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Blockchain e bitcoin: nuovi strumenti per i riciclatori?

Bologna, Santo Stefano con la neve
Ph. Francesca Russo / Bologna, Santo Stefano con la neve

Abstract

L’assenza di regolamentazione di queste nuove tecnologie comporta il rischio di un utilizzo a fini illeciti da parte della criminalità organizzata.

 

Indice:

1. I rischi di riciclaggio connessi all’utilizzo delle valute virtuali

2. La risposta delle Autorità

 

1. I rischi di riciclaggio connessi all’utilizzo delle valute virtuali

La prima e più nota criptovaluta, bitcoin, è stata lanciata sul mercato da più di 10 anni. Da allora, sul fronte della regolamentazione, sono stati mossi pochi e timidi passi. Non si nega che le valute virtuali siano uno “strumento” potenzialmente in grado di migliorare l’efficienza del sistema finanziario mondiale, grazie anche alla tecnologia blockchain alla sua base.

Tale tecnologia – ossia il registro strutturato come una catena di blocchi in cui sono contenute le transazioni –, consente agli utenti di effettuare pagamenti istantanei in qualsiasi luogo del globo. Essa, secondo molti, sarebbe in grado di apportare numerosi benefici alle aziende, tra cui l’aumento della sicurezza informatica, la diminuzione dei costi, l’aumento della trasparenza.

Tuttavia, le valute virtuali e la tecnologia blockchain presentano altresì peculiarità che, in assenza di un’adeguata vigilanza, sono suscettibili di divenire strumenti dannosi per il sistema economico e monetario nel suo complesso, così come rischiosi per i singoli utilizzatori, ed essere un ulteriore strumento utile per le organizzazioni criminali.

Ad esempio, sono di qualche mese fa le indagini che hanno messo in luce lo sfruttamento da parte della ‘ndrangheta per i propri scopi dei benefici derivanti dal sostanziale anonimato delle valute virtuali, e dall’assenza di rigidi presidi per effettuare operazioni illegali (come pagare la cocaina acquistata, o riciclare il denaro guadagnato illegalmente).

 

2. La risposta delle Autorità

Le Autorità economiche e finanziarie mondiali hanno rilevato tali pericoli già nei report divulgati a partire dal 2011, invitando i governi ad incrementare l’attenzione su questo settore e lavorare per porre una regolamentazione efficace che consenta di prevenire l’utilizzo delle valute virtuali a fini di riciclaggio, finanziamento del terrorismo, o truffe ai consumatori.

Appare evidente che le criptovalute e la tecnologia blockchain rimangono, a tutt’oggi, fonti di preoccupazione per le Autorità, le quali temono che la criminalità e le organizzazioni terroristiche riescano a sfruttare sempre meglio il settore per finanziarsi e celare le proprie attività illecite. Nel frattempo, a luglio 2018 è entrata in vigore la c.d. V direttiva antiriciclaggio, un passo importante che consente di estendere gli obblighi di adeguata verifica anche agli exchanger, alle piattaforme di scambio virtuale, e ai prestatori di servizi di portafoglio virtuale.

In Italia, la catena di produzione e immissione sul mercato viene sottoposta agli obblighi di cui al d.lgs. 231 del 2007 (c.d. decreto antiriciclaggio), sotto la vigilanza della Banca d’Italia e della UIF, fermi rimanendo i poteri di polizia e intelligence. Un campo minato. Il che non vuol dire che si nega il progresso della scienza, ma che se ne vuole unicamente (e non è poco!) apprezzare l’utilità.