Data retention: i tabulati non bastano per la condanna

Dopo la riforma della data retention va annullata la condanna fondata sul solo elemento del traffico telefonico
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Data retention: i tabulati non bastano per la condanna

Data retention la cassazione cancella la condanna fondata sui soli dati del traffico telefonico.

Dopo la riforma della data retention va annullata la condanna fondata sul solo elemento del traffico telefonico.

La cassazione sezione V con la sentenza n. 8968/2022 ha esaminato il caso di una sentenza di condanna per concorso in furto basata esclusivamente sui dati del traffico telefonico intercorso tra gli imputati.

Gli Ermellini hanno ricordato che: “Va sottolineato che, secondo l'espressa indicazione del giudice delle leggi, la categoria dei dati c.d. esteriori della conversazione telefonica, protetti dall'art. 15  Cost., concerne non solo l'identità dei soggetti e il tempo ma anche il luogo della  conversazione, cioè la collocazione sul territorio di chiamante e chiamato:  riferimenti soggettivi, temporali e spaziali”.
 

Data retention: la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha primo esaminato la questione sul regime dei tabulati e in un secondo tempo se la valutazione del giudice di merito risponda o meno al nuovo parametro della esistenza di “altri elementi di prova”.

Nella fattispecie in esame, i tabulati telefonici sono stati acquisiti con  decreto motivato del pubblico ministero ai fini dell'accertamento dei reati di furto  consumato e furto tentato in abitazione, commessi nel 2018; vale a dire di reati  rientranti nel catalogo di legge.  Occorre allora verificare, in primo luogo, se questo collegio possa ritenersi investito della questione sul regime dei tabulati e, in secondo luogo, se la valutazione operata dal giudice di merito, nel vigore della normativa precedente, risponda o meno al nuovo parametro legale della esistenza di "altri elementi di prova".

Al primo quesito va vada, senza dubbio, risposta positiva. 

Nulla quaestio nel caso si ritenga che il comma 1-bis dell'art. 1 del d.l. n. 132  del 2021, introduca una sanzione di inutilizzabilità anche per il passato, in ragione  della rilevabilità di ufficio in ogni stato e grado del procedimento.  Ma, anche a voler inquadrare il vizio come violazione di una regola valutativa deducibile ai sensi della lettera e) dell'art. 606 cod. proc. pen., va osservato che il ricorrente ha coltivato il tema della idoneità probatoria degli elementi a suo carico ricavati dai tabulati, introducendo, in maniera adeguata, il relativo vizio motivazionale.

Al secondo quesito va data, invece, risposta negativa. 

L'affermazione di colpevolezza si fonda unicamente sui dati esteriori del traffico telefonico (contatti e collocazione dell'interlocutore).  La decisione non soddisfa la regola normativa della quale s'è detto.  6. Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio; il giudice di rinvio provvederà ad adeguare la decisione alla nuova regola di valutazione dei tabulati telefonici dettata "per il passato" dall'art. 1, comma 1-bis del d.l. n. 132 del 2021, introdotto dalla I. n. 178 del 2021.

Alla decisione la Corte è giunta dopo una minuziosa ricostruzione della disciplina.

Alcuni approdi normativi e giurisprudenziali, utili ad inquadrare la questione in rilievo.


Data retention: la sentenza della Corte Costituzionale n. 81 del 1993

In origine l'acquisizione dei tabulati telefonici non era regolata da una specifica disposizione di legge. 

La giurisprudenza era divisa tra vari orientamenti: sufficienza dell'iniziativa della polizia giudiziaria; necessità del decreto del pubblico ministero; autorizzazione del giudice; applicazione integrale delle norme dettate per l'intercettazione delle conversazioni (art. 266-271, cod. proc. pen.).

La Corte Costituzionale interviene con una sentenza interpretativa di rigetto (la n. 81 del 1993) che getta le fondamenta sulle quali poggiano le leggi e la giurisprudenza successive: l'acquisizione dei dati "esteriori" delle comunicazioni è istituto diverso dalle intercettazioni (dunque sono inapplicabili le regole di cui  agli artt. 266-271 cod. proc. pen.), purtuttavia esso ricade nell'area di tutela garantita dall'art. 15 Cost., si tratta di "tutela minima" che postula un provvedimento motivato della autorità giudiziaria, lasciando, in ogni caso, il legislatore libero di apprestare strumenti più incisivi.

La decisione della Consulta si snoda attraversi alcuni importanti passaggi  argomentativi che è utile trascrivere:  «nell'art. 15 della Costituzione "trovano protezione due distinti interessi:  quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come  connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall'art. 2 della  Costituzione, e quello connesso all'esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale  a dire ad un bene anch'esso oggetto di protezione costituzionale" (v. anche sentt.  nn. 120 del 1975, 98 del 1976, 223 del 1987, 366 del 1991)»;

- “la particolare disciplina predisposta dagli artt. 266-271 c.p.p. sulle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni telefoniche si applica soltanto a  quelle tecniche che consentono di apprendere, nel momento stesso in cui viene  espresso, il contenuto di una conversazione o di una comunicazione, contenuto che, per le modalità con le quali si svolge, sarebbe altrimenti inaccessibile a quanti  non siano parti della comunicazione medesima”;

  - le norme citate si conformano, in via esclusiva, “a operazioni relative all'intercettazione del contenuto di conversazioni (telefoniche) e non sono, pertanto, estensibili a differenti forme di intervento nella sfera di riservatezza delle comunicazioni tra privati, né ad aspetti diversi da quello attinente al contenuto delle comunicazioni medesime (identità dei soggetti, tempo e luogo della conversazione)”; 

- d'altra parte, la tutela accordata dall'art. 15 della Costituzione alla libertà e alla segretezza della comunicazione “è sicuramente tale da ricomprendere fra i propri oggetti anche i dati esteriori di individuazione di una determinata conversazione telefonica. In altri termini, l'ampiezza della garanzia apprestata dall'art. 15 della Costituzione alle comunicazioni che si svolgono tra soggetti predeterminati entro una sfera giuridica protetta da riservatezza è tale da ricomprendere non soltanto la segretezza del contenuto della comunicazione, ma anche quella relativa all'identità dei soggetti e ai riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione stessa”; 

- “l'art. 15 della Costituzione, in mancanza delle garanzie ivi previste,  preclude la divulgazione o, comunque, la conoscibilità da parte di terzi delle  informazioni e delle notizie idonee a identificare i dati esteriori della conversazione  telefonica (autori della comunicazione, tempo e luogo della stessa), dal momento  che, facendone oggetto di uno specifico diritto costituzionale alla tutela della sfera  privata attinente alla libertà e alla segretezza della comunicazione, ne affida la  diffusione, in via di principio, all'esclusiva disponibilità dei soggetti interessati”;

- “va riconosciuto il diritto di mantenere segreti tanto i dati che possano portare all'identificazione dei soggetti della conversazione, quanto quelli relativi al tempo e al luogo dell'intercorsa comunicazione”;

- ferma restando la libertà del legislatore di stabilire più specifiche norme di  attuazione dei predetti principi costituzionali, il livello minimo di garanzie esige,  con norma precettiva, tanto il rispetto di requisiti soggettivi di validità in ordine  agli interventi nella sfera privata relativa alla libertà di comunicazione (atto  dell'autorità giudiziaria, sia questa il pubblico ministero, il giudice per le indagini  preliminari o il giudice del dibattimento), quanto il rispetto di requisiti oggettivi  (sussistenza e adeguatezza della motivazione in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti);

- queste garanzie pongono “un parametro di validità che spetta al giudice ordinario applicare direttamente al caso di specie, al fine di valutare se  l'acquisizione in giudizio del tabulato, contenente l'indicazione dei riferimenti  soggettivi, temporali e spaziali delle comunicazioni telefoniche intercorse, possa  essere considerata legittima e, quindi, ammissibile”. 

In sintesi la Corte Costituzionale ha stabilito, che, pur in assenza di una  normativa specifica volta a tutelare la riservatezza delle informazioni e delle notizie  idonee ad identificare i dati esteriori della conversazione telefonica (numeri del  chiamante e del chiamato, data, ora, luogo e durata), l'acquisizione di tali dati  deve avvenire nel rigoroso rispetto delle regole che la stessa Costituzione pone  direttamente, con norma precettiva, a tutela della libertà e segretezza delle  comunicazioni (art. 15).  

Con la conseguenza che l'acquisizione degli elementi suddetti, contenuti nel tabulato, può legittimamente avvenire “soltanto sulla base di un atto dell'autorità giudiziaria, sorretto da un'adeguata e specifica motivazione, diretta a dimostrare la sussistenza in concreto di esigenze istruttorie volte al fine, costituzionalmente protetto, della prevenzione e della repressione dei reati”. 

Va sottolineato che, secondo l'espressa indicazione del giudice delle leggi, la categoria dei dati c.d. esteriori della conversazione telefonica, protetti dall'art. 15 Cost., concerne non solo l'identità dei soggetti e il tempo ma anche il luogo della conversazione, cioè la collocazione sul territorio di chiamante e chiamato: “riferimenti soggettivi, temporali e spaziali”.
 

Data retention: le Sezioni Unite

Con la sentenza n. 21 del 13/07/1998, Gallieri, Rv. 211196, le Sezioni  Unite,- nel risolvere il contrasto di giurisprudenza sul regime applicabile ai tabulati  telefonici - hanno enucleato, sulle orme della Corte Costituzionale, il principio: che  l'acquisizione dei tabulati telefonici soggiace alla disciplina delle garanzie di  segretezza e libertà delle comunicazioni; che è necessario un decreto motivato  della autorità giudiziaria (pubblico ministero o giudice) in assenza del quale opera  la sanzione di inutilizzabilità ai sensi dell'art. 191 cod. proc. pen..

L'articolo 191 cod. proc. pen. si riferisce non solo alle prove oggettivamente vietate, ma anche  a quelle formate o acquisite in violazione dei diritti soggettivi tutelati in modo  specifico dalla Costituzione, come nel caso degli artt. 13, 14 e 15, in cui la  prescrizione dell'inviolabilità attiene a situazioni fattuali di libertà assolute, di cui  è consentita la limitazione solo nei casi e nei modi previsti dalla legge. 
 

Data retention: le Sezioni Unite Gallieri hanno offerto una utile definizione di "tabulati"


Essi costituiscono la documentazione in forma intellegibile del flusso informatico  relativo ai dati esterni al contenuto delle conversazioni; stampa che fa parte  peraltro, secondo la tecnica informatica, del "movimento" dei dati gestito dall'ente  concessionario del servizio, nell'ambito del flusso costituito appunto dall'ingresso elaborazione-registrazione e stampa. 

Le Sezioni Unite D'Amuri (sentenza n. 6 del 23/02/2000, Rv. 215841)  hanno ribadito che: “Ai fini dell'acquisizione dei tabulati contenenti i dati esterni  identificativi delle comunicazioni telefoniche conservati in archivi informatici dal  gestore del servizio, è sufficiente il decreto motivato dell'autorità giudiziaria, non  essendo necessaria, per il diverso livello di intrusione nella sfera di riservatezza  che ne deriva, l'osservanza delle disposizioni relative all'intercettazione di  conversazioni o comunicazioni di cui agli articoli 266 e seguenti cod. proc. pen.”. 

Le Sezioni Unite Tammaro (n. 16 del 21/06/2000, Rv. 216247 - 01) hanno chiarito che: “Per l'acquisizione dei dati esterni relativi al traffico telefonico - concernenti gli autori, il tempo, il luogo, il volume e la durata della comunicazione, fatta esclusione del contenuto di questa - archiviati dall'ente gestore del servizio di telefonia, è sufficiente, in considerazione della limitata invasività dell'atto, e sulla base dello schema delineato nell'art. 256 cod. proc.  pen., eterointegrato dall'art. 15, comma secondo, Cost., il decreto del pubblico ministero con il quale si dia conto delle ragioni che fanno prevalere sul diritto alla "privacy" l'interesse pubblico di perseguire i reati”. 

Con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno posto l'accento su un profilo di  particolare interesse: “anche se manca la previsione di un immediato controllo  giurisdizionale di detto decreto motivato, tuttavia il recupero di tale controllo, che  attiene a un mezzo di ricerca della prova, avviene attraverso la rilevabilità, anche  di ufficio, dell'eventuale relativa inutilizzabilità, in ogni stato e grado del  procedimento, così nelle indagini preliminari nel contesto incidentale relativo  all'applicazione di una misura cautelare, come nell'udienza preliminare, ovvero nel  dibattimento o nel giudizio di impugnazione”.
 

Data retention: l'intervento legislativo

Il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (cd. Codice della privacy), ha formato oggetto di numerose modifiche, integrazioni, abrogazioni parziali, che si sono susseguite nel tempo.

Per quanto qui interessa, è sufficiente ricordare che le disposizioni sulla conservazione dei dati personali si incentrano sull'art. 132. 

La norma, al momento della sua introduzione, è intervenuta sul profilo della delimitazione temporale, per finalità di accertamento e repressione, della conservazione dei dati relativi, tra l'altro, al traffico telefonico (qui in rilievo), delimitazione che ha conosciuto varie modifiche sino alla attuale regola generale  (salvo specifiche deroghe) della conservazione per ventiquattro mesi dalla  comunicazione (termini diversi sono previsti per altri dati). 

A seguito di ripetute modifiche (d.l. 24 dicembre 2003, n. 354 convertito con  modificazioni dalla L. 26 febbraio 2004, n. 45; d.l. 27 luglio 2005, n. 144 convertito   con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 155), l'art. 132, al comma 3 - nel  testo risultante prima del d.l. n. 132 del 2021 (di cui infra paragrafo 4.5.) —  individuava nel “decreto motivato del pubblico ministero” lo strumento e l'autorità  giudiziaria competente a disporre l'acquisizione dei dati. 

Non era prevista la delimitazione a un catalogo predeterminato di reati.  4.3.2. Va ribadito che per “dati relativi al traffico telefonico” devono  intendersi quelli che, secondo la definizione offerta dalla Corte costituzionale e  delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, concernono i dati cd. "esteriori" della  conversazione telefonica, comprensivi del luogo della chiamata. 

Si tratta, a ben vedere, di una definizione "in negativo", nel senso che essa  abbraccia tutti i dati di una conversazione telefonica, "esclusi" quelli attinenti al  suo contenuto. 

In altre parole la comunicazione telefonica gode di due statuti:

- quello relativo alla captazione del contenuto, regolato dagli artt. 266-271  cod. proc. pen.; 

- quello relativo alla acquisizione di tutti i restanti dati (autori, tempo, luogo,  la durata della comunicazione), disciplinato dall'art. 132 codice della privacy.

La conclusione che precede risulta confermata dalla lettera della legge. 

L'art. 121 del codice della privacy distingue tra:  - “dati relativi al traffico” (lettera h), che definisce come “qualsiasi dato  sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una  rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione”;

- “dati relativi all'ubicazione» (lettera h), che definisce come ogni dato  trattato in una rete di comunicazione elettronica o da un servizio di comunicazione  elettronica che indica la posizione geografica dell'apparecchiatura terminale  dell'utente di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico”. 

Così ricostruito il quadro giurisprudenziale e normativo la cassazione sezione V ha ritenuto che la nozione di “dati relativi al traffico” comprenda anche  quelli che indicano il luogo della comunicazione; e che per “dati relativi  all'ubicazione” debbano intendersi quelli, diversi dai primi, che afferiscono  unicamente alla localizzazione di una apparecchiatura.  

Che questa sia l'interpretazione corretta, lo si comprende dal testo dei  successivi articoli 123 e 126. 

Il primo disciplina i «dati relativi al traffico». 

Il secondo regola i «dati relativi all'ubicazione» e chiarisce che si tratta dei  dati relativi all'ubicazione «diversi» da quelli relativi al traffico; con ciò lasciando  desumere l'esistenza di dati relativi al traffico che possono afferire alla ubicazione. 

Del resto l'art. 121 lett. h) non riproduce per intero il testo dell'art. 1, lettera  c), del d. Igs. n. 109 del 2008, lì dove stabiliva che sono «relativi all'ubicazione» quei dati trattati in una rete di comunicazione elettronica che indicano la posizione  geografica dell'apparecchiatura terminale dell'utente di un servizio di  comunicazione elettronica accessibile al pubblico, «ivi compresi quelli relativi alla  cella da cui una chiamata di telefonia mobile ha origine o nella quale si conclude». 

Nella nuova definizione, l'art. 121 lett. h) codice della privacy espunge l'ultima  parte dell'art. 1 lettera c) d. Igs. n. 109 del 2008, vale a dire proprio quella che si  riferiva ai dati relativi alla "cella" agganciata da una chiamata telefonica. 
 

Data Retention e Cedu

Sul tema dei c.d. data retention è intervenuta a più riprese la Corte di  giustizia dell'Unione Europea.

Tra le varie decisioni torna utile ricordare quella  emessa dalla Grande Sezione il 2 marzo 2021, nella causa C-746/18.

La Corte di Giustizia, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale della Corte  Suprema estone, ha affermato due rilevanti principi circa la disciplina dei c.d.  «data retention» ricavabile dall'art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento  dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni  elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche),  come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio, del 25 novembre 2009:

- la direttiva, letta alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell'articolo 52,  paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, osta a una  normativa nazionale che permetta alle autorità pubbliche l'accesso a dati relativi  al traffico o a dati relativi all'ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle  comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o  sull'ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate, per finalità di  prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale  accesso sia circoscritto a procedimenti aventi per scopo la lotta contro forme gravi  di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica; 

- la direttiva, letta alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea, osta a una normativa nazionale che investa il pubblico ministero della  competenza ad autorizzare l'accesso ai dati relativi al traffico e ai dati relativi  all'ubicazione al fine di condurre un'istruttoria penale, dovendo il controllo  preventivo essere rimesso a un giudice o a una autorità amministrativa  indipendente, comunque diversa dall'autorità richiedente. 

La decisione della Corte di giustizia ha generato una frizione tra principi  espressi e la legislazione italiana in punto di: limitazione alla lotta contro "forme  gravi di criminalità”; individuazione della autorità giudiziaria competente a  disporre l'acquisizione dei tabulati, che deve essere non solo indipendente, ma  anche diversa dalla autorità richiedente. 

A distanza di pochi mesi dalla pronuncia della Corte di giustizia, è stato  adottato il d.l. n. 132 del 2021, entrato in vigore il 30 settembre 2021. 

L'art. 1 del decreto interviene sull'art. 132 d.lgs. 196/2003 con il fine,  dichiarato nel preambolo, di adeguare la disciplina nazionale ai principi enunciati  dalla Corte di giustizia nella sentenza 2 marzo 2021, limitando la possibilità di  acquisizione di tabulati telefonici e informatici a determinate forme gravi di  criminalità e introducendo un controllo giurisdizionale ex ante sulla richiesta del  pubblico ministero (o una convalida successiva in caso di urgenza). 

L'articolo 1 del citato d.l. —intitolato « Disposizioni in materia di acquisizione  dei dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale» — riscrive il  comma 3 all'articolo 132 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nel senso  che: «entro il termine di conservazione imposto dalla legge, se sussistono  sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della  reclusione non inferiore nel massimo a tre anni determinata a norma dell'articolo  4 del codice di procedura penale, e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle  persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono  gravi, ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini, i dati sono acquisiti  presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico  ministero o su istanza del difensore dell'imputato, della persona sottoposta a  indagini, della persona offesa e delle altre parti private». 

Assume interesse, il fatto che il decreto legge, nel suo testo originario,  non prevedeva una norma transitoria, sì da far sorgere un vivace dibattito sulle  regole valide per il passato e sulla compatibilità con i principi affermati dalla Corte  di Giustizia (a favore della applicazione del principio generale del c.d. tempus regit  actum si è espressa la Corte di cassazione con la sentenza Sez. 5, n. 1054 del  06/10/2021, dep. 2022). 

In sede di conversione (legge n. 178 del 2021) il legislatore, oltre ad  apportare alcuni correttivi, ha dettato una specifica norma transitoria. 

La legge di conversione interviene:  - sostituendo alla precedente formula ”..ai fini della prosecuzione delle  indagini” quella, più chiara, “...ove rilevanti per l'accertamento dei fatti”;  - precisando la natura autorizzatoria del decreto del giudice;  - introducendo la previsione espressa di inutilizzabilità. 

In sintesi la nuova disciplina regola l'acquisizione dei dati del traffico telefonico  e telematico. 

I dati del traffico telefonico, sono tutti i  dati cd. "esteriori" della conversazione telefonica diversi da quelli attinenti al suo  contenuto, e che comprendono autori, tempo, durata e luogo della comunicazione,  dunque anche quelli tratti dalla dislocazione della "cella" da cui una chiamata di  telefonia mobile ha origine o nella quale si conclude.  I dati in rassegna possono essere acquisiti:  - con riguardo a un catalogo predeterminato di reati che il legislatore italiano  ha reputato espressione di "forme gravi di criminalità";  - in presenza di sufficienti indizi di reato;  - ove rilevanti per l'accertamento dei fatti. 

L'autorizzazione deve essere data dal giudice con decreto motivato (salvi i  casi di urgenza in cui il giudice interviene in fase di convalida).

Soprattutto, però, viene innovata la disciplina che regola il passato. 

La legge di conversione n. 178 del 2021, con l'inserimento del comma 1-bis  all'interno dell'art. 1 del decreto legge n. 132 del 2021, stabilisce che i dati relativi  al traffico telefonico acquisiti nei procedimenti penali prima della entrata in vigore  del di. n. 132 del 2021 «possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo  unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l'accertamento dei  reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non  inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di  procedura penale e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con  il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi». 

Dunque, in deroga al principio del tempus regit actum, i dati esteriori relativi  alle comunicazioni telefoniche (con ciò intendendosi, per quanto sopra detto, i  numeri di chiamante e chiamato, data, ora, durata, compreso il luogo)

-acquisiti  prima del 30 settembre 2021, in base a decreto motivato del pubblico ministero  (modalità legittima secondo la legge in precedenza vigente)

- possono essere  utilizzati come elemento di prova a carico dell'imputato solo «unitamente ad altri  elementi di prova» e solo per l'accertamento dei reati che rientrano nella categoria  già delineata "per il futuro" dal d.l. n. 132 del 2021. 

Ergo: il novero dei reati per i quali i tabulati sono utilizzabili dal 30 settembre  2021 vale anche per il passato e la limitazione è inderogabile.  Mentre invece viene "salvata", a determinate condizioni, la precedente  modalità acquisitiva effettuata attraverso il decreto motivato del pubblico  ministero. Al riguardo non è superfluo rimarcare come il sistema italiano garantiva,  comunque, il recupero di un controllo giurisdizionale esercitato di ufficio (cfr. Sez  U, n. 16 del 21/06/2000, Tamnnaro cit.). 

Viene attivato, però, un ulteriore "cordone" di protezione: i tabulati telefonici,  acquisiti con decreto motivato del pubblico ministero, non possono da soli fondare  un giudizio di colpevolezza, essendo richiesto il conforto di altri elementi di prova. 

In sostanza, per il passato, ferme le categorie di reato (che pongono un limite  invalicabile), il legislatore, piuttosto che delineare una sanzione processuale (solo  evocata dal termine “utilizzati”), ha delineato una regola legale di valutazione  della prova mutuata dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. in tema di chiamata  di correo. 

Del resto, indice non equivoco di siffatta intenzione del legislatore si trae dalla  costruzione positiva della formulazione, che non sanziona una inutilizzabilità, ma  stabilisce, in positivo, in quali limiti la prova possa essere valutata al fine di  pervenire a una affermazione di responsabilità. 

Sula scorta di queste considerazioni può affermarsi che gli "altri elementi di  prova", non essendo predeterminati nella specie e nella qualità, “possono essere  di qualsiasi tipo e natura, ricomprendere non soltanto le prove storiche dirette, ma  ogni altro elemento probatorio, anche indiretto, legittimamente acquisito al  processo ed idoneo, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a  corroborare, nell'ambito di una valutazione probatoria unitaria, il mezzo di prova  ritenuto ex lege bisognoso di conferma” (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep.  2013, Aquilina, Rv. 255145). 

L'esatto inquadramento dogmatico della regola dettata dal comma 1-  bis dell'art. 1 del d.l. n. 132 del 2021, introdotto dalla I. n. 178 del 2021 non è di  poco conto nell'ottica del giudice di legittimità, atteso che l'inutilizzabilità della  prova è deducibile dinanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1,  lett. c), cod. proc. pen.. Mentre la violazione di una regola di valutazione della  prova può essere fatta valere solo a norma della lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (cfr. tra le altre Sez. 6 n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Romeo gestioni  s.p.a., Rv. 278196) cioè come vizio della giustificazione del giudizio di fatto. 

Non solo, la inutilizzabilità è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del  procedimento (sebbene la Corte di cassazione si sia dotata di un insieme di canoni  molto precisi sul regime delle inutilizzabilità, sugli oneri di deducibilità e sulle  condizioni di rilevabilità); mentre il vizio di motivazione deve essere sempre  dedotto dal ricorrente.

In questa seconda ipotesi è difficile che i ricorsi proposti  prima della entrata in vigore della norma transitoria censurino una decisione per  l'inosservanza di una regola valutativa all'epoca inesistente. 

E, tuttavia, l'introduzione di una previsione di maggior rigore valutativo a  favore dell'imputato, che modifica il quadro dei doveri argomentativi del giudice,  impone di ritenere che, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la  contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla  idoneità dei tabulati a provare la responsabilità dell'imputato, pur senza fare  specifico riferimento al principio contenuto nel citato comma 1-bis dell'art. 1 in  esame (neppure conoscibile all'epoca di proposizione del ricorso), la Corte di  cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata.

E, nel caso in esame, proprio questo è avvenuto. l’affermazione di responsabilità penale si fonda sui dati esteriori del traffico telefonico (contatti e collocazione dell’interlocutore).

Data retention: la Cassazione nega l’effetto retroattivo della nuova disciplina sull’acquisizione dei dati esteriori del traffico telefonico e telematico

Nuovo provvedimento che modifica la disciplina dettata dall’art. 132 della Privacy per l’acquisizione dei dati esteriori del traffico telematico nel penale

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