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Fortunato Caccamo: un eroe dimenticato?

Fortunato Caccamo
Fortunato Caccamo

Fortunato Caccamo: un eroe dimenticato?

Il 1 febbraio 1923, cento anni fa, a Gallina (Reggio Calabria), nasceva il Carabiniere Fortunato Caccamo, che, a soli 21 anni, sacrificava la sua giovane vita per la nostra Libertà.

Ricordare gli eroi significa scoprire storie dimenticate. Sono fatti che cadono spesso nell’oblio col tempo, per tanti motivi. È difficile poi ricostruire l’eroismo dopo anni, contestualizzando i fatti, per comprendere i Valori che quegli Uomini, traverso l’esempio, hanno indicato alle generazioni future.

Spesso una lapide o l’intitolazione di una strada può stimolare la curiosità del passante meno distratto, facilitando la memoria.

Ci sono casi in cui l’eroismo è dimenticato per l’assenza di testimoni, non entrando così neanche nel mondo della memoria. In questi ultimi giorni abbiamo scoperto poi un atto straordinario, avvenuto nel 2007, che neanche i testimoni potevano raccontare. Mi riferisco al Maresciallo Capo dei Carabinieri Filippo Salvi morto durante una complessa indagine che doveva rimanere giustamente riservata. Il 12 luglio di 16 anni fa, a Bagheria (Palermo), quest’Eroe moderno ci anticipava a soli 36 anni, precipitando in un dirupo. Stava installando una telecamera per la cattura del latitante Messina Denaro. Nei giorni scorsi abbiamo tutti gioito per questa importante vittoria dello Stato. È stato emozionante sapere che i Carabinieri hanno dedicato al giovane collega questa grande operazione, durata silenziosa per anni. Dobbiamo tutti ricordare questo eroe moderno, chiaro Esempio di senso del Dovere. Condividendone il ricordo, comprendiamo da che parte stare, così evitando illazioni che umiliano il lavoro silenzioso e, principalmente, alimentano quella trama oscura che sostenta indirettamente il flebile consenso di quella “montagna di merda”. Come ripeteva Paolo Borsellino, “se le si negherà il consenso, anche la mafia svanirà come un incubo”!

Oggi, come anticipato, gradirei ricordare un giovanissimo militare, morto per la nostra libertà. Era nato esattamente cento anni fa a Gallina, oggi frazione di Reggio Calabria. All’epoca era un comune autonomo, inserito nel progetto della Grande Reggio nel 1927, quando furono accorpati nel capoluogo 14 comuni fino ad allora autonomi. Fortunato visse nella frazione San Gregorio di Reggio Calabria fino al 1942, quando concretizzò il desiderio di arruolarsi nell’Arma, che servì alla Legione di Roma, destinato dapprima alla Stazione CC.RR. Scalo Termini e poi al Posto Fisso del Senato.

A Roma, ad appena vent’anni, visse tutte quelle vicende che avrebbero segnato il futuro del nostro Paese e che intendo qui ripercorrere brevemente. Il 19 luglio 1943, Roma veniva bombardata per la prima volta dagli alleati. La zona più colpita fu San Lorenzo, quartiere molto vicino allo Scalo Termini, dove il giovane Fortunato prestava servizio con impegno silenzioso. Tra le vittime di quel tremendo bombardamento ci furono anche il Comandante Generale dei Carabinieri Reali, Generale Azolino Hazon, e il Capo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma, Colonnello Ulderico Barengo.

Il 25 luglio 1943, il duce, dopo un ventennio al potere, venne arrestato su ordine del re dai Capitani dei Carabinieri Paolo Vigneri e Raffaele Aversa, quest’ultimo era il Comandante di Compagnia del nostro Fortunato.

In un clima di crescente tensione, l’8 settembre 1943 fu proclamato l’armistizio. Nella stessa notte il II Battaglione Allievi Carabinieri (quasi 700 militari), fu inviato nella zona di Roma-Magliana in rinforzo ad altri reparti dell’Esercito che, attestati sulla via Ostiense, contrastavano l’avanzata dei tedeschi verso la Capitale. Nella mattinata del 9 settembre 1943, sul ponte della Magliana, alla testa della sua IV Compagnia, cadeva il Capitano dei Carabinieri Orlando De Tommaso. L’Ufficiale, pochi mesi prima, era stato tra gli insegnanti del Carabiniere Caccamo.

Il 22 settembre 1943, a Palidoro, vicino Roma, alcuni soldati tedeschi, ispezionando una cassa di munizioni abbandonata, provocavano lo scoppio di una bomba. Due militari morivano sul colpo e altri due rimanevano feriti. I nazisti minacciarono una rappresaglia se entro l’alba successiva non si fossero consegnati i colpevoli. Il Comandante interinale della locale Stazione dell’Arma era un coetaneo del Carabiniere Caccamo. Era il Vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto. La mattina seguente, assunte alcune informazioni, provava a ribattere che l’accaduto era da considerarsi un caso fortuito: un incidente privo di autori. I nazisti insistettero sulla loro versione, confermando l’intenzione di dare corso ad una rappresaglia, tanto che il 23 settembre rastrellarono la zona di Torre in Pietra. 22 italiani, scelti a caso, venivano caricati su un camion e portati alla Torre di Palidoro. Con loro c’era anche il Vicebrigadiere Salvo D’Acquisto. Ogni prigioniero, ricevuto un badile, veniva obbligato a scavare una fossa. Salvo D’Acquisto, intuendo quale sarebbe stata la fine di tutti, in un moto di assoluto altruismo, decideva di accusarsi dell’inesistente attentato. Veniva fucilato da solo, mentre gli altri 22 civili innocenti furono rilasciati. Oggi è Servo di Dio. Alla sua memoria fu concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

In quei giorni terribili del settembre 1943, il Comandante di Compagnia del Carabiniere Caccamo era il citato Capitano Aversa, il quale continuava a dire ai suoi militari: “Siamo rimasti solo noi Carabinieri a fronteggiare gli eccessi dei tedeschi ai danni della popolazione che abbiamo il dovere di proteggere anche se non ci sono stati impartiti specifici ordini. Per questo, nessuno di noi, deve abbandonare il suo posto”. Il Capitano Aversa, così come il Tenente Colonnello Giovanni Frignani, che era il Comandante del Gruppo di Roma, furono un esempio continuo per il giovane Fortunato. I due Ufficiali, anche loro protagonisti della guerra di liberazione a Roma, furono fucilati il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine.

Dopo aver arrestato Mussolini, i Carabinieri avevano dimostrato in concreto la storica fedeltà al sovrano e non al fascismo. Nel settembre 1943, i tedeschi avevano visto a Napoli i militari dell’Arma lottare a fianco dei cittadini durante le famose quattro giornate. Per questo si giunse alla deportazione dei carabinieri romani, vicenda che ho analizzato in un articolo dello scorso anni di questa mia rubrica “Esempi di Valore”. Come altri militari, Fortunato Caccamo riuscì a scappare prima che il rastrellamento si concluse.

Furono tanti, in quei terribili mesi, i militari italiani, combattenti volontari per la libertà. Il loro contributo fu rivolto prevalentemente all’attività informativa e a mirate azioni di disturbo contro i nazisti. A Roma, tanti militari si riunirono nel “Fronte Militare Clandestino”, guidato dal Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, e nel “Fronte clandestino di resistenza dei Carabinieri”, definito anche come “Banda Caruso”, in quanto organizzato dal Generale dell’Arma Filippo Caruso, un calabrese, proprio come il nostro Carabiniere Caccamo, attivo militante di questa formazione col nome di battaglia “Tito”.

Il Generale Caruso profondeva quotidianamente ogni sforzo per unificare ed armonizzare le attività clandestine della sua banda, rimarcando l’apoliticità dell’Arma nella lotta per la Libertà. Nel clima delle diverse passioni politiche presenti tra gli antinazisti romani, per lui fondamentale fu la norma della apoliticità assoluta: “I Carabinieri sono soldati della Legge al servizio della Patria; hanno il compito specifico della tutela delle persone e degli averi e quello di fare osservare le Leggi e le disposizioni emanate dell’Autorità legittimamente costituita”. Proprio con la “banda Caruso”, in quei mesi, Caccamo partecipò a svariate azioni nella zona dei Monti Albani e di Palestrina, occupandosi di curare i collegamenti con le formazioni guidate prima dal Maggiore Lazzaro Dessy e poi dal Maggiore Costantino Ebat, che sarà fucilato insieme al nostro Fortunato. I nazisti nella Capitale iniziarono rastrellamenti e perquisizioni per catturare i Carabinieri, anche attraverso la delazione. È probabile che così fosse nata l’irruzione delle SS, il 10 dicembre 1943, in Via della Mercede, dove vennero arrestati i Tenenti Romeo Rodriguez Pereira e Genserico Fontana, nonché il Brigadiere Candido Manca, tutti poi fucilati alle Fosse Ardeatine.

Nel gennaio 1944, a Roma, l’attesa dell’arrivo degli americani cresceva sempre più, così come la violenza dei nazisti, che cercavano di stanare i combattenti clandestini. I prigionieri, specialmente quelli rinchiusi nella tristemente nota via Tasso, subivano interrogatori terribili, che si trasformavano in vere torture. Il 23 gennaio 1944, la Gestapo arrestava il Tenente Colonnello Giovanni Frignani, il Maggiore Ugo de Carolis e il Capitano Raffaele Aversa. Il 25 gennaio veniva arrestato anche il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Saranno tutti fucilati alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Furono 335 italiani, di cui 75 ebrei e 12 Carabinieri, uccisi in circa 5 ore con un colpo d’arma da fuoco alla nuca. Dopo due giorni, il 26 marzo 1944, anche l’attività operativa di Fortunato Caccamo fu definitivamente bloccata. Il giovane Carabiniere veniva arrestato dai nazisti, a Roma, in Piazza Bologna, tradito da una delazione. Ripetutamente torturato nel carcere di via Tasso, rispondeva con il silenzio assoluto, tenendo così fede al giuramento prestato. In questo modo, il giovane Fortunato evitava che le SS avessero informazioni sui capi e sui gregari dell’organizzazione. Come recita la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare concessagli: “Nessuna lusinga o allettamento dei suoi aguzzini lo faceva deflettere dal giuramento prestato”. Il 9 maggio 1944 fu per questo condannato a morte dal Tribunale di guerra tedesco. Gli alleati erano da settimane alle porte di Roma, che raggiunsero il 4 giugno, liberandola. Il giorno prima, alle 10 del 3 giugno 1944, mentre erano già in corso i preparativi per la ritirata tedesca da Roma, il Carabiniere Fortunato Caccamo fu condotto a Forte Bravetta, dove veniva fucilato con Mario De Martis (tenente pilota), Costantino Ebat (maggiore dell’Esercito), Guido Orlanducci (sergente), Giovanni Lupis e Emilio Scaglia (guardie di pubblica sicurezza). Dopo la guerra, alla memoria dell’eroico Carabiniere Fortunato Caccamo è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Carabiniere animato da elette virtù militari, sottrattosi coraggiosamente alla cattura delle forze tedesche, entrava subito a far parte dell’organizzazione clandestina dei Carabinieri della Capitale. Catturato su delazione, sebbene sottoposto, per lunghi mesi, a feroci torture, manteneva assoluto silenzio, evitando così di far scoprire capi e gregari dell’organizzazione. Nessuna lusinga o allettamento dei suoi aguzzini lo faceva deflettere dal giuramento prestato. Compreso solo del bene della Patria, donava la sua giovane esistenza affrontando serenamente la morte per fucilazione. Luminoso esempio di attaccamento al dovere e all’onore militare”. La motivazione della Medaglia d’Oro è chiara ed esalta l’eroismo del giovane Fortunato Caccamo, Carabiniere fucilato a soli 21 anni per la libertà della nostra Italia.

Nel centenario della sua nascita, sorge spontanea una domanda: Fortunato Caccamo è un Eroe dimenticato? La risposta è certamente negativa. Fortunato Caccamo non è stato certamente dimenticato dall’Arma dei Carabinieri, che ha intitolato a questo suo eroico figlio le caserme sedi del Comando Provinciale di Reggio Calabria e del Comando Stazione Carabinieri di Roma “San Giovanni”. Il suo nome non è stato scordato dalle migliaia di militari che, negli ultimi decenni, hanno lì operato silenziosi, avendo ad Esempio proprio la sua eroica serenità.

Nel centenario della sua nascita, si auspica che la sua città d’origine possa decidere di intitolare a Fortunato Caccamo una via a Reggio Calabria per ricordare l’eroico concittadino e non dimenticare il sacrificio, le rinunce, il sangue versato di tutti i patrioti della guerra di liberazione. Così, a testimoniare il ripudio per le guerre e inneggiare un monito alle generazioni a venire, perché Reggio Calabria continui il percorso di legalità intrapreso e confermi un ulteriore riscatto. E non è utopia!