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Minori: rifiuto a incontrare il genitore

Uno sguardo sul mare
Ph. Cinzia Falcinelli / Uno sguardo sul mare

Il minore ha diritto alla relazione familiare. Come si inquadra e si declina tale diritto, nella fisiologia della famiglia ed in caso di sua disgregazione?

Il rifiuto del minore ad incontrare i suoi genitori impone all’avvocato un cambio di prospettiva.

L’Avvocato nella sua attività incontra il cliente, lo ascolta, ha scambi epistolari, concerta la linea difensiva. Del minore sa solo quello che il cliente gli riferisce. E non può essere diversamente perché per preciso limite deontologico l’avvocato non può incontrare il minore.

Ma nello svolgere la difesa del cliente, adulto, l’avvocato è chiamato a contemperare i doveri/diritti di questo (la responsabilità genitoriale e la co-genitorialità non sono solo diritti) con i diritti, pieni, di un soggetto, il minore, che non conosce e non ascolta.

Ecco quindi che il lavoro che l’avvocato che si occupa di un rifiuto di un minore ad incontrare il genitore, che tuteli i genitori rifiutato o il genitore gradito, è quanto mai complesso.

Analizziamo il diritto in positivo per apprezzare il suo contenuto negativo. I riferimenti normativi del diritto del minore ad avere relazioni familiari sono i seguenti:

articolo 8 Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, Roma 4.11.1950;

articolo 8 Convenzione ONU sui diritti del Fanciullo, New York 20.11.1989;

articolo 2 Cost;

articolo 30 Cost;

articolo 315 bis Codice Civile;

articolo 337 ter Codice Civile

Le norme però devono essere adattate al caso concreto perché il minore può avere età compresa da pochi giorni a 18 anni, può essere naturale o adottivo, può essere figlio unico o avere uno o più fratelli, può essere l’unico figlio per ciascuno dei due genitori oppure avere fratelli unilaterali, può essere sano o avere una patologia, fisica o psichiatrica, può avere difficoltà di apprendimento o essere un genio.

In buona sostanza ogni minore ha la sua specificità connaturata e vive in una specifica situazione familiare, naturalmente destinata a mutare nel tempo.

Venendo all’analisi delle norme, il minore di età ha al pari dei maggiori di età diritto al rispetto della propria via familiare, a norma dell’art 8 Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, Roma 4.11.1950 “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e corrispondenza”.

Agli Stati è imposto di attivarsi affinché i diritti dei minori siano tutelati, a norma dell’articolo 8 Convenzione ONU sui diritti del Fanciullo New York 20.11.1989 (ratificata Italia 27.5.1991 n.176) “Gli Stati Parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari, così come sono riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali”.

La nostra Costituzione riconosce quale principio fondamentale i diritti inviolabili dell’Uomo, articolo 2 Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e la famiglia è la prima formazione sociale in cui ciascuno nasce e chiamata per natura ad accudirlo.

L’articolo 30 Costituzione, Titolo II dedicato ai rapporti etico sociali, ovvero ai diritti di cui l’individuo gode in quanto parte della collettività, riconosce poi il diritto del minore ad essere mantenuto, istruito ed educato dai genitori, anche se non corre fra loro vincolo coniugale, “1. È dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Il secondo comma prevede l’intervento pubblicistico a tutela dei diritti del minore laddove statuisce che 2. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

Venendo alle norme codicistiche, l’articolo 315 bis 1° e 2° comma Codice civile (introdotto con legge 219/2012) stabilisce che: 1. Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. 2. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”, norma definita dalla dottrina lo Statuto dei diritti del Figlio.

È assicurata una tutela uniforme per tutti i figli minorenni e maggiorenni portatori di handicap, per il caso di disgregazione familiare, indipendentemente dal correre o meno di vincolo coniugale fra i loro genitori (Dlgs n.154/2013) dall’articolo 337 Codice Civile: 1. In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo”.

Quindi il minore ha diritto ad avere rapporti con i propri genitori e con la propria famiglia, sia quando i genitori sono uniti da vincolo coniugale o/e da relazione affettiva, sia quando ciò non sia mai stato o non sia più. Il minore è dunque titolare del diritto ad avere e mantenere una relazione con i propri genitori e la conservazione del rapporto con entrambi i genitori risponde in linea di principio all’interesse del minore.

Ricordo, una fra tutte, che con sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 4.5.2017 n. 66396 è stato sancito il principio secondo il quale “Il diritto alla Vita Familiare del figli è costituito dalla reciproca presenza, dalla continuità e dalla stabilità di relazione tra i genitori ed i figli” e l’Italia è stata invitata a predisporre ogni misura atta a garantire l’effettività di tale rapporto.

 

Il minore può rifiutare di avere una relazione con i propri genitori? Può fare valere tale suo diritto in giudizio, come? Può essere costretto comunque ad avere una relazione con i suoi genitori?

I riferimenti normativi del diritto del minore a rifiutare relazioni con i propri genitori ed a fare valere tale suo diritto in giudizio, sono i seguenti:

articolo 315 bis Codice Civile 

articolo 337 ter Codice Civile,

articolo 9 Convenzione sull’esercizio dei diritti dei minori 25.11.1996 c.d. Convenzione di Strasburgo;

articolo 12 Convenzione Internazionale dei diritti dell’Infanzia, New York 20.11.1989,

articolo 337 septies Codice Civile, 

articolo 78 Codice Procedura Civile.

Nell’ordinamento giuridico italiano il diritto del minore alla bi-genitoriale del minore è garantito e tutelato dalla legge 54/2006 sull’affido condiviso, nonché dal d.lgs. 154/2013.

Il diritto alla bi-genitorialità è il diritto ad avere mantenere con entrambi i genitori un rapporto adeguato tal che consenta l’attuazione del diritto del minore ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente da entrambi (Cass. Civ. sez I 6.3.2020 n. 6471; 8.4.2019 n.9764)

Il diritto alla bi-genitorialità incontra tuttavia dei limiti dati dall’interesse del minore e dalla sua volontà.

La Suprema Corte Sez. I ha recentemente stabilito con ordinanza 23.4.2019 n. 11170 il principio secondo cui “Il diritto alla bigenitorialità non può spingersi oltre il rifiuto del minore alla frequentazione del genitore non collocatario”.

Il rapporto affettivo, per natura incoercibile, non può essere imposto. Pertanto se un figlio non intente intrattenere un rapporto stabile con il genitore non collocatario, questo non può essere obbligato. Peraltro la normativa internazionale citata si caratterizza per la visione paidocentrica, ovvero per il ruolo centrale riconosciuto al minore. Il bene tutelato è, in primis, il diritto del minore, rispetto ai quale i diritti dei genitori sono recessivi e serventi.

Da tale assioma deriva la logica conseguenza che, salvo le ipotesi in cui ad ostacolare gli incontri tra genitore e figlio sia il coniuge, ovvero salvo il caso in cui non dipenda dalla sua volontà, il figlio può rifiutarsi di frequentare l’altro genitore.

La Suprema Corte stabilisce che il diritto del minore alla bigenitorialità può essere esercitato anche in accezione negativa. Ciò significa che il minore, con capacita di discernimento, ha diritto a “non mantenere” con un genitore un rapporto continuativo. Con la pronuncia in oggetto, quindi, gli Ermellini hanno messo in ulteriore luce come il principio alla bigenitorialità sia posto a tutela, innanzitutto, del figlio e non solo dei genitori.

In precedenza la Corte si era già espressa con sentenza sezione I del 7.10.2016 n. 20107 in cui si evidenzia la necessità che la valutazione sulla ripresa dei rapporti fra un padre e la figlia quindicenne possa essere centrata sulla posizione presa da questa, chiara ed argomentata, circa la sua indisponibilità a partecipare ad un progetto di recupero del rapporto e non sulla valutazione delle risalenti condotte tenute dall’altro genitore.

Il minore può fare valere il proprio diritto a non frequentare uno od entrambi i genitori.

Riguardo al modo per il minore di far valere in giudizio tale suo diritto, si pone il problema di come può il minore far sentire la propria voce al Giudice e della sua legittimazione ad intervenire nel giudizio di separazione, divorzio, affidamento e relative modifiche, pendente fra i genitori.

La Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori 25.11.1996 stabilisce all’articolo 9 che il minore ha diritto a ricevere informazioni pertinenti riguardo la causa che lo riguarda, di essere consultato ed esprimere un’opinione, di essere informato delle conseguenze che a tale opinione conseguono; ha diritto a chiedere che sia designato un rappresentante distinto e, nei casi opportuni, un difensore.

Il diritto del minore a formarsi un’opinione e ad essere ascoltato era già stato stabilito dall’articolo  12 Convenzione Internazionale dei diritti dell’Infanzia  20.11.1989, c.d. Convenzione di New York: 1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale

Il rifiuto del minore ad incontrare un genitore può quindi emergere dal suo ascolto oppure può essere riferito dai genitori o da terzi.

Ricordo che il minore ha diritto ad essere sentito in tutti i procedimenti che lo riguardano.

L’articolo 337 septies Codice Civile  articolo aggiunto dall'articolo 55, co. 1, D.Lgs. 28.12.2013, n. 154 codifica quanto al nostro ordinamento l’ascolto del minore nelle procedure di separazione, divorzio , suo affidamento, disponendo che “Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.

L’ascolto del minore è strumento per acquisire al processo l’opinione del minore e può essere disposto dal Giudice anche in assenza di istanza di parte, in forza del potere officioso, in ogni fase del processo (Danovi, Vullo); quindi anche in fase presidenziale o prima della adozione dei provvedimenti collegiali provvisori.

L’ascolto del minore non è mezzo di prova e come tale non soggiace alle regole del contraddittorio, recessivo rispetto all’interesse del minore. È rimesso alla valutazione del Giudice se ascoltare personalmente il minore o con l’assistenza di un ausiliario. In molti Tribunale sono vigenti protocolli che disciplinano le modalità di ascolto, regole che devono essere adattate al caso di specie.

Il rifiuto del minore ad incontrare un genitore, parziale o totale, temporaneo o con caratteristiche che ne annunciano il perdurare, si traduce in un conflitto di interesse di questo con entrambi i genitori. Il genitore collocatario, infatti, ha il dovere morale e giuridico di dare esecuzione al provvedimento che stabilisce la frequentazione del figlio con l’altro genitore e, quindi, di attivarsi affinché il minore frequenti l’altro (Cassazione 4176/2014).

La rappresentanza dei diritti del figlio che spetta al genitore attiene non solo ai diritti patrimoniali ma anche ai diritti personali del minore; quindi il concetto di conflitto in interessi fra genitori e figlio non deve intendersi solo nella sua accezione patrimoniale, ma deve comprendere anche l’interesse morale del minore.  

Per cui in caso di rifiuto del minore ad incontrare un genitore, se pende fra i genitori una causa di separazione, divorzio, affidamento del figlio, è opportuno nominare un curatore speciale ex articolo 78 Codice Procedura Civile del minore, il quale agisca in giudizio per la tutela del diritto a non incontrare un genitore del minore. Ciò a maggior ragione se il genitore convivente non si attiva in favore della ripresa degli incontri del figlio con l’altro.

La nomina può essere richiesta anche in caso di alta conflittualità fra i genitori cui non segua il rifiuto del minore ad incontrare uno dei due.

Peraltro il minore è portatore di interessi propri ed è qualificabile come parte sostanziale del processo (Cass. SU 21.10.2009 n. 22238, Cass. Civ. Sezione I 15.5.2013 n. 11687, Cass. Civ. Sezione I 11.12.2013 n. 27729), sì che nelle ipotesi di conflitto di interesse con i genitori la sua tutela può essere attuate solo se sia autonomamente rappresentato

La Corte Costituzionale con sentenza 11.3.2011 n. 83 ha evidenziato che il Giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, può sempre procedere alla nomina di un curatore speciale in favore del fanciullo, avvalendosi della disposizione dettata dall’articolo 78 Codice Procedura Civile, che non ha carattere eccezionale, ma costituisce piuttosto un istituto che è espressione di un principio generale, destinato ad operare ogni qualvolta sia necessario nominare un rappresentate all’incapace.

Se invece non pende causa fra i genitori, il diritto del minore a non frequentare un o entrambi genitori dovrà essere azionato avanti al Tribunale per i Minorenni dal Procuratore che vi ha sede. La notizia giunge al PM in questi casi dai Servizi Sociali o da chiunque si renda portatore della volontà del minore.

La nomina può prescindere da un’istanza di parte e deve essere disposta d’ufficio posto che l’articolo 9 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo il 25.11.996, stabilisce che nei procedimenti riguardanti un minore l’autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentate speciale che li rappresenti nel procedimento motu proprio.

Il Giudice può attribuire anche al curatore speciale nominato, se avvocato, il potere di agire in giudizio nell’interesse del minore.

Ovviamente l’avvocato nominato curatore del minore può incontralo ed ascoltarlo. Può decidere anche di farlo con il supporto di un consulente di parte.

Se il rifiuto del minore ad incontrare il genitore è basato su una carenza assoluta di capacità genitoriale, il curatore del minore potrà adire il Tribunale dei Minorenni per ottenere una pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti del genitore rifiutato.

Se entrambi genitori sono assolutamente e irrimediabilmente carenti, il curatore del minore può chiedere disporsi nell’interesse del minore le misure a sostegno del suo diritto a crescere in famiglia previste dall’articolo 337 ter Codice Civile ovvero affidamento familiare, extrafamiliare e finanche agire avanti al Tribunale per i Minorenni ex articolo 4 legge 183/1984 per la dichiarazione di abbandono, presupposti una sua messa in adozione.

Qualora invece non ricorrano i presupposti di cui all’articolo 330 Codice Civile o il rifiuto del minore si fondi su problematiche relazionali risolvibili, il curatore potrà chiedere ex articolo 709 ter 2° comma Codice Procedura Civile i più vari provvedimenti opportuni a tutela del diritto del minore. Provvedimenti che si risolveranno in prescrizioni ex articolo 333 Codice Civile ad uno o ad entrambi i genitori, non a carico del minore.

Il minore non può essere costretto ad incontrare i suoi genitori.  L’esercizio del diritto alla relazione familiare non può essere imposto in quanto la relazione affettiva stessa non può essere imposta. La motivazione del rifiuto può quindi anche essere priva di un fondamento giuridico.

La valutazione cui il Giudice è chiamato a fare riguarda esclusivamente se imporre al minore che ha espresso rifiuto nei confronti del genitore è conforme al suo interesse, considerata la peculiarità del caso.

Quindi la frequentazione fra figlio e uno o entrambi genitori può essere sospesa.

In tal senso Cass. Civ. sezione I 15.1.1998 n. 317 ha sancito che “la circostanza che il  figlio minore, ormai divenuto adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti avversione o di ripulsa -a tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rapidamente e facilmente rimossi, nonostante il supporto di strutture sociali e psicopedagogiche, costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri tra il minore stesso ed il coniuge non affidatario. Tale sospensione può essere disposta indipendentemente dalle eventuali responsabilità di ciascuno dei genitori rispetto all’atteggiamento del figlio ed indipendentemente anche dalla fondatezza delle motivazioni addotte da quest’ultimo per giustificare detti sentimenti, dei quali vanno valutare solo la profondità e l’intensità, al fine di prevedere se disporre il prosieguo degli incontri con il genitore avversato potrebbe portare ad un superamento senza gravi traumi psichici della sua animosità iniziale ovvero ad una dannosa radicalizzazione della stessa”.

La sospensione della frequentazione fra figlio e genitori può quindi anche prescindere dalla responsabilità del genitore rispetto al rifiuto del figlio. E mai può essere imposta come misura punitiva dell’uno o premiale dell’altro genitore, poiché è misura disposta nel (solo) interesse del minore.