Rodriguez Pereira, un giovane eroe
Il 29 novembre 1918, nasceva a Napoli il Tenente Romeo Rodríguez Pereira, un Ufficiale dei Carabinieri, fucilato dai nazisti alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, a soli 26 anni.
Continuando il percorso ideale dei primi articoli di questa rubrica “Esempi di Valore”, gradirei segnalare oggi all’attento lettore le gesta di questo eroico Carabiniere, decorato con la Medaglia d’Oro (alla memoria) e la Medaglia di Bronzo (guadagnata sul campo in Africa) al Valor Militare.
Il Tenente Rodríguez Pereira è il Simbolo di quei tanti militari, la cui sorte, nel 1943, era divisa tra il Dovere di difendere la popolazione, la Fedeltà alla corona e la necessità di Resistere alle vendette naziste.
Era orfano di padre sin dalla nascita. Si chiamava Romeo proprio come il genitore, morto di “spagnola”, la terribile pandemia che, nel biennio 1918-20, solo in Italia provocò almeno 600mila morti. In questo periodo di pandemia, il ricordo di un figlio di quelle vittime indurrebbe ad una autonoma e più ampia riflessione sulle conseguenze delle epidemie nella Storia.
Nel 1935, ancora minorenne, entrava nella Scuola Militare di Napoli, la Nunziatella. Nel 1938 era allievo della Regia Accademia Militare di Fanteria e cavalleria di Modena, dalla quale usciva nel 1940 con il grado di Sottotenente dei Carabinieri Reali.
Appena nominato Ufficiale, il 15 settembre 1940, sposava Marcella Duce, una Donna che, come a breve si leggerà, gli sarebbe rimasto vicino anche nella prigionia.
Nel 1941 il Sottotenente Romeo Rodriguez Pereira era trasferito quale Comandante di plotone nel Gruppo Squadroni territoriali di Roma. Con l’ingresso dell’Italia in guerra, partiva volontario in Africa Settentrionale, al comando della 660ª Sezione Carabinieri motorizzata.
Rimaneva sul fronte a causa di una malattia per pochi mesi, dal 15 novembre 1941 al 25 gennaio 1942, partecipando a numerose azioni in prima linea, tanto da guadagnare sul campo la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Comandante di Sezione Carabinieri, incaricato di assolvere importanti e delicati compiti nelle linee più avanzate, durante intenso ciclo operativo portava a termine i compiti affidategli affrontando sempre con fredda sicurezza le situazioni le situazioni più rischiose. Accorreva di iniziativa in aiuto di un’autocolonna alleata fatta segno a violento attacco aereo con mitragliamento da bassa quota concorrendo al soccorso di numerosi feriti, esempio di alto senso del dovere e sereno sprezzo del pericolo. Ain el Gazala, novembre - dicembre 1941”.
In quanto malato, era costretto a ritornare in Italia, dove assumeva il comando della Tenenza di Roma-Ostia e poi a quella di Roma-Appia, da dove l’8 settembre del 1943 si opponeva all’ingresso dei nazisti nella Capitale.
Il 7 ottobre 1943 era vittima della deportazione dei Carabinieri a Roma, la prima operazione di rastrellamento nazista sul suolo italiano, oggetto di uno specifico articolo di questa rubrica. Catturato da tedeschi, veniva caricato su un camion militare e poi portato alla stazione Ostiense, da dove sarebbe dovuto partire per l’Italia settentrionale e successivamente per l’Europa centrale.
Durante una sosta del suo convoglio a Pordenone, Rodriguez Pereira riusciva a buttarsi giù dal treno, a nascondersi e a mettersi in cammino per tornare verso Roma. Come altre migliaia di Carabinieri, non decideva di andare nel sud, ma ritornare sulla via dell’Onore, nella sede di servizio, ove messosi in contatto con gli altri militari alla macchia, entrava a far parte del “Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri” (FCRC), una formazione nota anche come “Banda Caruso”, dal nome del suo Comandante, il generale Filippo Caruso, da pochi mesi in congedo.
La libertà del nostro Tenente Rodriguez Pereira era purtroppo destinata a durare poco. La sera del 10 dicembre 1943, in via della Mercede 42, nell’ufficio dell’insospettabile ragionier Carboni, veniva catturato dalle SS, agevolate da una delazione. Stava partecipando a un incontro clandestino con il parigrado Genserico Fontana e con il Brigadiere dei Carabinieri Candido Manca, che sarebbero stati anche loro fucilati alle Fosse Ardeatine.
Il prigioniero veniva condotto nel famigerato carcere di via Tasso gestito dalle SS e poi al III braccio di Regina Coeli, dove veniva più volte torturato, ma senza tradire mai nessuno.
La sorte del Tenente Rodríguez Pereira si sarebbe intrecciata, fino alla fine dei suoi giorni, con quella della moglie Marcella Duce.
Dopo la retata del 10 dicembre, Marcella, insieme a Rina, moglie del Tenente Genserico Fontana, cercarono di corrompere un sottufficiale tedesco addetto alla vigilanza dei due ufficiali, offrendo i gioielli di famiglia per liberarli. Scoperte in flagranza venivano arrestate e imprigionate in isolamento.
Anche le due giovani spose subivano lunghi interrogatori e violenze psicologiche. I tedeschi provavano ad estorcere loro informazioni sulle attività svolte dai mariti e dal Fronte Clandestino. Le loro bocche rimanevano chiuse. Giovanissime (Marcella aveva 20 anni e Rina 23), le due spose dimostrarono la stessa fedeltà dei mariti, condividendone la sofferenza in prigione.
In quelle terribili settimane, esattamente il 24 gennaio 1944, altri due prigionieri riuscivano rocambolescamente ad evadere dal carcere di Regina Coeli. Erano due giovani partigiani, che sarebbero poi stati nominati Presidenti della Repubblica. Si chiamavano Giuseppe Saragat e Sando Pertini.
Il 23 marzo 1944, a Roma, nella centrale via Rasella, un attentato provocava la morte di 33 soldati del Polizeiregiment “Bozen”. Come rappresaglia, i tedeschi decidevano di fucilare dieci italiani per ogni tedesco morto. Della rappresaglia era incaricato direttamente il colonnello delle SS Kappler, che era già stato il protagonista della deportazione dei Carabinieri e degli ebrei nell’ottobre precedente. Aveva inizio così l’allucinante e tragica vicenda della preparazione della lista dei “Todeskandidaten”, dei “candidati a morte”.
Sarebbero stati 335 italiani, di cui 75 ebrei. 285 nominativi erano presenti in una lista di Kappler (tra questi vi erano il Tenente Romeo Rodriguez Pereira con altri 11 Carabinieri, ritenuti estremamente pericolosi) e 50 in una fornita da Pietro Caruso, questore di Roma durante l’occupazione tedesca, poi condannato a morte con fucilazione alla schiena.
Il 24 marzo 1944, nel pomeriggio, alle Fosse Ardeatine, a due chilometri da Porta San Sebastiano, con un colpo d’arma da fuoco alla nuca i nazisti uccidevano il Tenente Rodriguez Pereira. Aveva appena 26 anni, ma non era purtroppo il più giovane dei 335 italiani, uccisi in poche ore.
Il 15 maggio 1946, alla memoria del Tenente Romeo Rodriguez Pereira veniva concessa la Medaglia d’oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:
«Comandante di tenenza, in momenti particolarmente difficili per il Paese, conscio dei suoi doveri di soldato, si rifiutava di consegnare al nemico i militari dipendenti e l’armamento. Deportato per tale suo fiero atteggiamento, riusciva a sfuggire con grave rischio trascinando in salvo molti dei suoi gregari. Rientrato in sede, pur sapendosi attivamente ricercato, iniziava tra enormi difficoltà e pericoli l’organizzazione di un nucleo armato, dando ai suoi dipendenti assistenza morale e materiale. Incurante dei bandi nazisti si prodigava instancabilmente per trasportare e nascondere armi necessarie ai suoi organizzati. Catturato su delazione, sebbene sottoposto a torture, manteneva assoluto silenzio, evitando di far scoprire le file dell’organizzazione di cui era l’animatore. Nessuna lusinga o allettamento dei suoi aguzzini lo faceva deflettere dal giuramento prestato. Compreso solo del bene della Patria donava la sua giovane esistenza, affrontando serenamente la morte per fucilazione nelle Fosse Ardeatine. Luminoso esempio di fedeltà, di onore e sprezzo della vita.» Fronte clandestino di resistenza, 7 ottobre 1943-24 marzo 1944.