Split year treatment: trasferimento all’estero della residenza fiscale in corso d’anno

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Split year treatment: trasferimento all’estero della residenza fiscale in corso d’anno

 

Abstract: Il legislatore della riforma fiscale perde l’occasione di intervenire sulla disciplina della residenza fiscale, così da renderla “coerente con la migliore prassi internazionale” negando la previsione di una “clausola di split year interna” che avrebbe permesso di risolvere in modo più lineare situazioni di doppia residenza e doppia imposizione.

 

Premessa

Occupandomi di fiscalità internazionale spesso mi viene chiesto quali implicazioni possa avere il trasferimento della residenza all’estero di una persona fisica in corso d’anno e quale sia la corretta individuazione del Paese di residenza fiscale nell’anno di fuoriuscita dall’Italia: tuttavia la domanda che qui ci occupa è se una persona fisica possa essere considerata fiscalmente residente di uno Stato soltanto per una frazione dell’anno e nell’altro Stato per il resto dell’anno (cambio di residenza) e, quindi, se l’assoggettamento all’imposta termina nel primo Stato alla fine del giorno in cui è stato effettuato il cambio di domicilio e inizia il giorno successivo al cambio di domicilio nell’altro Stato.

La risposta non è sempre di facile e immediata lettura, specialmente quando nella maggior parte delle convenzioni internazionali stipulate dall’Italia (eccezion fatta per Svizzera e Germania) latita la clausola che consenta il frazionamento del periodo di imposta (split year treatment).

La regola applicabile in Italia, in caso di trasferimento della residenza nel corso dell’anno, può comportare l’insorgenza di fenomeni di doppia imposizione così come di doppia non imposizione.

Infatti, laddove il soggetto trasferisca la residenza fiscale all’estero nella seconda parte dell’anno, sarà considerato residente in Italia per l’intero periodo di imposta mentre sarà altresì considerato residente nello Stato di destinazione a decorrere dal giorno di effettivo trasferimento del domicilio/residenza determinando in tal modo un fenomeno di doppia imposizione: analogamente, tale fenomeno si verificherà in caso di trasferimento della residenza fiscale in Italia nella prima parte dell’anno.


La nuova residenza fiscale

Il DLgs n. 209/2023 ha innovato sostanzialmente la disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche per risolvere i fenomeni di doppia imposizione che possono derivare nel caso di trasferimento della residenza fiscale in corso d’anno.

Secondo il nuovo articolo 2, comma 2 del TUIR una persona fisica è considerata residente nel territorio dello Stato se, per la maggior parte del periodo d’imposta (contando anche le frazioni di giorno):

  • ha fissato la residenza (come definita dal codice civile) nel territorio dello Stato;
  • ha il domicilio nel territorio dello Stato, inteso come “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”;
  • è presente nel territorio dello Stato.

Viene mantenuto il criterio della residenza anagrafica tuttavia è stato declassato a presunzione legale relativa: il contribuente trasferitosi all’estero potrà dimostrare il proprio radicamento fuori dai confini nazionali, dimostrando di aver fissato la residenza e il domicilio all’estero e di non essere stato presente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta.


Split year: frazionamento del periodo di imposta nel diritto domestico e convenzionale

L’ordinamento tributario italiano non riconosce il frazionamento del periodo d’imposta o il concetto di residenza “parziale”: in attuazione dell’art. 3 della legge n. 111/2023 (legge delega per la riforma fiscale), il legislatore avrebbe potuto prevedere una clausola di split year interna permettendo in tal modo di risolvere in modo più lineare i fenomeni di doppia residenza e conseguente doppia imposizione. Purtroppo non vi è stata alcuna modifica in questa direzione.

Il frazionamento del periodo d’imposta rimane un concetto estraneo all’ordinamento tributario italiano non essendo prevista una norma “procedurale” che regoli i casi di acquisto o di perdita della residenza in corso d’anno.

Analogamente, nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni, le tie breaker rules tese a risolvere i conflitti di doppia residenza di un soggetto, fanno riferimento all’intero anno d’imposta e non possono trovare applicazione laddove fenomeni di doppia residenza riguardino solo una frazione d’anno. Unica eccezione a tale interpretazione può individuarsi nell’ipotesi in cui sussista, all’interno delle Convenzioni, l’ulteriore disposizione definita “split year clause”, presente ad esempio nella Convenzione dell’Italia con la Germania e in quella con la Svizzera che prevede la possibilità di frazionare il periodo di imposta. Per meglio comprendere il concetto, nella Convenzione Italia-Svizzera viene stabilito che “La persona che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”. Infatti, le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all’articolo 4 del modello OCSE di Convenzione prevedono che “To solve this conflict special rules must be established which give the attachment to one State a preference over the attachment to the other State. As far as possible, the preference criterion must be of such a nature that there can be no question but that the person concerned will satisfy it in one State only, and at the same time it must reflect such an attachment that it is felt to be natural that the right to tax devolves upon that particular State. The facts to which the special rules will apply are those existing during the period when the residence of the taxpayer affects tax liability, which may be less than an entire taxable period.”.

Proseguendo con un esempio a complemento di quanto indicato nel Commentario, prendiamo un contribuente che è residente dello Stato A ai sensi della normativa fiscale di quello Stato dal 1° gennaio al 31 marzo, poi si trasferisce nello Stato B. Poiché l'individuo risiede nello Stato B per più di 183 giorni, il contribuente è trattato dall’ordinamento fiscale dello Stato B come residente nello Stato B per l'intero anno. Applicando lo split year treatment, sia lo Stato A che lo Stato B dovrebbero trattare il contribuente come residente nello Stato A per il periodo dal 1°gennaio al 31 marzo e come residente nello Stato B dal 1° aprile al 31 dicembre.


Principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno

Tanto chiarito sotto il profilo della normativa interna italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall'Italia con gli Stati esteri.

Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell'ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall'articolo 169 del TUIR e dall'articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Nel Trattato per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Svizzera, l’articolo 4 richiama, riguardo alla definizione del concetto di residenza, al paragrafo 1, la nozione contenuta nelle normative interne dei due Stati contraenti e stabilisce, al paragrafo 2, conformemente al Modello OCSE di Convenzione, le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra tali Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell'abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del Contribuente. Si osserva, inoltre, che il citato Trattato internazionale, seguendo le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all'articolo 4 del Modello di Convenzione OCSE, reca una disposizione che prevede esplicitamente, per la soluzione dei casi di doppia residenza, il frazionamento dell'anno d'imposta, in caso di trasferimento da uno Stato all'altro nel corso dell'anno.

In particolare, il suddetto articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione prevede che ''la persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all'altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L'assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell'altro Stato a decorrere dalla stessa data''.

L’eventuale doppia residenza in Italia e in Svizzera nel periodo d'imposta X può essere risolta applicando il suddetto criterio del frazionamento: il cambiamento di domicilio dall'Italia alla Svizzera  intervenuto ad esempio il 1° giugno dell’anno X, determina che l'Italia può esercitare la propria potestà impositiva, basata sulla residenza, fino al 1° giugno mentre la Svizzera può far valere, ai sensi della predetta disposizione convenzionale, la propria pretesa impositiva a decorrere dal 2 giugno.

A livello interno, si applica l'articolo 3, comma 1, del TUIR prevedendo che ''l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato'': nella sostanza, i redditi ovunque posseduti dal contribuente sino al 1° giugno dovranno essere assoggettati ad imposizione in Italia e, quindi, riportati nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno di riferimento mentre, a partire dal 2 giugno della stessa annualità, dovranno essere sottoposti a tassazione nel nostro Paese e, quindi, riportati in dichiarazione solo i redditi prodotti da tale data nel territorio dello Stato italiano, individuati dall'articolo 23 del TUIR.

Per chiudere, è opportuno segnalare che l'eventuale iscrizione all'AIRE del “migrante” rileva unicamente ai fini della vigente normativa interna e non ha alcun effetto sull'applicazione delle disposizioni contenute nei Trattati internazionali.


L’orientamento della Corte di Cassazione

Sul tema dello split year si pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza 4 settembre 2023 n. 25690, escludendo l’applicazione del criterio del frazionamento del periodo di imposta nei casi in cui la Convenzione applicabile non lo preveda espressamente.

Il caso oggetto dell’arresto è il trasferimento in Francia nel luglio 2012 di un calciatore del Milan che ha generato un conflitto di residenza: in Italia, in virtù dell’art. 2, comma 2, del TUIR, ai sensi del quale è residente il soggetto che per 183 giorni (184 negli anni bisestili) sia iscritto all’anagrafe della popolazione residente o abbia sul territorio italiano domicilio o residenza e in Francia, in applicazione dell’art. 166 del Code général des impôts, il quale prevede che la persona debba considerarsi residente a partire dal giorno di stabilimento nel territorio francese. Il fenomeno di doppia residenza così creatosi determinava un fenomeno di doppia imposizione. Ciò in quanto il calciatore, essendosi trasferito dopo 183 giorni di permanenza in Italia, era ivi considerato residente per l’intero periodo di imposta. Questi era inoltre considerato residente in Francia a decorrere dal trasferimento.

La Suprema Corte rileva che il paragrafo 2 dell’articolo 4 della Convenzione Italia-Francia è inapplicabile, “poiché il par. 1 dell'art. 4 cit. fa riferimento al concetto di residenza secondo la legislazione propria di ciascuno Stato ed essendo il contribuente per lo Stato italiano residente in Italia per l'intero periodo d'imposta, deve escludersi che possa trovare applicazione nella fattispecie in esame il successivo par. 2, il quale detta il criterio suppletivo invocato dal ricorrente nel caso in cui il contribuente sia residente in entrambi gli Stati”. Oltre a ciò, la Corte non ritiene applicabile neppure il criterio del frazionamento del periodo di imposta delineato nel paragrafo 2.10 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE, in quanto il Commentario non ha valore normativo, ma costituisce una mera raccomandazione diretta ai Paesi aderenti, i quali, nel delineare la disciplina convenzionale, sono liberi di darvi attuazione.

La Corte rileva anche che, nel caso di specie, “le norme interne e convenzionali non presentano alcuno spazio interpretativo da colmare”: infatti, a differenza di quanto previsto nelle Convenzioni con Germania e Svizzera, l’Italia non ha previsto clausole di split year nel Trattato con la Francia, cosicché non vi è spazio per gli orientamenti interpretativi del Commentario.

Secondo i giudici di legittimità, la doppia imposizione deve essere eliminata applicando l’articolo 24 della Convenzione, che permette al contribuente di recuperare l’imposta versata in Italia avvalendosi del credito per le imposte assolte all’estero (foreign tax credit), con l’accredito delle imposte pagate in Italia da quelle dovute in Francia. Così facendo la Suprema Corte confina l’operatività dello split year esclusivamente alle convenzioni che lo prevedono espressamente.