).

Il nostro ordinamento ha scelto di attenuare la doppia imposizione giuridica con il foreign tax credit (disciplinato dall’art. 165 del TUIR) attribuendo al soggetto fiscalmente residente una detrazione commisurata alle imposte pagate all’estero sui redditi ivi prodotti e assoggettati a tassazione.

Detassazione dei dividendi e spettanza del foreign tax credit

In questa sede si pone attenzione ad una questione controversa che ha generato dubbi applicativi nel corso dei decenni riguardante l’inconciliabilità della detassazione prevista dalla Direttiva Madre-Figlia e la richiesta di rimborso del credito di imposta da parte del percettore del dividendo. In merito la giurisprudenza di merito e l’Amministrazione finanziaria hanno sempre ritenuto che la società percettrice dei dividendi esenti da ritenuta non abbia diritto di chiedere il rimborso del credito di imposta previsto dalla disciplina pattizia. In particolare, gli Uffici e i giudici di merito hanno dato rilevanza al requisito della mera “assoggettabilità” ad imposta, come previsto dalla Direttiva Madre-Figlia, richiedendo la prova di aver subìto una effettiva tassazione nel Paese di residenza della società madre.

Si rammenta che la Direttiva Madre-Figlia per contrastare il rischio di doppia imposizione giuridica, prevede che i dividendi distribuiti da una società figlia alla sua controllante residente in un altro Paese comunitario siano esenti da ritenuta nello Stato di origine e al tempo stesso fornisce anche alcuni strumenti per l’attenuazione del fenomeno della doppia imposizione di tipo economico, attraverso il riconoscimento della opportunità, qualora i dividendi concorrano alla formazione della base imponibile della società madre, di bilanciare l’imposizione che ne deriva mediante la detrazione di una frazione di imposta assolta dalla società figlia nello Stato di origine.

La recente giurisprudenza di legittimità ha, di fatto, sovvertito questa impostazione: nelle sentenze della Corte di Cassazione 31 gennaio 2020 n. 231320 e 20 luglio 2021 n. 20646 e , poi, nell’ordinanza 20 maggio 2021 n. 13845, recependo le linee interpretative espresse dalla Corte di Giustizia Europea, la Suprema Corte ha chiarito che le disposizioni convenzionali e quelle comunitarie forniscono strumenti convergenti al fine di evitare entrambe le declinazioni dei fenomeni plurima tassazione, pur precisando anche che gli stessi non possano mai determinare il raggiungimento di indebiti benefici (consistenti nella duplice non tassazione). L’orientamento di legittimità è supportato dalla lettera della norma che espressamente statuisce che “La presente direttiva lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi”. Diversamente detto e scritto, l’eliminazione della doppia imposizione economica, contrariamente a quanto più volte sostenuto da Uffici e dalle Commissioni tributarie, è proprio ciò a cui mirano sia la Direttiva che le convenzioni, posto che l’art. 7 della Direttiva, nel fare salve le disposizioni delle convenzioni tese al riconoscimento di crediti d’imposta ai beneficiari dei dividendi, indica come il fine di dette disposizioni sia proprio quello della eliminazione della doppia imposizione di tipo economico sui dividendi.

Per la Corte di Cassazione risulta evidente che la richiesta di rimborso del credito di imposta operata dalla società madre sulla base delle convenzioni che espressamente lo prevedono non è affatto vietata o preclusa in via assoluta, pure nel caso in cui la società madre abbia beneficiato di utili sui quali la società figlia, appartenente ad altro Stato membro, non abbia applicato la ritenuta sui dividendi sulla base della disciplina unionale. Si tratta di due sistemi che, con parole della Corte Suprema, “si pongono quali strumenti alternativi, cui poter ricorrere anche con opzioni successive”. La richiesta della società madre di non assoggettare i dividendi a ritenuta in Italia non sarebbe, come invece asserito dall’Agenzia delle Entrate, impeditiva della possibilità di chiedere il rimborso del credito di imposta; una simile preclusione non è, infatti, prevista dalla Direttiva, né lo è, men che meno, dalle previsioni convenzionali. La Direttiva, facendo salva l’applicazione delle disposizioni convenzionali, suggerisce proprio chiaramente che l’eliminazione di ogni ritenuta alla fonte non possa costituire pretesto per negare l’applicabilità delle regole convenzionali che accordano alla società madre non residente il diritto al rimborso di crediti d’imposta.

In netto contrasto con quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate e dai giudici di merito, quindi, nell’ipotesi in cui l’importo dei dividendi sia “assoggettabile” ad imposta nel Paese di residenza della società madre, il riconoscimento dell’esenzione da ritenuta non elimina necessariamente il rischio della doppia imposizione economica; si rende invece necessario verificare in concreto se il meccanismo di tassazione previsto dallo Stato membro di residenza della società percettrice dei dividendi elimini effettivamente ogni rischio, diretto e indiretto, di plurima imposizione e, soprattutto, di trattamento deteriore rispetto alla casistica di pagamento di dividendi tra società residenti nello stesso Paese. Come già ricordato dai giudici comunitari, infatti, risulta fondamentale evitare non soltanto la duplice imposizione diretta in capo alla società madre, ma anche l’alea di “quella indiretta intesa come conseguenza dell’applicazione di meccanismi che, sebbene accompagnati da deduzioni ed esenzioni, possono causare alla società madre un trattamento deteriore rispetto a quello che spetterebbe qualora le due società fossero dello stesso Stato, dovendo la percezione dei dividendi essere fiscalmente neutra per la società madre”.

L’attribuzione del credito di imposta rappresenta lo strumento fondamentale per garantire il principio di neutralità fiscale nella distribuzione di dividendi intra-comunitari: il giudice di legittimità precisa che la scelta postuma finalizzata all’ottenimento del credito di imposta convenzionale dopo aver già usufruito del meccanismo dell’esenzione comunitaria da ritenuta non deve attribuire vantaggi illeciti alla società percettrice dei dividendi. Questa situazione è solito essere descritta come “doppia non imposizione” e costituisce il limite entro il quale i benefici tanto convenzionali quanto comunitari possono esplicare la loro efficacia.

Assoggettabilità ad imposta: la corretta lettura della Corte di Cassazione

I recenti pronunciamenti dei giudici di legittimità ritengono fondamentale verificare “in concreto se il meccanismo di tassazione previsto dallo Stato membro elimini effettivamente detto rischio, dovendosi evitare non soltanto la tassazione diretta dei dividendi in capo alla società madre, ma anche quella indiretta, intesa come conseguenza dell’applicazione di meccanismi che, sebbene accompagnati da deduzioni o esenzioni, possono causare alla società madre un trattamento deteriore rispetto a quello che spetterebbe qualora le due società fossero dello stesso Stato, dovendo la percezione dei dividendi essere fiscalmente neutra per la società madre”.

Qualora, appunto, lo Stato della società percettrice preveda la possibilità di operare una sostanziale esclusione dalla base imponibile dei dividendi già detassati sulla base della Direttiva, il riconoscimento del credito di imposta convenzionale consentirebbe alla società percettrice di godere di un doppio beneficio conosciuto come “doppia non imposizione”. Nella sostanza, entrambe le forme di doppia imposizione sono state scongiurate, quella giuridica, attraverso l’esenzione comunitaria da ritenuta, e quella economica, per il tramite del meccanismo interno che consente l’esclusione del dividendo dalla base imponibile complessiva della società madre.

Assoggettare il dividendo a tassazione (anche indiretta) incontra il rischio di una plurima imposizione economica scongiurato dalla richiesta del credito di imposta convenzionale: nell’ipotesi in cui lo stesso abbia già optato per l’esenzione da ritenuta la successiva opzione per il riconoscimento dei benefici convenzionali richiede la necessaria rinuncia all’applicazione del regime già applicato. Come precisato dalla Sentenza 20 luglio 2021, n. 20646, i due regimi, pur non ponendosi in un rapporto di alternatività di tipo assoluto, non possono convivere contestualmente (sarebbe quindi opportuno parlare di “alternatività relativa”); come a dire che sia la Direttiva, sia la Convenzione, rappresentano strumenti convergenti nel fine di evitare le doppie imposizioni e sono le stesse norme che impediscono indebite “sommatorie” di benefici. Ne risulta che, qualora la società madre estera abbia inizialmente beneficiato della integrale esenzione dei dividendi erogati dalla figlia italiana, la successiva opzione per l’applicazione della Convenzione rende necessaria la “rinuncia” ai benefici ottenuti a seguito dell’applicazione della prima. Il tutto si realizza attraverso l’assoggettamento sia del dividendo sia del credito di imposta alla ritenuta prevista dalla Convenzione di cui si chiede applicazione (nel caso italo-francese del 5%). La Suprema Corte, con tale pronuncia, non si è limitata a statuire che il riconoscimento del credito d’imposta convenzionale non venga escluso dall’applicazione del meccanismo comunitario dell’esenzione da ritenuta, insistendo le due discipline su forme diverse di doppia imposizione, ma ha anche fornito una (corretta) lettura del requisito dell’assoggettabilità ad imposta. I Giudici di legittimità hanno, infatti, sostenuto che l’applicazione della disciplina pattizia, per come delineata, non necessita di alcuna verifica circa l’effettivo assoggettamento a tassazione dei dividendi nel Paese di destinazione.