Frazione Organica Stabilizzata: per il Consiglio di Stato è rifiuto speciale
Consiglio di Stato - Sezione Quinta, Sentenza 31 ottobre 2012, n. 5566 (massime a cura dell’Autore)
Frazione Organica stabilizzata – Qualifica di rifiuto speciale – Risultato di un processo produttivo
Deve, quindi, concludersi nel senso che la FOS, in quanto risultato di un processo produttivo specifico perda il connotato di origine di rifiuto urbano proprio della materia prima lavorata e vada considerata alla stregua di rifiuto speciale. Quanto all’elencazione dei rifiuti speciali contenuta al comma 3 dell’art. 184 del d. lgs. n. 152/2006, la stessa non è tassativa, al contrario di quella relativa ai rifiuti urbani, omettendo un riferimento specifico alla molteplicità dei rifiuti che rinvengono dalle lavorazioni industriali, sicché la FOS, quand’anche non menzionata, può ben essere ricompresa.
Frazione Organica Stabilizzata – Rifiuto speciale derivante da attività di recupero e smaltimento rifiuti
La FOS è da qualificare rifiuto speciale incluso nella categoria “i rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti” di cui alla lett. g) dell’art. 184, comma 3, d. lgs. n. 152/2006.
Rifiuti – Frazione Organica Stabilizzata – attività di recupero o smaltimento relativamente all’impiego in concreto – tributo speciale
La FOS è attività di recupero, allorché reimpiegata in operazioni utili; è attività di smaltimento allorché, in mancanza di richieste di utilizzo, venga conferita in discarica, scontando il tributo speciale.
In entrambi i casi, il processo produttivo ha aggiunto un diverso e maggiore valore, che va valutato attraverso una tassazione più favorevole, in linea con la più bassa aliquota dell’ecotassa dovuta per lo smaltimento del rifiuto speciale.
Il caso
Il caso che ha originato il giudizio dal quale è scaturita la sentenza in commento riguardava la corretta qualifica della Frazione Organica Stabilizzata (FOS) al fine dell’individuazione del tributo dovuto, stante una delibera della Regione Toscana che, sulla base di un precedente parere del Ministero dell’Ambiente, aveva compreso la FOS tra i rifiuti urbani richiedendone il pagamento del relativo tributo. Sostenevano i ricorrenti in primo grado, oltre all’incompetenza regionale per la qualificazione giuridica del tributo, la natura di rifiuto speciale della FOS, con significativi risvolti circa la tariffa da applicarsi per lo smaltimento. Il TAR Toscana, accogliendo con sentenza n. 917/2011 il ricorso, aveva dunque affermato la natura di rifiuto speciale della FOS. Significativo, tuttavia, il contrasto giurisprudenziale generatosi immediatamente dopo tale pronuncia, vista la sentenza 1872/2011 del TAR Lazio, ove la FOS era qualificata come rifiuto urbano.
Le tesi confutate dal Consiglio di Stato
La Regione Toscana, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado, aveva sottolineato tre profili a sostegno della tesi della qualifica della FOS come rifiuto urbano:
i) l’abrogazione della lett. n) del comma 3 dell’art. 184 d. lgs. n. 152/2006[1], che individuava come rifiuti speciali i “rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”, definizione nella quale la difesa regionale riteneva rientrante la FOS;
ii) la qualifica, in via residuale ad esito dell’abrogazione, della FOS come rifiuto urbano;
iii) comunque, la necessità di qualificare il rifiuto esclusivamente in base all’origine, dunque come rifiuto urbano.
Il Consiglio di Stato confuta, con la sentenza in commento, tali assunti:
a) confermando la tesi (già sostenuta dal TAR Toscana) della non incidenza sulla qualifica del rifiuto dell’abrogazione della lett. n), la cui fattispecie è da considerarsi compresa in quella di cui alla precedente lett. g), contenente una definizione che peraltro meglio si ricollega alle caratteristiche del complesso processo di creazione della FOS;
b) ricordando la tassatività dell’elencazione dei rifiuti urbani di cui all’art. 184, che dunque non può dar luogo ad alcuna interpretazione in via residuale rispetto all’elenco dei rifiuti speciali, quest’ultimo invece non tassativo;
c) chiarendo che la qualifica del rifiuto va svolta con riferimento all’intero processo di generazione (ed, infatti, nella sentenza ampio spazio è dato alla ricostruzione del processo di trasformazione volto alla produzione della FOS).
Ciò posto, i Giudici passano all’analisi dei caratteri della FOS, per darvi corretta qualifica.
La qualifica della FOS
Le affermazioni del Consiglio di Stato nella sentenza in commento possono, sinteticamente, essere così elencate:
· la FOS è risultato di un processo produttivo complesso (di biocompostaggio), diverso dalle operazioni meccaniche di pretrattamento dei rifiuti urbani, che muta la natura del rifiuto e lo trasforma;
· essendo generata ad esito del processo produttivo la FOS, pur originando da rifiuto urbano, deve essere qualificata come rifiuto speciale;
· la FOS, intesa come attività, è recupero (R3) ove finalizzata ad impieghi “utili” (ad es. bonifica di siti contaminati, riempimento di cave abbandonate, utilizzo in agricoltura), smaltimento (D8 e D9) allorché, in mancanza di utilizzo, debba essere conferita in discarica, scontando in tal caso il tributo speciale relativo visto comunque il “diverso e maggior valore” della FOS rispetto al rifiuto di origine e l’utilità del processo di trasformazione.
La prima affermazione dei Giudici deriva dall’analisi del processo che porta alla creazione della FOS.
Separate la frazione secca e la frazione umida del rifiuto urbano indifferenziato, si genera la c.d. FOS da un processo di stabilizzazione della frazione umida al fine di evitare la dispersione delle sostanze in essa contenute. Tale processo si concretizza in una sorta di biocompostaggio, nel corso del quale la frazione umida è depositata per un periodo di due – quattro settimane in fabbricati chiusi in condizioni controllate di ossigenazione, temperatura ed umidità e sottoposta a rivoltamenti periodici e ventilazione forzata. L’ossidazione stabilizza la frazione umida rendendola non putrescibile ed a basso contenuto di umidità; è dunque chiara per il Collegio giudicante la significativa modifica della natura sostanziale del rifiuto (nella sentenza si parla di un diverso “prodotto”), ben diversa da singole operazioni meccaniche di pretrattamento.
La seconda affermazione è conseguenza della precedente, quanto riscontrato porta infatti i Giudici a concludere per la qualifica della FOS come rifiuto speciale, in quanto risultato di un processo produttivo che ha modificato significativamente la natura del rifiuto di origine. A nulla può valere la mancanza di una specifica indicazione nell’elenco dei rifiuti speciali di cui all’art. 184, comma 3, essendo tale elenco (a differenza di quello dei rifiuti urbani di cui al comma precedente) non tassativo ed, anzi, secondo i Giudici “volutamente generico”. La FOS, volendola sussumere in una delle categorie previste dall’art. 184, può dirsi rientrante nella categoria indicata dalla lett. g) del comma 3, ovvero nell’ambito dei “rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti”.
La terza affermazione riguarda, invece, le operazioni volte alla produzione della FOS ovvero, la FOS come attività finalizzata allo smaltimento oppure al recupero. Significativi i risvolti in termini di gestione, ed i relativi oneri.
Sul punto i Giudici, riscontrato che “manca nell’ordinamento giuridico sia italiano che comunitario una definizione espressa del recupero e dello smaltimento, ma è anche vero che trattasi di concetti in continua evoluzione in relazione al progresso scientifico e tecnologico”:
i) quanto al recupero, corroborano il concetto di “ruolo utile dei rifiuti” attualmente contenuto nell’art. 183, lett. t) del d. lgs. n. 152/2006[2], arrivando a concludere che la FOS partecipi all’attività di recupero ove “finalizzata ad impieghi utili (bonifica di siti inquinati; riempimento di cave abbandonate; utilizzo in agricoltura)”;
ii) quanto allo smaltimento, indicano sussistente lo stesso quando la FOS “in mancanza di richieste di utilizzo, viene conferita in discarica, scontando il tributo speciale”.
In ultimo il Collegio, considerando l’apporto favorevole (sia in termini di “utilità ambientale” che in termini di gestione) della FOS e del relativo processo di produzione conclude per la necessità di applicare l’ecotassa dovuta per lo smaltimento del rifiuto speciale con l’aliquota più bassa[3].
[3] Nella sentenza oggetto di commento si legge “La graduazione delle aliquote meglio realizza la finalità del tributo speciale di ridurre al massimo la produzione di rifiuti da smaltire, mediante il riutilizzo e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, ovvero la stabilizzazione della frazione organica”.
Consiglio di Stato - Sezione Quinta, Sentenza 31 ottobre 2012, n. 5566 (massime a cura dell’Autore)
Frazione Organica stabilizzata – Qualifica di rifiuto speciale – Risultato di un processo produttivo
Deve, quindi, concludersi nel senso che la FOS, in quanto risultato di un processo produttivo specifico perda il connotato di origine di rifiuto urbano proprio della materia prima lavorata e vada considerata alla stregua di rifiuto speciale. Quanto all’elencazione dei rifiuti speciali contenuta al comma 3 dell’art. 184 del d. lgs. n. 152/2006, la stessa non è tassativa, al contrario di quella relativa ai rifiuti urbani, omettendo un riferimento specifico alla molteplicità dei rifiuti che rinvengono dalle lavorazioni industriali, sicché la FOS, quand’anche non menzionata, può ben essere ricompresa.
Frazione Organica Stabilizzata – Rifiuto speciale derivante da attività di recupero e smaltimento rifiuti
La FOS è da qualificare rifiuto speciale incluso nella categoria “i rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti” di cui alla lett. g) dell’art. 184, comma 3, d. lgs. n. 152/2006.
Rifiuti – Frazione Organica Stabilizzata – attività di recupero o smaltimento relativamente all’impiego in concreto – tributo speciale
La FOS è attività di recupero, allorché reimpiegata in operazioni utili; è attività di smaltimento allorché, in mancanza di richieste di utilizzo, venga conferita in discarica, scontando il tributo speciale.
In entrambi i casi, il processo produttivo ha aggiunto un diverso e maggiore valore, che va valutato attraverso una tassazione più favorevole, in linea con la più bassa aliquota dell’ecotassa dovuta per lo smaltimento del rifiuto speciale.
Il caso
Il caso che ha originato il giudizio dal quale è scaturita la sentenza in commento riguardava la corretta qualifica della Frazione Organica Stabilizzata (FOS) al fine dell’individuazione del tributo dovuto, stante una delibera della Regione Toscana che, sulla base di un precedente parere del Ministero dell’Ambiente, aveva compreso la FOS tra i rifiuti urbani richiedendone il pagamento del relativo tributo. Sostenevano i ricorrenti in primo grado, oltre all’incompetenza regionale per la qualificazione giuridica del tributo, la natura di rifiuto speciale della FOS, con significativi risvolti circa la tariffa da applicarsi per lo smaltimento. Il TAR Toscana, accogliendo con sentenza n. 917/2011 il ricorso, aveva dunque affermato la natura di rifiuto speciale della FOS. Significativo, tuttavia, il contrasto giurisprudenziale generatosi immediatamente dopo tale pronuncia, vista la sentenza 1872/2011 del TAR Lazio, ove la FOS era qualificata come rifiuto urbano.
Le tesi confutate dal Consiglio di Stato
La Regione Toscana, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado, aveva sottolineato tre profili a sostegno della tesi della qualifica della FOS come rifiuto urbano:
i) l’abrogazione della lett. n) del comma 3 dell’art. 184 d. lgs. n. 152/2006[1], che individuava come rifiuti speciali i “rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”, definizione nella quale la difesa regionale riteneva rientrante la FOS;
ii) la qualifica, in via residuale ad esito dell’abrogazione, della FOS come rifiuto urbano;
iii) comunque, la necessità di qualificare il rifiuto esclusivamente in base all’origine, dunque come rifiuto urbano.
Il Consiglio di Stato confuta, con la sentenza in commento, tali assunti:
a) confermando la tesi (già sostenuta dal TAR Toscana) della non incidenza sulla qualifica del rifiuto dell’abrogazione della lett. n), la cui fattispecie è da considerarsi compresa in quella di cui alla precedente lett. g), contenente una definizione che peraltro meglio si ricollega alle caratteristiche del complesso processo di creazione della FOS;
b) ricordando la tassatività dell’elencazione dei rifiuti urbani di cui all’art. 184, che dunque non può dar luogo ad alcuna interpretazione in via residuale rispetto all’elenco dei rifiuti speciali, quest’ultimo invece non tassativo;
c) chiarendo che la qualifica del rifiuto va svolta con riferimento all’intero processo di generazione (ed, infatti, nella sentenza ampio spazio è dato alla ricostruzione del processo di trasformazione volto alla produzione della FOS).
Ciò posto, i Giudici passano all’analisi dei caratteri della FOS, per darvi corretta qualifica.
La qualifica della FOS
Le affermazioni del Consiglio di Stato nella sentenza in commento possono, sinteticamente, essere così elencate:
· la FOS è risultato di un processo produttivo complesso (di biocompostaggio), diverso dalle operazioni meccaniche di pretrattamento dei rifiuti urbani, che muta la natura del rifiuto e lo trasforma;
· essendo generata ad esito del processo produttivo la FOS, pur originando da rifiuto urbano, deve essere qualificata come rifiuto speciale;
· la FOS, intesa come attività, è recupero (R3) ove finalizzata ad impieghi “utili” (ad es. bonifica di siti contaminati, riempimento di cave abbandonate, utilizzo in agricoltura), smaltimento (D8 e D9) allorché, in mancanza di utilizzo, debba essere conferita in discarica, scontando in tal caso il tributo speciale relativo visto comunque il “diverso e maggior valore” della FOS rispetto al rifiuto di origine e l’utilità del processo di trasformazione.
La prima affermazione dei Giudici deriva dall’analisi del processo che porta alla creazione della FOS.
Separate la frazione secca e la frazione umida del rifiuto urbano indifferenziato, si genera la c.d. FOS da un processo di stabilizzazione della frazione umida al fine di evitare la dispersione delle sostanze in essa contenute. Tale processo si concretizza in una sorta di biocompostaggio, nel corso del quale la frazione umida è depositata per un periodo di due – quattro settimane in fabbricati chiusi in condizioni controllate di ossigenazione, temperatura ed umidità e sottoposta a rivoltamenti periodici e ventilazione forzata. L’ossidazione stabilizza la frazione umida rendendola non putrescibile ed a basso contenuto di umidità; è dunque chiara per il Collegio giudicante la significativa modifica della natura sostanziale del rifiuto (nella sentenza si parla di un diverso “prodotto”), ben diversa da singole operazioni meccaniche di pretrattamento.
La seconda affermazione è conseguenza della precedente, quanto riscontrato porta infatti i Giudici a concludere per la qualifica della FOS come rifiuto speciale, in quanto risultato di un processo produttivo che ha modificato significativamente la natura del rifiuto di origine. A nulla può valere la mancanza di una specifica indicazione nell’elenco dei rifiuti speciali di cui all’art. 184, comma 3, essendo tale elenco (a differenza di quello dei rifiuti urbani di cui al comma precedente) non tassativo ed, anzi, secondo i Giudici “volutamente generico”. La FOS, volendola sussumere in una delle categorie previste dall’art. 184, può dirsi rientrante nella categoria indicata dalla lett. g) del comma 3, ovvero nell’ambito dei “rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti”.
La terza affermazione riguarda, invece, le operazioni volte alla produzione della FOS ovvero, la FOS come attività finalizzata allo smaltimento oppure al recupero. Significativi i risvolti in termini di gestione, ed i relativi oneri.
Sul punto i Giudici, riscontrato che “manca nell’ordinamento giuridico sia italiano che comunitario una definizione espressa del recupero e dello smaltimento, ma è anche vero che trattasi di concetti in continua evoluzione in relazione al progresso scientifico e tecnologico”:
i) quanto al recupero, corroborano il concetto di “ruolo utile dei rifiuti” attualmente contenuto nell’art. 183, lett. t) del d. lgs. n. 152/2006[2], arrivando a concludere che la FOS partecipi all’attività di recupero ove “finalizzata ad impieghi utili (bonifica di siti inquinati; riempimento di cave abbandonate; utilizzo in agricoltura)”;
ii) quanto allo smaltimento, indicano sussistente lo stesso quando la FOS “in mancanza di richieste di utilizzo, viene conferita in discarica, scontando il tributo speciale”.
In ultimo il Collegio, considerando l’apporto favorevole (sia in termini di “utilità ambientale” che in termini di gestione) della FOS e del relativo processo di produzione conclude per la necessità di applicare l’ecotassa dovuta per lo smaltimento del rifiuto speciale con l’aliquota più bassa[3].
[3] Nella sentenza oggetto di commento si legge “La graduazione delle aliquote meglio realizza la finalità del tributo speciale di ridurre al massimo la produzione di rifiuti da smaltire, mediante il riutilizzo e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, ovvero la stabilizzazione della frazione organica”.