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Bellezza e bene: introduzione a Tolkien

J.R.R. TOLKIEN
J.R.R. TOLKIEN

Nel mondo dei cattolici troviamo due generi di credente: quelli che non conoscono i libri di Tolkien e quelli che leggono e rileggono il viaggio mitologico del professore di filologia di Oxford.

Questo vorrebbe essere l’inizio di una serie di articoli (se così possiamo chiamarli) scritti da un lettore di Tolkien che, appassionato dalle sue avventure, lo rilegge in chiave cattolica e ne ripropone la sua riflessione. Ovviamente sarà una presentazione incompleta, non accademica, inusuale e sgrammaticata, che verterà, almeno inizialmente, su alcuni spunti intorno l’estetica.

L’habitat del pensiero estetico tolkieniano è quello del mito pagano. Lasciando sullo sfondo quella che potremmo identificare come estetica cattolica[1] e muovendoci per un momento nei confini dell’Inghilterra, il cardinale John Henry Newman affermava che possiamo ritrovare barlumi di cristianesimo nelle culture pagane anche se pre-cristiane, come ad esempio l’evento di San Paolo all’Areopago[2].

Un altro inglese, di taglio e taglia diversa – il cardinale era magro come uno spiedino quest’altro gli spiedini se li mangiava con tutto il bastoncino, è G. K. Chesterton. Egli scriveva come i pagani cercassero il divino, la bontà e la verità, affidandosi esclusivamente all’immaginazione umana per mezzo della bellezza. Lo scopo creativo di Tolkien è quello di scavare in questa bellezza per scoprirne i tesori e diserbare le sue follie. Così ha ripensato il mito pagano come bellezza unita alla bontà e alla verità[3].

Prima di continuare è il caso di ricordare che sono state prese varie posizioni sul rapporto tra gli scritti di Tolkien e il mito pagano. Vi presento due posizioni.

Ronald Hutton[4] trova una forte influenza pagana negli scritti del professore, al punto che crede che non sia mai stato cristiano[5] o quantomeno ortodosso. Dichiarandolo persino “mascheratamente eretico”. Ma come nell’eclissi totale di sole, questo non viene eliminato ma nascosto fino a poterne notare solamente la corona, così possiamo ammettere che Ilúvatar sia molto simile al Creatore cristiano e che i Valar siano simili sia a dei pagani che ai santi cristiani[6].

Elizabeth Whittingham[7] mette in risalto come i temi dell’oscurità e della disperazione, tipici delle leggende della Prima Era del mondo tolkieniano, lasciano sempre più spazio alla speranza Cristiana e alla vittoria finale. Mentre la bellezza delle storie tolkieniane è associata alla metafisica della verità amalgamata nella narrativa[8].

Questo è il pensiero di alcune posizioni odierne.

Tuttavia, nel periodo nel quale si era e si è perso il senso della trascendenza, Tolkien scriveva una lettera[9], tra le trincee della Grande Guerra, nella quale esponeva il desiderio di testimoniare Dio e la Verità. Si denota l’intenso spirito di speranza nella forza della bellezza come arma contro il male[10]. Come già qualcun altro aveva già scritto: la bellezza salverà il mondo.

In un’altra lettera del 14 maggio 1944 scriveva come in tutte le abitazioni dell’uomo vi è la bellezza della santità seppur nascosta dall’evidenza della malvagità. Possiamo sempre trovare qualcosa di buono nelle parole, nelle azioni e nei volti, anche se spesso è nascosto, difficilmente discernibile, raramente evidente e riconoscibile[11].

Possiamo ritrovare lo stesso pensiero nel santo vescovo di Tagaste Agostino, che sottolinea come il male altro non è che nulla, solamente una diminuzione del bene, del bello e del buono: Mi si rivelò chiaramente che tu hai fatto tutte le cose buone e non esiste nessuna sostanza che non sia stata fatta da te[12].

San Tommaso d’Aquino riprende tale idea ed evidenzia come il male morale è più grave. Per Tolkien, come per l’Aquinate, bontà e bellezza sono legate e sono assurte alla santità. La santità è la bellezza della bontà. Sebbene nascosta, è molto più diffusa del male ed è ancora capace di penetrare il mondo materiale tramite la bellezza. Però, il suo nascondimento non è la mera passività al soverchio fragore del male, ma è anche segno della potenza che si manifesta nel trascendente: nascosta, ma sempre presente.

Bontà, bellezza e verità sono definite strutture della santità che è per natura trascendente[13]. Il male, così concepito, non è da sé, né è qualcosa che esistente in sé, ma è un parassita del bene. Mentre il bene può esistere senza il male, è il male che necessita del bene per mostrarsi. Così come l’ombra è mancanza di luce il male è una mancanza del bene.

La grande intuizione di Tolkien consiste proprio in questo: la battaglia ingaggiata dal male è contro il bello (infatti se il male è diminuzione del bello allora è antitetico al bello). Per Tolkien vale la pena difendere solamente qualcosa di bello e desidera trovare una bellezza senza tempo[14]. Senza alcun dubbio nel suo mondo la ricerca del bello è ampia, eppure rimane un argomento periferico negli studi di Tolkien:

Lei parla di una integrità e di una santità ne Il Signore degli Anelli che sono un potere in sé. Ero profondamente commosso. Prima non mi era stato detto nulla del genere. Ma per una strana occasione, proprio come stavo iniziando questa lettera, ne ho avuta una da un uomo, che si classificò come "un miscredente, o nel migliore dei casi un uomo dal sentimento religioso tardivo e oscuro... ma tu", ha detto, "[hai creato] un mondo in cui una sorta di fede sembra essere ovunque senza una sorgente visibile, come la luce da una lampada invisibile". Posso solo rispondere: "Della sua stessa integrità mentale nessuno può giudicare in modo sicuro. Se la santità abita nel suo lavoro o come luce pervasiva lo illumina, allora non viene da lui, ma attraverso di lui. E nessuno di voi la percepirebbe in questi termini se questa non fosse anche con voi. Altrimenti non vedreste e non sentireste nulla, o (se fosse presente qualche altro spirito) sareste pieni di disprezzo, nausea, odio[15].

Trovo interessante come il mittente della lettera a cui Tolkien si riferisce parla di sentimento religioso tardivo e oscuro e afferma che il mondo creato dallo scrittore inglese è pervaso da una fede che sembra una sorgente visibile, come la luce da una lampada invisibile[16].

Concludo specificando che, quando Tolkien parla di un male, quale che sia, morale o riguardante il creato, parla sempre di corruzione. Come per Tommaso e Agostino, prima di lui, il male è corruzione del bello.

 

[1]  Cf., L. Coutras, Tolkien's Theology of Beauty, Majesty, Splendor, and Transcendence in Middle-earth, Palgrave Macmillan, New York 2016, pag. 3.

[2] Cfr., J. H. Newman, Sermoni su temi di attualità, Sermoni all’università di Oxford, ESD, 2004 Bologna, pp. 628-630

[3] Op Cit., L. Cᴏᴜᴛʀᴀs, pag. 24

[4] È uno storico Inglese nato nel 1953 specializzato nello studio della storia moderna Britannica, nel folklore Britannico, delle religioni pre-cristiane e pagane contemporanee.

[5] Op. Cfr., L. Cᴏᴜᴛʀᴀs, pag. 9-10

[6] Cfr., Letters 153 To Peter Hastings (draft)

[7] Autrice di vari libri su Tolkien e le sue opere

[8] Op Cfr., L. Cᴏᴜᴛʀᴀs, pag. 10

[9] Cfr., Letters 96 To Christopher Tolkien 20 Northmoor Road, Oxford

[10] Op Cfr., L. Cᴏᴜᴛʀᴀs, pag. 11

[11] Cfr., Letters 69 To Christopher Tolkien

[12] Cit., Sant’Agostino d’Ippona, Le confessioni, Paoline, 2010 Milano, Libro VII, pag. 12

[13] Op Cfr., L. Cᴏᴜᴛʀᴀs, 12

[14] Cfr., Ibidem, 13

[15] Cit., Letters 328 To Carole Batten-Phelps (draft) [19 Lakeside Road]. Traduzione propria, cit. Originale: You speak of ‘a sanity and sanctity’ in the L.R. ‘which is a power in itself. I was deeply moved. Nothing of the kind had been said to me before. But by a strange chance, just as I was beginning this letter, I had one from a man, who classified himself as ‘an unbeliever, or at best a man of belatedly and dimly dawning religious feeling ... but you’, he said, ‘create a world in which some sort of faith seems to be everywhere without a visible source, like light from an invisible lamp’. I can only answer: ‘Of his own sanity no man can securely judge. If sanctity inhabits his work or as a pervading light illumines it then it does not come from him but through him. And neither of you would perceive it in these terms unless it was with you also. Otherwise you would see and feel nothing, or (if some other spirit was present) you would be filled with contempt, nausea, hatred. "Leaves out of the elf-country, gah!" "Lembas – dust and ashes, we don’t eat that

[16] Tratteremo del rapporto oscurità-luce nei prossimi articoli.