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L'etica del'amore: Silvana De Mari

Conero, 2017
Ph. Francesca Russo / Conero, 2017

Nel fantasy, a mio parere, nulla può neanche lontanamente eguagliare l'epopea scritta da John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), professore di lingue di Oxford. Tant'è che se ne fossi capace scriverei un De consolatione mythi, sulla falsariga del più famoso De Consolatione Philosophiae di Severino Boezio (477 — 526).

Quindi reputo inutile e neghittoso fare dei paragoni tra le avventure fantasy tolkieniane e quelle di qualsiasi altro autore fantasy. Tolkien è, e rimarrà nunc, et semper, et in saecula saeculorum un caso più unico che raro in questo genere letterario. Le storie fantasy della prof.ssa Silvana De Mari (Caserta, 1953), di cui desidero parlarvi brevemente, non cercano di fare concorrenza al professore di Oxford, ma si inseriscono in questo genere letterario con una freschezza stupefacente e consolante.

Attualmente ho solamente letto: L'ultimo elfo e L'ultimo orco pubblicati dalla Salani; Il Regno delle tigri bianche, Il Cavaliere di Luce e La strega muta, pubblicati dalla Giunti. Invece, devo ancora leggere: Hania. Io sono Hania. La saga di Hania andrebbe letta così come ho scritto, in modo tale che si riesca a seguire la storia in maniera cronologica.

Fulcro dell'intera saga demariana è l'amore. Amore che muove a fare scelte coraggiose, scelte belle, non semplicemente utili, come oggi siamo abituati a pensare. Scelte contro il buon senso, contro quello che tutti farebbero, assumendosi invece l'onere di alcune decisioni che, almeno da principio, potrebbero dirsi infelici, sicuramente difficili: salvare la vita, indifesa e innocente, di una bambina non voluta, la cui esistenza potrebbe portare alla disperazione del mondo; o, anche, evidenziare i pregi del prossimo, invece che i difetti, al fine di condurlo al bene; o ancora, rischiare la vita per qualcun altro - anche se non è proprio una persona con cui siamo molto affini - e tentare di scoprire in lui le sofferenze che lo portano a comportarsi come si comporta.

Certo in un'era post-Benthamiana l'idea di fare una scelta o vivere una vita basata sull'amore invece che sull'utilità ci sembra assurdo o impraticabile. Lo stesso termine utile è così prepotentemente presente oggi nei nostri dialoghi, nel nostro mondo, nella nostra quotidianità che non riusciamo più a finire una frase senza usare tale parola. Non riusciamo più a vedere ciò che è oltre l'utilità, siamo diventati ciechi di fronte a ciò che è inutile. Se reputo qualcosa utile allora deve portare con sé felicità, armonia, libertà, pace; altrimenti sarà svantaggiosa, triste, faticosa, annullante, incatenante… peccato che il termine utile sia solitamente aggettivo per un oggetto, per un profitto finanziario o, se riferito ad una persona, di aiuto con il suo lavoro. Ed ecco scovato l'inganno: oggi valutiamo tutto quantitativamente non più qualitativamente.

Una vita è tale solo se essa avrà tutte le possibilità che le altre possono avere, non è più importante la qualità dell'esperienza ma le quantità di esperienza.

È tristemente divertente riflettere come, valutando in questa maniera, nessuna vita sarebbe veramente e pienamente degna d'esser vissuta, perché tutte le vite mancano di qualche possibilità. Certo, potremmo pensare che, un minimo indispensabile è dovuto a garanzia della vita nascente. Invece, nella storia della saga di Hania, compendio del pensiero demariano, tale idea viene scalzata dal suo piedistallo d'avorio, mostrandoci una principessa che farà scelte inutili. Scelte che, appropriatamente decorate da fake news, saranno utili per muovere un intero popolo all'odio per la sua sovrana.

È interessante vedere come la prof.ssa De Mari tratta un problema così attuale: notizie montate ad hoc per far sì che un popolo, che un tempo amava la sua principessa, sia portato a odiarla fino a volerne la morte. Solamente alcuni saggi e coraggiosi resistono a queste notizie, ricordando come la loro principessa abbia sempre difeso il suo popolo e che abbia compiuto tutto per il bene del suo popolo. Questi pochi, questo resto, è emarginato e perseguitato tanto quanto la stessa principessa.

Il substrato, la materia prima, sul quale navigano le idee dell'autrice attinge dall'esperienza del Vangelo. La buona novella si scorge nel racconto di Hania come ci rendiamo conto della luna sui riflessi di un lago.

Non posso e non voglio aggiungere altre informazioni riguardo una bella avventura come questa, posso solamente invitarvi alla lettura.