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Foreign tax credit e omessa presentazione della dichiarazione dei redditi

dichiarazione dei redditi
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Foreign tax credit e omessa presentazione della dichiarazione dei redditi

Abstract

L’art. 165 comma 8 del TUIR prevede che il foreign tax credit non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata: a giudizio della Corte di Cassazione il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR si porrebbe in contrasto con l’articolo 15 del modello OCSE (più correttamente con gli artt. 23 e 24) e afferma che le norme convenzionali hanno carattere di specialità rispetto alle corrispondenti norme nazionali, dovendo la potestà legislativa essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (art. 117, comma 1 della Costituzione).

Sommario

Tassazione concorrente e foreign tax credit

Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e spettanza del foreign tax credit

La Corte di Cassazione riconosce il foreign tax credit

Conclusioni

 

Tassazione concorrente e foreign tax credit

In presenza di tassazione concorrente vi è la necessità di tassare sia il reddito prodotto su base mondiale in capo ai residenti sia il reddito di fonte interna per i non residenti: si genera nella sostanza una doppia imposizione che può essere attenuata o addirittura annullata sulla base degli accordi contenuti nelle convenzioni contro la doppia imposizione mediante l’attribuzione di foreign tax credit, di esenzioni reddituali, di esenzioni con progressività, di deduzioni reddituali o di riduzioni impositive.

Il regime della tassazione concorrente è rappresentativo della doppia imposizione fiscale sui redditi prodotti in altro Stato estero da un contribuente residente nello Stato (Italia) e questo fenomeno della doppia imposizione viene mitigato, sulla base di quasi tutti gli accordi convenzionali stipulati con l’Italia, dal foreign tax credit in base al quale lo Stato di residenza del soggetto che percepisce il reddito di fonte estera riconosce unilateralmente un credito per le imposte applicate nello Stato della fonte (luogo di produzione  del reddito): si attua una sorta di compensazione tra le imposte dovute nello Stato di residenza del contribuente con le imposte pagate all’estero per il reddito prodotto oltre frontiera. Questa “compensazione” incontra sempre il limite che risulterà detraibile l’imposta estera pagata fino alla concorrenza dell’importo delle imposte domestiche virtualmente dovute.

La spettanza del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero viene attribuita solamente nelle ipotesi in cui le imposte trattenute su tali redditi all’estero siano state pagate a titolo definitivo: la definitività delle imposte pagate all’estero corrisponde alla non ripetibilità delle stesse e in termini sostanziali e pratici non devono essere “suscettibili di modificazione a favore del contribuente”.


Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e spettanza del foreign tax credit

Il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero: come a dire che il contribuente non può fruire del foreign tax credit qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa (o debba essere considerata tale) o il reddito estero non sia stato dichiarato. Il citato comma 8 preclude la detrazione delle imposte pagate all’estero nel caso di dichiarazioni presentate con un ritardo superiore a novanta giorni, dal momento che queste ultime sono da ritenersi omesse, benché costituiscano titolo per la riscossione degli imponibili in esse indicati: nella diversa ipotesi di omessa indicazione nella dichiarazione presentata in Italia dei redditi prodotti all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito (Circolare n. 9/E/2015) che tale fattispecie si verifica nel caso in cui nella predetta dichiarazione non risulti indicato un reddito estero derivante dalla medesima fonte produttiva e appartenente alla medesima categoria reddituale. Ciò significa che il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR non è applicabile ad un soggetto residente che, ad esempio, abbia parzialmente dichiarato il reddito di impresa prodotto da una propria stabile organizzazione all’estero. Per questa fattispecie rimane comunque aperta la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione integrativa a sfavore da presentare, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta al quale si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti per l’accertamento avvalendosi del ravvedimento operoso. L’attuale quadro normativo ha, dunque, potenziato gli effetti premiali derivanti dalla regolarizzazione spontanea della posizione dei contribuenti, correggendo errori ed omissioni che hanno determinato un minore reddito imponibile, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante. Pertanto, il riconoscimento del credito d’imposta estero in ipotesi di una dichiarazione integrativa a sfavore appare coerente anche alla luce dei recenti interventi normativi volti ad agevolare l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari da parte del contribuente.


La Corte di Cassazione riconosce il foreign tax credit

Di diverso avviso è la Corte di Cassazione (Ordinanza 14 aprile 2021, n. 9725) la quale attribuendo carattere di specialità alle norme convenzionali rispetto alle corrispondenti norme nazionali, dovendo la potestà legislativa essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (art. 117, comma 1 della Costituzione), stabilisce che al  contribuente che ha presentato dichiarazione e versato le relative imposte nello Stato estero debba essere automaticamente riconosciuto il credito d’imposta in Italia, a prescindere dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi nel territorio dello Stato: la Suprema Corte legittima i comportamenti omissivi dei contribuenti residenti in Italia ed esercenti attività lavorativa all’estero, che potrebbero essere indotti a non dichiarare allo Stato italiano il reddito oggetto di percezione in spregio all’art. 165, comma 8, del TUIR.

Il caso su cui si è espressa la Corte riguarda un soggetto residente in Italia ed esercente attività di lavoro dipendente in Germania, che ha ricevuto un avviso di accertamento, relativo all’annualità d’imposta 2008, tramite cui l’Ufficio ha rilevato un maggior reddito imponibile in ragione dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi: il contribuente aveva asserito di aver soggiornato e svolto attività di lavoro dipendente per 183 giorni in Germania, ove aveva presentato la dichiarazione dei redditi e assolto le relative imposte. Nel contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria ha richiesto il riconoscimento del foreign tax credit in ossequio al divieto di doppia imposizione; l’Ufficio nega la richiesta ritenendo la spettanza del credito subordinata alla presentazione della dichiarazione dei redditi.

La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) ha accolto le ragioni del contribuente per questioni di rito e l’Amministrazione finanziaria ha proposto appello avverso tale decisione mentre la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha riformato integralmente la sentenza impugnata, confermando, di fatto, la legittimità dell’operato dell’Ufficio. Pertanto, il contribuente, allo scopo di far valere le proprie ragioni, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione dell’art. 165 del TUIR, alla luce della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata da Italia e Germania nonché degli artt. 3 e 53 della Costituzione con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c..

Con la citata Ordinanza n. 9725/2021, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal contribuente, che ha dedotto l’illegittimità dell’atto impositivo in ragione del divieto di doppia imposizione stabilito dalla Convenzione tra Italia e Germania, non potendo essere preclusa la detrazione del credito d’imposta a causa dell’omessa dichiarazione dei redditi in Italia per avere il contribuente assolto integralmente le imposte in Germania.

La Corte di Cassazione ha richiamato l’art. 15 della Convenzione tra Italia e Germania, in materia di lavoro subordinato, che troverebbe applicazione, in via prioritaria, dato che le norme convenzionali, al pari delle altre norme internazionali pattizie, avrebbero carattere di specialità rispetto alle corrispondenti norme nazionali con prevalenza su quest’ultime (ex multis, Cass., Sez. V, 19 gennaio 2009, n. 1138; Cass., Sez. V, 13 febbraio 2015, n. 2912; Cass.,  Sez. V, 15 luglio 2016, 14474; Cass., Sez. V, 24 novembre 2011, n. 23984). Tale norma dispone che “i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato”.

L’art. 15 della Convenzione tra Italia e Germania attribuirebbe allo Stato di residenza potestà impositiva solo se coincidente con quello in cui l’attività lavorativa viene espletata, infatti, qualora l’attività sia svolta nell’altro Stato contraente le remunerazioni percepite sono dallo stesso imponibili (in argomento, Cass., Sez. V, 15 luglio 2016, n. 14474; Cass., Sez. V, 13 ottobre 2017, n. 24112).

A giudizio della Cassazione assumerebbe rilievo l’avverbio “soltanto”, contenuto nell’art. 15 della Convenzione tra Italia e Germania che, analogamente all’art. 15 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, sarebbe funzionale a derogare al worldwide taxation principle con riguardo alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente per favorire la circolazione delle manodopera.

In estrema sintesi, dalla lettura dell’art. 15 della Convenzione tra Italia e Germania possono evidenziarsi le seguenti fattispecie:

  1. se il soggetto risulta essere residente in Italia, il reddito da lavoro dipendente deve essere assoggettato a tassazione solo in Italia nella misura in cui vi sia una coincidenza tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte ovvero sottoposto al regime di tassazione concorrente in Italia e in Germania, se tale coincidenza non sussiste, e l’Italia è tenuta ad eliminare la doppia imposizione internazionale;
  2. se il soggetto risulta essere residente in Germania, il reddito da lavoro dipendente deve essere assoggettato a tassazione solo in Germania nella misura in cui vi sia una coincidenza tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte ovvero sottoposto al regime di tassazione concorrente in Germania e in Italia, se tale coincidenza non sussiste, e la Germania è tenuta ad eliminare la doppia imposizione internazionale;
  3. nel caso di un lavoratore dipendente residente in Italia ed esercente attività di lavoro in Germania, se tale lavoratore non ha soggiornato in Germania per un periodo superiore a 183 giorni all’anno e la remunerazione percepita non risulta a carico di un datore di lavoro residente nello Stato di svolgimento dell’attività lavorativa, il reddito da lavoro dipendente è tassato in Italia in qualità di Stato di residenza del lavoratore (e viceversa).
     

Conclusioni

Tale decisione disattende quanto previsto dall’art. 165 comma 8 del TUIR secondo cui la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata: l’articolo 165 del TUIR prevede il meccanismo del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Trattasi di una misura diretta ad eliminare la doppia imposizione internazionale sui redditi prodotti all’estero e già tassati nello Stato della fonte, consentendo al contribuente di portare in detrazione dall’imposta netta le imposte ivi assolte a titolo definitivo fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti esercizi ammessi in diminuzione.

A giudizio della Corte di Cassazione il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR si porrebbe in contrasto con l’articolo 15 convenzionale (Italia-Germania): affermando che le norme convenzionali hanno carattere di specialità rispetto alle corrispondenti norme nazionali, dovendo la potestà legislativa essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (ex art. 117, comma 1, Cost.), assume rilievo soltanto l’art. 15 della Convenzione tra Italia e Germania e, avendo il contribuente presentato dichiarazione e versato le relative imposte in Germania, sarebbe automaticamente riconosciuto il credito d’imposta in Italia, a prescindere dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi nel territorio dello Stato.

In questo caso il principio generale convenzionale che prevede in ogni caso la necessità di evitare la doppia imposizione tra i due Stati contraenti prevale sul dettato normativo interno rappresentato dall’articolo 165 comma 8 del TUIR. In particolare la Corte ha espresso che:

sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelle effettivamente dovuti, nondimeno quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione”.

In conclusione, si vuole ribadire che il diritto al credito, essendo formalizzato nelle norme che recepiscono i criteri dell’art. 23 del modello OCSE (tra le quali, appunto, l’art. 24 della Convenzione Italia-Germania), non necessita di adempimenti ulteriori (tra i quali figura la dichiarazione) che, se previsti dalla legge nazionale, devono essere superati in nome della preminenza dei Trattati internazionali sulle leggi interne.