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Lettera a Paolo Borsellino

Paolo Borsellino
Paolo Borsellino

Lettera a Paolo Borsellino

 

Le invidie, il silenzio, l’abbandono hanno segnato gli ultimi momenti di vita di Paolo Borsellino e, prima di lui, di Giovanni Falcone. 

Oggi ricorre il trentunesimo anniversario della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. 

Quest’anniversario mi ha portato a scrivere questa riflessione. 

Una brevissima lettera ideale a Paolo Borsellino, magistrato, divenuto eroe non per sua volontà

“Caro Dott. Paolo Borsellino,

oggi sono 31 anni. Sono 31 anni da quel 19 luglio 1992 quando il fumo nero del tritolo si sparse per tutta via D’Amelio, per tutta Palermo, per tutta l’Italia. 

Sono nato nel gennaio di quello stesso anno e ogni volta mio padre mi ricorda di come apprese la notizia dell’attentato sia di Falcone sia il suo: alla radio mentre stavamo tornando dalla casa in montagna dopo qualche giorno di riposo. Anche lei si era voluto dedicare, anzi imporre, qualche ora di riposo che, nelle varie testimonianze delle persone a lei più vicine, sarà un riposo irrequieto durante. Poi il destino che si è compiuto: via D’Amelio non bonificata dalle auto parcheggiate, il suo arrivo con la scorta giù all’abitazione di sua madre e poi l’esplosione.

Ai funerali gli onesti, spinti dal dolore e dalla rabbia, crearono una marea umana pronta a inghiottire tutto e tutti, fino ai rappresentanti delle istituzioni

Quel giorno vacillò la speranza in un futuro migliore. Da quel giorno si sono susseguiti i ricordi, i proclami, le grandi manifestazioni d’intenti pieni di retorica e di vuotezza. Ma questa non vuole essere una lettera amara, nonostante tutto.  

Perché è nella vita di ogni giorno che occorre fare il proprio dovere affinché la lotta non sia affrontata solo da pochi paladini della legalità, ma patrimonio comune di tutti gli uomini e le donne. 

La diffusione capillare della cultura e della cultura della legalità deve essere essenziale. E la scuola ha un ruolo primario in questa diffusione e nella formazione di nuove generazioni di uomini e donne consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri affinché si spezzi la catena della sudditanza, del clientelismo e della prevaricazione che sono i pilastri che sorreggono le mafie e il malaffare. Ma è sempre più difficile, caro dottore. Si percepisce il disinteresse per certe tematiche, i problemi quotidiani sono tanti e i pensieri vanno in altre direzioni. 

Bisogna abbandonare questa sensibilizzazione delle coscienze perché è sempre più evidente un disinteresse, un disimpegno da parte di molti a questa lotta? No. Io voglio sperare di no. Perché  la mafia “è un fenomeno umano e come ogni fenomeno umano ha un inizio e ha una fine” (Giovanni Falcone).”