Corruzione nella dialettica tra diritto, potere e giustizia

Corruzione nella dialettica tra diritto, potere e giustizia
Abstract: Il fenomeno della criminalità organizzata, nella sua configurazione attuale, si connota per una profonda interconnessione con gli interessi economici, spesso compromessi da pratiche corruttive che interessano anche la pubblica amministrazione. Le organizzazioni di matrice mafiosa evidenziano un livello di pericolosità crescente, determinato dalla loro capacità di adottare modelli operativi eterogenei: dal controllo capillare del territorio all’inserimento in circuiti economico-finanziari, dall’impiego della violenza quale strumento di coercizione all’instaurazione di rapporti collusivi con soggetti istituzionali ed economici.
Tale fenomeno impone un approccio di contrasto che trascenda l’azione isolata dei singoli ordinamenti giuridici nazionali, richiedendo l’adozione di una strategia di respiro globale, fondata sull’armonizzazione normativa e sulla cooperazione investigativa transnazionale. In tale contesto, a partire dagli anni ’90, la comunità internazionale ha manifestato un rinnovato impegno nella lotta alla corruzione, adottando strumenti normativi e operativi volti a fronteggiare l’infiltrazione criminale nei sistemi economici e istituzionali.
Nel panorama giuridico italiano, la cosiddetta "corruzione mafiosa" si configura come una problematica di rilevanza primaria nell’ambito dell’applicazione dell’art. 416-bis c.p. In origine limitato a episodi di natura sporadica e circoscritta, tale reato ha progressivamente assunto i connotati di un fenomeno strutturato e sistemico, caratterizzato da articolate ramificazioni di carattere transnazionale. L’evoluzione della giurisprudenza e della prassi investigativa ha pertanto reso necessaria una costante opera di adattamento degli strumenti di repressione e prevenzione, al fine di garantire un’efficace risposta al mutamento delle strategie adottate dalle organizzazioni criminali.
Come la Corruzione si connette alla Mafia: dalle origini alle sfide giuridiche contemporanee
Nel contesto delle fonti internazionali, è evidente il legame tra corruzione e mafia, ma il riconoscimento giuridico della "corruzione mafiosa" resta una questione complessa. Nel diritto italiano, la cosiddetta “corruzione mafiosa” rappresenta un tema centrale nell’applicazione dell’art. 416-bis c.p., che disciplina le associazioni mafiose. Sebbene la corruzione mafiosa oggi venga vista come un sistema emergenziale, legato al controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali, la connessione tra mafia e corruzione risale a molto prima, già dal XIX secolo. Le prime mafie, infatti, si svilupparono come risposta alla mancanza di potere pubblico e utilizzavano metodi alternativi alla violenza, come la corruzione, per mantenere il controllo sociale ed economico.
Nel corso dei decenni, la criminalità organizzata è diventata sempre più sofisticata, e le mafie moderne si sono adattate alla globalizzazione, diventando potenze economiche che operano su scala mondiale.
Tuttavia, la giurisprudenza italiana ha posto dei dubbi sull'applicabilità dell'articolo 416 bis c.p. alla corruzione mafiosa. Alcuni giudici ritengono che sia necessaria una manifestazione concreta della forza intimidatoria mafiosa, mentre altri sostengono che sia sufficiente la potenzialità di tale intimidazione. La questione è particolarmente rilevante nei casi in cui il crimine non si svolge mediante violenza diretta, ma attraverso il ricorso sistematico alla corruzione. Questo pone evidenti difficoltà probatorie e di identificazione dell’associazione mafiosa, visto che le attività corruttive spesso si nascondono dietro pratiche illecite come fatture false o transazioni estere difficili da tracciare.
Alcuni processi, come quello di "Mafia Capitale", hanno evidenziato il complicato intreccio tra corruzione e mafie, portando a dibattiti giuridici sulla corretta applicazione del 416 bis c.p. In tali casi, la Corte ha riconosciuto che l’attività corruttiva potrebbe acquisire la forza intimidatoria necessaria per configurare un'associazione mafiosa, ma solo se essa è supportata dalla disponibilità di violenza. In altre parole, il metodo mafioso non si limita più alla violenza fisica, ma si estende alla corruzione sistematica come strumento per esercitare il potere e il controllo.
Il contesto delle gare pubbliche a Roma si presentava gravemente compromesso, ma non per il timore di attacchi violenti, quanto piuttosto per l’infiltrazione e la mercificazione delle funzioni pubbliche. La corruzione non si manifestava attraverso intimidazioni dirette da parte di gruppi criminali già noti per l’uso della violenza, ma tramite accordi illeciti e paritari. Questi accordi, infatti, venivano stipulati in seguito a trattative sui tempi e sui costi, tra imprese e operatori pubblici, per garantirsi l'accesso agli appalti. Di fatto, la Corte ha precisato che il fenomeno descritto non rientrava nelle fattispecie mafiose tradizionali, ma si trattava piuttosto di un’attività criminale di tipo economico, che ha avuto un impatto sul sistema pubblico senza l’uso di violenza diretta.
La corruzione non è più una serie di atti singoli, ma un sistema che si interconnette tra gruppi economici e politici. Oggi, infatti, la criminalità organizzata utilizza la corruzione come un metodo di infiltrazione “liquida” nell’amministrazione pubblica e nell’economia. Questa corruzione è meno visibile e si manifesta attraverso reti complesse di scambi, dove la connessione tra il corruttore e il corrotto non è immediatamente evidente. In questo quadro, la corruzione tradizionale, basata su scambi semplici di denaro per atti specifici, è solo la punta dell’iceberg, mentre il crimine organizzato si sviluppa in modi molto più sofisticati.
Il fenomeno di corruzione è articolato in vari gradi:
- Il primo livello è rappresentato dalla cosiddetta “petty corruption” che riguarda atti di corruzione di basso livello, spesso associati a piccoli favori amministrativi come la tolleranza di abusi edilizi o il rilascio di licenze. Questi atti sono solitamente frutto di scambi tra soggetti con poteri limitati e risorse economiche relativamente basse. Sebbene questi atti siano frequenti, la loro incidenza è contenuta e rischiosa per le cosche, in quanto aumenta la possibilità di essere denunciati.
- A un livello più avanzato, le organizzazioni mafiose cercano di stabilire legami più duraturi con i pubblici ufficiali, arrivando a “mettere a libro paga” i funzionari pubblici, acquistando la loro disponibilità per garantire il raggiungimento di scopi illeciti. Questa pratica si lega al concetto di corruzione stabilizzata, che implica il pagamento di una funzione pubblica e la sua messa a servizio di interessi mafiosi.
Quando gli interessi in gioco diventano più significativi, emerge la cosiddetta “corruzione sistemica” o “organizzata”, che implica una rete stabile di corruzione tra diversi attori: politici, imprenditori, e membri di organizzazioni mafiose. Questi attori garantiscono il rispetto degli accordi tra loro e condizionano pesantemente l’amministrazione pubblica, creando un sistema di potere diffuso. Questa corruzione organizzata diventa molto più rischiosa rispetto alla corruzione occasionale, poiché coinvolge un numero maggiore di soggetti e una molteplicità di settori diversi, aumentando la possibilità di infiltrazione in modo strutturato.
La giurisprudenza deve confrontarsi con un fenomeno criminale in continua trasformazione e trovare soluzioni legislative adeguate, in grado di rispondere in modo efficace alla nuova forma di corruzione mafiosa, che fa sempre meno uso della violenza diretta e più del potere economico e della collusione
L’evoluzione degli strumenti internazionali contro la corruzione: strategie, convenzioni e l’impegno degli Stati.
In un contesto sempre più globalizzato, la corruzione si lega a gravi reati economici e facilita l’infiltrazione delle organizzazioni criminali nei settori pubblico e privato, rendendo necessario un approccio internazionale basato su cooperazione e controllo reciproco. La relazione tra corruzione e mafia è oggi sempre più evidente. La corruzione si manifesta sotto forme diverse: da episodi isolati a sistemi strutturati, fino alla cosiddetta “corruzione mafiosa”, in cui le organizzazioni criminali stringono rapporti con funzionari pubblici e operatori economici per perseguire obiettivi comuni. Questa forma di corruzione, meno appariscente ma più efficace, consente alle mafie di rafforzare il controllo economico e politico senza ricorrere alla violenza tradizionale. Si tratta di una strategia che privilegia la costruzione di alleanze basate su convergenze di interessi e benefici reciproci. A livello internazionale, le mafie si sono adattate alle dinamiche globali, sviluppando reti che superano i confini nazionali e sfruttano le opportunità offerte dalla globalizzazione.
Gli strumenti internazionali per prevenire e combattere la corruzione si sono sviluppati notevolmente, soprattutto a partire dagli anni ‘90, quando è emersa la necessità di un’azione coordinata tra gli Stati. L’aumento delle normative in materia ha reso centrale il ruolo delle istituzioni nazionali nel recepire gli obblighi derivanti da accordi internazionali.
Tra le prime convenzioni rilevanti si annoverano la Convenzione interamericana di Caracas del 1996, la Convenzione OCSE del 1997 sulla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni economiche internazionali e le due convenzioni del Consiglio d’Europa del 1999, una dedicata agli aspetti penali e l’altra a quelli civili della corruzione. Tuttavia, due strumenti hanno assunto un ruolo di rilievo: la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e la Convenzione ONU contro la corruzione.
La Convenzione OCSE del 1997 rappresenta un punto di svolta nella disciplina della corruzione internazionale. Essa ha messo in evidenza la necessità di tutelare la competitività economica delle imprese nazionali all’estero, minacciata dalla corruzione. Tra le innovazioni più significative, ha imposto agli Stati di prevedere forme di responsabilità per le persone giuridiche coinvolte in episodi corruttivi, nonché obblighi di trasparenza nella gestione contabile, per evitare la creazione di fondi occulti destinati a corrompere funzionari stranieri.
La Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 rappresenta il principale strumento internazionale in materia, affrontando il fenomeno in tutte le sue forme. Sul piano repressivo, essa non si limita a imporre l’incriminazione di condotte corruttive, ma amplia il ventaglio delle sanzioni applicabili. Viene tipizzata una gamma più ampia di reati, tra cui il peculato, l’abuso di funzioni pubbliche e il traffico di influenze illecite. Quest’ultimo, in particolare, ha portato all’introduzione nel sistema giuridico italiano dell’art. 346-bis c.p., che sanziona condotte preliminari alla corruzione. Si riconosce così il carattere sistemico del fenomeno, che non si esaurisce in atti isolati, ma si sviluppa attraverso reti di relazioni complesse, spesso mediate da intermediari difficilmente identificabili.
Sul fronte della prevenzione, la Convenzione di Merida introduce disposizioni innovative. L’art. 5 richiede l’adozione di politiche che coinvolgano la società civile, mentre l’art. 6 prevede la creazione di un’autorità nazionale indipendente incaricata di prevenire la corruzione. Inoltre, la trasparenza nella Pubblica Amministrazione è promossa attraverso l’introduzione di codici di comportamento, la prevenzione dei conflitti di interesse e meccanismi per segnalare violazioni.
La Convenzione di Palermo del 2000 sottolinea il ruolo della corruzione come strumento privilegiato delle organizzazioni criminali per influenzare i poteri pubblici. A differenza del tradizionale ricorso alla violenza, la corruzione permette alle associazioni mafiose di ottenere gli stessi risultati con costi ridotti e guadagni più elevati. La convenzione considera la corruzione un “reato-mezzo” nel contrasto alla criminalità organizzata e promuove una strategia che combina repressione e prevenzione. In particolare, l’art. 8 obbliga gli Stati a incriminare diverse forme di corruzione, mentre l’art. 9 impone l’adozione di misure legislative e amministrative per prevenire, individuare e sanzionare il fenomeno, spesso attraverso autorità indipendenti come l’ANAC in Italia. A livello europeo, la corruzione è riconosciuta come una minaccia grave e transnazionale che richiede una risposta integrata. La Commissione Europea, nella sua comunicazione sulla lotta contro la corruzione, ha sollecitato un maggiore impegno di Europol nella cooperazione giudiziaria e investigativa, invitando gli Stati membri a condurre indagini finanziarie efficaci, in particolare per affrontare il legame tra corruzione, criminalità organizzata e riciclaggio di denaro.
Il lungo cammino della Normativa Anticorruzione in Italia
Un cambiamento significativo che si è verificato negli ultimi decenni riguarda la trasformazione delle mafie da gruppi dediti esclusivamente al crimine tradizionale, come l'estorsione, la prostituzione, il gioco d'azzardo, e il traffico di sostanze stupefacenti, a veri e propri attori economici che operano all’interno dei mercati legali. Le mafie hanno infatti trovato nuove opportunità attraverso il crimine d’impresa e l’infiltrazione nelle strutture economiche lecite, riuscendo a coniugare le loro tradizionali fonti di guadagno con attività economiche che di fatto consentono loro di reinvestire i proventi illeciti in maniera più sicura e spesso più proficua.
Il commercio di stupefacenti, per esempio, continua a rappresentare una delle principali fonti di guadagno per le organizzazioni mafiose, ma oggi queste stesse organizzazioni sono attivamente coinvolte anche nella produzione e distribuzione di beni contraffatti, nel controllo di settori come le costruzioni, la gestione di appalti pubblici, e l’acquisto di immobili di valore. In questo processo, i gruppi criminali si presentano come normali operatori del mercato, utilizzando la struttura societaria come uno “schermo” per nascondere la provenienza illecita dei fondi e per occultare le operazioni criminali che conducono. L’approccio mafioso è quindi cambiato: non più solo “illegalità” esplicita, ma una vera e propria integrazione nei circuiti economici legittimi, attraverso il controllo di aziende o il coinvolgimento in operazioni di riciclaggio di denaro.
Le organizzazioni mafiose oggi possiedono il capitale necessario per operare in svariati settori, e con il tempo hanno acquisito una dimensione internazionale che le rende ancora più pericolose, attraverso la creazione di reti che attraversano i confini nazionali. Le mafie, infatti, sanno sfruttare le debolezze dei sistemi giuridici, le lacune normative e le differenze tra i vari ordinamenti, per sviluppare operazioni di riciclaggio di denaro sporco a livello globale, non solo nel mercato locale. Parallelamente a questa evoluzione nel crimine d’impresa, il grande potere economico accumulato dalle mafie crea un altro importante terreno di azione: quello della corruzione. Le organizzazioni criminali non solo reinvestono i loro profitti illeciti in attività economiche legali, ma utilizzano anche il ricorso alla corruzione per espandere il loro potere economico e politico. L’obiettivo della corruzione è principalmente quello di acquisire il controllo di determinate aree del mercato, o addirittura di acquisire la complicità di pubblici ufficiali e politici, con il fine di favorire le loro operazioni e garantire che nessuna indagine possa intaccare la loro attività.
La vera e propria emergenza nazionale sulla corruzione è emersa a partire dagli anni ‘90, con lo scandalo di Tangentopoli che ha coinvolto numerosi esponenti politici e amministratori pubblici. In risposta a questa crisi di fiducia nelle istituzioni, è stata introdotta la Legge n. 415 del 1993, che ha cercato di prevenire la corruzione nei contratti pubblici e nelle nomine amministrative. La legge ha incluso reati specifici come la corruzione in atti giudiziari e ha esteso la responsabilità penale a chi riceveva tangenti anche in relazione a reati non strettamente legati alla funzione pubblica. Nonostante il tentativo di riforma, la sua applicazione è stata ostacolata dalla difficile rimozione di pratiche consolidate e dalla carenza di trasparenza.
Nel 2001, con il Dlgs n. 231, il sistema giuridico italiano ha compiuto un altro passo importante, introducendo la responsabilità penale per le persone giuridiche, ossia le aziende, le associazioni e le istituzioni, nel caso in cui i loro dipendenti o collaboratori fossero coinvolti in atti di corruzione. Questa legge ha avuto un impatto decisivo sulle grandi imprese, che sono ora obbligate ad adottare modelli di organizzazione e gestione per prevenire reati come la corruzione. Le imprese che non adottano queste misure possono essere ritenute penalmente responsabili e subire sanzioni severe, tra cui il sequestro di beni e il danneggiamento della loro reputazione sul mercato. Il Dlgs n. 231 ha quindi cambiato la natura della responsabilità, introducendo un nuovo concetto di prevenzione a livello aziendale.
Nel 2012, la Legge n. 190 ha rappresentato un ulteriore passo nella lotta alla corruzione, questa volta concentrandosi sulla prevenzione attraverso misure di trasparenza e di rendicontazione. La Legge ha istituito l'Autorità Nazionale Anticorruzione, un organismo indipendente con il compito di vigilare sulle amministrazioni pubbliche e monitorare i piani di prevenzione della corruzione. Ogni ente pubblico è stato obbligato ad adottare un piano triennale per la prevenzione della corruzione, un documento che stabilisce le linee guida per garantire la trasparenza e la legalità nelle attività amministrative. La Legge ha anche introdotto sanzioni amministrative per gli enti che non rispettano queste normative, cercando di rafforzare la capacità dello Stato di prevenire fenomeni di corruzione attraverso strumenti di controllo efficaci.
Nel 2016 è stata introdotta la certificazione ISO 37001, strumento che ha aiutato molte imprese a strutturarsi in modo tale da prevenire e contrastare fenomeni di corruzione, attraverso l’adozione di procedure e politiche interne efficaci. Sebbene non obbligatoria, la certificazione ISO 37001 offre alle imprese una garanzia di affidabilità nei confronti dei propri partner commerciali e delle autorità competenti, dimostrando un impegno concreto nella lotta contro la corruzione e le pratiche illecite.
Le Linee Guida dell’ANAC, insieme a quelle di associazioni di categoria come Confindustria, sono strumenti preziosi per identificare le aree a maggiore rischio di corruzione all’interno delle imprese, come gli appalti pubblici, le autorizzazioni e le assunzioni, in modo che possano essere adottate misure adeguate per prevenire e contrastare la corruzione.
Nel 2019, la Legge Spazzacorrotti ha ulteriormente potenziato le misure di contrasto alla corruzione, introducendo pene più severe, nuove tecniche investigative come l’infiltrazione di agenti sotto copertura e l'uso di intercettazioni, e ha reso più rigida la confisca dei beni illecitamente acquisiti, anche in assenza di una condanna definitiva. La legge ha previsto anche misure di protezione per i testimoni e gli informatori, favorendo la collaborazione con la giustizia.
Il sistema penale è stato aggiornato per rendere più agile la risposta alle indagini, e la confisca dei beni è diventata una misura più incisiva, destinata a colpire chi trae vantaggio dalla corruzione.
Un aspetto centrale nell’approccio italiano alla corruzione è la consapevolezza crescente che la corruzione è spesso legata alla criminalità organizzata, che sfrutta il sistema corrotto per infiltrarsi nei settori chiave dell’economia e della politica. Pertanto, la lotta alla corruzione è stata integrata con quella contro la mafia e le organizzazioni criminali. Le riforme hanno esteso la responsabilità penale anche a chi collabora con le mafie, e la confisca dei beni è stata estesa a tutte le risorse illecitamente guadagnate, comprese quelle provenienti da attività corruttive.
Conclusioni
In conclusione, sebbene le mafie abbiano storicamente utilizzato metodi collusivi per raggiungere i loro scopi, la corruzione non era sempre al centro del loro modus operandi. I gruppi criminali moderni, privi della violenza come strumento principale, preferiscono utilizzare il denaro per influenzare i processi decisionali e consolidare il loro potere, mantenendo comunque il controllo sul mercato e sull'economia. In questo scenario, la globalizzazione ha facilitato la diffusione della corruzione e ha reso le reti criminose sempre più difficili da contrastare. Tuttavia, la distinzione tra mafia e corruzione resta fondamentale, poiché la mafia è caratterizzata da una dimensione intimidatoria che non può essere ridotta a un semplice atto corruttivo. Per affrontare efficacemente questi fenomeni, è necessaria una risposta globale che integri misure penali, preventive e culturali, mirando a tutelare il mercato e incentivare comportamenti virtuosi, al fine di contrastare in modo efficace l’infiltrazione mafiosa e la corruzione.