La Corte suprema norvegese sui diritti di proprietà degli indigeni Saami:  alcune osservazioni comparative

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La Corte suprema norvegese sui diritti di proprietà degli indigeni Saami:  alcune osservazioni comparative

 

1. Una importante decisione giudiziaria, pronunciata il 31 maggio 2024[i] dalla Grande Camera della Corte suprema del Regno di Norvegia, ha stabilito che una vasta area del Finnmark[ii], nella municipalità di Karasjok[iii] che si trova nella parte settentrionale del Paese, non può essere attribuita alla proprietà esclusiva della popolazione locale, e nemmeno ai gruppi etno-culturali dei Saami, poiché né l’una né gli altri hanno esercitato diritti di uso, anche consuetudinario, sull’intero territorio in questione[iv]. La sentenza, adottata a stretta maggioranza (6-5)[v], non sembra però avere dissolto ogni dubbio, dal momento che, da un lato, ha escluso l’esistenza di un controllo collettivo sull’intera area oggetto di contestazione, ma, dall’altro lato, ha contestualmente precisato che la pronuncia non implica alcuna linea guida in materia di riconoscimento e/o garanzia di diritti fondiari da parte di singoli individui, comunità di villaggio ovvero gruppi indigeni (inclusi quelli familiari, denominati Siida[vi]) di etnia Saami.

La base legale dalla quale muovono i supremi giudici norvegesi è stata rappresentata dal Finnmark Act[vii]del 2005[viii]. Per giungere alla decisione finale sono stati sentiti, nel corso dei vari gradi di giudizio[ix], numerosi testimoni, nonché acquisite le c.d. prove antropologiche[x] (queste ultime relative all’uso del territorio e delle acque da parte dei Saami).

Sul piano concreto, si aprono dopo la decisione giudiziaria molteplici scenari. Non è detto, infatti, che la proprietà dell’area questione, riconosciuta in capo al Finnmark Estate[xi] (ente creato[xii] dal Finnmark Act), escluda necessariamente i poteri di gestione del territorio, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali, da parte delle autorità comunali interessate, come del resto già avviene in altre zone della Norvegia meridionale. Inoltre, si potrebbe forse ipotizzare che, a seguito di un ulteriore ricorso giurisdizionale oppure per iniziativa dello stesso Finnmark Estate, venga attribuita la proprietà di soltanto una parte dell’area, oggetto di contestazione, sia a singoli individui che, con maggiore probabilità, alle comunità Saami. Né è da scartare a priori l’ipotesi che il Finnmark Esatate concluda successivi accordi per la gestione, sul piano operativo, di frazioni del territorio da parte delle comunità locali (di etnia Saami o meno).

La sentenza, peraltro, prende posizione su un aspetto importante e controverso, vale a dire il valore giuridico della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 169 del 1989 sui popoli indigeni e tribali[xiii] nell’ordinamento domestico, con speciale attenzione alle previsioni contenute nell’art. 14 della Convenzione medesima in materia di diritti proprietari delle popolazioni aborigene. Poiché – argomentano i giudici della maggioranza[xiv] – la Convenzione OIL è stata immessa nell’ordinamento interno mediante adattamenti, occorre fare esclusivo riferimento, per la decisione del caso de quo, al diritto nazionale norvegese.

La minoranza dissenziente dei supremi giudici, invece, confermando l’orientamento espresso dal Finnmark Land Tribunal[xv] contro la cui decisione[xvi] era stato presentato il ricorso alla Corte suprema, ha invece sostenuto la tesi per la quale il diritto nazionale norvegese, ovviamente in subiecta materia, deve sempre essere interpretato alla luce delle disposizioni contenute nella Convenzione OIL n. 169 del 1989[xvii].

Per i giudici (di primo grado) del Finnmark Land Tribunal, «The ownership to the area in Karasjok municipality that was transferred to the Finnmark Estate from Statskog SF when the Finnmark Act entered into force, and that has not previously been sold to private individuals or, as a result of the investigation of rights under the Finnmark Act, has been or will be considered belonging to others, belongs collectively to anyone who at any given time has registered residence in Karasjok municipality, and so that these hold an equal share in the rights».

Nell’opinione dei giudici della Grande Camera della Corte suprema che compongono la maggioranza (nella sentenza del 2024), i diritti consuetudinari dei Saami vanno ovviamente rispettati, senonché per i magistrati medesimi è proprio la corretta applicazione dei princìpi del diritto nazionale norvegese in materia di proprietà ad assicurare la migliore protezione anche delle situazioni giuridiche che fanno capo agli appartenenti alle comunità dei Saami.

Di notevole rilievo appare, al riguardo, il passaggio contenuto nel paragrafo 202 della sentenza del 31 maggio 2024, dove si richiama un lontano precedente del 1916 deciso dalla Corte suprema norvegese[xviii] a seguito della richiesta, presentata da due municipalità[xix], di ottenere il riconoscimento della rispettiva proprietà collettiva su porzioni del territorio. Sebbene allora fossero state avanzate richieste basate sugli istituti della prescrizione acquisitiva e dell’uso immemorabile, le istanze vennero rigettate, poiché l’esercizio in forma collettiva di alcune attività sul territorio non venne ritenuta idonea a trasformare l’uso in proprietà. Secondo la maggioranza dei giudici, non vi sono dunque motivi per discostarsi dal precedente sopra indicato, il quale peraltro non tiene in alcun conto le specificità del diritto consuetudinario degli indigeni Saami. In un passaggio precedente della sentenza, ossia nel paragrafo 28, i giudici di maggioranza hanno anche ricordato che il territorio conteso è entrato a far parte della Norvegia fin dal 1751.

Tuttavia, la minoranza dei giudici ha operato, nella sentenza qui in commento, una diversa valutazione sia della rilevanza dei diritti tradizionali degli indigeni, sia anche dell’influenza del diritto internazionale sul diritto interno norvegese, cosicché la questione rimane in definitiva abbastanza aperta, se è vero che l’opinione giudiziaria dissenziente, adeguatamente manifestata e motivata, potrebbe trasformarsi in un futuro diverso orientamento giurisprudenziale ovvero anche in un innovativo indirizzo legislativo[xx].

Significativo è, in particolare, il passaggio contenuto nel paragrafo 216 della sentenza, dove i magistrati dissenzienti affermano che: «the population in Karasjok has held authority over the land in such a way that, under current national law, they have acquired ownership to the disputed area. The local population, which has mainly been Sami, has exercised collective use and control. [] This includes the significance of international law through the ILO Convention No. 169 concerning Indigenous and Tribal Peoples in Independent Countries (ILO 169)»[xxi].

Va, altresì, notato che proprio la stretta maggioranza con la quale il verdetto è stato emanato dalla Grande Camera della Corte suprema nel 2024 finisce per indebolire il valore stesso di precedente rappresentato solitamente dalle decisioni adottate dal vertice, specialmente nella sua composizione allargata[xxii], del sistema giudiziario norvegese.

 

2. Pochi anni prima, del resto, la decisione della Grande Camera della Corte suprema norvegese nel Fosen case, emanata (all’unanimità) l’11 ottobre 2021[xxiii], aveva, invece, riconosciuto l’esistenza di diritti consuetudinari indigeni, facendo in quel caso leva sull’art. 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966[xxiv].

La vertenza de qua riguardava l’impatto, sui diritti umani della comunità Saami, di un progetto per la produzione dell’energia eolica. La decisione, in effetti, non è stata concretamente attuata dal Governo norvegese. Attivisti indigeni ed ecologisti hanno, così, chiesto la rimozione delle turbine eoliche (già installate). Tuttavia, mediante due accordi conclusi dal Governo della Norvegia, nel dicembre 2023 con una comunità indigena di allevatori di renne (South-Fosen Siida) e nel marzo 2024 con l’altra comunità aborigena interessata (North-Fosen Siida), si è stabilito che gli impianti eolici rimangono in funzione[xxv], almeno fino al 2045, con possibilità di ulteriore rinnovo delle licenze, ovvero anche di estensione degli impianti stessi dopo tale data, a condizione però di una nuova negoziazione con i Saami e fatto salvo il loro diritto di veto (c.d. consultation and impact assessment solution). Gli indigeni Saami, inoltre, hanno comunque ottenuto medio tempore l’assegnazione di aree per il pascolo delle renne, nonché, soprattutto, una compensazione monetaria (di ammontare piuttosto consistente; c.d. compensation solution). I nuovi pascoli per l’allevamento delle renne saranno assegnati alle comunità autoctone di etnia Saami nell’inverno 2026/2027; la compensazione monetaria, invece, viene erogata in maniera frazionata ogni anno (fino al 2043) alla comunità aborigena Fosen meridionale, mentre la comunità Fosen settentrionale ha optato per il ricevimento di una sovvenzione una tantum (one-off grant)[xxvi]. La c.d. transizione verde (“green shift”) è entrata, perciò, in collisione con i diritti di uso (se non proprietari) della popolazione indigena Saami[xxvii]. Nel comunicato ufficiale del Governo norvegese, pubblicato il 6 marzo 2024, si afferma comunque che gli accordi amichevoli sottoscritti mirano a contribuire a garantire la continuità dell’allevamento tradizionale delle renne, nonché a mitigare gli «svantaggi operativi» e a fornire una base per la futura pratica culturale da parte dei gruppi etnici Saami in una prospettiva intergenerazionale[xxviii]. Le numerose difficoltà frapposte stanno, nel frattempo, inducendo alcune imprese (statali) nordiche a rallentare la transizione rispetto all’obiettivo di realizzare impianti per la produzione di energia rinnovabile, posponendo in definitiva la c.d. green transition[xxix] e facendo emergere la necessità di un maggiore coinvolgimento delle comunità locali, specialmente di quelle aborigene, nei processi di implementazione della “transizione verde”[xxx].

 

3. Dall’esame dei recenti orientamenti giurisprudenziali della Grande Camera della Corte suprema, nonché dei successivi procedimenti di mediazione, sembra dunque si possa affermare che il diritto di proprietà degli indigeni Saami sulle terre (e sulle acque)[xxxi], ovvero anche la (più radicale) richiesta della loro restituzione[xxxii], potranno eventualmente essere accolte, sul piano legislativo e/o giurisprudenziale, soltanto qualora si riconosca che si tratta di un indigenous right to land sui generis[xxxiii]. Lo spazio indigeno della popolazione nativa, infatti, si caratterizza per il fatto di essere utilizzato da comunità semi-nomadiche, che quindi hanno una relazione con il territorio (non continuativa ma) intermittente. In definitiva, le società Saami, in particolare i relativi gruppi familiari[xxxiv], avevano un “fondamento territoriale”, sebbene la loro concezione della proprietà e/o del possesso, di natura tipicamente comunitaria anche sotto il profilo della responsabilità (collective Indigenous land ownership), fosse senza dubbio (molto) diversa da quelle dei colonizzatori che, infatti, operarono la sistematica e completa spoliazione delle terre indigene[xxxv]. Ne deriva, quindi, che «The argument that Indigenous peoples did not have a concept of ownership is based on a flawed assumption that overlooks the complex and nuanced ways in which Indigenous peoples relate to the land»[xxxvi].

D’altro canto, la stessa sopravvivenza culturale del popolo Saami è intimamente connessa a riconoscimento e garanzia dei loro tradizionali diritti fondiari/territoriali, esistenti da tempo immemorabile[xxxvii]. La relazione che si è instaurata tra il popolo indigeno Saami e il relativo territorio è di reciprocità e, insieme, di interdipendenza, cosicché la spoliazione territoriale equivale a una sorta di spoliazione sociale[xxxviii]. I diritti territoriali (territorial righits), forse più (e meglio ancora) dei diritti fondiari (land rights), sono altresì strettamente connessi al concetto di autodeterminazione (dei popoli indigeni)[xxxix]. Sembra abbastanza evidente, infatti, che i diritti territoriali costituiscono la base imprescindibile per l’autodeterminazione e l’autogoverno, non essendo a tale fine sufficiente il pur importante riconoscimento dei diritti linguistici[xl] e culturali; in altri termini, l’autonomia culturale è differente dall’autonomia politica. Potrebbe persino ipotizzarsi una sorta di “trappola” insita nella c.d. culturalizzazione dell’autodeterminazione indigena, nella misura in cui, appunto, il raggiungimento dell’autonomia culturale non coincide affatto con l’obiettivo dell’autonomia politica. Sono i diritti territoriali, dunque, a rendere operativa l’autodeterminazione indigena e il conseguente esercizio dell’autogoverno aborigeno[xli].

Le prospettive future, comunque, appaiono tutto sommato favorevoli, quantomeno sul piano simbolico. Il 12 novembre 2024, infatti, il Parlamento nazionale (Stortinget) del Regno di Norvegia ha approvato una risoluzione con la quale si porgono le «scuse pubbliche» per le ingiustizie storiche subìte dalle minoranze nazionali, rappresentate in primo luogo dai Saami, tra la metà dell’ottocento e gli anni ottanta del secolo scorso[xlii]. Ciò anche sulla scorta del Rapporto pubblicato il 1° giugno 2023, mediante presentazione al Parlamento della Norvegia[xliii], dalla «Commissione per la verità e la riconciliazione» (norv. Sannhets- og forsoningskommisjonen)[xliv], istituita nel 2018 dal Parlamento medesimo sul modello della Truth and Reconciliation Commission of Canada (attiva dal 2008 al 2015)[xlv], allo scopo di accertare gli atti e i comportamenti discriminatori posti in essere nel passato dalle autorità pubbliche nei confronti delle comunità indigene dei Saami. È appena il caso di ricordare, peraltro, che la Norvegia rappresenta una democrazia tra le più consolidate al mondo, con un livello molto alto di egualitarismo, essendo da tempo sostenitrice, inoltre, della promozione dei diritti umani a livello planetario, ecc., ma sussiste questo “problema” interno, concernente il popolo indigeno Saami[xlvi].

 

4. Sul piano della comparazione “intranordica”[xlvii], la «Commissione per la verità e la riconciliazione» della Norvegia ha concluso i suoi lavori in anticipo, id est leading the way, rispetto ad analoghe Commissioni istituite in Svezia e Finlandia. Negli altri due Paesi scandinavi, sono dunque ancora in svolgimento le attività delle Commissioni deputate ad accertare le ingiustizie storiche a danno di gruppi e minoranze indigene. Si prevede, in particolare, che la «Commissione per la verità sul popolo Saami» (sved. Sanningskommissionen samer)[xlviii], istituita dall’Esecutivo nazionale del Regno di Svezia il 3 novembre 2021, presenterà i suoi risultati nel corso del 2025, mentre la «Commissione per la verità e la riconciliazione con riguardo al popolo Saami» (fin. Saamelaisten totuus- ja sovintokomissio), creata dal Governo della Repubblica di Finlandia con provvedimento del 28 ottobre 2021, continuerà (in regime di proroga, essendo il termine originario ormai scaduto il 30 novembre 2023[xlix]) i suoi lavori fino alla fine del 2025.

Anche da quest’ultimo punto di vista, dunque, si conferma la posizione d’avanguardia, pur tra alcuni rallentamenti (se non veri e propri arretramenti[l]), del sistema politico, giuridico e giudiziario della Norvegia in materia di tutela dei diritti dei popoli indigeni, alla costante ricerca di un ragionevole punto di equilibrio tra la conservazione degli stili di vita tradizionale degli aborigeni Saami, da un lato, e, dall’altro lato, le esigenze di sviluppo economico nazionale, che non devono marginalizzare ma anzi includere gli autoctoni, contribuendo ad elevare i loro stessi standards di esistenza. Rimane la sensazione, se non la constatazione, che quando si decide in ordine ai diritti di uso, usufrutto, ecc., della popolazione indigena Saami, i supremi giudici della Norvegia manifestano un atteggiamento più aperto, rispetto alle richieste degli aborigeni, in confronto a quanto invece avviene allorché la vertenza sia relativa al riconoscimento della piena proprietà dei suoli in capo alle comunità autoctone[li].

 

5. Ancora muovendosi nella prospettiva della comparazione, e restando sul tema dei diritti proprietari dei popoli indigeni, il cui riconoscimento costituisce uno strumento fondamentale non soltanto per la promozione dei diritti collettivi dei gruppi autoctoni, ma anche per la salvaguardia di interessi più ampi della società come per esempio il multiculturalismo oppure la protezione dell’ambiente[lii], va segnalato che la Corte interamericana dei diritti umani[liii], in relazione a una controversia instaurata da alcune comunità indigene contro la Repubblica argentina, ha avuto occasione di affermare, nella causa Comunidades indígenas miembros de la Asociación Lhaka Honhat (Nuestra Tierra) Vs. Argentina decisa con sentenza del 2020[liv], la sussistenza di un diritto alla proprietà collettiva/comunitaria da parte delle comunità aborigene[lv] (derecho de propiedad comunitaria indígena)[lvi], quale aspetto specifico della c.d. justiciabilidad diretta dei diritti economici, sociali e culturali. Si è aperta così la via al riconoscimento, nella giurisprudenza interamericana, di diritti indigeni che invece, nel contesto dei Paesi nordici, non hanno finora ricevuto, come dimostra da ultimo la sentenza norvegese del 2024, un pieno riconoscimento.

Di speciale interesse, nonché con possibili implicazioni anche per gli ordinamenti dei Paesi scandinavi in generale e della Norvegia in particolare, appare il paragrafo 93 della sentenza appena ricordata della Corte interamericana dei diritti umani, nel punto in cui si richiama un’altra precedente decisione della Corte stessa, relativa alla vertenza Comunidad Mayagna (Sumo) Awas Tingni Vs. Nicaragua e pronunciata nel 2001[lvii], con la quale si stabiliva che la nozione di proprietà privata, di cui all’art. 21 della Convenzione americana dei diritti umani, deve essere interpretata nel senso che, se applicata ai popoli indigeni, si estende anche alle forme di proprietà collettiva o comunitaria delle terre[lviii].

Una tutela giuridica, quindi, molto avanzata, quantomeno sul piano teorico (se non espressione di un wishful thinking)[lix] e fatte salve, altresì, le involuzioni più recenti, dal momento che la nuova dirigenza nazionale argentina, guidata dal neo-Presidente Javier Milei[lx], ha approvato il Decreto di necessità e urgenza (DNU) «Bases para la Reconstrucción de la Economía Argentina»[lxi] n. 70 del 20 dicembre 2023 (emanato dal Poder Ejecutivo Nacional della Républica Argentina ed entrato in vigore il 29 dicembre dello stesso anno)[lxii], che modifica ovvero revoca circa trecento leggi e/o regolamenti, prevedendo tra l’altro la chiusura dell’Instituto Nacional de Asuntos Indígenas (INAI)[lxiii], nonché una prossima ripresa delle attività estrattive (anche) nei territori indigeni (in particolare, la XIII Riforma, sulle XXX contemplate dal Decreto n. 70/23, è intitolata alla Derogación de la ley de tierras)[lxiv]. Sul versante internazionale, l’11 novembre 2024 l’Argentina è stato il solo Paese a votare, alla 79ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Social, Humanitarian, and Cultural Committee (Third Committee)), contro l’adozione di una risoluzione, proposta da Bolivia ed Ecuador, dal titolo (assai significativo) The Rights of Indigenous Peoples[lxv], dove si evidenzia, inter alia, l’importanza del consenso libero, preventivo e informato[lxvi] dei popoli indigeni rispetto alle decisioni che riguardano i loro territori “ancestrali” e le relative risorse naturali. I voti favorevoli sono stati 161, sette invece le astensioni: Bulgaria, Francia, Laos, Lituania, Mali, Romania e Slovenia. La rappresentante della Repubblica argentina all’ONU, l’ambasciatrice Andrea Silvina Repetti, pur muovendo dall’affermazione secondo cui «l’Argentina è favorevole alla protezione dei diritti dei popoli indigeni nelle loro diverse tradizioni culturali», ha criticato la bozza del progetto onusiano, definendola «ambigua e (troppo) ampia», aggiungendo che «le pratiche ancestrali possono portare alla convalida di pratiche che sono in contrasto con i diritti fondamentali delle donne e delle ragazze, il diritto alla salute e l’accesso al progresso scientifico»[lxvii].

Fin dall’esordio della sua carica presidenziale, Javier Milei ha posto all’attenzione, ovviamente insieme a molte altre questioni che qui non rilevano, la situazione dei popoli indigeni, avviando riforme sia costituzionali che legislative a livello provinciale, le quali tendono, nel complesso, a consentire le attività minerarie[lxviii] nei territori degli aborigeni, criminalizzando altresì le manifestazioni di protesta[lxix]. Da ultimo, nel corso della Conferencia de Acción Política Conservadora (CAPC), organizzata per la prima volta a Buenos Aires dal 3 al 5 dicembre 2024, il Presidente Milei ha affermato che, tra i principi non negoziabili (dal suo partito), rientrano la «difesa incondizionata», oltreché del principio per il quale il Governo deve essere limitato, della vita, della libertà e della proprietà privata individuale, così sembrando definitivamente chiusa la strada al riconoscimento (per non parlare, poi, della tutela) della proprietà collettiva dei popoli indigeni[lxx]. Ne deriva, dunque, che il movimento indigeno, non meno degli attivisti dei diritti umani, sono molto preoccupati per le sorti del dialogo intercultura nell’Argentina del “mileismo”[lxxi]. I timori de quibus si sono ben presto rivelati (del tutto) fondati. Con il decreto (di necessità e urgenza, DNU) del Potere Esecutivo n. 1083 del 9 dicembre 2024[lxxii], pubblicato sul Boletín Oficial dell’11 dicembre e immediatamente vigente (da quest’ultima data), si stabilisce che i diritti delle comunità indigene sui territori “ancestrali” sono subordinati al rispetto dei titoli di proprietà di persone fisiche o giuridiche, sia nazionali che straniere. Il punto di vista del Governo nazionale argentino, così come trasfuso nel DNU, è che i diritti collettivi “ancestrali” degli indigeni «ledono i diritti dei cittadini e le prerogative sovrane dello Stato». In tale prospettiva, le rivendicazioni delle comunità indigene/originarie creano «insicurezza giuridica», contrastando (si è detto)[lxxiii] «la voluntad (de Javier Milei) de poner las cosas en su lugar». Secondo l’analista argentino Adrian Moyano[lxxiv], «In termini generali il governo di Milei ha rappresentato una battuta d’arresto per i diritti dei popoli indigeni e le loro rivendicazioni territoriali, nonché per le comunità che resistono all’estrattivismo[lxxv] in tutto il Paese»[lxxvi]. In ogni caso, il consenso popolare in Argentina per il “turbo-presidenzialismo” di Javier Milei, inizialmente diminuito si è, poi, stabilizzato e sembra ora in crescita[lxxvii], così come l’attenzione internazionale per questo «radicale esperimento» di «distruzione dello Stato dal suo interno»[lxxviii].

 

6. Come si vede, in definitiva, le possibili forme di resistenza – di natura politica, nel recentissimo caso argentino, ovvero giurisprudenziale, nell’esperienza norvegese – rispetto al riconoscimento, nonché alla correlata (effettiva) garanzia, dei diritti di proprietà collettiva/comunitaria dei popoli indigeni, siano essi Saami ovvero altre comunità aborigene, sono molteplici e conoscono attualmente una fase espansiva.

 

 

[i] HR-2024-982-S. Il testo della sentenza, in lingua inglese, è disponibile nel sito Web delle corti di giustizia norvegesi, www.domstol.no

[ii] La forma in antico norvegese del nome era Finnmork, dove il primo elemento è finn, che è il nome norvegese del popolo Saami, mentre il secondo elemento è mork, che significa «bosco» o «terra di confine». In epoca antica, il nome si riferiva a qualsiasi luogo dove vivevano i Saami, anche in alcune parti della Norvegia meridionale, dove gli indigeni costituiscono una «minoranza all’interno di una minoranza» (su quest’ultimo aspetto, v. H. Hermanstrand et al. (Eds.), The Indigenous Identity of the South Saami. Historical and Political Perspectives on a Minority within a Minority, Cham, Springer, 2019).

[iii] Dove ha sede, dall’ottobre del 1989, il Parlamento Saami della Norvegia (si tratta di un organo elettivo, con funzioni non legislative ma consultive).

[iv] La richiesta era stata avanzata sia dalla Karasjok Sami association che dalla Karasjok municipality.

[v] Decisivo è stato il voto della Chief Justice, Toril Marie Øie. La stessa Chief Justice aveva deciso di attribuire la vertenza alla Grande Camera, con provvedimento del 28 settembre 2023.

[vi] Sulla istituzione/organizzazione family-based in cui consiste la Siida, v. M.W. Næss et al., The Sami cooperative herding group: the siida system from past to present, in 38(2) Acta Borealia. A Nordic Journal of Circumpolar Societies 1 (2021). L’indagine ha evidenziato che l’appartenenza alla Siida è attualmente meno flessibile che in passato, quando la composizione e le dimensioni della Siida variavano soprattutto in relazione alle stagioni, e che inoltre la leadership della Siida è più formale ora che un tempo. In epoca risalente, v. già T. Ingold, The transformation of the Siida, in 43(3-4) Ethnos. Journal of Anthropology 146 (1978), e poi M.N. Sara, Siida and Traditional Sámi Reindeer Herding Knowledge, in 30 The Northern Review 153 (2009). Secondo R.N. Pehrson, The Lappish Herding Leader: A Structural Analysis, in 56(6) American Anthropologist 1076 (1954), la parola Siida deriva dal nome del suo capo, ossia Sii’dâ-ised.

[vii] Norv. Finnmarksloven (per esteso: Act relating to legal relations and management of land and natural resources in Finnmark/Lov om rettsforhold og forvaltning av grunn og naturressurser i Finnmark); legge n. 85 del 17 giugno 2005, entrata in vigore in maniera frammentata, il 25 novembre 2005, 1° luglio 2006 e 14 marzo 2008. Il Finnmark Act è stato modificato da emendamenti successivi, rispettivamente approvati con la legge n. 108 del 20 dicembre 2019, in vigore dal 1° gennaio 2020, nonché dalla legge 28 del 12 maggio 2022, a sua volta modificata dalla legge n. 46 del 21 giugno 2024, vigente dal 1° gennaio 2025, e dalla legge n. 27 del 9 giugno 2023, in vigore dal 1° gennaio 2024. La versione originale inglese della legge de qua è disponibile, per esempio, sub Finnmarksloven (‘The Finnmark Act’): Act of 17 june 2005 no 85 Relating to Legal Relations and Management of Land and Natural Resources in the County of Finnmark, in 9(3) Australian Indigenous Law Reporter 87 (2005). La versione più aggiornata si trova nel sito Web all’indirizzo https://lovdata.no. Si tenga altresì conto che, dal 1° gennaio 2020, le preesistenti Contee di Troms e di Finnmark sono state unite, dando così vita alla Contea di Troms e Finnmark (Troms og Finnmark; v. D. Nikel, A New Map of Norway: Meet Norway’s New Counties, in Life in Norway, 19 gennaio 2020) Tuttavia, una nuova riforma amministrativa, nel riorganizzare le contee norvegesi, ha ripristinato dal 1° gennaio 2024 le Contee separate di Troms e di Finnmark, ritornando in definitiva all’assetto territoriale anteriore al 2020. Il capoluogo della Contea di Troms è Tromsø, quello della Contea di Finnmark è Vadsø. Durante il periodo della unione, il centro amministrativo della Contea di Troms e Finnmark si trovava a Tromsø, ma la sede del Governatore della Contea (norv. Fylkesmann) era a Vadsø. La questione territoriale ha una certa rilevanza, in quanto l’art. 2 del Finnmark Act stabilisce che le relative disposizioni si applicano al territorio compreso nella Contea di Finnmark alla data del 1° luglio 2006, Contea quest’ultima che però attualmente – come si è appena detto (nella presente nota) – è stata ristabilita entro i confini esistenti alla data di adozione del Finnmark Act.

[viii] V., ampiamente: M. Mazza, I diritti degli indigeni saami all’uso comune delle terre nel Finnmark (Norvegia del Nord), in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2013, 893 ss.; Id., La protezione dei collective land rights/community commons degli aborigeni saami nella Contea di Finnmark (Norvegia settentrionale, o Nord-Norge), in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, 169 ss.; Id., The Protection of Saami (Land) Rights in Finnmark: A Comparative Assessment, in G.F. Ferrari (Ed.), Two Centuries of Norwegian Constitution: Between Tradition and Innovation, The Hague, Eleven, 2015, 159 ss.; A.J. Spitzer & P. Selle, A Sami land-claims settlement? Assessing Norway's Finnmark Act in a comparative perspective, in 46(4) Scandinavian Political Studies 288 (2023). Adde, in lingua norvegese, H.-K. Hernes & N. Oskal, Finnmarkloven, Oslo, Cappelen Akademisk Forlag, 2008.

[ix] Sul procedimento di primo grado, svoltosi davanti al Finnmark Land Tribunal, v. poco oltre.

[x] A proposito delle quali, v. J. Gilbert & B. Begbie-Clench, “Mapping for Rights”: Indigenous Peoples, Litigation and Legal Empowerment, in Erasmus Law Review, 2018, n. 1, doi: 10.5553/ELR.000092; R. Toivanen, Protecting indigenous identities? An example of cultural expertise on sámi identity, in 54(2-3) Legal Pluralism and Critical Social Analysis 210 (2022). Si tratta di uno degli aspetti della c.d. antropologia “in azione”, su cui v. il n. monotematico di S. Wright (Ed.), Anthropology and the rights of indigenous peoples: Special issue of Anthropology in Action. Journal for Applied Anthropology in Policy and Practice, v. 16, 1993. Su testimonianza dell’antropologo, attraverso cui la conoscenza può essere resa utile, e aspetti pratici del sapere prodotto dall’antropologia, v. A. Colajanni, Bronislaw Malinowski, l’antropologia pratica, la politica e il colonialismo, in Anuac. Rivista della Società italiana di antropologia culturale, v. 11, n. 2, dicembre 2022, 3 ss.

[xi] Norv. Finnmarkseiendommen (nella lingua dei Saami del Nord, Finnmárkkuopmodat), disciplinato dagli art. 6-20 del Finnmark Act. Su di esso, v. E.G. Broderstad, The Finnmark Estate: Diluition of Indigenous Rights or a Robust Compromise?, in 39 The Northern Review 8 (2015). Una indagine (condotta da ricercatori dell’Università artica della Norvegia, con sede a Tromsø) ha evidenziato che, mentre il livello del sostegno diffuso, ossia della generalità dei residenti nel Finnmark, a idee, valori e princìpi del Finnmark Estate è piuttosto basso, il grado di sostegno specifico verso l’ente medesimo, da parte di coloro che sono concretamente entrati in contatto per motivi professionali con il Finnmark Estate, è invece relativamente alto. Cfr. E.G. Broderstad et al., Local support among arctic residents to a land tenure reform in Finnmark, Norway, in 91 Land Use Policy 104326 (2020). Pochi anni prima, un’altra ricerca accademica (opera di studiosi attivi presso le Università norvegesi di Tromsø e di Bergen) aveva dimostrato l’esistenza di una consistente opposizione dei residenti non-indigeni rispetto all’attività del Finnmark Estate. Si veda E. Josefsen et al., Regional Governance and Indigenous Rights in Norway: The Finnmark Estate Case, in T.M. Herrmann & T. Martin (Eds.), Indigenous Peoples’ Governance of Land and Protected Territories in the Arctic, Cham, Springer, 2016, 23 ss. La condizione giuridica dei Saami norvegesi è sicuramente tra le migliori sperimentate da questa popolazione indigena nei vari contesti nazionali (id est, oltre che appunto in Norvegia, in Svezia, Finlandia e Russia), anche se non mancano alcuni aspetti giudicati comunque inadeguati dai rappresenti delle comunità aborigene; v., infatti, Z. Akhtar, Sami Peoples Land Claims in Norway, Finnmark Act and Proving Legal Title, in 7 The Indigenous Peoples’ Journal of Law, Culture, & Resistance 115 (2022).  

[xii] Con decorrenza dal 1° luglio 2006, giorno di entrata in vigore del Finnmark Act.

[xiii] La Convenzione OIL è stata ratificata dal Parlamento norvegese (Storting) il 7 giugno 1990, ed è entrata in vigore il 20 giugno dell’anno successivo. La Norvegia è stata, in ordine di tempo, il primo Paese a ratificare il testo convenzionale.

[xiv] V. sub paragrafo 203.

[xv] Norv. Utmarksdomstolen for Finnmark. Il Tribunale, istituito il 7 marzo 2014 ed entrato in funzione il successivo 1° settembre, ha il compito di dirimere le controversie concernenti l’uso delle terre e delle acque nel Finnmark. Le decisioni del Finnmark Land Tribunal sono appellabili direttamente davanti alla Corte suprema.

[xvi] Adottata il 21 aprile 2023 con la maggioranza 3-2; cfr. Finnmark Land Tribunal, Sak 21-086077TVI-UTMA, online nel sito www.domstol.no (testo in norvegese). A commento, v. E. Larsen, Sápmi, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2024. 38th Edition, Copenhagen, The International Work Group for Indigenous Affairs (IWGIA), 2024, 463 ss., spec. 469; A.J. Spitzer & P. Selle, A Sami land‐claims settlement? Assessing Norway’s Finnmark Act in a comparative perspective, in 46(4) Scandinavian Political Studies 288 (2023), dove un raffronto con l’esperienza canadese.

[xvii] Cfr. sub paragrafo 319. La tesi esposta sopra nel testo è condivisa, in sede di commento (critico) alla sentenza del maggio 2024, da G. Ulfstein, Uklart om folkeretten i Karasjokdommen [Poco chiaro il diritto internazionale nella sentenza Karasjok], in Rett24 - Nyheter og debatt for jurister [Novità e dibattito per giuristi], 18 giugno 2024 (pubblicazione edita a Oslo da una agenzia di stampa, testo in norvegese).

[xviii] Rt-1916-1249.

[xix] Eidfjord e Ullensvang.

[xx] Il tema – come noto – è dibattuto da tempo e tuttora controverso; v., da ultimo, da N. Zanon, Le opinioni dissenzienti in Corte costituzionale. Dieci casi, prefazione di E. Franzini, Bologna, Zanichelli, 2024 (volume presentato durante la conferenza dal titolo Il dissenso: un appello all'intelligenza dei giorni futuri o un elemento di divisione?, svoltasi il 29 maggio 2024 presso l’Aula Goldoniana del Collegio Ghislieri di Pavia).

[xxi] Il corsivo è originale.

[xxii] Le sentenze della Grande Camera sono emanate da un collegio di undici giudici, mentre quelle adottate (in casi straordinari) dal Plenum della Corte suprema prevedono la partecipazione dei venti magistrati (incluso il Chief Justice) che compongono la Corte medesima. Le sentenze delle singole Divisioni della Corte suprema sono pronunciate con l’intervento di cinque giudici. Su Corte suprema e Corte suprema amministrativa nell’ordinamento svedese, v. M. Zamboni, The Positioning of the Supreme Courts in Sweden – A Democratic Oddity?, in 15 European Constitutional Law Review 668 (2019).

[xxiii] HR-2021-1975-S.

[xxiv] A commento v., si vis, M. Mazza, Popoli indigeni artici e transizione energetica: aspetti di diritto giurisprudenziale norvegese, con alcune osservazioni comparative, in Filodiritto, gennaio 2024, e inoltre G. Poggeschi, Aspetti problematici della rappresentanza delle minoranze linguistiche, in R. Toniatti (cur.), La rappresentanza delle minoranze linguistiche, Trento, Università degli Studi di Trento, 2023, 72 ss., spec. 77; Ø. Ravna, The Fosen Case and the Protection of Sámi Culture in Norway Pursuant to Article 27 ICCPR, in 30 International Journal on Minority and Group Rights 156 (2023). Di quest’ultimo autore v. anche, per l’esame della implementazione, da parte della legislazione norvegese, delle disposizioni contenute nella Convenzione ILO n. 169/89, il saggio dal titolo ILO 169 and Securing of Sámi Rights to Lands, Nature-based Livelihood, and Natural Resources, in K. Hossain & A. Petrétei (Eds.), Understanding the Many Faces of Human Security. Perspectives of Northern Indigenous Peoples, Leiden, Brill, 2016 (Studies in International Minority and Group Rights, vol. 13); prima ancora, cfr. H.H. Vik & A.J. Semb, Who Owns the Land? Norway, the Sami and the ILO Indigenous and Tribal Peoples Convention, in 20(4) International Journal on Minority and Group Rights 517 (2013).

[xxv] Con accantonamento, quindi, della c.d. demolition solution, che pure era stata invocata dagli allevatori Saami di renne e dallo stesso Parlamento Saami della Norvegia.

[xxvi] Le trattative tra tutti gli stakeholders erano state avviate presso il ministero dell’Energia del Regno di Norvegia nell’aprile del 2023. L’industria norvegese e i ricercatori delle energie rinnovabili hanno valutato positivamente il raggiungimento degli accordi; v. la nota dal titolo Deal reached in Fosen wind case, in www.northwindresearch.no, 7 marzo 2024.

[xxvii] J. Gouffin, Samische Rentierhirt*innen zahlen für unsere grüne Wende, 29 marzo 2021, nel sito della Gesellschaft für bedrohte Völker (GfbV) di Gottinga (www.gfbv.de); ivi: «Für die Sami ist die Rentierzucht mehr als nur eine Arbeit. Sie verkörpert auch ihre Kultur und Identität». In precedenza, cfr. R. Wolff, Rentiere gegen Windkraft, in Die Tageszeitung, 4 agosto 2017. Adde L. Mosesdóttir, Energy (in)justice in the green energy transition. The case of Fosen wind, in 77 Technology in Society 102563 (2024). Secondo quest’ultima autrice, in termini di c.d. green energy justice (su cui v., per es., K. Jenkins et al., Energy justice: A conceptual review, in 11 Energy Research & Social Science 174 (2016); D. McCauley & R. Heffron, Just transition: integrating climate, energy and environmental justice, in 119 Energy Policy 1 (2018); G. Perlaviciute et al., A perspective on the human dimensions of a transition to net-zero energy systems, in 2 Energy and Climate Change 100042 (2021) O. Vågerö et al., The effects of fair allocation principles on energy system model designs, in 1(4) Environmental Research: Energy 045011 (2024)), andrebbe riconosciuto alle minoranze indigene un vero e proprio diritto di veto (veto right). In effetti – come si è visto sopra nel testo – tale aspetto della c.d. giustizia procedurale è stato, infine, accolto negli accordi conclusi con le comunità Saami. Nello scritto ante citato di L. Mosesdóttir, Energy (in)justice in the green energy transition. The case of Fosen wind, si riportano, altresì, le affermazioni di un (giovane) allevatore Saami di renne, per il quale «we must choose between wind power or reindeer herding. They cannot exist together. Should we throw away a culture that has been here for a long time because society constantly wants more energy. Can we not look at the energy consumption. Set up wind turbines where you yourself live» (cfr. 7).

[xxviii] V. nel sito www.regjeringen.no.

[xxix] T. Jonassen, Cracks in the Nordic Community, in High North News, 28 novembre 2024, che rileva un offuscamento del c.d. green dream.

[xxx] B. Solhaug Komissar & G. Aanes, Indigenous peoples and local communities must be included in the green transition, in NordForsk (Nordic Council of Ministers), 20 settembre 2024.

[xxxi] O. Jebens, Sami Rights to Land and Water in Norway, in 55(1) Nordic Journal of International Law 46 (1986); per una comparazione con il caso finlandese, v. H.J. Hyvärinen, The Land and Water Rights of the Sami in Finland, in 54(1-2) Nordic Journal of International Law 33 (1985). Lo stile di vita semi-nomadico dei Saami li ha accostati a quello degli Indiani nordamericani; in tale direzione muove l’analisi di H. Gaski, The Sami People: The “White Indians” of Scandinavia, in 17(1) American Indian Culture and Research Journal 115 (1993), e poi R. Toniatti & J. Woelk (Eds.), Indigenous Peoples’ Sovereignty and the Limits of Judicial and Legal Pluralism: American Tribes, Canadian First Nations and Scandinavian Sami Compared, Trento, Università degli Studi di Trento, 2014 (ebook series). I diritti de quibus si riferiscono non soltanto alle acque interne, ma anche alla fascia di mare costiero, dal momento che i Saami c.d. delle montagne di Karasjok, all’inizio del novecento, sono in parte emigrati verso le zone costiere della Norvegia settentrionale. Essi hanno, quindi, subito un processo di marcata “norvegizzazione” (al punto che i Saami propriamente detti si riferiscono ormai ai Saami c.d. costieri come a un segmento storico della popolazione (di origine) Saami, non più costituente però un autentico gruppo etnico Saami. V., al riguardo, l’ampia indagine di J.I. Kim, Coastal Identities in the Modern Age. On Diversity of Ethnic Articulation in Storfjord, North Norway, Tromsø, University of Tromsø, 2010. Tutto ciò, peraltro, non esclude che si sia formata attraverso le generazioni una “cultura” tradizionale dei Saami costieri/dei fiordi nel Finnmark, come si evince dallo studio documentato di I. Pedersen & R. Kaarhus, Knowing a coastal Sámi landscape in Finnmark: transmission and regeneration of knowledge and identity across three generations, in 40(2) Acta Borealia. A Nordic Journal of Circumpolar Societies 95 (2023); in precedenza, v. altresì: Ø. Ravna & L. Kalak, Legal Protection of Coastal Sámi Culture and Livelihood in Norway, in A. Allen et al. (Eds.), The Rights of Indigenous Peoples in Marine Areas, Oxford, Hart, 2019, 213 ss.; Ø. Ravna & K. Svendsen, Securing the coastal Sámi culture and livelihood, in C. Pelaudeix & E.M. Basse (Eds.), Governance of Arctic Offshore Oil and Gas, London-New York, Routledge, 2018, 186 ss.; A. Lätsch, Coastal Sami revitalization and rights claims in Finnmark (North Norway) - two aspects of one issue? Preliminary observations from the field, Tromsø, Septentrio Academic Publishing (Samisk senters skriftserie), 2012; S. Pedersen, The Coastal Sámi of Norway and their rights to traditional marine livelihood, 3(1) Arctic Review on Law and Politics 51 (2012). Più risalente, ma seminale, è la monografia su Sea Saami e Reindeer Saami di G. Gjessing, Changing Lapps. A Study in Culture Relations in Northernmost Norway, London, Taylor & Francis, 1954, poi Oxford, Berg, 2004, e infine London-New York, Routledge, 2020, dove l’autore (che fu direttore del Museo etnografico dell’Università di Oslo) distingueva (non due ma) tre sub-culture Saami, ossia quella dei Saami nomadi allevatori di renne, quella dei Saami del mare e un’altra ancora dei Saami che, abbandonato lo stile di vita semi-nomadico, si sono ormai insediati stabilmente nell’entroterra (sulla sua opera, v. C. Westerdahl (Ed.), A Circumpolar Reappraisal: The Legacy of Gutorm Gjessing (1906-1979), Oxford, BAR (British Archaeological Reports) 2010 (BAR International Series 2154)). In ogni caso, l’attività prevalente dei Saami, ossia l’allevamento delle renne, viene sostituita dai Saami costieri con la pesca da loro praticata nel mare. Anche i Saami costieri, comunque, svolgono attività terrestri, come avviene specialmente per la lavorazione industriale del pesce e, almeno in piccola parte, per l’allevamento delle renne.

[xxxii] Sul tema, che verrà esaminato più diffusamente nel par. 5, v. comunque già da ora A. Colajanni, La restituzione delle terre alle popolazioni indigene in America Latina. Un non facile problema di antropologia giuridica, in L’Uomo. Società, Tradizione, Sviluppo, 2015, n. 2, 73 ss.; in precedenza, S. Paz Patiño, Los territorios indígenas como reivindicación y práctica discursiva, Nueva Sociedad, n. 153, 1988, 120 ss.

[xxxiii] Per l’opportuna osservazione secondo cui «i pubblico-comparatisti si sono fin da subito dedicati al riconoscimento, sul piano costituzionale e internazionale, dei diritti all’identità culturale, all’autogoverno e all’applicazione dei sistemi giuridici dei popoli e delle comunità indigene, all’interno dei rispettivi territori statali», v. S. Bagni, Law and Anthropology. Per un dialogo interdisciplinare sul rapporto Natura/Cultura, in Diritto pubblico comparato ed europeo, Numero speciale 2024, 699 ss., spec. 702. L’autrice ivi aggiunge che «il ricorso all’antropologia giuridica serve a giustificare l’“originalità” della “cultura” dei popoli o delle comunità indigene studiati, al fine di integrare i requisiti identificativi prescritti a livello internazionale, e spesso riproposti in sede costituzionale». Lo studio, in chiave giuridica, del legame antropologico della c.d. ancestralità (tra i popoli indigeni e le loro terre ancestrali) può, dunque, introdurre un tertium modus di gestire la proprietà come bene comune. Cfr., ampiamente, L.A. Nocera, I popoli indigeni e la proprietà comunitaria delle terre ancestrali in America latina. Uno studio di diritto comparato, Tricase (LE), Libellula Edizioni, 2018. Per il caso brasiliano, v. E. Caliceti, I diritti collettivi originari indígenas sulle terre tradizionalmente occupate nell’ordinamento giuridico brasiliano, in Thule. Rivista Italiana di Studi Americanistici, 26/27-28/29, 2009-2010, 573 ss.; M.G. Losano, I territori degli Indios in Brasile tra diritti storici e diritto vigente, in Sociologia del diritto, 2016, n. 1, 77 ss.

P. [1-34] [34] Con riguardo, poi, alla “pluralità” delle forme di proprietà, si veda il bel saggio (risalente, ma ancora valido) di M. Godelier, Territorio e proprietà in alcune società precapitalistiche [1978], in Id. L’ideale e il materiale. Pensiero, economia, società, Roma, Editori Riuniti, 1985, 77 ss.

[xxxiv] Sul tema, v. S. Valkonen & T. Koivurova, Groupism and the politics of indigeneity: A case study on the Sámi debate in Finland, in 17(4) Ethnicities 526 (2017).

[xxxv] R. Kuokkanen, From Indigenous private property to full dispossession – the peculiar case of Sápmi, in 11(1) Comparative Legal History 23 (2023). L’autrice sostiene che meglio ancora che di spoliazione delle terre Saami, bisognerebbe parlare di espropriazione.

[xxxvi] R. Kuokkanen, op. ult. cit., 23. Ampiamente, v. inoltre: I. Bjørklund, Sámi Reindeer Pastoralism as an Indigenous Resource Management System in Northern Norway, in 21(1) Development and Change 75 (1990); M. Åhrén, Indigenous Peoples’ Culture, Customs, and Traditions and Customary Law – The Saami People’s Perspective, in 21(1) Arizona Journal of International and ComparativeLaw 63 (2004); J. Larsson & E.-L.P. Sjaunja, Early Modern Reindeer Husbandry, Sami Economy, and Grazing Rights, in 14(1) International Journal of the Commons 91 (2020), che approfondiscono il concetto di common-pool resource (CPR). 

[xxxvii] In tal senso, v. T.G. Svensson, The Sami and the Nation State: Some Comments on Ethnopolitics in the Northern Fourth World, in 8 Études/Inuit/Studies 158 (1984). La problematica, menzionata nel testo, è molto risalente, soltanto che si pensi che con decreto reale del 12 luglio 1889 era stata istituita in Norvegia la «Commissione lappone», allo scopo di individuare le migliori modalità per assicurare la convivenza tra indigeni e non-indigeni in alcune contee del Paese.

[xxxviii] N. Ojong, Indigenous land rights: where are we today and where should the research go in the future?, in 10(2) Settler Colonial Studies 193 (2020).

[xxxix] E.G. Broderstad, Implementing Indigenous Self-Determination: The Case of the Sámi in Norway, in E-Intrenational Relations, 30 maggio 2014, nonché prima, della stessa autrice, The Promises and Challenges of Indigenous Self-Determination: The Sami Case, in 66(4) International Journal 893 (2011).

[xl] Sia consentito rinviare a M. Mazza, I diritti linguistici dei Saami nei Paesi nordici, in Filodiritto, settembre 2020, e prima I. Guissard, Le statut de la langue et de la culture sâmes en Norvège, in Études Germaniques, n. 245, 2007, 197 ss.; O.H. Magga, Status and Rights of Sami Language in Norway, Oslo, University of Oslo (Publication from the Ivar Aasen Institute, n. 4, Volda College), 1997. L’uso delle lingue Saami è sempre più limitato al livello non-formale della comunicazione; v., per esempio, lo studio di Z. Duray, ”If you don’t speak the language, you’re excluded. You’re a tough one, so to say.”: Conceptions of being a Sámi today as reflected in interviews on language and identity with Sámi people in Enontekiö, Finland, Finnisch-Ugrische Mitteilungen, Band 42, 2018, 1-151.  

[xli] Cfr., volendo, M. Mazza, Autodeterminazione e autogoverno dei Saami scandinavi, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, cit., 232 ss. Sul tema, più in generale, v. altresì R. Cammarata, I diritti dei popoli indigeni. Lotte per il riconoscimento e principio di autodeterminazione, in Sociologia del diritto, 2006, n. 1, 45 ss.; L. Perra, I popoli indigeni: riconoscimento dei diritti e principio di autodeterminazione, in Filodiritto, maggio 2016.  

[xlii] Cfr. M. Bryant, Norway apologises to Sami, Forest Finns and Kvens for forced assimilation policy, in The Guardian, 12 novembre 2024.

[xliii] Il titolo, per esteso, del Rapporto citato è: Sannhet og forsoning – grunnlag for et oppgjør med fornorskingspolitikk og urett mot samer, kvener/norskfinner og skogfinner [Verità e riconciliazione - base per un accordo sulla politica di norvegesizzazione e l'ingiustizia contro i Saami, i Kven/Finlandesi norvegesi e i Finlandesi delle foreste].

[xliv] La Commissione era formata da dodici membri, designati dal Parlamento nazionale norvegese. Il Rapporto stesso è consultabile, in lingua norvegese, nel sito Web www.stortinget.no. A commento (parzialmente critico, o comunque al di sotto delle aspettative iniziali) dei lavori della Commissione, v. E.G. Broderstad & E. Josefsen, The Norwegian TRC: Truth, Reconciliation, and Public Engagement, in 95(3) International Journal on Minority and Group Rights 1 (2023); Id., Who governs our stories? The collected material of the Norwegian truth and reconciliation commission, in 41(2) Acta Borealia. A Nordic Journal of Circumpolar Societies 91 (2024). In lingua norvegese, v. J.E. Broderstad & H.H., Sannhet for forsoning? Om den norske sannhets- og forsoningskommisjonens rapport [Verità per la riconciliazione? Sul rapporto della Commissione norvegese per la verità e la riconciliazione], in 41(1) Nytt Norsk Tidsskrift 72 (2024).

[xlv] È singolare osservare che la TRC canadese ha subito critiche sia da parte di chi ha valutato che le sue posizioni siano state troppo anti-statali, sia dagli stessi indigeni, che invece hanno ritenuto la TRC eccessivamente “vicina” al Governo; v., sulle opposte linee interpretative del lavoro della TRC, D.B. MacDonald, Canada’s Truth and Reconciliation Commission: Assessing context, process, and critiques, in 29(1) Griffith Law Review 150 (2020). Sulle motivazioni alla base della creazione della TRC, v. R. Nagy, The Truth and Reconciliation Commission of Canada: Genesis and Design, in 29(2) Canadian Journal of Law and Society/Revue Canadienne Droit et Société 199 (2014), L’autrice ivi rileva che già nella fase genetica della TRC esistevano diversi orientamenti circa le sue funzioni. Le origini conflittuali della TRC sono indagate anche da K. Stanton, Canada's Truth and Reconciliation Commission: Settling the Past?, in 2(3) International Indigenous Policy Journal 1 (2011). Infine, un’interessante comparazione tra le esperienze, in subiecta materia, di Canada e Norvegia è ora svolta da E. Skaar, & A.J. Spitzer, Conceptualizing the Legitimacy of Non-Transitional Truth Commissions: Norway and Canada Compared, in 42(3) Nordic Journal of Human Rights 340 (2024).

[xlvi] F. Bergmann, Indigenous Inequalities in Egalitarian Societies: The Case of the Sámi People in Norway and Sweden, nel sito Web dell’European Centre for Minority Issues (ECMI) di Flensburg (Germania), www.ecmi.de. Nella (argomentata) valutazione dell’autore, la condizione dei Saami in Norvegia è comparativamente migliore rispetto a quella dei Saami in Svezia.

[xlvii] A. Szpak, & D. Bunikowski, Saami truth and reconciliation commissions, in 26(2) International Journal of Human Rights 36 (2021).

[xlviii] Nella denominazione ufficiale della Commissione svedese, a differenza di quanto avviene per le Commissioni norvegese e finlandese, non vi sono riferimenti alla riconciliazione.

[xlix] La proroga è stata decisa dal Governo finlandese nella riunione del 23 novembre 2023.

[l] Con riferimento a un diverso contesto geogiuridico, ma sempre relativamente ai diritti dei popoli indigeni, si sono parimenti osservate tensioni o fluttuazioni giurisprudenziali; v. S. Bagni, Fluttuazioni giurisprudenziali nel riconoscimento del pluralismo giuridico egualitario in Ecuador e Perù, in R. Cammarata, M. Rosti (cur.), I popoli indigeni e i loro diritti in America Latina. Dinamiche continentali, scenari nazionali, Milano, Milano University Press, 2023, 321 ss.

[li] Sul tema v., da ultimo, F. Palermo, Alla ricerca della società inclusiva. Il contributo della dottrina comparatistica alla tutela delle minoranze “deboli” e all’inclusione delle diversità nelle società contemporanee, in Diritto pubblico comparato ed europeo, Numero speciale 2024, 295 ss., dove considerazioni riferite principalmente alle c.d. nuove minoranze, ma rilevanti anche per i gruppi minoritari autoctoni (come avviene per i Saami).

[lii] In tal senso, v. M. Federico, On Lands and Dispossession. The Relevance and Potential of Property Law for the Constitutional Recognition of the Rights of Indigenous Peoples, in 15(3) Comparative Law Review 56 (2024).

[liii] Corte Interamericana de Derechos Humanos (CIDH, Corte IDH).

[liv] Sentenza n. 400 del 6 febbraio 2020 (il testo integrale della Sentencia è consultabile nel sito Web www.corteidh.or.cr.). La decisione de qua ha accertato la violazione dei diritti territoriali di ben 132 comunità indigene, in relazione agli art. 21 (intitolato «Diritto di proprietà») e 26 (dedicato a «Sviluppo progressivo») della Convención Americana sobre Derechos Humanos (Pacto de San José, CADU). A commento della citata pronuncia n. 400/2020, v.: M.L. Foradori, La sentencia de la CIDH en el caso lhaka Honhat (nuestra tierra) vs. Argentina: los DESCA en el marco de los conflictos etnoambientales, in Revista Derecho y Salud, v. 5, n. 2, gennaio-dicembre 2021, 95 ss. (DESCA è sigla di Derechos Económicos, Sociales, Culturales y Ambientales); E. Ferrer Mac-Gregor, Lhaka Honhat y los derechos sociales de los pueblos indígenas, in Revista Electrónica de Estudios Internacionales (pubblicazione a cura della Asociación Española de Profesores de Derecho internacional y Relaciones internacionales), n. 39, 2020, www.reei.org (l’autore è ex presidente della Corte interamericana dei diritti umani); F. Garelli, Il rapporto tra diritto alla proprietà collettiva e diritti economici, sociali e culturali in relazione ai popoli indigeni, in Ordine internazionale e diritti umani, Osservatorio sulla Corte interamericana dei diritti umani, n. 5/2020, 1218 ss.; M. Marciante, The right to a healthy environment under the ACHR: an unprecedent decision of the Inter-American Court of Human Rights, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2020, 2993 ss.; A.M. Russo, Il derecho al territorio dei pueblos indígenas nel “caleidoscopio interpretativo” della Corte IDH. Verso un “nuovo” costituzionalismo bio-ecocentrico?, Napoli, Editoriale Scientifica, 2023, 142 ss.

[lv] In Argentina denominate anche popoli nativi/originari (pueblos originarios). Per una panoramica generale, cfr. I. Hernández, Los indios de Argentina, Madrid, Mapfre, 1992; C. Martínez Sarasola, Nuestros paisanos los indios. Vida, historia y destino de las comunidades indígenas en la Argentina, Buenos Aires, Emecé Editores, 1996; A. Lazzari, S. Hirsch, Pueblos indígenas en la Argentina. Interculturalidad, educación y diferencias, Prólogo di O. Cipolloni, Buenos Aires, Ministerio de Educación y Deportes de la Nación, 2016; M. Carrasco, Los derechos de los pueblos indígenas en Argentina, Buenos Aires, IWGIA‐Vinciguerra, 2000.

[lvi] Amplius (e rectius), derecho de propiedad de las comunidades indígenas sobre el territorio ancestral. Cfr. S. Lanni, Il diritto nell’America Latina, Napoli, ESI, 2017, 131 ss.

[lvii] Sentencia n. 79 del 31 agosto 2001. V. il commento di S.J. Anaya & C. Grossman, The Case of Awas Tingni v. Nicaragua: A New Step in the International Law of Indigenous Peoples, in 19(1) Arizona Journal of International and Comparative Law 1 (2002). Il prof. James Anaya è stato, oltreché consulente per le parti indigene nella causa appena menzionata, Special Rapporteur to the United Nations Permanent Forum on Indigenous Issues (dal 2008 al 2014). Più recentemente, Anaya è stato keynote speaker, sul tema Implementation of international minority- and indigenous law at national levels, al 17th Polar Law Symposium tenutosi, dal 23 al 25 settembre 2024, presso l’Università della Svezia centrale (sved. Mittuniversitetet) a Östersund. La vertenza Awas Tingni v. Nicaragua:è stata la prima occasione in cui la Corte interamericana dei diritti umani ha fondato il riconoscimento dei diritti di proprietà degli indigeni sul diritto internazionale.

[lviii] Nel paragrafo 148 della decisione citata nella nota che precede, si afferma che: «Mediante una interpretación evolutiva de los instrumentos internacionales de protección de derechos humanos, tomando en cuenta las normas de interpretación aplicables y, de conformidad con el artículo 29.b de la Convención - que prohíbe una interpretación restrictiva de los derechos - , esta Corte considera que el artículo 21 de la Convención protege el derecho a la propiedad en un sentido que comprende, entre otros, los derechos de los miembros de las comunidades indígenas en el marco de la propiedad comunal, la cual también está reconocida en la Constitución Política de Nicaragua».

[lix] Nella dottrina italiana, si è giustamente parlato di una «situazione paradossale», dal momento che le numerose disposizioni di fonte nazionale, internazionale e regionale per la protezione dei popoli indigeni in America Latina non hanno certamente impedito, almeno finora, la violazione dei diritti dei popoli nativi; cfr. A.M. Russo, Democrazie illiberali ed eco-etnodesarrollo in America Latina: i Pueblos indígenas e le sfide ambientali in tempi di emergenza, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2020, 4079 ss., spec. 4099-4100. Il problema della mancata implementazione dei parametri costituzionali in materia di tutela dei popoli indigeni è endemico in America Latina; cfr., per esempio, sul caso paraguaiano, L.A. Nocera, La tutela del diritto alla terra dei popoli indigeni in America latina tra carenze applicative e difficile implementazione della giurisprudenza della Corte IDH: il caso del Paraguay, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2018, 707 ss., dove analisi riferita in particolare alla proprietà comunitaria della terra (c.d. diritto alla terra dei popoli indigeni). Ivi l’affermazione dell’autrice, per la quale «Pur essendo stato il Paraguay uno dei primi Paesi latino-americani a contemplare [nel 1992] i diritti dei popoli indigeni e a tutelare a livello costituzionale il diritto indigeno alla terra ancestrale, si può rilevare un deficit di implementazione del quadro normativo e della giurisprudenza in materia che investe anche le disposizioni costituzionali» (cfr. 817). Di gap significativo parla, in riferimento all’esperienza argentina, M. Rosti, El derecho a la tierra de los pueblos originarios en la Argentina de hoy, in Anuario de Acción Humanitaria y Derechos Humanos, n. 12, 2014, 119 ss., e ivi: «Sin duda, en las últimas décadas, Argentina ha dado pasos importantes en el ámbito de los derechos indígenas, sin embargo existe una “brecha significativa” entre el marco normativo y su implementación por distintas razones históricas, políticas, económicas y socio-culturales, que han creado en los años unas barreras entre la sociedad y los pueblos originarios»; cfr. 134); su riconoscimento dei diritti indigeni e loro violazione, v. altresì M. Rosti, Diritti indigeni e questione territoriale: il caso Argentina, conferenza tenuta (online) il 6 dicembre 2021 all’Università degli Studi di Bergamo; Id., Popoli indigeni, terre e risorse naturali in Argentina dall'indipendenza a oggi, prefazione di R. Cammarata, Roma, Nova Delhi, 2020; Id., Terre ancestrali e risorse naturali: i diritti indigeni nell’Argentina odierna fra tutela e sviluppo economico, in Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea (CNR), n. 11/2, 2013 (Nuovi apporti sulle relazioni italo‐argentine, L. Gallinari cur.), 173 ss.; Id., Gli indios e la terra nell’attuale Costituzione argentina, in M.G. Losano (cur.), Un giudice e due leggi. Pluralismo normativo e conflitti agrari in Sud America, Milano, Giuffrè, 2004, 75 ss. Una considerazione a parte, infine, merita il ricordo di passate spoliazioni di territori indigeni, cui si accompagnò la stessa soppressione di vite indigene; v., ancora, M. Rosti, Il massacro di Napalpí in Argentina. Un genocidio indigeno, tra oblio e memoria, in Rivista italiana di storia internazionale, 2024, 239 ss.

[lx] La presidenza di Javier Milei, (di origine italiana da parte del padre Norberto, laureato in economia all’Universidad de Belgrano-UB di Buenos Aires e) candidato della formazione politica LLA (La Libertad Avanza, nata come alleanza elettorale nel 2021 e poi trasformatasi in partito nel 2024), ha avuto inizio il 10 dicembre 2023; cfr.: M. Rosti, L’Argentina di Javier Milei «Hoy comienza una nueva era», in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, n. 2/2024; Id., El gobierno de Javier Milei en Argentina: cambios y continuidades, in T. Bertaccini, C. Illades (coord.), Transiciones inconclusas y nuevos autoritarismos en América Latina, Torino, Otto Editore/Nova America, 2024, 235 ss.; G. Vommaro, La ultraderecha en Argentina: entre el oportunismo y la innovación de Milei, Bonn, Friedrich Ebert Stiftung (FES), novembre 2023. Milei ha ottenuto (al secondo turno) il 55,68 per cento dei voti. Come osserva Gabriel Vommaro, professore di sociologia politica all’Universidad Nacional de General San Martín-UNSAM (Ateneo sito nella provincia di Buenos Aires) e ricercatore al Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica e Tecnologica (CONICET) della Repubblica argentina, Javier Milei, (anche) per la natura radicale della sua retorica, rappresenta un rinnovamento della destra in Argentina (v., ampiamente, M. Gené, G. Vommaro, El sueño intacto de la centroderecha y sus dilemas después de haber gobernado y fracasado, Buenos Aires, Siglo XXI Editores Argentina, 2023). Nell’opinione del prof. Vommaro, si è trattato di una «sorpresa elettorale» che «potrebbe cambiare il panorama politico in America Latina», con implicazioni sulla condizione dei popoli indigeni. Adde P. Semán (coord.), El ascenso de Milei. Claves para entender la derecha libertaria en Argentina, Buenos Aires, Siglo XXI Editores Argentina, 2024.

[lxi] Il DNU (Decreto de Necesidad y Urgencia) è stato pubblicato nel Boletín Nacional del 21 dicembre 2023. Sul DNU, composto da 366 articoli, vi sono dubbi di costituzionalità; cfr. J. Pérez Laudizio, Duras críticas de constitucionalistas al megadecreto de Javier Milei: sostienen que avanzó sobre facultades exclusivas del Congreso, in La Nación, 21 dicembre 2023. Le contestazioni giudiziarie al citato decreto di emergenza sono, altresì, richiamate da A. Mori, Argentina: prova della realtà per la cura Milei, in www.ispionline.it, 5 marzo 2024. Dopo un iter parlamentare piuttosto complicato, il DNU è stato definitivamente approvato dal Parlamento argentino il 28 giugno 2024. Non mancano i contrasti politici, anche all’interno della maggioranza che sosstiene Milei (v. C. Fanti, Milei perde ancora, e brucia: lo «tradiscono» anche i suoi, in Il manifesto, 16 marzo 2024).

[lxii] C.d. decreto motosega; v. L. Capuzzi, Argentina. Milei, i cento giorni del Leone con la motosega, in Avvenire, 19 marzo 2024; C. Fanti, Deregulation e privatizzazioni a tutto spiano. Milei in azione, in Il manifesto, 27 dicembre 2023. La strada, però, è tutta in salita, se è vero che «L’Argentina è, per libertà economica, il 27mo Paese su 32 della regione»; cfr. A. Mingardi, La motosega nel decreto deregulation Milei, in Corriere della Sera, 15 gennaio 2024.

[lxiii] Istituto nazionale per gli affari indigeni.

[lxiv] Cfr. S. Ramírez, Javier Milei and Indigenous Peoples, in Debates indígenas, 1° maggio 2024 (ivi: «It is possible to infer that respect for Indigenous people’s communal property, as constitutionally contemplated, will be a mere abstraction during the present administration»). La legge n. 26.737 del 22 dicembre 2011 (c.d. Ley de tierras, promulgata il 27 dicembre 2011), che dettava il Régimen de Protección al Dominio Nacional sobre la Propiedad, Posesión o Tenencia de las Tierras Rurales, è stata abrogata dall’art. 154 del Decreto n. 70/2023 del 20 dicembre 2023.

[lxv] A/C.3/79/L.21/Rev.1. V. Third Committee of the General Assembly Took Up Resolution- Rights Of Indigenous Peoples, 11 novembre 2024, all'indirizzo https://social.desa.un.org (UN Department of Economic and Social Affairs - Social Inclusion).

[lxvi] Free, prior and informed consent (FPIC).

[lxvii] Cfr. Argentina refuses to back UN draft resolution on indigenous rights, in Buenos Aires Times, 12 novembre 2024, e Argentina only country to reject UN Indigenous Peoples’ rights resolution, in Buenos Aires Herald, stessa data.

[lxviii] Per l’estrazione, specialmente, del litio. In dottrina, D. Pragier, Las respuestas de las comunidades indígenas frente a la explotación del litio en la Puna argentina, in 32(64) Perfiles Latinoamericanos 1 (2024).

[lxix] Si veda C. Palacios, What Does a Liberal, Libertarian and Anarcho-capitalist President Mean for Indigenous Peoples in Argentina?, in Cultural Survival, 28 novembre 2023. Ivi: «It is clear that for the new national government and for many of the provincial governments, Indigenous Peoples and their rights are not only not a priority, but are an obstacle in the face of extractivist possibilities that falsely promise a way out of the economic crisis. In the face of a view that prioritizes profit above all other objectives, the perspective of Good Living (Sumak kawsay or Buen Vivir) of Indigenous Peoples, which implies greater equality, better living conditions and the care of the territory and its resources, is completely left aside». Sul tema, cfr. altresì: S. Bagni (cur.), Dallo Stato del bienestar allo Stato del buen vivir. Innovazione e tradizione nel costituzionalismo latino-americano, Bologna, Filodiritto, 2013; S. Baldin, M. Zago (cur.), Le sfide della sostenibilità. Il buen vivir andino, Bologna, Filodiritto, 2014, e ivi spec. M. Carducci, Il Buen Vivir come “autoctonia costituzionale” e limite al mutamento, 101 ss.; S. Lanni, Il diritto nell’America Latina, cit., 162 ss.; S. Baldin, Il buen vivir nel costituzionalismo andino. Profili comparativi, prefazione di M. Serio e L. Pegoraro, Torino, Giappichelli, 2019; S. Bagni, S. Baldin (cur.), Latinoamérica. Viaggio nel costituzionalismo comparato dalla Patagonia al Río Grande, Torino, Giappichelli, 2021, 52 ss.; R. Cammarata, La via latinoamericana ai beni comuni. Il buen vivir e i diritti della natura nel nuovo costituzionalismo andino, in T. Mazzarese (cur.), Ricucire il mondo. La necessaria sinergia tra diritti fondamentali e beni comuni, Brescia, Brixia University Press, 2021, 83 ss.; E. Buono, La questione plurinazionale nel diritto pubblico comparato, Napoli, Editoriale Scientifica, 2022, 155 ss. (sub Il paradigma del Buen Vivir); C. Gazzetta, Il buen vivir andino nella lettura della relazione uomo ambiente: visione mistica della natura o modello utile al superamento del dualismo antropocentrismo-biocentrismo?, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, Sp-2/2023 Convegno DPCE Caserta 2022, 389 ss.

[lxx] C. Fanti, Cpac Buenos Aires, la parata autoritaria da Lara Trump a Milei, in Il manifesto, 6 dicembre 2024. La Conservative Political Action Conference (CPAC) è un forum mondiale conservatore, che si riunisce ogni anno dal 1974, solitamente negli Stati Uniti d’America (il discorso inaugurale della CPAC venne tenuto da Ronald Reagan).

[lxxi] A. Campos, Un desprecio sin descanso: la ofensiva de Milei contra los derechos indígenas, in Debates indígenas, 1° dicembre 2024.

[lxxii] Il 43°, da quando Milei è Presidente de la Nación.

[lxxiii] Cfr. Milei da vía libre a los desalojos de las comunidades originarias, in Página/12 (quotidiano argentino), 11 dicembre 2024 (ivi la fonte giornalistica, rifacendosi alle metafore utilizzate da Javier Milei, afferma che si sarebbe ormai passati «dalla motosega al bulldozer»). Adde N. Giménez, Milei cierra los ojos: la emergencia indígena persiste, in Página/12, 13 dicembre 2024, per alcune utili notazioni aggiuntive in subiecta materia; D. Aranda, Javier Milei y su guerra contra los de abajo, in Tierra Viva, 13 dicembre 2024, che così compendia: «Más extractivismo y menos democracia».

[lxxiv] Autore di Crónicas de la resistencia mapuche, Prólogo di M. Millán, Bariloche, Editorial Caleuche, 2007, 4ª rist., 2014 (il popolo indigeno/originario dei Mapuche vive in Cile e nel sud dell’Argentina). Nell’opinione dell’autore, «Donde se practica opresión, la consecuencia casi lógica es la resistencia».

[lxxv] Fenomeno globale, che consuma le risorse dei territori, denunciato già anni fa dal prof. Michele Carducci (dell’Università del Salento); v. il resoconto di S. Tarabini, Estrattivismo malattia senile del capitalismo, in Il manifesto, 11 ottobre 2018, a commento di un workshop sul tema organizzato da accademici e militanti di movimenti territoriali nella penisola salentina.

[lxxvi] A. Cegna, Ultraliberismo, povertà e tanto odio: l’Argentina fa i conti con un anno di Milei, in Il manifesto, 10 dicembre 2024.

[lxxvii] G. Beretta, «Milei è entrato nella pancia degli argentini», in Il manifesto, 14 dicembre 2024. Ivi il virgolettato si riferisce alle affermazioni rilasciate da Martín Granovsky, editorialista ed ex direttore del quotidiano argentino Página/12 (già menzionata supra), che ha seguito in particolare le vicende del “mileismo” relativamente alle rivendicazioni territoriali dei popoli indigeni.

[lxxviii] Cfr. One year of anarcho-capitalism. Javier Milei, free-market revolutionary, in The Economist, 28 novembre 2024.