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Il Generale Enrico Riziero Galvaligi

un servitore dello Stato
Generale Enrico Riziero Galvaligi
Generale Enrico Riziero Galvaligi
Generale Enrico Riziero Galvaligi ucciso dalle BR

Erano le 19 del 31 dicembre 1980. A Roma, in via Gerolamo Segato, il Generale dei Carabinieri Enrico Riziero Galvaligi e la moglie Federica Bergami, sposati da oltre 33 anni, stavano rientrando a casa, al civico 13. Erano stati a messa con la loro Fiat 500 nella vicina parrocchia. Ad aspettare l’Ufficiale davanti al portone di casa c’erano due fattorini, che volevano consegnargli una strenna. Il Generale, mentre cercava qualche spicciolo in tasca, veniva colpito da cinque colpi d’arma da fuoco, vilmente esplosi a breve distanza. Crollato a terra, moriva sul colpo, poiché due proiettili lo avevano colpito al cuore. L’omicidio sarebbe stato rivendicato, dopo poche ore, dalle Brigate Rosse con un volantino, ritrovato con un comunicato sul rapimento del giudice D’Urso, responsabile del settore carcerario del ministero sequestrato il 12 dicembre precedente.

Il Generale Galvaligi era amico e diretto collaboratore del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che lo aveva fortemente voluto quale Vicecomandante del coordinamento dei servizi di sicurezza per gli istituti di prevenzione e pena, presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

Il suo ruolo prevedeva il coordinamento della sorveglianza delle carceri di massima sicurezza dove erano detenuti i più pericolosi terroristi d'Italia, tra cui i penitenziari di Trani, Fossombrone, l'Asinara, Nuoro e Cuneo.

Il suo omicidio sarebbe stato il culmine di una strategia di violenza eversiva contro chi, a vario titolo, operava nel sistema penitenziario. Era il “fronte carceri” per “organizzare la liberazione dei proletari prigionieri” e smantellare il sistema di massima sicurezza che lo Stato aveva deciso di adottare per i terroristi reclusi. L’omicidio era anche una risposta diretta al blitz attuato per sedare la rivolta del 28 dicembre scoppiata nel carcere di massima sicurezza di Trani. I detenuti avevano preso in ostaggio 18 agenti di custodia, chiedendo la chiusura delle carceri speciali. Il 29 dicembre 1980 erano intervenute le “teste di cuoio” del GIS (Gruppo Intervento Speciale), il nuovo reparto dei Carabinieri istituito nel 1978 da Ministro Cossiga. A coordinare l'operazione, da Roma, era stato anche il generale Galvaligi. Il blitz era stato un successo tattico: con un'azione rapida, senza provocare morti, i Carabinieri del GIS avevano liberano gli ostaggi, riportando l’ordine nella struttura.

Enrico Riziero Galvaligi era nato a Solbiate Arno (Varese) l’11 ottobre 1920. Si era arruolato nell’Arma dei Carabinieri il 1° giugno 1941, non aveva compiuto i 21 anni, la maggiore età all’epoca. Durante la seconda guerra mondiale aveva combattuto in Grecia, dove si era distinto per il giovanile eroismo. Il 30 aprile 1943 a Licavizza Media di Chiapovano (Gorizia), aveva dimostrato un Valore assoluto, tanto da essere decorato, in vita, con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, per la seguente motivazione:

“Durante un’azione di rastrellamento contro ribelli armati in terreno difficile e insidioso, cui aveva chiesto di partecipare volontariamente, sorpreso con pochi uomini dall’imboscata di un nucleo avversario, si spingeva innanzi da solo arditamente, riuscendo ad uccidere il capo della banda che tentava di sopraffarlo. Nell’aspro conflitto che ne seguì dimostrava intrepido valore, dando valido apporto, con l’aiuto di rinforzi sopraggiunti, alla sconfitta dei ribelli costretti alla fuga dopo aver subito ulteriori perdite.”

Dopo l'8 settembre, come la maggioranza dei militari dell’Arma, non aveva aderito alla repubblica sociale, venendo pertanto arrestato dai tedeschi e trasferito nel carcere di Trieste. Riusciva a fuggire dalla prigione fortunosamente pochi giorni prima della deportazione in Germania, ritornando nella zona delle Prealpi Varesine, dove iniziava ad operare come partigiano, nella guerra di liberazione, come tanti militari italiani.

Nel 1949 aveva conosciuto il collega Carlo Alberto Dalla Chiesa, nato solo due settimane prima di lui. La sintonia era stata quasi immediata, diventando buoni amici. Durante gli anni cinquanta, sessanta e settanta Galvaligi aveva operato a Roma, Palermo, Torino e poi di nuovo a Roma, collaborando spesso con il coetaneo Dalla Chiesa, che sarebbe stato poi ucciso dopo meno di due anni, nel 1982, dalla mafia a Palermo.

Il 31 dicembre 1980 a Roma, veniva vilmente assassinato un grande Servitore dello Stato, un Carabiniere che, già decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, aveva rifiutato Salò, era stato imprigionato dai nazisti, e poi, evaso, aveva comandato bande partigiane. Dopo la guerra aveva conosciuto e seguito il coetaneo e amico Carlo Alberto dalla Chiesa in Sicilia e a Torino contro mafiosi e terroristi. Mentre era ai vertici dei servizi di sicurezza dei penitenziari all’epoca covo di violenze e ribellioni dei brigatisti detenuti, a 60 anni veniva vilmente ammazzato davanti alla moglie, lasciando un figlio, giovane Ufficiale dell’Arma.

È un chiaro Esempio di Valore, nel contrasto alla mafia e al terrorismo eversivo. Alla sua memoria è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valor Civile, con la seguente motivazione: “Addetto all’Ufficio di Coordinamento dei Servizi di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena, in un momento caratterizzato dal riacutizzarsi della violenza contro l’intero sistema carcerario da parte della criminalità eversiva organizzata, perseverava, nonostante le ripetute minacce a lui rivolte, nella propria missione con assoluta dedizione e sprezzo del pericolo, in difesa delle istituzioni e nell’interesse della comunità. Nel corso di proditoria imboscata, tesa con estrema efferatezza da gruppo di terroristi, veniva trucidato con numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli da distanza ravvicinata, sublimando col supremo sacrificio una vita spesa al servizio della collettività.