x

x

Dividendi di fonte estera percepiti da residenti italiani soggetti a una doppia imposizione?

Fiori in bicicletta
Ph. Vincenzo Giuseppe Giglio / Fiori in bicicletta

Abstract

Il dividendo estero, al momento in cui viene erogato, subisce ordinariamente una ritenuta in uscita salvo siano previste esimenti o riduzioni così come previsto dalle convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia con i Paesi esteri: combinando le disposizioni domestiche con quelle convenzionali si avrà che all’atto dell’erogazione del dividendo di fonte estera, al percettore persona fisica residente in Italia, lo stesso sarà assoggettato a un sistema duale di tassazione (ritenuta a titolo d’imposta o imposta sostitutiva) legato alla presenza o meno dell’intermediario residente nell’operazione di incasso del dividendo. Il vero enigma è rappresentato dalla base imponibile per la tassazione sostitutiva.

 

Tassazione domestica dei dividendi percepiti da persone fisiche

Le norme contenute nel TUIR (artt. 3 e 23) prevedono come regola generale che i dividendi debbano essere assoggettati a tassazione in Italia:

  • ogni qual volta il soggetto che li eroga è un soggetto residente (o una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente), indipendentemente dal fatto che il soggetto che lo percepisce sia residente o meno;
  • solo quando sono percepiti da un soggetto residente (o da una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente), se il soggetto che li eroga è non residente.

Si rammenta, ulteriormente che la legge di Bilancio 2018 (art. 1 commi 999-1006 della legge n. 205/2017) ha uniformato e semplificato il regime fiscale applicabile ai redditi di capitale e ai redditi diversi conseguiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa in relazione al possesso e alla cessione di partecipazioni societarie, rendendo irrilevante la natura qualificata o meno della partecipazione. Tale modifica, da applicare agli utili formatisi e percepiti dall’1.1.2018 ha superato la dicotomia da sempre presente nella disciplina dei dividendi e assimilati che prevedeva per le partecipazioni non qualificate l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 26% rispetto a quella delle partecipazioni qualificate in cui l’utile concorreva alla formazione del reddito complessivo secondo determinate percentuali.

Viene, infatti, previsto che il dividendo percepito dalle persone fisiche al di fuori dal regime di impresa prescinda dalla partecipazione detenuta (qualificata o non qualificata): il dividendo è tassato in modo omogeneo con l’applicazione di un’unica aliquota pari al 26%. In altri termini, il dividendo è assoggettato ad una ritenuta a titolo d’imposta del 26% a prescindere dalla qualificazione del dividendo stesso.

Il nuovo regime si applica agli utili percepiti a partire dall’1.1.2018, mentre è previsto che (al fine di non penalizzare i soci con partecipazioni qualificate in società con riserve di utili formatisi fino al 31.12.2017) agli utili derivanti da partecipazioni qualificate prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2017, la cui distribuzione è deliberata nel lasso temporale compreso tra l’1.1.2018 e il 31.12.2022, continuano ad applicarsi le previsioni di cui al DM 26.5.2017. Essi, pertanto, conservano il regime impositivo vigente al 31.12.2017 e concorrono parzialmente (40%, 49,72% o 58,14%), a seconda del periodo in cui si sono prodotti, alla formazione del reddito imponibile del contribuente.

In particolare, il rinvio al DM 26.5.2017 fa sì che gli utili derivanti da partecipazioni qualificate percepiti da soggetti residenti fino al 31.12.2017 concorrono alla formazione del reddito complessivo:

  • per il 40% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2007 (art. 47 del TUIR);
  • per il 49,72% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007 e fino all’esercizio in corso al 31.12.2016 (D.M. 2.4.2008);

  • per il 58,14% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2016 (DM 26.5.2017).

In sostanza, l’applicabilità del DM 26.5.2017 determina, dunque, che gli utili prodotti fino al 2017 - la cui distribuzione è deliberata dal 2018 e al 2022 - non sconteranno la nuova tassazione del 26% e saranno assoggettati, al momento dell’erogazione, al regime previgente di inclusione parziale nell’imponibile IRPEF, anche in caso di applicazione dell’aliquota marginale IRPEF massima.

Al contrario, gli utili prodotti fino al 2017, la cui distribuzione è deliberata successivamente al 2022, sconteranno la nuova tassazione del 26% a titolo di imposta.

Si rileva che il richiamato DM 26.5.2017 prevede, inoltre, una presunzione a favore del contribuente, in base alla quale i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti fino al 2007 (tassati per il 40%), poi fino al 2016 (tassati per il 49,72%) e - solo aver assorbito tutte le riserve preesistenti - con gli utili 2017, tassati nella misura del 58,14%.

 

Dividendi esteri percepiti da persone fisiche: l’enigma della base imponibile

In caso di società non residente che distribuisce un dividendo ad un contribuente persona fisica residente in Italia, il reddito derivante da distribuzione di dividendi esteri è considerato reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44 del TUIR.

Il dividendo estero, al momento in cui viene erogato, subisce ordinariamente una ritenuta in uscita salvo siano previste esimenti o riduzioni così come previsto dalle convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia con i Paesi esteri. Combinando le disposizioni del TUIR con quelle convenzionali si avrà che all’atto dell’erogazione del dividendo di fonte estera, al percettore persona fisica residente in Italia, lo stesso sarà assoggettato a un sistema duale di tassazione:

    • una tassazione alla fonte, derivante dall’applicazione della ritenuta in uscita dal Paese di erogazione del dividendo (o eventualmente se migliore, la ritenuta convenzionale);

    • una tassazione del 26% in Italia sul dividendo estero percepito.

Rileva immediatamente che il dividendo estero percepito subisce una doppia tassazione pur in presenza di una diversa base imponibile del dividendo estero da assoggettare a tassazione. : si avrà che la presenza o meno di un intermediario residente nella riscossione del dividendo estero determini una diversa base imponibile da tassare:

    • nel caso di intervento di un intermediario residente è previsto l’assoggettamento dei dividendi esteri a ritenuta a titolo di imposta del 26%, da calcolarsi sul cosiddetto netto frontiera e cioè sul dividendo percepito al netto delle ritenute subite nello Stato estero di residenza della società erogante;

    • nel caso di mancato intervento di un intermediario residente l’articolo 18, comma 1 del TUIR stabilisce l’assoggettamento ad imposta sostitutiva del 26% lasciando tuttavia il dubbio che la base imponibile sia il lordo frontiera anziché il netto frontiera.

Si evince che, nel primo caso la base imponibile è il cosiddetto “netto frontiera” ossia l’importo del dividendo al netto delle ritenute subite all’estero, all’atto della percezione del dividendo; mentre nel secondo caso la base imponibile è costituita dal dividendo al lordo della ritenuta. Il diritto comunitario non stabilisce alcun criterio generale la ripartizione delle competenze tra Stati membri con riferimento all’eliminazione della doppia imposizione all’interno dell’Unione europea: infatti, non è in discussione la conformità delle convenzioni stipulate dall’Italia al diritto unionale, ma è il fatto che la normativa domestica preveda che l’imposta dovuta in Italia sui dividendi di fonte estera sia calcolata su una base imponibile maggiore se i dividendi non sono percepiti per il tramite di un intermediario finanziario italiano e questo sembrerebbe palesemente in contrasto non solo con l’articolo 63 del TFUE, in quanto costituisce un disincentivo ad effettuare investimenti di capitali all’estero, ma anche con l’articolo 56 in quanto le persone fisiche italiane che intendono effettuare investimenti esteri sono disincentivate ad avvalersi di intermediari finanziari esteri.

Per non subire una tassazione discriminatoria la persona fisica residente in Italia è obbligata a canalizzare l’incasso di dividendi di fonte estera attraverso un intermediario residente: tuttavia questo configura una restrizione dei movimenti di capitale, dato che tali movimenti comprendono, in base alla Direttiva 88/361/CEE, anche le operazioni effettuate da residenti presso istituti finanziari stranieri, in quanto il soggetto viene, di fatto, obbligato a canalizzare questo genere di flusso finanziari transnazionale.

La procedura “netto frontiera” è stata introdotta solo per una esigenza degli intermediari finanziari italiani che non sono in grado di desumere dai messaggi interbancari di pagamento la composizione dell’importo netto (“netto frontiera”) percepito per conto del cliente ma questa circostanza non giustifica la discriminazione dei residenti che abbiano percepito i dividendi senza l’intervento di intermediari residenti.

 

Le conclusioni in numeri

Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 9/E/2015 ha affermato che i redditi di capitale di fonte estera percepiti senza l’intervento di un soggetto intermediario devono essere assoggettati a tassazione “nella stessa misura” alla quale sono assoggettati i redditi percepiti tramite l’intermediario. Per questo motivo una ragionevole interpretazione non discriminatoria indurrebbe a trattare nello stesso modo i due contribuenti, comportando questo l’adozione del valore “netto frontiera” nel caso di tassazione dei dividendi in autoliquidazione.

Per rendere il discorso più facile e pratico ipotizziamo un dividendo di 5.000 euro che un soggetto residente percepisce da una società estera. Il dividendo subisce una ritenuta in uscita del 10% (prevista dalla Convenzione contro le doppie imposizioni):

  1. la banca residente opera la ritenuta del 26% sull’importo netto di 4.500 per un prelievo italiano di 1.170 euro;
  2. senza l’intervento di un intermediario residente il percettore deve auto liquidare l’imposta sostitutiva del 26% nel quadro RM Sezione V da applicare all’importo lordo di 5.000 e ammonterebbe a 1.300 euro.