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La chiusura agevolata di liti aventi ad oggetto cartelle di pagamento emesse ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973 e relative a sanzioni per omesso e/o tardivo versamento

1. L’esame coordinato delle norme in materia: l’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011; l’art. 16 della legge n. 289/2002 e l’ art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997

L’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011 non si occupa espressamente degli atti le cui liti sono definibili secondo la procedura descritta nel medesimo articolo.

Occorre dunque riferirsi all’art. 16 della legge n. 289/2002 al quale l’art. 39 cit. rimanda.

Ebbene, l’art. 16 cit., al comma 3, dà una definizione di lite pendente intendendo per tale “quella in cui è parte [l’Agenzia delle Entrate] avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali [al 1° maggio 2011], è stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.

Ora, per quanto concerne gli “altri atti di imposizione”, la circolare n. 48 del 2011 dell'Agenzia delle entrate ha statuito che «non sono definibili l'avviso di liquidazione e il ruolo in considerazione della natura di tali atti non riconducibili nella categoria degli atti impositivi in quanto finalizzati alla riscossione dei tributi e degli accessori».

Invece, ha soggiunto la stessa Amministrazione, «si deroga a tale principio qualora uno dei predetti atti assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione».

In altri termini, le liti relative ad avvisi di liquidazione e i ruoli possono essere definite qualora i predetti atti costituiscano il primo atto di manifestazione della pretesa impositiva.

A riguardo, una questione che è emersa nella pratica concerne la definibilità delle liti aventi ad oggetto cartelle di pagamento con le quali l’Ufficio impositore richiede il pagamento delle sanzioni per omesso e/o tradivo versamento di imposte.

Si tratta di cartelle di pagamento che vengono emesse sulla base del controllo automatizzato della dichiarazione ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973.

Per quanto concerne la natura giuridica di tale cartella, non vi è dubbio che si tratti di un provvedimento di irrogazione delle sanzioni.

Infatti, secondo l’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, “Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e ai sensi degli articoli 54-bise 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto”.

Si tratta di una norma che prevede un procedimento di irrogazione delle sanzioni alternativo a quello contemplato dall’ art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997. Quest’ultimo,infatti, prevede che l’irrogazione delle sanzione avvenga tramite apposito atto di contestazione.

Sebbene cambi la forma (in luogo di un atto di contestazione vi è una cartella), non cambia certo la sostanza: trattasi, infatti, in entrambi i casi, di provvedimento di irrogazione delle sanzioni.

Pertanto, ai sensi del combinato disposto dell’art. 16, comma 3 della legge n. 289/2002 e dell’art. 39 del D.L. n. 98/2011, trattasi di atto definibile. Infatti, l’ art. 16, comma 3 della legge n. 289/2002, al quale l’art. 39 del D.L. n. 98/2011 rimanda, intende per lite fiscale pendente “quella in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni o ogni altro atto di imposizione, per i quali (al 1° maggio 2011) è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l’atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.

Del resto, la stessa giurisprudenza di legittimità esclude la condonabilità soltanto per le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 04-09-2012, n. 14792).

Nel caso di specie, non v’è dubbio che si tratta di un provvedimento di irrogazione di sanzioni, emesso, nella forma di iscrizione a ruolo (di cui l’A.f. aveva facoltà di avvalersi), dopo aver constatato il ritardo nel versamento.

Va infine evidenziato come la cartella di pagamento in questione sia il primo atto portato a conoscenza del contribuente, attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria manifesta una pretesa sanzionatoria. Al riguardo, come già visto supra, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/2011 ha statuito che il ruolo, dunque la cartella di pagamento, è definibile nel momento in cui “assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione”. Nella fattispecie di cui si discute è indubbio che la cartella di pagamento assolva tale funzione, costituendo l’espressione di un potere impositivo – sanzionatorio dell’Amministrazione finanziaria.

2. Il caso esaminato da CTP Lecce n. 160/02/2013 depositata il 9/04/2013

Per quanto concerne specificatamente la fattispecie affrontata dalla sentenza della CTP Lecce n. 160/02/2013 depositata il 9/04/2013, la controversia “principale” aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973, con la quale si richiedevano sanzioni per “tardivo versamento IRPEF”.

In data 30/03/2012 il contribuente aveva provveduto ad inviare domanda di definizione di lite fiscale pendente. La domanda de qua era stata rigetta dall’Agenzia delle Entrate con apposito provvedimento di diniego di condono notificato al contribuente in data 23/10/2012 sulla base della seguente motivazione: “Trattasi di mera attività di liquidazione della dichiarazione dei redditi, non avente carattere impositivo, e pertanto escluso dalla definibilità”.

In data 4/12/2012, il contribuente impugnava il provvedimento di diniego di condono depositando in CTP “atto di integrazione dei motivi ex art. 24 del d.lgs. n. 546/1992 e contestuale impugnazione del diniego di definizione della lite pendente”.

Nel predetto atto, oltre a denunciare i vizi di legittimità concernenti la procedura di diniego di condono (decadenza e evidenziava la “illegittimità del diniego per errata valutazione circa la natura giuridica dell’atto condonato”.

Successivamente l’ Agenzia delle Entrate procedeva all’annullamento in autotutela del provvedimento di diniego di condono e al conseguente deposito in giudizio di memorie illustrative nelle quali così si esprimeva: “In relazione al ricorso proposto, lo scrivente Ufficio fa presente a codesta onorevole Commissione che il provvedimento di diniego di condono è stato annullato in autotutela ai sensi del d.m. 37/1997.

Difatti, seppure il contenzioso si riferisce a liquidazione ex art. 36bis del DPR 600/1973, e quindi non definibile alla luce della prassi in materia, le somme iscritte a ruolo sono costituite semplicemente da sanzioni per tardivo versamento, e pertanto può essere configurata l’ipotesi di irrogazione di sanzione, atto di per sé definibile”.

In considerazione di ciò, la CTP Lecce dichiarava con sentenza la cessazione della materia del contendere .

1. L’esame coordinato delle norme in materia: l’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011; l’art. 16 della legge n. 289/2002 e l’ art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997

L’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011 non si occupa espressamente degli atti le cui liti sono definibili secondo la procedura descritta nel medesimo articolo.

Occorre dunque riferirsi all’art. 16 della legge n. 289/2002 al quale l’art. 39 cit. rimanda.

Ebbene, l’art. 16 cit., al comma 3, dà una definizione di lite pendente intendendo per tale “quella in cui è parte [l’Agenzia delle Entrate] avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali [al 1° maggio 2011], è stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.

Ora, per quanto concerne gli “altri atti di imposizione”, la circolare n. 48 del 2011 dell'Agenzia delle entrate ha statuito che «non sono definibili l'avviso di liquidazione e il ruolo in considerazione della natura di tali atti non riconducibili nella categoria degli atti impositivi in quanto finalizzati alla riscossione dei tributi e degli accessori».

Invece, ha soggiunto la stessa Amministrazione, «si deroga a tale principio qualora uno dei predetti atti assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione».

In altri termini, le liti relative ad avvisi di liquidazione e i ruoli possono essere definite qualora i predetti atti costituiscano il primo atto di manifestazione della pretesa impositiva.

A riguardo, una questione che è emersa nella pratica concerne la definibilità delle liti aventi ad oggetto cartelle di pagamento con le quali l’Ufficio impositore richiede il pagamento delle sanzioni per omesso e/o tradivo versamento di imposte.

Si tratta di cartelle di pagamento che vengono emesse sulla base del controllo automatizzato della dichiarazione ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973.

Per quanto concerne la natura giuridica di tale cartella, non vi è dubbio che si tratti di un provvedimento di irrogazione delle sanzioni.

Infatti, secondo l’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, “Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e ai sensi degli articoli 54-bise 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto”.

Si tratta di una norma che prevede un procedimento di irrogazione delle sanzioni alternativo a quello contemplato dall’ art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997. Quest’ultimo,infatti, prevede che l’irrogazione delle sanzione avvenga tramite apposito atto di contestazione.

Sebbene cambi la forma (in luogo di un atto di contestazione vi è una cartella), non cambia certo la sostanza: trattasi, infatti, in entrambi i casi, di provvedimento di irrogazione delle sanzioni.

Pertanto, ai sensi del combinato disposto dell’art. 16, comma 3 della legge n. 289/2002 e dell’art. 39 del D.L. n. 98/2011, trattasi di atto definibile. Infatti, l’ art. 16, comma 3 della legge n. 289/2002, al quale l’art. 39 del D.L. n. 98/2011 rimanda, intende per lite fiscale pendente “quella in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni o ogni altro atto di imposizione, per i quali (al 1° maggio 2011) è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l’atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”.

Del resto, la stessa giurisprudenza di legittimità esclude la condonabilità soltanto per le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 04-09-2012, n. 14792).

Nel caso di specie, non v’è dubbio che si tratta di un provvedimento di irrogazione di sanzioni, emesso, nella forma di iscrizione a ruolo (di cui l’A.f. aveva facoltà di avvalersi), dopo aver constatato il ritardo nel versamento.

Va infine evidenziato come la cartella di pagamento in questione sia il primo atto portato a conoscenza del contribuente, attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria manifesta una pretesa sanzionatoria. Al riguardo, come già visto supra, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/2011 ha statuito che il ruolo, dunque la cartella di pagamento, è definibile nel momento in cui “assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione”. Nella fattispecie di cui si discute è indubbio che la cartella di pagamento assolva tale funzione, costituendo l’espressione di un potere impositivo – sanzionatorio dell’Amministrazione finanziaria.

2. Il caso esaminato da CTP Lecce n. 160/02/2013 depositata il 9/04/2013

Per quanto concerne specificatamente la fattispecie affrontata dalla sentenza della CTP Lecce n. 160/02/2013 depositata il 9/04/2013, la controversia “principale” aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973, con la quale si richiedevano sanzioni per “tardivo versamento IRPEF”.

In data 30/03/2012 il contribuente aveva provveduto ad inviare domanda di definizione di lite fiscale pendente. La domanda de qua era stata rigetta dall’Agenzia delle Entrate con apposito provvedimento di diniego di condono notificato al contribuente in data 23/10/2012 sulla base della seguente motivazione: “Trattasi di mera attività di liquidazione della dichiarazione dei redditi, non avente carattere impositivo, e pertanto escluso dalla definibilità”.

In data 4/12/2012, il contribuente impugnava il provvedimento di diniego di condono depositando in CTP “atto di integrazione dei motivi ex art. 24 del d.lgs. n. 546/1992 e contestuale impugnazione del diniego di definizione della lite pendente”.

Nel predetto atto, oltre a denunciare i vizi di legittimità concernenti la procedura di diniego di condono (decadenza e evidenziava la “illegittimità del diniego per errata valutazione circa la natura giuridica dell’atto condonato”.

Successivamente l’ Agenzia delle Entrate procedeva all’annullamento in autotutela del provvedimento di diniego di condono e al conseguente deposito in giudizio di memorie illustrative nelle quali così si esprimeva: “In relazione al ricorso proposto, lo scrivente Ufficio fa presente a codesta onorevole Commissione che il provvedimento di diniego di condono è stato annullato in autotutela ai sensi del d.m. 37/1997.

Difatti, seppure il contenzioso si riferisce a liquidazione ex art. 36bis del DPR 600/1973, e quindi non definibile alla luce della prassi in materia, le somme iscritte a ruolo sono costituite semplicemente da sanzioni per tardivo versamento, e pertanto può essere configurata l’ipotesi di irrogazione di sanzione, atto di per sé definibile”.

In considerazione di ciò, la CTP Lecce dichiarava con sentenza la cessazione della materia del contendere .