È ancora possibile l’amore

L’amore significa e genera vita e la sua misura è la vita dell’altro
Amore
Amore

È ancora possibile l’amore

 

Abstract: L’articolo, mediante riferimenti normativi e letterari, mette in luce l’essenzialità dell’amore, peculiarità solo umana, tutta umana

 

Oggi si tende a parlare dell’amore spesso in maniera negativa, come amore tossico, possessivo, virtuale o altro, riducendo la fiducia e la speranza delle nuove generazioni nell’amore, quello vero e duraturo. Urge, perciò, educarsi e educare a ri-conoscere l’amore.

“L’amore non nasce dalle misure del corpo ma da qualcosa di inesprimibile che appartiene soprattutto allo sguardo” (la scrittrice Susanna Tamaro). L’amore non è fisico, ma corporeità che comincia dallo sguardo (come il primo incrocio di sguardo tra mamma e figlio) e finisce proprio quando lo sguardo è distratto o distolto. Educazione allo sguardo, educazione dello sguardo, in altre parole educazione sentimentale e non solo sessuale.

Lo psichiatra statunitense George Vaillant afferma: “I dati rivelano che la felicità è l’amore. Punto”. I figli nascono (o così dovrebbe essere) per amore e chiedono solo amore. Figli: tante emozioni e altrettante preoccupazioni perché hanno diritto alla vita, chiedono solamente vita.

“Porta amore a qualcuno porgi il te stesso ma fino alla soglia. Fa’ che si chini per alzarlo a sé, mai che debba staccarselo di dosso. Fa’ che non sia proiettile contro sagoma attinta, ma la deposta offerta” (lo scrittore Erri De Luca). Deve essere così pure nelle relazioni familiari, innanzitutto nella relazione genitoriale. Amare qualcuno, in particolare un figlio, è arrivare sino alla soglia del suo cuore e non invaderlo.

“Aiutare ogni creatura a fiorire. Il mondo combatte per fiorire. Io posso capire se amo il mondo se combatto per lui, di combattiva tenerezza, per farvi crescere bellezza e tenerezza. Affrettiamoci ad amare, le creature se ne vanno così in fretta” (il teologo Ermes Ronchi). Così l’amore genitoriale che si manifesta in tal modo ancor di più in caso dei nati pretermine (si veda la Carta dei diritti del bambino nato prematuro, 2010).

Il filosofo spagnolo Raimon Panikkar spiega: “La relazione umana è rituale quando il prossimo è qualcosa di più che un oggetto; l’amore umano è un rito quando si scopre che la persona non è soltanto un oggetto di piacere e neppure d’amore; ma una relazione costitutiva che consente all’io di essere io, e al tu d’essere tu”. “Rito” etimologicamente deriva dalla radice “ri”, “andare, scorrere”. Nell’amore coniugale ci si ricordi del rito del matrimonio, nell’amore genitoriale ci si ricordi del rito della nascita. Perché la vita stessa è rito.

Come il rito del bacio della buonanotte. “Bacio”, secondo alcuni deriverebbe da “mormorare, parlare”: come quello dei bambini che si divertono a stampare baci anche quando hanno la bocca sporca di cioccolato o schioccano le labbra facendo sentire chiaramente lo smack. Ogni bacio parli d’amore, di ogni amore, purché amore e fonte di vita: è questa la prima forma di educazione sentimentale e sessuale che bisogna trasmettere. Bisogna abbassarsi al livello dei bambini per sollevarli alla vita e agli alti valori della vita.

“[...] si sono spenti, in un rapporto che ha il calore di un ghiacciaio in inverno. Per tutti e due, stare insieme è una sottrazione alla vita. Non ha senso ormai, stare così, senza sapere che dirsi. Tra loro è sorto un muro. Hanno perso la strada della comunicazione e non hanno più voglia di mandarsi segnali di fumo. Sono indecisi su cosa fare: ricominciare, inventando la forza di rinnovarsi o proiettarsi di slancio in avanti, cercando ognuno un destino diverso? Nessuno dei due ha il coraggio di fare la prima mossa” (l’autore Antonio Petrocelli). Quando una relazione è finita o svanita o, addirittura, non è mai esistita, è inutile portarla avanti per salvare l’apparenza o, peggio, per reciproca convenienza: per se stessi, per gli altri intorno e per l’amore è solo una sofferenza. A cominciare dagli eventuali figli che ricevono in tal modo un pessimo esempio di educazione sentimentale. I figli devono (o dovrebbero) essere concepiti, cresciuti, educati e mantenuti nell’amore, solo per amore, come ribadito anche in alcune carte non normative, tra cui la Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori (ottobre 2018) e il Decalogo dei bisogni (o desideri) dei bambini, stilato dal formatore montessoriano Claus Dieter Kaul.

“E così io adesso, ogni tanto, dico alle persone che voglio bene, anche se loro mi guardano e non capiscono, ma io glielo dico lo stesso: «Meno male che ci sei!»” (dal film “Meno male che ci sei”). Dire o manifestare in altro modo il proprio amore per l’altro in qualsiasi relazione, da quella genitoriale a quella educativa, da quella amicale a quella sentimentale: quel che conta è amare e far sentire amato l’altro. Altrimenti che amore è? L’educazione sentimentale passa attraverso quello che si dice e si fa, non attraverso lezioni cattedratiche. L’amore è quell’ambiente, quell’atmosfera di cui si parla nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

“[…] un buon fidanzamento non è quello che termina col matrimonio, ma con la verità. Se vi dovete sposare, avanti; se non vi dovete sposare, prima lo scoprite meglio è!” (don Fabio Rosini). Contrarre matrimonio non è né una prescrizione (per una certa età anagrafica o per un certo numero di anni di relazione) né una proscrizione (per una gravidanza imprevista o per un trasferimento lavorativo), ma ci si sposa se il matrimonio è iscritto nel proprio cuore e nei condivisi progetti con l’altro/a, altrimenti ci si infelicita e ancor di più si infelicitano gli altri. Questa consapevolezza costituisce un fondamento del libero e pieno consenso dei futuri coniugi di cui all’art. 16 par. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’amore è fatto di meccanismi ed ingranaggi: o funzionano o non funzionano. Tutt’al più si può usare il lubrificante, ma se si ha bisogno di interventi continui o esterni c’è più di qualcosa che non va. L’amore è la macchina della vita, ma non tutte le macchine riescono bene e bisogna fare attenzione nella guida lungo la strada. Ne va della propria vita e di quella di altri. Solo se si è adulti in amore (e non immaturi e imperituri adolescenti) si può, poi, praticare l’educazione sentimentale, soprattutto a livello genitoriale. Anche se ogni caso è a sé, è così evidente che in molte coppie ci siano apparenza, convenienza o sofferenza (forse più del passato quando si contraevano matrimoni combinati o riparatori o per procura o per interesse). Mai accontentarsi e mai svendere la propria libertà e dignità: l’autenticità nei legami è la prima lezione di educazione sentimentale (o educazione all’affettività) che non può essere data o demandata alla scuola.

Autenticità che è insita nei bambini e va salvaguardata nei bambini. La scrittrice Susanna Tamaro riflette: “A tutti capita, soprattutto nell’infanzia, di percepire questa straordinaria sensazione di pienezza. Può durare qualche secondo, un giorno, un mese, comunque è là, esiste, e questa sensazione è la conferma che il nostro cuore è vivo, aperto e pieno di amore. Poi qualcuno arriva e ci dice: «Non si canta se non si è cantanti» e tutto in noi si spegne, il grigiore scende nella nostra vita. Così, invece di seguire il nostro cuore, cominciamo a seguire quello che gli altri vogliono da noi. La nostra vita allora diventa molto faticosa, andiamo da una parte e dall’altra senza avere mai chiara la direzione verso cui dirigerci, in tal modo accumuliamo errori e, con gli errori, arrivano le tristezze”. L’infanzia possiede ogni bellezza ed ogni ricchezza: non la si deve deturpare, non la si deve omologare. L’infanzia è la bellezza della vita stessa, ma gli adulti, in primis alcuni genitori, la stanno deturpando con ogni forma di adultizzazione: dal farli soffrire irrimediabilmente durante le crisi di coppia ai casi di ipersessualizzazione.

Il “pediatra musicista” Andrea Satta racconta: “Dalla mia lunga esperienza sul campo, vedo purtroppo che i genitori tendono ad affidarsi a percorsi precostituiti e superficiali piuttosto che cercare di risolvere veramente i problemi. I bambini non sono una proprietà privata dei genitori: hanno bisogno di rispetto per maturare e di molto tempo libero per giocare. Comunque, tra tante febbri che affronto nel mio ambulatorio, la più pericolosa è la febbre dell’amore che manca e dell’amore che affoga. La qualità delle relazioni vissute nell’infanzia è fondamentale per la gioia e la salute dei bambini”. L’amore significa e genera vita e la sua misura è la vita dell’altro: la misura dell’amore genitoriale è la vita del figlio.

Amare è altresì lasciare andare: come un albero che d’autunno vede andar via le foglie che non torneranno più o diventeranno altro nel ciclo della natura. Così dovrebbe essere l’amore genitoriale.

Tenere all’altro, temere per l’altro, nella misura in cui si contempli e si rispetti l’altro: così deve essere l’amore coniugale e, ancor di più, l’amore genitoriale che, altrimenti, si manifesta in modo negativo come l’iperprotettività o l’anaffettività.

Affiancarsi prudentemente alla vita dell’altro, affacciarsi premurosamente nella vita dell’altro: così dovrebbe essere ogni relazione d’amore, a cominciare da quella genitoriale. I genitori (in particolare la madre) devono amare liberamente e di un amore liberante. Chi ama c’è prima e dopo, pur tacendo ma facendo del silenzio una prova d’amore, pur allontanandosi facendo della distanza una speranza: dalle mamme alle donne-Penelope.

Nessuno sia reso inabile ad amare e ad essere amato, anche se chiuso nella cosiddetta “sindrome del chiavistello”. Non si ama una pianta o un pesce nell’ampolla? Chi stabilisce il valore di un essere vivente e dell’amore che suscita o che si può provare per lui? A maggior ragione se si tratta di un essere umano. Alla base di tutti i diritti umani, in primis il diritto alla vita, vi è l’amore. Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. “Tutti gli esseri umani […] devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È ancora possibile l’amore, anzi è ancora più necessario, perché rende umani, man-tiene umani.