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Chiusa la base di al-Minhad: i militari italiani lasciano gli Emirati Arabi Uniti

base di al-Minhad
base di al-Minhad

di Gianandrea Gaiani

 

I militari italiani hanno lasciato la base di al-Minhad, negli Emirati Arabi Uniti.  Sul sito della Difesa per ora non se ne trova traccia, forse per pudore o forse per non acutizzare ulteriormente i gravi dissapori con il ministero degli Esteri, i cui vertici politici portano il fardello della responsabilità più grave per la crisi apertasi tra l’Italia e le principali potenze arabe: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto.

Crisi determinata dallo stop all’export di prodotti per la Difesa che sta causando gravi conseguenze nei rapporti bilaterali politici, militari e commerciali.

La più immediata ha visto il 2 luglio la chiusura della base italiana all’aeroporto di al-Minhad, negli Emirati Arabi Uniti, vero e proprio pilastro logistico per il supporto alle missioni nazionali in Iraq, Corno d’Africa e a quella appena conclusasi in Afghanistan.

Il centinaio di militari dell’Aeronautica presenti ad al-Minhad ha sgomberato la base il 2 luglio, giorno in cui è scaduto il termine imposto da Abu Dhabi all’Italia per lasciare la base situata vicino a Dubai.

Dopo il decollo dell’ultimo C-130 italiano da al-Minhad negli Emirati sono rimasti una ventina di militari alloggiati in hotel ad Abu Dhabi per sbrigare le ultime pratiche amministrative.

Per il supporto alla missione in Iraq, dive Roma assumerà il comando della NATO Training Mission che addestrerà le truppe di Baghdad, verrà potenziato l’uso della base aerea di Ali al Salem, in Kuwait, che già ospita i droni Reaper, i cacciabombardieri Tornado e il tanker KC-767A italiani assegnati alle operazioni della Coalizione anti-Isis.

Difficile anche valutare se Rona potrà davvero inviare una fregata a partecipare all’operazione europea di pattugliamento dello Stretto di Hormuz a guida francese European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz (EMASOH), come previsto dall’ultimo decreto missioni ora all’esame delle commissioni parlamentari.

EMASOH è infatti basata nelle strutture portuali militari emiratine, dove è presente da tempo una base navale francese, ma non è detto che la presenza navale italiana risulti gradita.

Resta quindi aperta la crisi con gli emiratini che il governo italiano dovrà gestire direttamente da Palazzo Chigi bypassando il vertice politico della Farnesina, ormai ampiamente screditato nel mondo arabo.

Del resto qualcosa sembra muoversi negli ambienti governativi e parlamentari con l’obiettivo di sanare al più presto gli errori commessi e tentare di ripristinare un clima di fiducia. Occorre innanzitutto riattivare subito le licenze di export anche se è certo che riassorbire la crisi col mondo arabo richiederà moltissimo tempo e un forte impegno politico.